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Lo scopo della pena
La pena moderna persegue finalità di prevenzione. In particolare, di prevenzione generale se persegue il fine di trattenere la collettività dal delinquere, di prevenzione speciale se si indirizza al solo trasgressore e si vuole che chi ha violato la legge non recidivi. Mentre la prevenzione generale negativa ha lo scopo di trattenere i potenziali violatori della legge dal delinquere per timore della sanzione, la prevenzione generale positiva individua nella pena uno strumento del sistema sociale, di orientamento dell'azione e di istituzionalizzazione delle aspettative. Anche la prevenzione speciale conosce la duplica qualificazione di positiva e negativa. La prevenzione speciale positiva conviene che chi delinque appartiene ad una minoranza fortemente segnata da deficit economici, culturali, intellettivi ed è attraverso la pena che si deve operare per colmare tali deficit al fine di restituire alla società libera.un essere determinato alla legalità; al contrario la prevenzione speciale negativa invece di operare per la reintegrazione sociale del deviante, opera nel senso della sua più accentuata o definitiva esclusione attraverso ad es. l'eliminazione fisica del condannato, la segregazione avita in un carcere di massima sicurezza, il controllo elettronico a distanza, la castrazione per i rei di reati sessuali ecc.. A proposito della Costituzione, essa, in linea con la prevenzione speciale positiva, si esprime nel senso della risocializzazione stabilendo all'art. 27 che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Tuttavia nonostante la Carta costituzionale si esprima esplicitamente solo nei confronti della funzione rieducativa non si può ritenere che in questo solo scopo si esaurisca ogni sua utilità. La pena è infatti un'entità complessa in.cui sono potenzialmente compresenti intenti diversi quali dissuasione, prevenzione o difesa sociale e che vedono di volta in volta il prevalere di alcuni sugli altri. La risocializzazione come fine dell'esecuzione della pena. Da una interpretazione della polifunzionalità della pena di tipo additivo, in cui gli scopi sono considerati tutti di pari rango o equivalenti, la Corte Costituzionale sembra orientarsi verso un associativo dialettico, in conseguenza del quale ai tre distinti momenti nei quali si articola il fenomeno penale si attribuiscono distinte finalità. E dunque se la fase edittale sarebbe esclusivamente dominata da scopi general-preventivi e quella commisurativa solo eventualmente dal fine utilitaristico della risocializzazione, nel senso di vincolare il potere discrezionale del giudice alla scelta del tipo o della misura del castigo più idonei al perseguimento dello scopo educativo, è solo la fase esecutiva ad essere completamente orientata dal.fine della risocializzazione. In particolare con la sentenza n. 204/1974 in tema di liberazione condizionale della pena, la Corte–costituzionale ha riconosciuto che la pena determinata dal giudice del fatto debba in ossequio al–principio della risocializzazione essere disattesa in fase esecutiva in ragione dei progressi compiuti dal condannato.
La riforma penitenziaria del 1975 ed in particolare la riforma carceraria del 1986 (legge Gozzini) saranno appunto nel senso della massima flessibilità della pena in fase esecutiva: gli istituti penitenziari consentiranno sempre più che la pena nei fatti sia diversa, nella durata e nelle modalità di inflizione, da quella giudizialmente determinata dal giudice della cognizione, fino a fare di questa una pena solo virtuale.
Con la sentenza n. 364/1988 può cogliersi una valorizzazione dello scopo special-preventivo oltre la dell’art. 27 della sola fase esecutiva. La Corte fa leva sulla connessione tra primo e
terzo comma, ovvero tra responsabilità personale e responsabilità colpevole mediante l'aggancio alla Costituzione della pena affermando che "non funzione special-preventiva avrebbe senso la rieducazione di chi, non al fatto, non ha certo bisogno di essere rieducato". Essendo almeno in colpa rispetto Crisi dello scopo special-preventivo e del modello correzionale di giustizia penale. La pena correzionale si è progressivamente mostrata inadeguata alla soluzione di problemi per cui era stata pensata e realizzata: non può infatti difendere socialmente dal delitto perché non rieduca. Il modello correzionale di giustizia, in quanto incapace di raggiungere pienamente gli scopi prefissati, è riconosciuto come eccessivamente costoso; in quanto capace di favorire strategie di controllo sociale sempre più pervasive, viene denunciato come politicamente inaccettabile; lo stesso ottimismo riformatore nei confronti di una soluzione razionale.
della questione criminale viene considerato utopico. Così, da un lato si denuncia la pietosa bugia di un possibile recupero sociale del criminale; dall'altro lato si contesta un apparato di controllo che sotto le parvenze della prevenzione speciale ha progressivamente compresso gli spazi di libertà ed autonomia. Le nuove tendenze neo-retribuzionistiche e general-preventive. Garantismo penale e certezza delle pene. Viene dunque riproposto il vecchio modello della pena giusta, della pena meritata ovvero di quella che l'opinione pubblica avverte come giusta. Il mito della risocializzazione viene attaccato anche dalla cultura garantista che sosteneva il principio dell'uguaglianza di fronte alla pena. Al contrario i modelli correzionali si fondavano sull'idea di una pena per sua natura sostanzialmente diseguale perché fondata su valutazioni personali, ovvero diseguale quanto sono diseguali per condizioni economiche, sociali e culturali coloro che sono.puniti fino a compromettere così anche il valore stesso della certezza formale del diritto penale. La critica alla prevenzione speciale da parte della cultura garantista del diritto penale rilegittima quindi il ruolo formale della legge uguale, della certezza del diritto e della centralità dell'azione criminale piuttosto che dell'attore criminale. Un giudizio che viene invece condiviso anche da parte di tendenze opposte tra di loro è quello sul sistema delle pene legali ritenuto ideologicamente ingiustificabile. In particolare il movimento abolizionista denuncia il sistema penale, fallimentare rispetto ai fini manifesti ed inutile nelle sue funzioni materiali o finalità latenti, non solo perché incapace di dare risoluzione soddisfacente ai problemi, ma perché portato a creare nuovi problemi o ad esasperare quelli che vorrebbe risolvere.
CAPITOLO II: PENE IN ASTRATTO E IN CONCRETO
La disintegrazione del sistema sanzionatorio. Il sistema delle
Il pene del nostro ordinamento positivo non comprende solo quelle, immediatamente o eventualmente, privative della libertà personale, ma offre oggi un insieme di tipologie punitive assolutamente eterogenee. Al regime delle pene, comminate perché giuste e riservate al delinquente responsabile, fu accostato quello dell'ampliamento della gamma delle misure di sicurezza, inflitte perché utili a finalità special-preventive. La sanzionatoria favorì dunque la fuga dalla sanzione detentiva. Si parla a tal proposito di decarcerizzazione. Le alternative legali alla pena detentiva possono essere ricondotte a:
- ragioni di giustizia: non tutti i reati meritano la privazione della libertà perché considerata, la pena del carcere, spesso eccessiva e quindi ingiusta. Altro dal carcere pertanto si impone, ma spetta solo al legislatore affermarlo: la sede delle alternative risiede quindi nel momento edittale e deve prescindere da ogni valutazione legata al caso
La pena, sia privativa che limitativa della libertà nonché pecuniaria, è legislativamente predeterminata da un minimo.