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Atti persecutori - stalking
Il termine (che letteralmente significa "fare la posta, braccare, pedinare, perseguitare") è entrato in uso per indicare un fenomeno di molestie assillanti, di comportamenti ripetuti e intrusivi di sorveglianza, controllo, ricerca di contatto e comunicazione che talora degenera in violenza nei confronti di una vittima che non gradisce questi comportamenti fino ad avere una vera e propria ansia e paura. Le associazioni statunitensi in difesa delle vittime di violenze domestiche si sono appropriate del termine (che negli anni '80 era utilizzato per descrivere il continuo assedio di ammiratori psichicamente disturbati alle persone famose) per descrivere le persecuzioni alle donne da parte di ex compagni; oggi, ricomprendendo anche colleghi, amici, conoscenti e sconosciuti. La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Istanbul, 2011) prevede il reato.distalking (atti persecutori) all'art. 34.
Nonostante la gravità del fenomeno criminale, in tutti gli ordinamenti emerge la difficoltà di tipizzare tale fattispecie il che ha indotto addirittura a dubitare dell'opportunità della sua penalizzazione, non perché si nega la realtà del fenomeno ma perché si ritiene che non sia possibile una sua soddisfacente traduzione normativa.
Si tratta di posizioni estreme e non condivisibili: infatti, lo stalking merita un'autonoma considerazione penalistica, da una parte, perché può essere realizzato attraverso condotte in sé lecite, che assumono capacità offensiva dei beni tutelati per la loro reiterazione e insistenza; dall'altra parte, perché anche quando è realizzato con condotte in sé illecite (come minacce, molestie, ingiurie, percosse) queste condotte assumono un diverso disvalore in virtù del loro carattere reiterato e continuato.
Finendo per non offendere più i singoli beni (incolumità fisica, tranquillità personale, patrimonio) ma in maniera più invasiva la libertà personale e la salute psico-fisica della vittima.
Il d.l 20 febbraio 2009, n. 11 (convertito con la legge n. 38 del 2009) ha introdotto nell'ordinamento italiano la fattispecie di atti persecutori.
Art. 612-bis c.p. (Atti persecutori)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Bene giuridico = libertà di autodeterminazione della vittima; tranquillità personale; salute mentale e fisica.
La tranquillità personale è vista come situazione prodromica alla tutela della libertà morale e costituisce uno degli aspetti dell'interesse alla privatezza, cioè all'intangibilità della sfera privata. Condotta: consiste in minacce o molestie con condotte reiterate. Il legislatore ha costruito una fattispecie di reato abituale, dando così rilievo allo stalking: una caratteristica fondamentale del fenomeno è la reiterazione di condotte invadenti che possono comportare un'escalation da attenzioni moleste sino alla violenza. I singoli atti molesti sono legati tra loro dal vincolo dell'abitualità, cioè della continuità e ripetitività nel tempo, che non può essere esclusa da intervalli alternati alla serie di episodi lesivi. Lo stalking consiste nella realizzazione di una pluralità di condotte (dello stesso o di diverso tipo) che nell'insieme siano tali da assumerevalenza di minaccia omolestia. Quali che siano le modalità di condotta, attraverso la loro reiterazione, lo stalker realizza un'ingiustificata interferenza nell'altrui sfera privata, capace di turbarne la serenità. Fra le modalità emergono dall'esperienza: telefonate, lettere, sms, pedinamenti, invio di doni, minacce, aggressioni, divulgazione di filmati della vittima ecc.
Non c'è alcun riferimento alla violenza, che pure si accompagna frequentemente alla minaccia e molestia, e incide sul disvalore del fatto. Se avesse dato rilievo alla violenza (come modalità tipica di condotta o come circostanza aggravante), il legislatore avrebbe costruito una fattispecie più conforme alle tipologie di fatti emerse nella realtà sociale e più idonea a rispecchiare il suo disvalore, evitando così l'eccessiva discrezionalità del giudice nel ricorso al concorso di reati.
Reato d'evento La giurisprudenza e la
La dottrina prevalente interpreta la fattispecie come reato d'evento (la fattispecie richiede il verificarsi effettivo degli eventi descritti), valorizzando l'utilizzo di verbi propri della causalità: cagionare, costringere.
Questa interpretazione, pur dominante e consolidata nella prassi applicativa, va incontro a molte difficoltà sia concettuali che probatorie concernenti sia gli eventi ipotizzati sia il nesso di causalità rispetto alle condotte di stalking.
