Diritto penale - parte generale - Appunti
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Comma 3 " La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a carico
dell'agente, come conseguenza della sua azione od omissione" (tale comma disciplina
la responsabilità oggettiva)
Comma 2 "Nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto,
se non l'ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo e
espressamente previsti dalla legge".
Comma 4 "Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od
omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa". (I commi 2 e 4
disciplinano l'elemento soggettivo del reato).
Elemento psicologico del reato.
Art. 43 c.p. Il delitto:
- è doloso (o secondo l'intenzione) quando l'evento dannoso o pericoloso (che è il
risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del
delitto), è dall'agente previsto e voluto come conseguenza della propria azione od
omissione;
- è preterintenzionale (o oltre l'intenzione) quando dall'azione od omissione deriva un
evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente;
- è colposo (o contro l'intenzione) quando l'evento, anche se previsto, non è voluto
dall'agente e si verifica a causa di negligenza o impudenza o imperizia, ovvero per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti,
si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia
dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico (per es., l'accertamento in
concreto che una data contravvenzione sia stata commessa dolosamente ovvero
colposamente rileva ai fini della commisurazione della pena, in quanto il carattere
doloso o colposo rende la contravvenzione più o meno grave).
Il dolo.
La realizzazione con dolo di un fatto antigiuridico comporta la forma più grave di
responsabilità penale. Per l'esistenza del dolo si richiede un duplice coefficiente
psicologico: la rappresentazione e la volizione del fatto antigiuridico. Art. 43 c.p. "Il
delitto è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che il
risultato dell'azione o dell'omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del
delitto, è dall'agente previsto (rappresentazione) e voluto (volizione) come
conseguenza della propria azione od omissione". 49
Il momento rappresentativo del dolo.
Perché sorga una responsabilità dolosa occorre in primo luogo che il soggetto si sia
rappresentato (abbia preveduto) il fatto antigiuridico. Il momento rappresentativo del
dolo esige la conoscenza selettiva (previsione) di tutti gli elementi del fatto concreto
che integra una specifica figura di reato: e tale conoscenza deve sussistere nel
momento in cui il soggetto inizia l'esecuzione dell'azione tipica.
Il momento rappresentativo del dolo si considera di regola integrato anche nei casi di
dubbio, perché chi agisce in stato di dubbio (es.: chi sottragga una cosa mobile altrui,
essendo in dubbio se si tratti di una cosa propria o altrui) ha un'esatta
rappresentazione di quel dato della realtà, sia pure coesistente con una falsa
rappresentazione di quel dato.
Non vi è invece la rappresentazione del fatto antigiuridico necessaria per la
sussistenza del dolo quando l'agente versa in un errore sul fatto (art. 47 c.p.): quando
cioè, l'agente, non si rappresenti almeno uno degli elementi del fatto a causa di
un'errata percezione sensoriale (errore di fatto) o di un'errata interpretazione di norme
giuridiche o sociali (errore di diritto).
Art. 47 c.p. "L'errore sul fatto che costituisce il reato di esclude la punibilità
dell'agente; se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa,
quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo". Es. di errore di fatto che
impedisca all'agente di rappresentarsi il fatto concreto che in effetti va poi realizzato:
un cacciatore crede di vedere agitarsi dietro un cespuglio un cinghiale, mentre
(invece) si tratta di un altro cacciatore (errore di fatto determinato da una falsa
percezione della realtà). Quello che causa lo sparo è la morte di un uomo, ma quel
che si è rappresentato l'agente è un fatto diverso, l'uccisione di un animale; il
cacciatore quindi non risponderà di omicidio doloso (perché l'errore di fatto esclude il
dolo), ma, eventualmente di omicidio colposo (per la negligenza del suo
comportamento). L'errore sul fatto dovuto ad un erronea percezione della realtà
esclude il dolo; può però residuale una responsabilità per colpa, se all'agente si può
muovere il rimprovero di non aver impiegato la diligenza o l'attenzione che avrebbe
impiegato al suo posto un agente modello e che egli avrebbe consentito di rendersi
conto di commettere quel fatto che ha in effetti realizzato (si sarebbe reso conto che
dietro l'albero non c'era un animale bensì un uomo).
Quindi, l'errore di fatto esclude la punibilità di un reato a titolo di dolo ma, se il fatto
è punito anche a titolo di colpa, e questa sussiste, si risponderà di reato colposo.
Art. 47 c.p. "L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità,
quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato".
Il momento volitivo del dolo.
Il dolo non si esaurisce nella rappresentazione del fatto: perché vi sia dolo, il soggetto
deve aver voluto la realizzazione del fatto antigiuridico che si era previamente
rappresentato, cioè deve aver deciso di realizzarlo. Tale volontà deve essere presente
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nel momento in cui il soggetto agisce. La decisione (volontà) di compiere il fatto
antigiuridico, può essere la conseguenza immediata di un improvviso impulso ad
agire (dolo d'impeto), o può essere presa e tenuta ferma fino al compimento
dell'azione per un apprezzabile lasso di tempo (dolo di proposito). Il momento
volitivo del dolo può assumere tre forme:
- dolo intenzionale: si configura quando il soggetto agisce allo scopo di realizzare il
fatto. Non è necessario che la realizzazione del fatto rappresenti lo scopo ultimo
perseguito dall'agente, potendo essere anche uno scopo intermedio (ad es., si provoca
intenzionalmente la morte della guardia del corpo di un uomo politico, all'ulteriore
scopo di procedere al sequestro di quest'ultimo). Non è necessario che la causazione
delle evento perseguito dall'agente sia probabile (vi è dolo intenzionale di omicidio
anche se la persona uccisa, e che si intendeva uccidere, si trovava ad una distanza ai
limiti della portata balistica dell'arma impiegata dall'agente). (In una più ampia serie
di casi) Nei reati a dolo specifico, caratterizzati dalla presenza nel dettato normativo
di formule quali "al fine di", "allo scopo di", "per"... il legislatore richiede che
l'agente commetta il fatto avendo di mira un risultato ulteriore, il cui realizzarsi non è
necessario per la consumazione del reato (es. il delitto di strage, che è integrato da
colui che, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica
incolumità. Ivi l'agente deve compiere atti pericolosi avendo di mira la morte di
almeno un uomo, ma il reato è consumato anche se tale evento non si verifica:
l'eventuale morte di una o più persone comporta solo un aggravamento della pena).
(Nella maggior parte dei casi) Nei reati a dolo generico, le finalità perseguite
dall'agente con la commissione del fatto sono irrilevanti per l'esistenza del dolo (es.:
il dolo di omicidio consiste e si esaurisce nella rappresentazione e volizione di
cagionare la morte di un uomo e le eventuali finalità perseguite dall'agente potranno
rilevare solo ai fini della commisurazione della pena).
- dolo diretto: si configura quando l'agente non persegue la realizzazione del fatto,
ma si rappresenta come certa o come probabile al limite della certezza l'esistenza di
presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell'evento come conseguenza
dell'azione.
Un primo esempio di dolo diretto in relazione ad un presupposto della condotta("cosa
proveniente da delitto") può essere modellato sulla ricettazione: si pensi ad un
antiquario che sappia per certo che un determinato quadro è stato rubato e con questa
piena consapevolezza decida di acquistare il quadro; (presupposto della condotta
"cosa proveniente da delitto"; si rappresenta come certa che la cosa provenga da
delitto).
Un secondo esempio di dolo diretto relativo all'evento: l'armatore che per conseguire
il premio di un'assicurazione faccia collocare su una propria nave una bomba a
orologeria tarata per esplodere durante una traversata: la morte di uno o più membri
dell'equipaggio non rappresenta il fine perseguito dall'agente, ma è presente nella
mente di questi come una conseguenza pressoché certa della sua azione (tanto basta
per integrare il dolo di omicidio nella forma del dolo diretto). 51
Dolo indiretto: si ha quando l'agente considera la realizzazione del fatto di reato
come sicura conseguenza collaterale del fine perseguito (l'evento è necessariamente
connesso al risultato perseguito intenzionalmente).
- dolo eventuale: si configura quando il soggetto si rappresenta come seriamente
possibile (non come certa) l'esistenza di presupposti della condotta ovvero il
verificarsi dell'evento come conseguenza dell'azione e, pur di non rinunciare
all'azione e ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi (il
soggetto agisce costi quel che costi, mettendo cioè in conto la realizzazione del fatto).
"Sia presente o meno quella circostanza, avvenga questo o quest'altro, io agisco
comunque" (notiamo che il dolo eventuale è caratterizzato dall'accettazione del
rischio del verificarsi del fatto).
Primo es. di dolo eventuale relativo ad un presupposto della condotta: sussiste il dolo
eventuale di furto, rispetto all'elemento dell'attività della cosa, in un caso in cui
l'agente dubiti di aver trasferito per contratto a Tizio la proprietà della cosa, ma,
essendo fortemente interessato a rientrarne in possesso, decida comunque di sottrarre
la cosa a Tizio, accettando l'eventualità che la cosa sia altrui.
