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ABUSO D’UFFICIO

Abuso d'ufficio articolo 323 cp” salvo che il fatto non cosyituisca più

grave reato,il publlico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio,

che nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di

norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in

presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli

altri casi prescritti , intenzionalmente procura a sé o ad altri un

ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno

ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è

aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno rilevante

gravità”.

La nuova formulazione (dolo generico)

la condotta punibile è stata portata entro confini ben limitati, e di garantire ai pubblici

amministratori che agissero nel rispetto delle norme la certezza di non incorrere in sanzioni

penali.

L'attuale formulazione sancisce la responsabilità penale per "il pubblico ufficiale o

l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione

di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse

proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o

ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto".

È stato osservato che nella ridefinizione della norma si è puntato "ad abbandonare qualsiasi

riferimento, espresso o tacito, all'eccesso di potere... limitando la condotta di abuso alla sola

violazione di norme o alla omessa astensione nei casi prescritti" (Della Monica).

Dunque - secondo i primi commenti al nuovo reato - se il funzionario non ha violato una

espressa e specifica previsione normativa, ovvero l'obbligo di astensione, non può

configurarsi il reato .Anche in presenza di tale violazione poi il reato sussisterà solo

ed unicamente nel caso in cui al provvedimento illegittimo sia conseguito un

risultato ingiusto, ed infatti il reato è ora costruito come un reato di evento che si

consuma soltanto in presenza della realizzazione del risultato perseguito.

Legge 16 luglio 1997,n.234 ha riformulato l’art 323 c.p. nell’interesse di chiunqui operi nella

pubblica amministrazione in quanto causava un indebita sovrapposizione del sindacato penale

sulle scelte amministrative , in quanto essendo indefinita venifa considerata norma penale in

bianco. Qualsiasi comportamento illeggittimo o presunto illegittimo poteva essere qualificato

come abuso d’ufficio e causare l’inizio di un procedimento giudiziario, se potenzialmente

poteva procurare un ingiusto vantaggio non patrimoniale o arrecare un danno ingiusto, era

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prevista la sanzione della reclusione fino a due anni aumentata fino a 5 anni in presenza

dell’aggravante del vantaggio patrimoniale., tutta l’azione amministrativa di per sé idonea ad

arrecare vantaggi o danni veniva sottoposta all’intervento della magistratura ma il 90 percento

dei procedimenti si concludeva con il proscioglimento.

L’illecito penale, ora, risulta subordinato a due condizioni:

l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o arrecare ad altri

un danno ingiusto

deve esserci la violazione di una precisa norma di legge o di regolamento, oppure essersi

verificata la mancata astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo

congiunto o negli altri casi prescritti.

La violazione o l’omissione di cui al punto precedente devono essere la causa dell’ingiusto

vantaggio o del danno ingiusto.

La Cass. Ha affermato che affinchè la violazione di legge o di regolamento integrino

il delitto di abuso d’ufficio occorrono due presupposti: che il precetto violato non sia

strumentale genericamente alla regolarità dell’azione amministrativa,ma vieti

puntualmente il comportamento sostanziale del pubblico ufficiale o dell’incaricato

del pubblico servizio. E che la violazione riguardi leggi o regolamenti che di tali atti

abbiano i caratteri formali .

: l'eccesso di potere è comunque un vizio di legittimità e, come tale, comporta

necessariamente l'inosservanza di leggi.

Ed infatti è indubitabile che tra le leggi che devono regolare la condotta dei pubblici funzionari

debba ricomprendersi il precetto costituzionale dell'art. 97 Cost., che rappresenta anzi la

costante linea di comportamento degli amministratori pubblici.

In tale ottica tornerebbe ad avere autonoma rilevanza, allora, il vizio di eccesso di potere e

potrebbe configurarsi l'abuso tutte le volte in cui il funzionario facesse un uso deviato o distorto

dei poteri funzionali e dunque pregiudicasse l'imparzialità dell'azione amministrativa.

A questa tesi si potrebbe obiettare che tale argomentazione non terrebbe conto della ratio

sottesa all'intervento legislativo, ma va pure precisato che in sede di dibattito parlamentare

vennero scartate altre scelte che avrebbero più esplicitamente estromesso il vizio di eccesso di

potere dalle modalità esecutive della condotta.

E così venne ad esempio scartata la proposta dell'on. Marotta di mantenere il testo approvato

dalla Commissione Giustizia del Senato, che menzionava accanto alla violazione di legge anche

l'incompetenza, per significare che inclusiounius est exclusioalterius, unica dizione che avrebbe

chiarito l'intento di non voler più attribuire una rilevanza autonoma all'eccesso di potere.

