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DELITTO TENTATO
La consumazione del reato:
Delitto consumato→ totale corrispondenza tra fattispecie concreta e fattispecie astratta delineata dal
legislatore.
Nei reati di mera condotta la consumazione avverrà con la compiuta realizzazione della condotta.
Nei reati di evento la consumazione avverrà con il compimento dell’azione e la produzione di un
evento.
La determinazione del momento consumativo del reato assume rilevanza sotto vari profili:
per l’individuazione della norma applicabile in caso di successione di leggi penali nel tempo (art. 2);
- ai fini della decorrenza del termine di prescrizione (art. 158: “ Il termine della prescrizione decorre, per il
- reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del
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colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza.
Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione
decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno nei reati punibili a querela, istanza o richiesta,
”);
il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato
ai fini della concessione dell’amnistia e dell’indulto, di solito concessi (salvo che la legge disponga
- una data diversa) limitatamente ai fatti commessi fino al giorno precedente la data della legge (art.
151: “ L'amnistia estingue il reato, e, se vi è stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene
accessorie. Nel concorso di più reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i quali è conceduta. L'estinzione del
reato per effetto dell'amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo
che questo stabilisca una data diversa.
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi.
L'amnistia non si applica ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'art. 99, né ai delinquenti abituali, o
”);
professionali, o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente
ai fini della competenza territoriale (art. 8 c.p.p.: “
- 1. La competenza per territorio è determinata dal luogo
”);
in cui il reato è stato consumato… Omissis …
Il caso 39 è un delitto consumato infatti è irrilevante la realizzazione dell’intero piano criminoso (è
sufficiente l’impossessamento anche di un solo oggetto), mentre è sufficiente che siano stati realizzati gli
elementi costitutivi della fattispecie astratta.
Delitto tentato o tentativo→ individua i casi in cui l’agente non riesce a portare a compimento il delitto
programmato, ma gli atti parzialmente realizzati sono tali da esteriorizzare l’intenzione criminosa.
Il fondamento per la punibilità del tentativo si ha nell’esigenza di anticipare la tutela per dei beni
particolarmente sensibili prevenendo la loro esposizione a pericolo (teoria c.d. oggettiva).
Il problema fondamentale dell’istituto del tentativo è quello di individuare la soglia del tentativo
punibile operando un delicato bilanciamento tra garanzie individuali (che sarebbero frustrate in caso di un
arretramento eccessivo della tutela) ed esigenze repressive.
In linea di principio si può dire che la soglia di punibilità sarà raggiunta soltanto in coincidenza con la
messa in pericolo del bene protetto, ma quando si può dire che il bene è in pericolo?
L’art. 56 dispone: “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco, a commettere un delitto, risponde di
delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”.
L’idoneità è riferita agli atti e non ai mezzi impiegati, per cui anche un mezzo inidoneo può
configurare un atto idoneo (es. uno spillo può uccidere un emofiliaco) ed allo stesso modo un mezzo idoneo
può dar vita ad un atto inidoneo (es. un fucile risulta non lesivo se si pretende di utilizzarlo al di là della sua
portata di tiro).
Si concorda oggi nel ritenere che il parametro di accertamento dell’idoneità consiste in un giudizio
ex ante ed in concreto c.d. di prognosi postuma in quanto il giudice deve collocarsi idealmente nella posizione
dell’agente all’inizio dell’attività criminosa ed accertare con le conoscenze dell’uomo medio o quelle
eventualmente maggiori dell’agente concreto, se gli atti erano in grado di sfociare nella commissione del
reato (tenendo conto delle circostanze concrete).
Ex. Tizio da fuoco ad una palazzina accettando il rischio che vi dorma qualcuno, può rispondere di tentato
omicidio con dolo eventuale?
Conclusione: la direzione finalistica dell’atto deve essere certa tanto sul piano materiale che su quello
psicologico. La soluzione raggiunge esiti pro reo, infatti ove l’evento morte, nel caso dell’incendio di Tizio non
si verifichi, esso risponderà solo dell’incendio, ma non di tentato omicidio.
In generale, il tentativo non è ammissibile:
nelle contravvenzioni, cioè vale solo per i delitti, questa è semplicemente una scelta del legislatore
- che ha ritenuto di non perseguire a titolo di tentativo i reati di minore gravità;
nei delitti colposi, questa volta per ragioni strutturali infatti il tentativo non può coesistere con la
- mancanza di intenzione di commettere il reato;
nel delitto preterintenzionale infatti se il soggetto passivo sopravvive la responsabilità rimane
- limitata al delitto di lesione o percosse. 40
I rapporti tra tentativo e circostanze sono particolarmente dibattuti ed a tal proposito si distingue tra:
tentativo circostanziato di delitto: le circostanze si realizzano nel contesto dell’azione tentata;
- tentativo di delitto circostanziato: le circostanze si realizzano qualora un delitto se fosse giunto a
- consumazione sarebbe stato qualificato dalla presenza di una o più circostanze.