Grave stato di ansia e di paura e fondato timore sono eventi psicologici di carattere prettamente soggettivo e di difficile accertamento: la paura, l'ansia, lo stress NON sono standardizzabili e non possono rappresentare attendibili parametri per l'accertamento di un comportamento punibile. Parte della dottrina (in conformità con il principio di tassatività) interpreta lo stato di ansia e di paura come forme patologiche caratterizzate da stress che trovano riscontro
nella lettura medica e, quindi, sono soggette ad accertamento e misurazione oggettivi. MA altra parte della dottrina critica questa posizione ritenendo improbabile che un giudice disponga una complicata perizia medica sulla vittima. Questo orientamento è accolto dalla Suprema Corte che NON richiede l'accertamento di uno stato patologico; questo è confermato dalla Corte costituzionale (sent. 172/2014) che, per accertare tale evento e il fondato timore, richiede un'accurata osservazione di segni e indizi comportamentali che denotino un'apprezzabile destabilizzazione/turbamento psicologico. Ulteriori problemi riguardano la definizione e la prova dello stato di ansia e paura grave e perdurante come perché anche la gravità del turbamento psicologico è connessa alla sensibilità della vittima e, quindi, assume un carattere soggettivo e quantitativamente indeterminato. Quanto alla durata, si pone il problema di determinare il lasso di tempo.Necessario per definire lo stato perdurante. La Corte costituzionale ha fatto un'interpretazione ispirata al principio di offensività escludendo dal campo della norma incriminatrice ansie di scarso momento, sia in ordine alla loro durata sia alla loro incidenza sul soggetto passivo, e timori immaginari della vittima.
In ogni caso la giurisprudenza (compresa la Corte costituzionale) per provare tale evento di carattere soggettivo attribuisce rilievo non solo alla condotta della vittima, rivelatrice dello stato d'ansia, ma anche all'idoneità della condotta dell'autore a provocare l'evento.
"Fondato timore" Non si capisce perché e in che senso il timore debba essere fondato: in un'ottica causale, è necessario e sufficiente che la condotta abbia provocato il timore, fondato o meno che sia. La dottrina, però, intende la fondatezza del timore come superamento di una soglia di rischio consentito nelle relazioni.
sociali. "cambiamento delle abitudini di vita" Ultima ipotesi: Occorre il verificarsi e l'accertamento del concreto cambiamento delle abitudini di vita, quale effetto di costrizione: cioè, l'accertamento che la vittima si sia sentita talmente condizionata da non uscire più, cambiare lavoro, cambiare numero di telefono, evitare di recarsi in certi posti. Anche in relazione a tale elemento sorgono dubbi in termini di tassatività perché è affidata all'eccessiva discrezionalità del giudice la determinazione della soglia che consente di parlare di cambiamento di abitudini. La giurisprudenza richiede un mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell'ordinaria gestione della vita quotidiana. Se la norma venisse interpretata come fattispecie di pericolo concreto permetterebbe una più stringente tutela della vittima e forse un maggiore rispetto del principio di offensività; infatti
L'espressione utilizzata si presta a essere interpretata come fattispecie di pericolo concreto: come richiesta che la condotta sia idonea a cagionare taluno degli eventi ipotizzati. Nella valutazione dell'idoneità della condotta si dovrebbe tenere conto di tutte le circostanze oggettive del caso: natura e modalità della condotta. Inoltre, l'interpretazione della fattispecie come reato di pericolo sarebbe maggiormente conforme alla sua natura di reato abituale: un tipo di fattispecie che normalmente concentra il disvalore sulla condotta reiterata; invece, nei reati di danno il disvalore si concentra sulla verificazione dell'evento rispetto al quale la reiterazione della condotta offensiva non dovrebbe assumere alcun rilievo. Il tentativo è configurabile in base all'interpretazione prevalente degli atti persecutori come reato d'evento, anche se sarà comunque difficilmente punibile sia per le difficoltà probatorie sia perché,
qualora non si ritenga consumata la fattispecie, si potranno spesso applicare le meno gravi fattispecie di molestie o di minacce. Reiterazione delle condotte L'art. 612-bis c.p. presuppone una forma prolungata di stalking (abitualità); quindi, condotte persecutorie limitate a pochi giorni NON sono idonee a integrare il reato. Il verificarsi di alcuni episodi isolati esclude la punibilità per stalking poiché il delitto di atti persecutori ha natura di reato abituale, sicché la pluralità di atti è elemento costitutivo della fattispecie. Il delitto di atti persecutori è a dolo generico: se si interpreta come delitto d'evento si deve accertare la volontà di cagionare l'evento; se si interpreta come reato di pericolo è sufficiente accertare la volontà di realizzare comportamenti reiterati idonei a cagionare taluno degli eventi indicati. mobbing La fattispecie di atti persecutori è idonea a ricomprendere fatti