Secondo esempio di dolo eventuale relativo all'evento: esiste il dolo eventuale di
omicidio se l'agente, animato dalla finalità di creare panico nella collettività, colloca
in una piazza una bomba programmata per deflagrare a tarda notte: a quell'ora la
presenza di passanti è possibile (non certa), ma la decisione dell'agente di collocare e
far scoppiare la bomba è stata presa accettando l'eventualità che l'esplosione provochi
la morte di un eventuale passante: piuttosto di rinunciare all'azione terroristica,
l'agente non è arretrato di fronte alla prospettiva della morte del passante.
Quando il fatto è punito sia se commesso con dolo sia se commesso con colpa, il dolo
eventuale rappresenta la linea di confine che separa l'area della responsabilità per
dolo da quella della responsabilità per colpa. Il dolo eventuale va nettamente distinto
dalla colpa cosciente (colpa con previsione dell'evento). I due criteri d'imputazione
della responsabilità (dolo eventuale, colpa cosciente) hanno in comune l'elemento
della previsione dell'evento, ma presentano tratti ulteriori profondamente diversi:
- nella colpa cosciente l'agente si rappresenta il possibile verificarsi dell'evento, ma
ritiene per colpa che non si realizzerà nel caso concreto, e ciò in quanto, per
leggerezza, sottovaluta la probabilità del suo verificarsi ovvero sopravvaluta le
proprie capacità di evitarlo;
- nel dolo eventuale l'agente ritiene seriamente possibile la realizzazione del fatto ed
agisce accettando tale eventualità.
Oggetto del dolo.
La rappresentazione e la volizione devono avere per oggetto non già gli elementi
descritti in astratto dalla norma incriminatrice, bensì il fatto concreto che corrisponde
alla figura legale del fatto incriminato: l'agente, quindi, può anche ignorare l'esistenza
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della norma che descrive il fatto da lui realizzato (ovvero può interpretarla
erroneamente). Tutto ciò non toglie nulla né aggiunge nulla all'esistenza del dolo.
Nei reati a dolo generico oggetto della rappresentazione e della volizione è solo il
fatto concreto che integra gli estremi del fatto descritto dalla norma incriminatrice
(fini ulteriori perseguiti dall'agente come conseguenza del fatto sono al di fuori
dell'oggetto del dolo e, al massimo, rileveranno come motivi che aggravano o
attenuano la pena);
Nei reati a dolo specifico oggetto del dolo è sia il fatto concreto corrispondente a
quello descritto dalla norma incriminatrice, sia l'evento, che l'agente deve perseguire
come scopo e la cui realizzazione è irrilevante per la consumazione del reato.
Il dolo e l'erronea supposizione della presenza di cause di giustificazione.
Art. 59. 4 c.p.: "Se l'agente ritiene per errore che esistono circostanze di esclusione
della pena (cause di giustificazione), queste son sempre valutate a favore di lui.
Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa,
quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo".
Il dolo è rappresentazione e volizione di un fatto antigiuridico. L'erronea
supposizione di trovarsi in una situazione che, se esistesse realmente, integrerebbe gli
estremi di una causa di giustificazione riconosciuta dall'ordinamento esclude il dolo
(se però l'erronea supposizione della presenza di una causa di giustificazione è stata
determinata da colpa, perché nessuna persona ragionevole sarebbe caduta in
quell'errore, il fatto antigiuridico viene addebitato all'agente a titolo di colpa, a
condizione che quel fatto sia previsto dalla legge come delitto colposo).
L'ipotesi delineata dall'art. 59. 4 c.p. è quella dell'agente che erroneamente supponga
l'esistenza nella realtà degli estremi di una causa di giustificazione riconosciuta
dall'ordinamento. Altra cosa è invece l'ipotesi in cui l'agente supponga l'esistenza di
una causa di giustificazione non contemplata dall'ordinamento ovvero ritenga
erroneamente che una causa di giustificazione abbia limiti più ampi di quelli previsti
dall'ordinamento: queste ultime ipotesi, estranee all'art. 59. 4 c.p., sono invece
riconducibili alla disciplina dell'art. 5 c.p., trattandosi di errori sulla legge penale, che
rileveranno se e in quanto scusabili, cioè evitabili con la dovuta diligenza.
Il dolo nei reati omissivi.
Quanto al momento rappresentativo (del dolo).
1) Il soggetto che ha l'obbligo di agire deve innanzitutto essere a conoscenza, anche
in forma dubitativa, dei presupposti di fatto dai quali scaturire il dovere di agire (ciò
vale sia per i reati omissivi propri, sia per quelli omissivi impropri).
Es.: il dolo di omissione di soccorso (reato omissivo proprio) esige (infatti) che il
soggetto si renda conto di trovarsi di fronte ad un fanciullo minore di anni dieci o ad
una persona incapace di provvedere a se stessa, che siano stati abbandonati o smarriti,
ovvero ad un corpo che sia o sembri in animato, o, ancora, ad una persona ferita o
altrimenti in pericolo. 53
2) In secondo luogo, il soggetto deve sapere qual è l'azione da compiere. Es. chi si
imbatte nel minore o nell'incapace deve sapere che deve avvertire la pubblica
Autorità...
Nei reati omissivi impropri, che esigono anche il verificarsi di un evento come
conseguenza dell'omissione, il garante deve inoltre rendersi conto che il compimento
dell'azione per lui doverosa potrebbe impedire il verificarsi dell'evento,
neutralizzando così il decorso causale che potrebbe produrlo (es.: il ferroviere deve
cioè aver chiaro che, azionando correttamente lo scambio, eviterà la collisione
pericolosa per la pubblica incolumità).
Quanto al momento volitivo (del dolo) è necessario che il soggetto decida di non
compiere l'azione doverosa. Nei reati omissivi impropri, inoltre il momento volitivo
esige che il soggetto abbia posto a base di quella decisione l'intenzione di non
impedire l'evento o la certezza o l'accettazione dell'eventualità del verificarsi di un
evento che sarebbe stato impedito dal compimento dell'azione doverosa.
L'accertamento del dolo.
Per quanto riguarda l'accertamento del dolo, i fatti psichici che lo compongono
(rappresentazione e volizione) non possono essere accertati mediante i sensi, ma
possono essere solo desunti da dati esteriori, con l'aiuto di massime di esperienza (art.
133 c.p.): queste, vanno utilizzate tenendo conto di tutte le circostanze del caso
concreto, relative alla modalità dell'azione, alla condotta susseguente al reato, alla
personalità dell'agente,all'interesse che egli...... al compimento dell'azione...
(L'errore sia sul fatto che sulle cause di giustificazione esclude il dolo anche se
inescusabile, anche cioè se un uomo diligente lo avrebbe evitato nelle circostanze del
caso concreto: l'errore dovuto a colpa lascia sussistere una responsabilità per colpa
sempre che il fatto sia previsto dalla legge anche nella forma del delitto colposo - artt.
47 e 59. 4 c.p.).
La colpa.
La realizzazione per colpa di un fatto antigiuridico comporta una responsabilità assai
meno grave rispetto alla realizzazione dolosa dello stesso fatto. Art. 43 c.p. "Il delitto
è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto
dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline".
La colpa consta di due requisiti:
- un requisito negativo, cioè l'assenza di dolo: il fatto dev'essere stato realizzato
involontariamente (e l'eventuale presenza della previsione dell'evento compare nella
definizione legislativa della colpa solo per evocare l'ipotesi aggravata della colpa
cosciente, che dà vita ad una circostanza aggravante dei diritti colposi). 54
- un requisito positivo: ovvero la presenza di ciò che la legge descrive come
"negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero inosservanza di leggi, regolamenti,
ordini o discipline".
Notiamo quindi che la colpa si fonda sul contrasto tra la condotta concreta dell'agente
e il modello di condotta imposta da regole di diligenza, prudenza o perizia. La colpa,
dunque, può consistere:
- nella negligenza: cioè nell'omesso compimento di un'azione doverosa;
- nell'imprudenza: cioè nella relazione di un divieto assoluto di agire o del divieto di
agire con particolari modalità;
- nell'imperizia: cioè in un'imprudenza o in una negligenza nello svolgimento di
attività che esigono il possesso e l'impiego di particolari abilità e/o cognizioni.
La fonte delle regole di diligenza.
Le regole di diligenza, prudenza e perizia possono essere contenute in norme
giuridiche, di fonte pubblica o privata. La colpa per inosservanza di "leggi,
regolamenti, ordini o discipline" è denominata colpa specifica.
Rientrano nel concetto di leggi (regolamenti, ordini, discipline) la cui inosservanza dà
vita a colpa non tutte le leggi, ma soltanto le leggi che impongono o vietano una data
condotta all'esclusivo scopo di neutralizzare, o ridurre, il pericolo che da quella
condotta possono derivare eventi dannosi o pericolosi rilevanti ai sensi di una
fattispecie di reato colposo.
Regole cautelari non codificate. Negli stessi settori in cui il legislatore è intervenuto
massicciamente non tutto può essere oggetto di specifiche di regole di diligenza.
Quindi, accanto alle regole codificate, vi è dunque un ampio spazio per regole la cui
individuazione grava sul giudice: è lo spazio della colpa generica cioè quella che il
codice penale designa come colpa per negligenza o imprudenza o imperizia. Il
giudice non è però libero di individuare a suo piacimento le regole di diligenza o di
prudenza o di perizia. Egli infatti farà riferimento e confronterà il comportamento del
singolo agente con il comportamento che in quelle stesse circostanze di tempo e di
luogo avrebbe tenuto un uomo ideale, preso come modello di riferimento (si valuterà
perciò la correttezza o meno del comportamento concreto del singolo agente con
quello che, nelle stesse circostanze, avrebbe tenuto il modello di agente che svolga
quella stessa attività).
I rapporti tra colpa specifica e colpa generica.
- Norme giuridiche a contenuto rigido: impongono al destinatario una regola di
condotta fissata in modo preciso (es. arrestarsi al segnale di stop);
- norme giuridiche a contenuto elastico: fanno dipendere l'individuazione della regola
di condotta dalle circostanze del caso concreto, nel senso che è sulla base di quelle
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circostanze che andrà individuata la condotta che avrebbe tenuto l'agente modello (es.
la velocità sarà prudenziale o eccessiva a seconda delle condizioni ambientali).
Il quesito se l'inosservanza di una regola cautelare codificata sia sufficiente a fondare
la colpa ha senso per le sole regole cautelari a contenuto rigido: la risposta è che
l'inosservanza dà vita a colpa, a meno che siano presenti circostanze concrete tali da
rendere il rispetto della norma fonte di un aumento del rischio della realizzazione di
un fatto che integra un reato colposo. In questa evenienza l'inosservanza della norma
giuridica è irrilevante, perché la vera regola di diligenza da osservare non è quella
prescritta dalla norma giuridica, bensì quella che l'agente modello avrebbe rispettato
nelle circostanze concrete.
I reati colposi di evento. (Colposa dev'essere sia la condotta sia l'evento che ne è
derivato)
Il legislatore all'art. 43 c.p. ha assunto come prototipo dei reati colposi il reato
colposo di evento: ha infatti stabilito che "il delitto è colposo... quando l'evento... si
verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di
leggi... "
La condotta colposa.
Il carattere colposo della condotta può derivare o dal mancato riconoscimento del
pericolo di realizzazione del fatto ovvero, di fronte ad un pericolo riconosciuto, dalla
mancata adozione dei comportamenti necessari per neutralizzare o ridurre il pericolo.
Vi sono molte attività pericolose che vengono svolte da una pluralità di persone in
stretta collaborazione (lavoro in equipe: es. l'equipe composta dal medico-chirurgo,
dall'anestesista, dagli infermieri...): all'interno di un tale sistema opera il principio di
affidamento "Ciascuno degli agenti può cioè confidare che il comportamento
dell'altro sia conforme alle regole di diligenza, prudenza e perizia" (es. il chirurgo
può fare affidamento nelle informazioni che gli fornisce l'anestesista durante
l'operazione...). Il limite logico del principio di affidamento è che "le circostanze del
caso concreto lascino riconoscere la possibilità di altrui comportamenti colposamente
pericolosi" (quindi, es. il chirurgo dovrà personalmente verificare l'attendibilità delle
informazioni fornitegli dall'anestesista se precedenti esperienze negative ovvero
incertezze o imprecisioni manifestate durante l'operazione conducano a ritenere
inaffidabile l'operato dall'anestesista.Di conseguenza: non potrà considerarsi colposa
la condotta del chirurgo che si sia affidato delle informazioni scorrette ricevute
dall'anestesista; sarà colposa nei soli casi in cui in concreto vi fossero segnali che
rendevano inaffidabili le indicazioni dall'anestesista). 56
Il nesso tra colpa ed evento.
Nei reati (colposi) di evento è ovviamente necessario che vi sia nesso tra colpa ed
evento (infatti ne i reati colposi di evento, la colpa deve abbracciare sia l'azione sia
l'evento).
Il nesso che deve intercorrere tra colpa ed evento è duplice:
- l'evento verificatosi nella realtà dev'essere il risultato di una delle serie di sviluppi
causali il cui prevedibile avverarsi rendeva colposa la condotta della gente;
- della sussistenza del nesso tra colpa ed evento, è necessario verificare "se la
condotta rispettosa delle regole di diligenza avrebbe evitato nel caso concreto il
verificarsi dell'evento".
La colpa nei reati omissivi impropri.
La responsabilità per omesso impedimento di eventi costitutivi di delitti colposi si
configura (solo) nei confronti di chi è destinatario di obblighi di protezione o di
controllo dei pericoli che possono incombere sui più diversi beni. Nei reati omissivi
impropri, la colpa può consistere:
- nell'inottemperanza del dovere di attivarsi per riconoscere la presenza di pericoli
che i garanti hanno il dovere di sventare, ovvero;
- nel mancato compimento delle azioni necessarie per neutralizzare o ridurre quei
pericoli. (Es. il bagnino risponderà per colpa della morte per annegamento di un
bagnante se per disattenzione non si è reso conto che un bagnante era in difficoltà
ovvero se, resosi conto del pericolo, è stato imperito nel prestare il soccorso o
corrente).
Comunque, nei reati omissivi impropri l'evento non può essere addebitato a colpa se
il soggetto non poteva evitarlo nemmeno compiendo le azioni che la diligenza o la
perizia gli imponevano di compiere. (Es. il bagnino non risponderà dalla morte del
bagnante se l'annegamento è avvenuto da tale distanza dalla riva da precludere ogni
efficace azione di salvataggio).
I reati colposi di mera condotta.
Si tratta di reati colposi nei quali il fatto si esaurisce nella realizzazione di una
condotta, in presenza di dati presupposti, senza che debba verificarsi un evento. (Es.
la legge punisce chi somministra per colpa medicinali diversi da quelli descritti dal
medico).
Il grado della colpa.
Il grado della colpa (cioè il divario tra la condotta concreta e il modello di condotta
che l'agente doveva rispettare) rileva ai fini della commisurazione della pena. Una
forma più grave di responsabilità per colpa si configura, per i delitti, nei casi di colpa
cosciente, cioè nei casi in cui l'agente per leggerezza sottovaluta le probabilità del
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verificarsi dell'evento che ha previsto ovvero sopravvaluta le proprie capacità di
evitarlo.
B) Assenza di scusanti.
Nozione di scusante.
Per considerare colpevole l'agente non basta che abbia commesso un fatto
antigiuridico con dolo o con colpa: un rimprovero di colpevolezza non può muoversi
quando l'agente ha commesso il fatto in presenza di scusanti (cioè di circostanze
anormali che, nella valutazione legislativa, hanno influito in modo irresistibile sulla
sua volontà o sulle sue capacità psicofisiche).
Le principali scusanti dei reati dolosi.
1) la provocazione (giustifica i delitti contro l'onore), art. 599 c.p. "Non è punibile chi
ha commesso i fatti dolosi di ingiuria e diffamazione nello stato d'ira determinato da
un fatto un giusto altrui, e subito dopo di esso";
2) inoltre, è scusato chi commette fatti antigiuridici dolosi di falsa testimonianza,
falsa perizia o interpretazione, favoreggiamento personale... "Per esservi stato
costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un
grave e inevitabile..... nella libertà o nell'onore";
3) non è colpevole chi agisce in stato di necessità determinato da forza della natura
(art. 54. 1 c.p.) o dalla altrui minaccia (art. 54. 3 c.p.), essendo costretto dalla
necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (es.
è scusato chi, in un cinema invaso dalle fiamme, spinto dall'istinto di conservazione,
travolge e uccide, magari scientemente e volontariamente, un altro spettatore).
Le scusanti dei reati colposi.
Anche sul terreno dei reati colposi il legislatore italiano prevede delle circostanze
anormali che, nella valutazione legislativa, scusano la violazione di una regola di
diligenza, perché la loro presenza influisce in modo normalmente irresistibile sulle
capacità psicofisiche dell'agente, impedendo anche all'agente modello di rispettare la
regola di diligenza violata.
Si tratta di una gamma tassativa di circostanze, sia interne che esterne all'agente,
concomitanti all'azione o all'omissione che viola una regola di diligenza, valorizzabili
come scusanti di quella violazione sulla base delle disposizioni sul caso fortuito, sulla
forza maggiore, sul costringimento fisico e sulla coscienza e volontà dell'azione o
dell'omissione. 58
a) Con riferimento ai reati commissivi colposi rilevano come scusanti ai sensi della
norma sul caso fortuito, circostanze interne come l'insorgenza di un malore rapido e
improvviso che colpisca chi è alla guida di un'auto, il cui quadro clinico può essere il
più diverso (perforazione di un'ulcera mai sospettata, un infarto miocardico ecc.): un
malore che genera dolori acuti simili, perdita assoluta delle forze, obnubilamento
della vista, e il cui il cui sbocco comportamentale può essere il compimento di una
manovra di guida in aperto contrasto con una regola oggettiva di diligenza (il
mancato arresto allo stop, l'abbandono della destra rigorosa su un dosso, il mancato
rispetto della distanza di sicurezza, ecc.). In casi del genere, la violazione delle regole
di diligenza e incontestabile, com'è incontestabile che la violazione è stata realizzata
in circostanze anormali imprevedibili (fortuito è appunto) che la scusano, avendola
resa fisicamente necessitata.
b) Scusano la violazione di questa o quella regola di diligenza, ai sensi della
disposizione sulla coscienza e volontà dell'azione o dell'omissione, circostanze
interne come le reazioni da terrore o spavento, che paralizzano le normali funzioni di
controllo della coscienza e volontà. Restando sul terreno della circolazione stradale
prendiamo il seguente es.: una pietra lanciata da un cavalcavia che manda in frantumi
il parabrezza di un'autovettura ferendo il conducente, ovvero l'entrata di uno sciame
di api nell'abitacolo di una macchina, e la successiva dolorosissima puntura provocata
da una o più api, sono accadimenti che provocano normalmente in qualunque
conducente terrore e spavento, spingendolo a manovre insensate, come deviare la
corsa da destra verso sinistra sino ad occupare la corsia opposta della strada, dove la
macchina deviata può urtare una macchina proveniente in senso inverso, il cui
conducente morirà nell'urto. È incontestabile la violazione della regola codificata di
diligenza che imponeva di marciare sulla destra, così come è incontestabile che la
violazione è stata realizzata in presenza di circostanze anormali che hanno paralizzato
le normali funzioni di controllo della coscienza e volontà dell'azione, rendendo
scusabile, per qualunque conducente, la coatta violazione della regola di diligenza.
c) circostanze anormali esterne, che possono scusare la violazione di una regola di
diligenza, sono la forza maggiore e il costringi mento fisico. Quanto alla forza
maggiore, si pensi ad es., alla caduta di un masso dalla montagna sovrastante la
strada, contro il quale va a cozzare un'auto, riportando gravi danni all'apparato
frenante e allo sterzo: quella circostanza esterna rende impossibile l'arresto dell'auto
in tempo utile per evitare la collisione con altro veicolo un fermo ad uno stop. Quanto
poi al costringimento fisico, si può ipotizzare che un rapinatore in fuga, salito a forza
su un automezzo a fianco del conducente, eserciti con il proprio piede un enorme,
irresistibile pressione sul piede del conducente posato sull'acceleratore, determinando
una accelerazione della corsa: accade così che l'automezzo non si arresti nel tempo
utile per evitare la collisione con una macchina ferma per i incolonnamento. 59
d) Anche i reati commissivi colposi fanno spazio, ai sensi delle disposizioni sul caso
fortuito, forza maggiore, costringimento fisico e coscienza e volontà dell'omissione, a
circostanze concomitanti anormali, interne ed esterne, che scusano l'oggettiva
violazione di un dovere di diligenza. Così, ad esempio, il bagnino realizzerà
certamente un'omissione in contrasto con il dovere oggettivo di diligenza, se avrà
tralasciato la necessaria azione di salvataggio di un bagnante in pericolo, pur essendo
normalmente riconoscibile la necessità e il modo di compiere quell'azione, e pur
trattandosi di un'attività normalmente realizzabile senza difficoltà; tuttavia, non
risponderà di omicidio colposo, se l'omissione dell'azione di salvataggio, realizzata in
violazione del dovere oggettivo di diligenza, era eccezionalmente necessitata dal
punto di vista psicofisico, anche per il bagnino-modello, per l'influenza esercitata
dalla presenza concomitante di situazioni di caso fortuito (un improvviso deliquio) o
di costringimento fisico (si trovava legato e imbavagliato da rapinatori) o di forza
maggiore (era stato ferito agli occhi da un ombrellone scagliato da un forte colpo di
vento) o di arresto dei poteri di controllo della coscienza e volontà (un terrore
irrefrenabile aveva paralizzato il bagnino alla vista del grave malore che aveva
colpito il figlioletto.
e) La scusante dello stato di necessità determinato dal altrui minaccia (art. 54. 3
c.p.) trova applicazione anche per i reati colposi. Così, ad es., è scusato un
automobilista che cagiona per colpa la morte di un passante essendo stato costretto da
un altrui minaccia alla sua vita a tenere la condotta colposa - l'attraversamento di un
centro abitato ad altissima velocità - sfociata nell'evento morte.
C) Conoscenza o conoscibilità della norma penale violata.
Il principio di colpevolezza richiede altresì che, al momento della commissione del
fatto, l'agente sapesse o almeno potesse sapere che quel fatto era previsto dalla legge
come reato.
Con la sentenza 364/1988, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo l'art. 5 c.p. ("Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della
legge penale") "nella parte in cui non esclude dalla inescusabilità dell'ignoranza
della legge penale l'ignoranza inevitabile". Quindi, oggi vige la regola secondo cui
"nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale dovuta a colpa"
nel senso che la responsabilità non si profila quando l'agente, anche usando la dovuta
diligenza, non poteva sapere che il fatto doloso o colposo da lui realizzato era
previsto da una norma incriminatrice. In definitiva: la Corte Costituzionale ha
attribuito rilevanza scusante all'ignoranza inevitabile della legge penale. In tali casi
può essere scusato chi ignori l'esistenza della norma incriminatrice o chi ne dia
(comunque) una interpretazione erronea; invece, non può essere scusato chi, al
momento della commissione del fatto, versi in una situazione di dubbio sull'esistenza
o sui contenuti della norma penale (in tal caso, il soggetto è tenuto ad astenersi
dall'azione). 60
L'art. 5 c.p fa quindi riferimento sia all'ignoranza sia all'errata interpretazione di essa
(errore). La Corte Costituzionale ha attribuito rilevanza scusante alla ignoranza
inevitabile e all'errore inevitabile della legge penale.
D) Capacità di intendere e di volere.
Ulteriore condizione perché un fatto possa essere oggetto di un rimprovero personale
è che l'autore, al momento della commissione del fatto, fosse imputabile, cioè capace
di intendere e di volere:
- capacità di intendere: capacità di comprendere il significato sociale e le
conseguenze dei propri atti;
- capacità di volere: capacità di autodeterminarsi liberamente.
Art. 85 c.p.: "Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come
reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile (è imputabile chi ha
la capacità di intendere e di volere)".
Le principali situazioni che possono incidere sulla capacità di intendere o di volere
sono:
1) il vizio di mente.
Art. 88 c.p. (vizio totale di mente): "Non è imputabile chi, nel momento in cui ha
commesso il fatto,era, per infermità in tale stato di mente da escludere la capacità di
intendere di volere".
Art. 89 c.p. (vizio parziale di mente): " Chi, nel momento in cui ha commesso il
fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza
escluderla, la capacità di intendere e di volere, risponde del reato commesso; ma la
pena è diminuita" (in misura non eccedente 1/3).
Il concetto di infermità ricomprendere sia malattie di tipo psichico, sia malattie del
tipo fisico, purché tali da incidere sulle capacità intellettive e volitive della persona.
Per l'accertamento del vizio di mente è sempre necessaria una perizia psichiatrica
(che sarà necessaria a stabilire la maggior un minor ampiezza dell'infermità).
La persona riconosciuta affetta da vizio totale di mente al momento del fatto viene
prosciolta per difetto di colpevolezza e quindi non viene sottoposta a pena; però, ove
sia ritenuta socialmente pericolosa, e il fatto commesso integri un delitto doloso
punito con la reclusione superiore nel massimo a due anni, l'agente verrà sottoposto a
una misura di sicurezza (ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario o libertà
vigilata).
In caso di vizio parziale di mente, l'agente viene invece sottoposto ad una pena
diminuita in misura non eccedente 1/3; ove il soggetto sia ritenuto socialmente
pericoloso, viene inoltre ricoverato in una casa di cura o di custodia e il ricovero
verrà di regola eseguito dopo che sia stata scontata la pena. Se peraltro si tratta di un
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reato per il quale la legge prevede una pena detentiva inferiore nel minimo a cinque
anni, il luogo della casa di cura e custodia il giudice potrà disporre la libertà vigilata.
2) Il sordomutismo.
Art. 96 c.p.: "Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il
fatto, non aveva, per causa della sua infermità, la capacità di intendere o di volere.
Se la capacità di intendere o di volere e la grandemente scemata, ma non esclusa, la
pena è diminuita".
Il sordomuto prosciolto per difetto di imputabilità o condannato a pena diminuita in
quanto la sua capacità di intendere o di volere e la grandemente scemata, se ritenuto
socialmente pericoloso potrà essere sottoposto a misure di sicurezza (ricovero in
ospedale psichiatrico giudiziario, assegnazione ad una casa di cura e di custodia o
libertà vigilata alle stesse condizioni già dette sopra).
3) La minore età.
Il codice penale delinea due fasce di età, rilevanti ai fini dell'imputabilità:
1) al di sotto dei 14 anni; 2) tra i 14 e i 18; 3) al di sopra dei 18.
1) Art. 97 c.p. (minore di anni 14): "Non è imputabile chi, nel momento in cui ha
commesso il fatto, non aveva compiuto i 14 anni" (come notiamo, il minore di anni
14 è considerato sempre non imputabile: presunzione assoluta di incapacità di
intendere e di volere. Nei suoi confronti potrà però essere applicata una misura di
sicurezza, libertà vigilata o riformatorio giudiziario, ove abbia commesso un fatto
punito dalla legge come delitto e sia riconosciuto socialmente pericoloso.
2) Art. 98 c.p. (minore di anni 18): "È imputabile chi, nel momento in cui ha
commesso il fatto aveva compiuto i 14 anni, ma non ancora i 18, se aveva capacità di
intendere e di volere; ma la pena è diminuita". In questo caso, la legge subordina la
dichiarazione di imputabilità all'accertamento caso per caso della capacità di
intendere e di volere del minore al momento del fatto: tale accertamento viene
desunto dalle condizioni personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne. Se il
minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni viene riconosciuto imputabile, gli verrà
inflitta una pena per il reato da lui commesso, diminuita al massimo di 1/3. Le misure
di sicurezza prima enunciate (libertà vigilata o riformatorio giudiziario), con la stessa
disciplina e alle stesse condizioni, si applicano anche a chi al momento del fatto
avesse un'età compresa tra i 14 e i 18 anni (sia che il soggetto sia ritenuto imputabile,
sia che venga ritenuto non imputabile). 62
3) il soggetto che al momento del fatto abbia compiuto i 18 anni, si considera
imputabile (ovviamente in tal caso, l'imputabilità potrà essere esclusa solo per una
causa diversa dall'età: sia essa vizio di mente, sordomutismo...).
4) L'azione delle sostanze alcoliche o stupefacenti.
1) Art. 91 c.p. Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore: "Non è
imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità di
intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da
forza maggiore. Se l'ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare
grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, la pena è
diminuita".
(In assenza , comunque, della prova del carattere accidentale dell'ubriachezza, la
giurisprudenza applica senz'altro la disciplina dell'ubriachezza colposa. Nei confronti
di chi venga prosciolto o condannato a pena diminuita ex art. 91 c.p. non può essere
disposta alcuna misura di sicurezza).
2) Art. 92 c.p. Ubriachezza volontaria o colposa.
- Ubriachezza volontaria: si ha quando l'assunzione di alcol è sorretta dall'intenzione
di ubriacarsi;
- ubriachezza colposa: si ha quando il soggetto assume alcol in misura superiore alla
sua capacità di reggerlo, imprudentemente ignorando o sottovalutando gli effetti
inebrianti che l'alcol produrrà su di lui.
L'una e l'altra forma di ubriachezza "non esclude né diminuisce l'imputabilità" (infatti
nell'art.92. 1 c.p., il soggetto che si renda autore di fatti penalmente rilevanti sarà
assoggettato a pena per i fatti dolosi o colposi commessi in stato di ubriachezza. La
natura dolosa o colposa della responsabilità, dipenderà dalla presenza del dolo o della
colpa nel momento della commissione del fatto (e non dal carattere volontario o
colposo dello stato di ubriachezza).
(Gli art. 91 e 92 si applicano anche quando il fatto è stato commesso sotto l'azione di
sostanze stupefacenti, Art. 93)
3) Art. 94 c.p. Ubriachezza abituale.
Comma 1 "Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è abituale,
la pena è aumentata" (aggravamento dalla pena nella misura massima di 1/3);
comma 2 "Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale ti è dedito
all'uso di bevande alcoliche e in stato frequente di un'altezza;
comma 3 "L'aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si
applica anche quando il reato è commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti da
chi è dedito all'uso di tali sostanze".
4) Art. 95 c.p. Cronica intossicazione da alcol o da sostanze stupefacenti. "Per i
fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcol ovvero da sostanze
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stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli artt. 88 (vizio totale di
mente) e 89 (vizio parziale di mente)".
Cronica intossicazione: è un'alterazione patologica permanente (irreversibile) che si
traduce in una vera e propria malattia psichica. Lo stato di cronica intossicazione
determinato dall'uso di alcol (o da sostanze stupefacenti) pone problemi di distinzione
dallo stato di ubriachezza abituale (o dall'assunzione abituale di sostanze
stupefacenti): infatti, quest'ultima postula il carattere transeunte dei fenomeni tossici
che sono (appunto) assenti negli intervalli di astinenza, durante i quali il soggetto
riacquista la capacità di intendere e di volere; al contrario, nell'intossicazione cronica
i fenomeni tossici sono stabili;persistendo anche dopo l'eliminazione dell'alcol
assunto, sicché la capacità del soggetto può essere permanentemente esclusa o
grandemente scemata.
5) Incapacità di intendere o di volere preordinata (artt.: 87, 92. 2 c.p.).
Gli artt. 87 e 92. 2 c.p. disciplinano le ipotesi di incapacità di intendere e di volere
preordinata dall'agente, cioè le ipotesi in cui il soggetto si mette in stato di incapacità
"al fine di commettere il reato o di prepararsi una scusa".
- art. 87 c.p. "L'art. 85 non si applica a chi si è messo in stato di incapacità di
intendere o di volere alla fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa".
- art. 92. 2 c.p. "Se l'ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di
prepararsi una scusa la pena è aumentata".
Finalità che animano l'agente nel preordinarsi lo stato di incapacità:
- il fine di commettere il reato: presuppone che l'agente abbia bisogno, o ritenga di
aver bisogno, di perdere la capacità di intendere o di volere per commettere un reato
che in condizioni normali non commetterebbe;
- il fine di prepararsi una scusa: manifesta chiaramente l'idea dell'agente che sarà
scusato se commetterà il reato in stato di incapacità (art. 85 c.p.).
Il reato commesso dall'agente dev'essere proprio quello che l'agente si proponeva di
commettere nel momento in cui si è posto in stato di incapacità. Quindi, ove
l'incapacità (preordinata) sia dovuta all'alcol o stupefacenti, la diversità del reato
commesso rispetto a quello programmato non escluderà l'imputabilità: l'agente
risponderà ex art. 92. 1 ("l'ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza
maggiore non esclude né diminuisce l'imputabilità"), ma non sarà applicabile la
circostanza aggravante ex art. 92. 2 c.p. ("se l'ubriachezza era preordinata al fine di
commettere il reato, o di prepararsi una scusa, la pena è aumentata"). Invece, se
viene commesso un reato diverso, nel caso in cui l'incapacità preordinata sia dovuta a
cause diverse dall'alcol o dalle sostanze stupefacenti, il soggetto andrà prosciolto ex
art. 85 c.p. 64
L'irrilevanza degli stati emotivi e passionali.
Art. 90 c.p. "Gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono
l'imputabilità".
Nonostante ciò, comunque, gli stati emotivi o passionali incideranno sulla
imputabilità, escludendola o diminuendola, quando abbiano causato un vero e proprio
squilibrio mentale, anche transitorio, che abbia carattere patologico in forma tale da
integrare un vizio totale o parziale di mente (es., la morbosa gelosia, quando dia vita
ad un vero e proprio stato delirante). 65
Capitolo IX
La punibilità.
Punibilità. Insieme delle condizioni, ulteriori ed esterne rispetto al fatto antigiuridico
e colpevole, che possono fondare o escludere l'opportunità di pericolo.
Dobbiamo distinguere tra:
a) condizioni che fondano la punibilità (condizioni obiettive di punibilità);
b) condizioni (cause) che escludono la punibilità.
a) condizioni obiettive di punibilità.
Art. 44 c.p. "Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di
una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui dipende il
verificarsi della condizione, non è da lui voluto".
(Condizione: è un evento futuro o concomitante alla condotta illecita dell'agente, ma
estraneo ad essa, che ha carattere di incertezza circa il suo verificarsi e da cui dipende
la punibilità di un reato).
Sono del tutto svincolate dal dolo o dalla colpa: operano cioè anche se l'agente non si
è rappresentato né ha voluto il verificarsi della condizione, ed anche se l'agente non
se lo poteva rappresentare, né lo poteva evitare impiegando la dovuta diligenza.
Esempio di condizione obiettiva di punibilità è il pubblico scandalo nel delitto di
incesto (art. 564. 1 c.p. "Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo,
commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta,
ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni").
Notiamo, appunto, che il pubblico scandalo è condizione obiettiva di punibilità la cui
previsione si giustifica per l'esigenza di non dare pubblicità, attraverso il processo
penale, a fatti incresciosi, finché la loro conoscenza rimanga circoscritta all'interno
della cerchia familiare.
b) Cause di esclusione della punibilità.
- Cause personali di non punibilità: in primo luogo possono trarsi dall'art. 649 c.p.
che dichiara "non punibile" chi ha commesso la gran parte dei delitti contro il
patrimonio in danno di un familiare; in secondo luogo possono trarsi dalle immunità
di diritto internazionale che riguardano il Sommo Pontefice, i capi di Stato e di
Governo, i membri del Parlamento europeo...
Operano a favore dell'agente se obiettivamente esistenti, rendendo non punibile il
fatto antigiuridico e colpevole da lui realizzato (sono quindi del tutto svincolate dal
dolo e dalla colpa). 66
- Cause sopravvenute di non punibilità: si tratta di una serie di disposizioni che
premiano con l'impunità chi, avendo commesso un fatto antigiuridico colpevole,
realizzi successivamente una condotta tale o da impedire che la situazione di pericolo
già creata si traduca nella lesione del bene giuridico o da reintegrare ex post il bene
offeso (es. desistenza volontaria: causa sopravvenuta di non punibilità che interessa
chi abbia già commesso un fatto antigiuridico e colpevole di tentativo).
Le cause personali e le cause sopravvenute di non punibilità, vanno ricomprese nella
disciplina dettata dall'art. 119 c.p. in ordine alle circostanze soggettive di esclusione
della pena:
art. 119 c.p. comma 1 " Le circostanze soggettive che escludono la pena per taluno
di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a
cui si riferiscono".
(Comma 2 "Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti
coloro che sono concorsi nel reato")
-
Cause di estinzione del reato (che sono, appunto, ulteriori cause di esclusione della
punibilità): sono istituti che prendono vita in modo del tutto indipendente da
comportamenti dell'agente e che comunque non si esauriscono in un comportamento
dell'agente: tali istituti sono integrati da accadimenti naturali (morte del reo...) o da
vicende giuridiche (leggi di amnistia...) che, intervenuti dopo la commissione del
fatto antigiuridico e colpevole e prima della condanna definitiva, comportano
l'inapplicabilità di qualsiasi sanzione penale prevista per quello specifico reato.
Quando interviene una causa di estinzione del reato, non possono applicarsi le pene
principali, le pene accessorie, gli effetti penali della condanna e le misure di
sicurezza. L'effetto estintivo riguarda le sole sanzioni penali: non coinvolge invece le
eventuali obbligazioni civili derivanti da reato (es. obblighi di restituzione e/o di
risarcimento del danno).
. La morte del reo avvenuta prima della condanna.
Art. 150 c.p. "La morte del reo, avvenuta prima della condanna, estingue il reato".
(La morte del reo estingue tutti gli effetti penali del reato, incluse le pene principali
ed accessorie; sopravvivono le obbligazioni civili relative al risarcimento del danno
nascente dal reato, il pagamento delle spese processuali...).
. L'amnistia propria (cioè l'amnistia che interviene prima della sentenza definitiva di
condanna).
Amnistia (art. 151 c.p.): provvedimento di clemenza generale con il quale lo Stato
rinuncia all'applicazione della pena in relazione a fatti costituenti reato e commessi in
un determinato periodo di tempo, comunque anteriore all'entrata in vigore dello
stesso provvedimento che concede il beneficio. L'amnistia è adottata con legge
deliberata a maggioranza dei 2/3 dei componenti di ciascuna Camera; non può
67
applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge
(l'amnistia cancella il reato e la pena; l'indulto cancella la pena).
. La prescrizione del reato. Prevedendo che il reato possa estinguersi per effetto
della prescrizione (art. 157 c.p.), la legge dà rilievo al venir meno dell'interesse
pubblico alla repressione dei reati. Il tempo necessario a prescrivere reato, dopo la
riforma del 2005 (legge 5 dicembre 2005 n. 251,c.d. Cirielli) è pari al massimo della
pena edittale stabilita dalla legge e comunque... non inferiore a 6 anni se si tratta di
delitto e di 4 anni se si tratta di contravvenzione. I termini di sei anni per i delitti e di
quattro anni previsto per le contravvenzioni valgono anche se si tratta di delitti o di
contravvenzioni puniti con la sola pena pecuniaria. Una disciplina speciale è prevista
per i disastri colposi (art. 449 c.p.), per l'omicidio colposo e, ancora, per una serie di
gravi reati contemplati nell'art. 51. 3 bis e quater c.p.p. (tra gli altri, delitti in materia
di schiavitù, associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di
stupefacenti): per questi delitti il tempo necessario a prescrivere è pari al doppio del
massimo edittale.
Per determinare il termine di prescrizione per un determinato reato si ha riguardo al
massimo edittale di pena, previsto per il reato consumato o tentato, senza tener conto
delle circostanze attenuanti o aggravanti.
Alla norma dell'art. 158 c.p., il termine della prescrizione decorre dal giorno della
consumazione del reato; per il tentativo, dal giorno in cui è cessata l'attività del
colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza, vale a
dire dal giorno in cui è cessata la situazione antigiuridica creata dalla condotta; per i
reati sottoposti a condizione obiettiva di punibilità, dal giorno in cui la condizione si è
verificata.
Qualora l'autorità giudiziaria non resti inerte, ma si attivi prima che siano decorsi i
termini di prescrizione sopraindicati, il corso della prescrizione subisce
un'interruzione. Non ogni iniziativa dell'autorità giudiziaria, ma solo il compimento
degli atti di cui all'art. 160 comma 1 e 2 c.p., può peraltro interrompere il corso della
prescrizione: tra gli atti interruttivi si annoverano fra l'altro l'interrogatorio
dell'imputato, l'ordinanza di applicazione di misure cautelari, la richiesta di rinvio a
giudizio, la sentenza di condanna non definitiva ecc.
La prescrizione interrotta ricomincia a decorre dal giorno dell'interruzione, ma i
termini previsti dall'art. 157 c.p. non possono prolungarsi oltre un quarto. Un
prolungamento maggiore per effetto degli atti interruttivi è previsto per alcune
categorie di autori: il prolungamento massimo è della metà nei casi di cui all'art. 99. 2
c.p. (recidiva gravata), di due terzi nei casi di cui all'art. 99. 4 (recidiva reiterata) e del
doppio nei casi di cui agli artt. 102, 103 e 105 c.p. (abitualità nel delitto e
professionalità nel reato).
Il corso della prescrizione può anche subire una sospensione in una serie di ipotesi di
forzata inattività dell'autorità giudiziaria. Si tratta delle ipotesi in cui:
- sia necessario l'autorizzazione a procedere;
- il giudice ordinario sollevi questione di legittimità costituzionale ovvero investe la
Corte di giustizia delle Comunità europee; 68
- il procedimento o il processo penale siano sospesi "per ragioni di impedimento delle
parti e dei difensori ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore".
Una volta cessata la causa di sospensione, la prescrizione riprende il suo corso e il
tempo decorso anteriormente al verificarsi della causa sospensiva si somma al tempo
decorso dopo che tale causa è venuta meno.
. L'oblazione. È una causa di estinzione del reato, consistente nel pagamento di una
somma di denaro (corrispondente ad 1/3 del massimo dell'ammenda stabilita dalla
legge per la contravvenzione ovvero alla metà del massimo dell'ammenda quando si
tratti di contravvenzione punita alternativamente con l'arresto o con l'ammenda), con
l'effetto di degradare il reato ad illecito amministrativo e, quindi, di estinguerlo.
L'oblazione può essere chiesta dall'interessato prima dell'apertura del dibattimento o
del decreto di condanna. Il pagamento estingue il reato.
(Nel caso di oblazione ordinaria: a fronte della domanda proposta tempestivamente
dall'imputato, il giudice ha l'obbligo di ammetterlo all'oblazione; nel caso di
oblazione speciale: il giudice deve decidere discrezionalmente se il concreto fatto
antigiuridico e colpevole sia così poco grave da meritare soltanto la pena pecuniaria,
e non l'arresto).
. Il perdono giudiziale. Causa di estinzione dei reati commessi dai minori di anni 18.
Ai fini della concessione del beneficio occorre che il colpevole, all'epoca del
commesso reato, non abbia superato gli anni 18 e che non sia mai stato
precedentemente condannato per un delitto; inoltre, è necessario che il reato
commesso non sia grave. Il perdono giudiziale non può essere concesso più di una
volta ed è rimesso al prudente apprezzamento del giudice (sulla base della prognosi
che il soggetto si asterrà dal commettere ulteriori reati): può consistere o
nell'astensione dal rinvio a giudizio (atto col quale il PM sollecita il giudice
dell'udienza preliminare alla emanazione del decreto che dispone il giudizio) ovvero,
nel caso in cui il giudizio si sia già restaurato, nell'astensione dalla pronuncia della
condanna.
Estinzione di un reato che sia presupposto, elemento costitutivo o circostanza
aggravante di un altro reato.
Art. 170 c.p.
Comma 1 "Quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo
estingue non si estende all'altro reato".
Comma 2 "La causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza
aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso".
Comma 3 "L' estinzione di taluno tra più reati commessi non esclude, per gli altri,
l'aggravamento di pena derivante dalla connessione". 69
Art. 151. 2 c.p.
" Nel concorso di più reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i quali è
conceduta".
Nel quadro del concorso di persone nel reato, l'art. 182 c.p. dispone che "salvo che la
legge disponga altrimenti, l'estensione del reato o della pena ha effetto soltanto per
coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce" (notiamo quindi che, di regola, le
cause di estinzione del reato operano soltanto rispetto al singolo concorrente al quale
si riferisce la causa estintiva). 70
Sezione IV: le forme di manifestazione del reato.
Capitolo X
Tentativo e concorso di persone.
A) Il tentativo.
Art. 56. 1 c.p. (delitto tentato)
comma 1 "Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un
delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si
verifica".
Comma 2 "Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a
dodici anni, se la pena stabilita e l'ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita
per il delitto, diminuita da 1/3 a 2/3".
(Dall'art. 42. 2 c.p. si ricava che il delitto tentato deve essere necessariamente
commesso con dolo).
L'inizio dell'attività punibile si concretizza nella commissione dei soli atti esecutivi
(univoci). Sono quindi irrilevanti a titolo di tentativo gli atti preparatori (l'art. 115 c.p.
sancisce la normale irrilevanza degli atti preparatori, come es. l'accordo o
l'istigazione che abbiano per oggetto la commissione di un reato che poi non venga
commesso).
- Per quanto riguarda i reati a forma vincolata: esecutivi sono gli atti che
corrispondono allo specifico modello di comportamento descritto dalla norma
incriminatrice;
- per quanto riguarda i reati a forma libera: esecutiva è l'attività che consiste nell'uso
del mezzo scelto dall'agente.
L'idoneità degli atti esecutivi.
(Gli atti sono idonei se creano la probabilità della consumazione del reato)
In dottrina e in giurisprudenza , si afferma che l'idoneità va valutata tenendo conto
non soltanto delle circostanze conosciute o conoscibili dall'agente, al momento della
condotta, ma di tutte le circostanze realmente esistenti in quel momento (ma accertate
solo successivamente): giudizio a base totale.
La logica che sta alla base di questa disciplina risiede nel principio di offensività: non
si può punire chi non ha almeno esposto a pericolo un bene giuridico. La mancata
esposizione a pericolo può derivare da fattori imperativi non conoscibili ex ante,
come l'inesistenza dell'oggetto materiale (es. uomo già morto) ovvero un ostacolo
inopinato all'efficacia causale dell'azione.
Art. 49 c.p. "La punibilità è esclusa quando per la inidoneità dell'azione o per la
inesistenza dell'oggetto di essa, è impossibile l'evento dannoso o pericoloso". 71
Il tentativo nei reati omissivi.
- il tentativo nei reati omissivi impropri: l'inizio dell'omissione punibile ex art. 56 c.p.
si ha quando il mancato compimento dell'azione aumenta il pericolo, che il garante ha
l'obbligo giuridico di neutralizzare per impedire, che si verifichi l'evento.
- il tentativo nei reati omissivi propri: si configura nell'ipotesi in cui il soggetto non
sfrutti il primo momento utile per adempiere all'obbligo di agire, ma conservi una
chance ulteriore per adempiere a quell'obbligo. Se l'agente sfrutta questa chance e lo
fa per una libera scelta, rimarrà integrato un fatto antigiuridico e colpevole di
tentativo, ma il soggetto non sarà punibile per aver volontariamente desistito dal
portar a compimento l'omissione (art. 56. 3 c.p.); risponderà invece di tentativo se la
desistenza è stata frutto di una coazione esterna (quindi, non volontaria).
La desistenza volontaria dal delitto tentato.
Art. 56. 3 c.p. "Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace
solamente alla pena per gli atti compiuti qualora questi costituiscono per sè un reato
diverso".
(Es. Tizio entra in una casa per commettere un furto: se non prosegue per sua scelta
l'esecuzione del furto, non sarà punibile per tale delitto; gli atti compiuti integreranno
una violazione di domicilio e un danneggiamento e l'agente verrà punito con le pene
previste per questi due reati).
- Nei reati commissivi: desistere significa non completare l'azione esecutiva iniziata ,
ma non ancora portata a compimento;
- nei reati omissivi : desistere significa compiere l'azione doverosa inizialmente
omessa, quando vi sia ancora la possibilità di un adempimento tempestivo.
Il recesso attivo dal delitto tentato.
Si parla di recesso attivo dal delitto tentato quando l'agente, dopo aver completato
l'azione o l'omissione, impedisca volontariamente l'evento.
Art. 56. 4 c.p. "Se (il colpevole) volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla
pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da 1/3 alla metà".
Il recesso attivo ha dunque natura di circostanza attenuante: crea un'attenuazione
della pena (è però necessario che l'agente sia riuscito ad impedire l'evento). 72
Reati a consumazione anticipata.
Così come, in via d'eccezione, gli atti preparatori di un delitto sono talora previsti dal
legislatore come reati a se stanti, così, altrettanto in via d'esecuzione, un
comportamento che integrerebbe gli estremi del tentativo può essere configurato dal
legislatore come una figura autonoma di delitto: si tratta dei reati a consumazione
anticipata. In tale categoria rientrano i delitti di attentato, caratterizzati da una
condotta che il legislatore designa con la formula "chi dunque attenta a...", "chi
dunque commetta un fatto diretto a...".I delitti di attentato presentano entrambi i
requisiti strutturali del tentativo: l'inizio dell'esecuzione e l'idoneità degli atti esecutivi
(quindi, i delitti di attentato non ammettono il tentativo).
B) Il concorso di persone nel reato.
Il concorso di persone consta di quattro elementi costitutivi:
a) pluralità di persone;
b) realizzazione di un fatto di reato;
c) contributo causale della condotta atipica alla realizzazione del fatto;
d) consapevolezza e volontà di contribuire causalmente alla realizzazione del fatto.
a) Pluralità di persone.
Il concorso di persone c'è anche in presenza di soggetti non imputabili (incapace di
intendere o di volere di) o non punibili (cause di esclusione della punibilità).
Art. 3 c.p. "Chi ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile o
non punibile, risponde del reato da questa commessa, e la pena è aumentata."
Art. 112. 4 c.p. "Talune circostanze aggravanti si applicano anche se taluno dei
partecipi al fatto non è imputabile o non è punibile".
Art. 86 c.p. "Se taluno mette altri nello stato di incapacità di intendere o di volere, al
fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace
risponde chi ha cagionato lo stato di incapacità".
b) Realizzazione di un fatto di reato (consumato o tentato).
Secondo requisito del concorso di persone è che sia realizzato, nella forma tentata o
consumata, il reato: prima che sia integrato il fatto, il comportamento atipico è
irrilevante. L'art. 115 c.p. "sancisce la non punibilità dell'accordo per commettere un
reato, quando il reato oggetto dell'accordo o dell'istigazione non è stato commesso".
Art. 119 c.p.
comma 1 "Le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro
che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si
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riferiscono" (circostanze soggettive di esclusione della pena sono: le cause di
esclusione della punibilità,cioè l'immunità, le cause di giustificazione personali, cioè
l'uso legittimo delle armi ex art. 33 c.p., cause di esclusione della colpevolezza)
comma 2 "Le circostanze oggettive che escludono la pena (scriminanti) hanno effetto
per tutti coloro che sono concorsi nel reato".
(L'esecuzione frazionata del fatto si ha quando la realizzazione del fatto tipico
avviene ad opera di più persone, ciascuna delle quali, d'accordo con l'altra, realizza
una parte del fatto).
c) Contributo causale della condotta atipica alla realizzazione del fatto.
Non vi può essere concorso di persone se la condotta atipica non ha esercitato di
un'influenza causale nel fatto concreto tipico realizzato da altri: è quindi necessario il
collegamento causale tra la condotta atipica e il fatto concreto tipico realizzato da
altri.
Art. 116 c.p.
comma 1 "Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei
concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od
omissione".
Comma 2 "Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita
riguardo a chi volle il reato meno grave".
Vi sono due forme di collegamento causale tra la condotta del partecipe e fatto
principale:
- Il concorso materiale;
- Il concorso morale.
1) concorso materiale: si ha quando una condotta (atipica di aiuto) è stata condizione
necessaria per l'esecuzione del reato da parte di altri.Il concorso materiale può
consistere: a) in una condotta in astratto sostituibile (es. la consegna di una pistola: la
può fare chiunque); b) in una condotta in astratto insostituibile (es. la comunicazione
di un determinato codice segreto). Tale tipo di condotta (insostituibile) può
comportare una pena maggiore di quella che in astratto poteva essere rimpiazzata.
2) concorso morale: si ha quando un soggetto, con comportamenti esteriori (consigli,
minacce, doni...) fa nascere in altri il proposito di commettere il fatto che poi viene
commesso ovvero rafforza un proposito già esistente, ma non ancora consolidato.
Nel concorso morale, affinché vi sia nesso causale tra condotta atipica e fatto
principale, è necessario: a) che l'istigazione faccia nascere o rafforzi in capo
all'istigato il proposito di commettere un determinato reato, b) che tale reato venga
poi effettivamente commesso.
L'influenza causale dell'istigazione va accertata in concreto secondo lo schema della
"condicio sine qua non": si tratta cioè di accertare (con leggi psicologiche) che, in
assenza della condotta istigatoria, l'autore non avrebbe realizzato il fatto di reato. Si
74
deve quindi escludere la configurabilità di un concorso di persone nell'ipotesi in cui
l'autore fosse già fermamente risoluto a commettere il reato.
La mera presenza sul luogo del reato non integra alcuna forma di concorso morale, a
meno che non sia stata accompagnata da una chiara manifestazione esteriore di
adesione al comportamento delittuoso e l'autore ne abbia tratto motivo di
rafforzamento del suo proposito.
Non rientra nel concorso morale, perché difetta ogni contributo causale alla decisione
di commettere il reato, la connivenza, cioè la consapevolezza che altri sta per
commettere o sta commettendo un reato senza che si faccia nulla per impedirlo (potrà
delinearsi un concorso nel reato soltanto nella forma del concorso omissivo, cioè
quando chi non impedisce la commissione del reato avrà l'obbligo giuridico di
impedirla).
Rientra invece nello schema del concorso morale l'accordo, che rappresenta la
comune decisione di commettere un reato.
d) Consapevolezza e volontà di contribuire causalmente alla realizzazione del fatto.