Le uniche circostanze compatibili col tentativo sono quelle che si realizzano compiutamente nello stesso
contesto dell’azione tentata.
DESISTENZA VOLONTARIA (caso 43) e RECESSO ATTIVO (caso 44)
In alcuni casi ad impedire la consumazione del reato non è un evento esterno, ma un’iniziativa
dell’agente stesso che muta il suo proposito.
Art. 56,3: “se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti
compiuti, qualora questi costituiscano di per sé un reato diverso” c.d. desistenza volontaria.
Art. 56,4: “se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato,
diminuita da un terzo alla metà” c.d. recesso attivo (o pentimento operoso).
La legittimazione politico-criminale dei 2 istituti è rinvenibile nella teoria del ponte d’oro secondo la
quale l’ordinamento giuridico al fine di evitare l’offesa ai beni protetti, farebbe promessa di impunità o di
riduzione di pena come controspinta psicologica alla spinta criminosa (“a nemico che fugge, ponti d’oro!” =
detto con cui si vuole indicare la disponibilità di agevolare al massimo la partenza di chi è sgradito).
Desistenza volontaria → finché l’azione non ha ancora compiuto il suo iter esecutivo. Ex. Caso 43
Recesso attivo → tutte le volte in cui l’azione si è compiutamente realizzata, ma l’agente riesce ad impedire
il verificarsi dell’evento lesivo. Ex. Caso 44
Tentativo ed attentato: i delitti di attentato per i quali la tutela del bene giuridico viene anticipata sono quelli
che il legislatore considera perfetti durante il compimento di atti idonei a ledere il bene protetto. Si tratta di
reati principalmente contro la personalità dello Stato.
REATO IMPOSSIBILE
Artt. 49,2 e 49,4: “la punibilità è esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per la inesistenza
dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso” … “il giudice può ordinare che l’imputato
prosciolto sia sottoposto a misura di sicurezza”. Reato impossibile = tentativo impossibile.
Il reato impossibile ricorre dunque in due casi:
- quando l'azione è inidonea; ad esempio: Caio vuole uccidere Tizio dandogli un pugno sulla spalla; oppure
sparandogli con una pistola giocattolo; 41
- quando l'oggetto dell'azione (cioè l'oggetto materiale del reato) è inesistente; ad esempio Caio vuole
uccidere Tizio ed entra di notte nella sua casa sparando ad un fantoccio, scambiando questo per la vittima.
Reato impossibile e tentativo inidoneo
Identificazione del tentativo inidoneo e del reato impossibile. Parte della dottrina (ANTOLISEI, PAGLIARO)
ha sostenuto che l'articolo 49 c.p. sarebbe un mero doppione dell'articolo 56 c.p., e quindi dell'istituto del
tentativo.
L'azione inidonea di cui parla l'articolo 49 c.p. sarebbe il corrispondente dell'espressione "l'azione non si
compie" dell'articolo 56 c.p.
La mancanza dell'oggetto di cui all'articolo 49 c.p. corrisponde alla non verificazione dell'evento di cui
all'articolo 56. In pratica l’articolo 49 c.p. sarebbe il corrispondente negativo della figura dell’articolo 56 c.p.,
e le due norme andrebbero lette in combinato disposto. (Secondo ANTOLISEI la norma sarebbe stata
inserita ad abundantiam dal legislatore per dirimere ogni dubbio in ordine al giudizio sull’idoneità
dell’azione.)
A che serve quindi l’articolo 49 c.p.?
Non è un articolo superfluo, come pure è stato affermato, perché consente di applicare una misura di
sicurezza al tentativo inidoneo, soluzione che altrimenti risulterebbe impraticabile.
Tesi che distingue le due figure. Il problema. Altri autori sostengono che una differenza tra i due istituti deve
pur esserci, attese le differenze di collocazione e di linguaggio usate dal codice. La disputa non è priva di
implicazioni pratiche. Il punto è, infatti, che differenziando il tentativo inidoneo dal delitto impossibile ne
consegue che il primo resta impunito, applicandosi solo al delitto impossibile la misura di sicurezza.
Per chiarire la differenza occorre esaminare distintamente le due ipotesi in cui può presentarsi il delitto
impossibile.
a) Inidoneità dell'azione. Anzitutto sarebbe inspiegabile perché il legislatore abbia prima trattato lo stesso
istituto del tentativo inidoneo dapprima in chiave negativa (la punibilità è esclusa per l'inidoneità dell'azione)
e poi in chiave positiva (chi commette atti idonei diretti a commettere un delitto non è punibile).
Occorre notare poi che nell'articolo 56 c.p. si parla di "atti", mentre l'articolo 49 c.p