È stato peraltro osservato (Della Monica) che "il riferimento alla violazione di norme di leggi o di

regolamento lascia intendere chiaramente che il presupposto necessario dell'abuso è

costituito dall'inosservanza di previsioni specifiche durante il processo di formazione

del provvedimento" e non dal generico obbligo di perseguire il buon andamento e

l'imparzialità dell'azione amministrativa, e che "il funzionario pubblico che agisce

nel pieno rispetto delle regole deve avere la certezza di non incorrere in

responsabilità penali".

Occorrerà naturalmente attendere l'evoluzione giurisprudenziale sull'argomento per definire se

la formulazione letterale della norma consenta di aderire alle finalità avute di mira dal

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legislatore; resta comunque da osservare che se si aderirà a tale interpretazione molte

condotte oggettivamente gravi verranno a configurare al più un illecito disciplinare.

E così soprattutto in presenza di atti assolutamente discrezionali, quali ad esempio

l'assegnazione di un appalto a trattativa privata, una volta riscontrata l'inesistenza di violazioni

specifiche (in quanto ad esempio sussisteva il requisito di urgenza che ne legittimava

l'adozione) non si configurerebbe alcuna ipotesi di reato a carico del funzionario che effettui

l'aggiudicazione ad una ditta palesemente inidonea e magari gestita da persona a lui legata da

vincoli di amicizia.

Se questa sarà l'interpretazione della norma sfuggiranno quindi alla sanzione penale tutti quei

comportamenti formalmente legittimi, ma adottati unicamente per interessi di natura privata e

sovente altamente dannosi per l'amministrazione pubblica

È stato osservato (Chiavario, Padovani) che si è così creato un vuoto di tutela della collettività

di fronte a comportamenti anche altamente scorretti e si è sottolineato (Catalano) che sarebbe

stato auspicabile almeno accompagnare la modifica dell'abuso d'ufficio, ad una effettiva

riforma dei criteri e dei sistemi di controllo dell'attività amministrativa.

Le modalità della condotta

Già sotto il vigore della precedente disposizione la Cassazione (Sez. VI, sent. n. 2733 del 4

marzo 1994 ) aveva più volte affermato che "la condotta di abuso d'ufficio... risulta compatibile

con un comportamento meramente omissivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un

pubblico servizio.".

Ed anche nella nuova formulazione non vi è dubbio che la condotta prevista dal reato può

essere attuata anche mediante omissione, sempreché l'atto che avrebbe dovuto essere

emanato o il comportamento che avrebbe dovuto essere tenuto siano dovuti, cosicché

l'omissione o il ritardo abbiano comportato la violazione di una disposizione di legge.

Del resto la violazione dell'obbligo di astensione, esplicitamente previsto dal nuovo testo,

rappresenta una modalità della condotta mediante omissione.

Tanto premesso, va evidenziato il rapporto tra l'abuso d'ufficio realizzatosi attraverso l'inerzia

del pubblico funzionario in relazione ad un atto dovuto, e il delitto previsto dall'art. 328 c.p.

Rapporto tra abuso d’ufficio e rifiuto di atti d’ufficio:

Sembra potersi affermare che quando l'omissione o il rifiuto di comportamenti dovuti sono

strumentalizzati dal funzionario per un fine privato e da essi deriva un danno o un vantaggio

ingiusto, si configurerà il delitto di abuso in atti d'ufficio (sempreché si tratti di vantaggio

patrimoniale).

Se invece l'omissione è fine a se stessa, o se è finalizzata a procurare a terzi un vantaggio non

patrimoniale, sarà configurabile il delitto di cui all'art. 328 c.p.

Va ancora sottolineato che, come già enunciato sotto il vigore della precedente disciplina,

anche le attività materiali possono essere forme di manifestazione della condotta di abuso.

Ed infatti "la nozione di atti di ufficio è più ampia di quella di provvedimento amministrativo,

poiché comprende in sé, a prescindere dalla forma, qualunque specie di atto posto in essere

dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, sia esso interno o esterno, decisionale o

anche meramente consultivo, preparatorio e non vincolante, fino alle semplici operazioni, alle

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condotte materiali, alle attività tecniche..." (Cass., Sez. 6, sent. n. 10896 del 12 novembre

1992).

Anche nell'attuale formulazione normativa, poiché l'abuso non deve necessariamente

estrinsecarsi in un tipico atto amministrativo, né avere contenuto necessariamente decisorio,

esso può consistere in qualsiasi illegittima attività del pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue

funzioni dalla quale derivi un ingiusto danno o vantaggio patrimoniale.

La nuova formulazione ha innovato sul punto solo in quanto ha legato l'attività abusiva allo

svolgimento delle funzioni o del servizio.

Infine l'abuso è configurabile - ora come pure nella precedente formulazione - anche in

relazione ad attività soggette al diritto privato nel cui svolgimento il pubblico ufficiale persegue

comunque finalità pubbliche che, secondo la legge, possono

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A.A. 2013-2014
40 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lulusì di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria o del prof D'Ascola Vincenzo Nico.