La responsabilità del partecipe dipende, oltre che dall'aver apportato un contributo
causale alla realizzazione del fatto da parte dell'autore, anche dalla presenza del dolo.
Quanto all'identità della vittima, il dolo del partecipe sussiste anche se, per errore
dell'autore, viene commesso il fatto a danno di una persona diversa da quella che il
partecipe voleva offendere (Art. 60 c.p.). (Se invece l'autore, per una sua autonoma
scelta, decide di uccidere persona diversa da quella commissionata, il mandante non
risponde di concorso in omicidio, perché è la scelta autonoma dell'autore ha spezzato
il legame causale con la condotta del mandante).
Ai fini del dolo del concorso di persone nel reato, è sufficiente il dolo di
partecipazione in capo al concorrente atipico, mentre l'autore può ignorare l'altrui
contributo materiale alla realizzazione del fatto.
L'irresponsabilità dell'agente provocatore.
Agente provocatore: colui che provochi taluno a commettere un reato, volendo far
scoprire e assicurare alla giustizia la persona provocata prima che il reato giunga a
consumazione. Non è punibile per la seguente ragione: assenza del dolo di
partecipazione in capo all'agente provocatore (infatti egli non vuole la realizzazione
del fatto di reato da parte di altri).
Una deroga alla necessità del dolo di partecipazione: la responsabilità del partecipe
per un reato diverso da quello voluto.
Art. 116 c.p.
Comma 1 "Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei
concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od
omissione" (notiamo che, appunto, viene addossato al concorrente a titolo di dolo un
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fatto di reato che egli non ha voluto, avendo solo contribuito causalmente alla sua
realizzazione).
Comma 2 "Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita
riguardo a chi volle il reato meno grave".
Con riguardo al primo comma: vistosa ipotesi di responsabilità oggettiva, che può
essere armonizzata in via interpretativa col principio costituzionale di colpevolezza
solo se si limita la sfera di applicabilità della norma all'ipotesi in cui il partecipe si
esponga al rimprovero di aver contribuito per colpa alla realizzazione del fatto
diverso: alle ipotesi cioè in cui le circostanze concrete erano tali che un uomo
ragionevole, al posto dell'agente, poteva prevedere che si sarebbe realizzato quel
diverso reato, in luogo di quello voluto dal partecipe.
Il concorso di persone nel reato proprio.
Per configurarsi il concorso di un estraneo in un reato proprio, cioè in un reato che
può essere commesso soltanto da chi possegga determinate qualità o si trovi in
determinate relazioni con altre persone.
- In primo luogo l'estraneo deve contribuire causalmente alla realizzazione del fatto
costitutivo del reato proprio (nella forma consumata o tentata) mediante concorso
materiale o morale. Si discute se possa operarsi un'inversione di ruoli tra l'intraneo di
e l'estraneo: se cioè possa essere l'estraneo a commettere il fatto tipico, relegando
l'intraneo al ruolo di mero partecipe. La risposta è negativa, perché autore di un reato
proprio può essere soltanto l'intraneo (lo impone il principio di legalità).
- Il dolo del partecipe esige la consapevolezza e la volontà di contribuire alla
realizzazione del fatto costitutivo del reato proprio e quindi esige anche la
consapevolezza della qualità rivestita dall'intraneo, che è elemento costitutivo del
fatto di reato proprio.
A questa regola deroga l'art. 117 c.p., nel senso che non è necessario che l'estraneo
conosca la qualifica soggettiva dell'intraneo, limitatamente alle ipotesi in cui la
qualità dell'autore determini (solo) un mutamento del titolo del reato: in altri termini,
limitatamente alle ipotesi in cui accanto alla figura del reato proprio esista una
corrispondente figura di reato comune.
Il concorso di persone nei reati necessariamente plurisoggettivi.
Il codice penale dà rilevanza anche alla condotta atipica di chi istiga o agevola la
commissione di un reato necessariamente plurisoggettivo (es. risponderà di concorso
in bigamia chi, sapendo che una persona è già legata ad un matrimonio avente effetti
civili,la istiga con successo a contrarre un ulteriore matrimonio, pure avente effetti
civili). 76
Il concorso mediante omissione.
Un concorso di persone può realizzarsi anche in forma omissiva: quindi, anche con
un comportamento omissivo si può contribuire alla realizzazione di un reato da parte
di altri. Sono però necessari dei requisiti:
- in capo ad un soggetto deve sussistere l'obbligo giuridico di impedire la
commissione del reato da parte di altri (es. un furto che non viene impedito dalla
guardia giurata, la quale volontariamente non inserisce il sistema di allarme per
consentire che altri ripuliscano la gioielleria affidata alla sua protezione. Notiamo,
appunto, un concorso mediante omissione);
- l'omissione dev'essere condizione necessaria per la commissione del reato da parte
dell'autore: bisogna cioè accertare se l'azione doverosa che si è omesso di compiere
avrebbe impedito la realizzazione del fatto concreto da parte dell'autore.
Il trattamento sanzionatorio dei concorrenti nel reato.
Art. 110 c.p. "Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse
soggiace alla pena per questo stabilita". Ciò significa, ovviamente, che non tutti i
concorrenti dovranno essere puniti in concreto con la stessa pena, ma significa che la
pena per i singoli concorrenti andrà graduata all'interno di una medesima cornice
edittale. Una volta determinata la pena- base per il singolo concorrente in base all'art.
133 c.p., il giudice deve verificare se nel caso concreto siano presenti gli estremi di
una o più circostanze del reato (aggravanti e attenuanti previste per il concorso di
persone negli artt. 111, 112, 114 c.p.).
Circostanze aggravanti:
- il concorrente ha avuto un ruolo di spicco nella preparazione o nell'esecuzione del
reato;
- il concorrente ha sfruttato la propria posizione di supremazia ovvero un altrui
situazione di debolezza (es.chi determina a commettere il reato una persona soggetta
alla sua autorità, vigilanza; chi determina a commettere il reato un soggetto incapace
di intendere o di volere , ovvero un soggetto non imputabile o non punibile);
- sono concorse nel reato cinque o più persone.
Circostanze attenuanti:
- l'ipotesi di chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato da
parte di un soggetto che eserciti su di lui un'autorità, direzione, vigilanza...L'art. 114
c.p. prevede che il giudice possa diminuire la pena "qualora ritenga che l'opera
prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato abbia avuto minima
importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato".
Art. 59 c.p.: le circostanze attenuanti sono valutate a favore di tutti i concorrenti per
(
il solo fatto della loro oggettiva esistenza; le circostanze aggravanti saranno invece
poste a carico del concorrente a condizione che fossero da lui conosciute, ignorate per
colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. 77
L'attenuante del recesso attivo del delitto tentato risulta applicabile a tutti i
concorrenti, anche a chi non ha dato un volontario contributo all'impedimento
dell'evento; l'aggravante prevista per chi ha determinato a commettere il reato una
persona soggetta alla sua autorità... è applicabile anche al partecipe, purché sapesse o
potesse sapere con la dovuta diligenza che un altro concorrente ha sfruttato quel
rapporto di supremazia).
Desistenza volontaria e recesso attivo nel concorso di persone.
Se l'autore desiste volontariamente dal portare a compimento l'azione, non sarà
punibile in forza di una causa di non punibilità, il cui carattere personale escludere
che possa essere estesa ai partecipi. Dal momento che la responsabilità del partecipe
presuppone che la sua condotta atipica abbia contribuito causalmente alla
realizzazione del fatto principale, ne consegue che per la configurazione della
desistenza sarà sufficiente che il partecipe abbia neutralizzato gli effetti della sua
azione (es. abbia ripreso l'arma che aveva consegnato all'autore): l'eventuale
successiva condotta autonoma che porti l'autore a realizzare comunque il reato (es.
acquistando una nuova pistola) sarà priva di ogni collegamento causale con la
condotta del partecipe e potrà fondare una responsabilità del solo autore.
La cooperazione nel delitto colposo.
Art. 113 c.p. "Nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla
cooperazione di più persone ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il
delitto stesso".
La funzione incriminatrice di tale articolo riguarda i delitti colposi di evento a forma
vincolata e i delitti colposi di mera condotta (non riguarda invece i delitti colposi di
evento a forma libera).
Elementi strutturali della cooperazione nel delitto colposo:
- pluralità di persone;
- realizzazione di un fatto di reato (reato consumato: infatti non è configurabile il
tentativo dei delitti colposi);
- carattere colposo della condotta di partecipazione.
Il concorso di persone nelle contravvenzioni.
L'art. 110 c.p. si applica anche alle contravvenzioni necessariamente dolose, nonché
a quelle che in concreto vengono commesse con dolo. 78
Sezione V: unità e pluralità di reati.
Capitolo XI
Concorso apparente di norme e concorso di reati.
A) Il concorso apparente di norme.
Può profilarsi in due gruppi di casi:
1) quando un unico fatto concreto (un'azione od omissione) sia riconducibile ad una
pluralità di norme incriminatrici, una sola delle quali applicabile;
2) quando si realizzino più fatti concreti cronologicamente separati (più azioni od
omissioni), ciascuno dei quali sia riconducibile ad una norma incriminatrice, e una
sola di tali norme sia applicabile.
1) