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Il reato di corruzione per atto contrario

Si afferma che si tratti di un reato di pericolo, addirittura si parla di pericolo presunto perché c'è una soglia di tutela molto anticipata volta ad evitare che si realizzi quella che è, invece, la corruzione per atto contrario, cioè lo scambio – dazione atto dell'ufficio. Il limite esterno del reato di cui al 318, rispetto alla più grave fattispecie della corruzione propria, resta pur sempre l'ipotesi in cui si è accertato il nesso strumentale tra la dazione e la promessa e il compimento di un atto determinato o, comunque, ben determinabile, contrario ai doveri di ufficio.

La giurisprudenza sembra ancora cogliere il secondo orientamento però, poi, mostra un'apertura perché non si parla più di atto determinato, ma di atto ben determinabile (molto sottile la differenza dall'atto determinato). Certamente qui si conferma l'idea per cui è

L'atto in quanto tale, cioè specificamente individuato, è quello che maggiormente esprime il disvalore, almeno secondo l'approccio del legislatore. "In aggiunta, sotto il profilo della struttura del reato si dice ancora discrimine tra le due ipotesi (artt 318 - 319) resta segnato dalla progressione criminosa dell'interesse protetto in termini di gravità da una situazione di pericolo - generico asservimento della funzione - ad una fattispecie di danno in cui si realizza la massima offensività del reato, con l'individuazione di un atto contrario ai doveri di ufficio." Ecco, qui non si parla dell'asservimento qualificato, ma soltanto dell'asservimento generico e si sostiene che si ha un'intensità del pericolo sempre più evidente a muovere dal 318, cioè dall'asservimento generico fino ad arrivare al 319. La differenza con quanto si diceva è che qui si parla di una

Fattispecie di danno, cioè il 319 viene considerato un reato di danno e non un reato di pericolo a dolo specifico di danno, cioè l'impostazione più condivisibile. Concludendo, "nel primo caso la dazione indebita, condizionando la fedeltà e l'imparzialità del pubblico ufficiale che si mette genericamente a disposizione del privato, pone in pericolo il corretto svolgimento della pubblica funzione, mentre nell'altro (art 319) la dazione, essendo connessa sinallagmaticamente con il compimento di uno specifico atto contrario ai doveri di ufficio, realizza una concreta lesione del bene protetto (danno), meritando una pena più severa."

Con ciò si termina la spiegazione dell'art 318.

La corruzione propria (art 319)

L'art 319 disciplina la corruzione propria, cioè quella corruzione che viene punita più severamente dall'ordinamento ed è oggi sanzionata con la pena da 6 a 10 anni di reclusione.

Essa è rimasta immutata nella sua struttura anche dopo la riforma del 2012 ed è costruita sulla condotta del solo pubblico ufficiale, perché la corruzione dell'incaricato di pubblico servizio viene punita ai sensi del combinato disposto tra 319 e 320 e la corruzione del privato, in un reato necessariamente plurisoggettivo proprio, è punita ai sensi dell'art 321 che si combina con l'art 319.

L'art 320, nella sua estensione della punibilità all'incaricato di pubblico servizio, prevede un'attenuante ad effetto comune nel suo secondo comma se la condotta viene tenuta dall'incaricato di pubblico servizio - le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo.

L'art 319 è strutturato tenendo conto della condotta che deve distinguersi a seconda che si tratti della corruzione antecedente o della corruzione susseguente. Nella maggior parte dei casi la prassi dice che la corruzione si realizza nella forma antecedente.

nella quale la condotta del pubblico ufficiale è quella di accettare la promessa/ricevere denaro o altra utilità al fine di compiere un atto contrario ai doveri di ufficio o diritardare od omettere un atto dell'ufficio. Quindi, il compimento dell'atto o l'omissione dell'atto o il ritardo dell'atto dovuto non sono elementi di tipicità, cioè non fanno parte della condotta tipica, ma sono oggetto del dolo specifico di danno.

Il bene tutelato è sicuramente quello del buon andamento e dell'imparzialità della PA e, come si vede, vi è una stretta correlazione tra quello che è il dolo specifico di danno, cioè il compimento di un atto contrario che non deve necessariamente realizzarsi perché il reato si integri e il bene tutelato, perché senza dubbio il fatto che il pubblico ufficiale accetti la promessa o riceva il denaro per compiere un atto contrario, ci dà la misura del fatto.

che il buon andamento verrà pregiudicato, dunque l'atto compiuto violerà le regole che ne presidiano lo svolgimento. La funzione amministrativa viene sacrificata in nome degli interessi del privato e, quindi, in nome della ricezione del denaro o dell'accettazione della promessa, perché viene, appunto, compiuto un atto che non rispetta le regole che dovrebbero governarne l'emanazione, le quali sono improntate all'efficienza, all'efficacia dell'azione amministrativa, cioè al perseguimento dell'interesse pubblico. Lo stesso discorso vale per l'imparzialità perché il pubblico ufficiale si mostra non estraneo agli interessi del privato, tanto che ha un contatto diretto con lui al punto di stipulare un accordo che si realizza attraverso la ricezione di una somma di denaro o, comunque, con l'accettazione di una promessa. Se il pubblico ufficiale non accetta la promessa o non riceve il denaro, ma simula di accettare.per far scoprire il privato, in questo caso non rispondedi corruzione propria ma risponderà solo il privato ai sensi dell’art 322per istigazione alla corruzione.Non si parla nel 319 di “retribuzione” e, quindi, di una necessariaproporzione tra prestazione e controprestazione, a differenza di quantoprevisto dal 318 formulato ante 2012 proprio perché l’atto, essendocontrario ai doveri di ufficio, non c’è la necessità di una effettivaproporzione tra la prestazione e la controprestazione perché qui si è fuorila legittimità dell’atto, dunque non bisogna verificare che il sinallagma sifondi su un rapporto di equilibrio. Certamente lo squilibrio può aversisoltanto in presenza di donativi effettuati per ragioni di cortesia o digratitudine che abbiano un valore economico assolutamente irrilevante emodesto, tale da non giustificare il compimento di quell’atto contrario aidoveri di ufficio. Sitratta di ipotesi che nella prassi sfumano perché, in effetti, qualsiasi corresponsione di denaro o di un'altra utilità che abbia un minimo di valore economico è considerata sufficiente ad instaurare un valido sinallagma illecito. L'atto contrario di cui si parla, non necessariamente deve essere un atto amministrativo se è un atto amministrativo è un atto viziato perché è un atto illegittimo, ma può essere anche un comportamento del pubblico ufficiale che non rientri nei canoni dell'atto amministrativo in senso stretto. Può anche essere un atto con natura discrezionale e, in questo caso, si avrà contrarietà quando si dimostri che non sono state osservate le regole che presidiano l'esercizio del potere, cioè quando si ha un uso distorto del potere discrezionale che comporti una rinuncia preventiva alla rinuncia degli interessi in gioco e tutto sbilanciato a favore di quelli del privato.

dolo è specifico nella corruzione antecedente, mentre è generico nella corruzione susseguente perché in quest'ultima l'atto contrario ai doveri di ufficio è parte della tipicità perché è da lì che si muove per poi far seguire la corresponsione del denaro.

Istigazione alla corruzione (art 322)

L'art 322 è la norma che chiude il quadro in materia di delitti di corruzione ed è un reato nel quale il tentativo e la consumazione vengono equiparati perché quello che è il tentativo unilaterale, viene elevato a delitto consumato.

La condotta in questione è tutt'altro che partecipazione morale, anche se il concetto di istigazione che si trova nella parte generale viene definito come "partecipazione morale in un reato commesso da terzi" - in realtà qui si intende che il reato sia commesso dall'istigatore. Quindi, si tratta di un'istigazione non accolta che, ai

solicitazione o offrendogli un vantaggio ingiusto. b) Corruzione passiva i successivi due commi si occupano della condotta tenuta dal pubblico ufficiale. Egli può accettare la sollecitazione o il vantaggio ingiusto offerto dal privato. In entrambi i casi, l'istigazione alla corruzione e la corruzione passiva sono reati che comportano gravi conseguenze per la società e per l'efficienza della pubblica amministrazione. Pertanto, è fondamentale che vengano adottate misure di prevenzione e di contrasto efficaci per combattere tali fenomeni.

Promessa/un'offerta di denaro che abbia il carattere della serietà e della idoneità, due caratteri che poi devono essere accertati nella situazione concreta e che possono stimolare il pubblico ufficiale stesso ad accettare e a concludere il pactum sceleris.

Istigazione alla corruzione attiva gli ultimi due commi si riferiscono condotta proveniente dal pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio, la quale si concretizza nella sollecitazione alla promessa o alla dazione di denaro. Dunque, mentre il privato offre o promette denaro, il pubblico ufficiale sollecita il privato a promettere o a dargli del denaro.

In questo senso il problema della distinzione tra istigazione alla corruzione e induzione indebita è stato già affrontato, perché è stato già detto che il termine "sollecitazione" deve confrontarsi con quello di "induzione" di cui al 319 quater.

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A.A. 2019-2020
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola.meloni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Bellagamba Filippo.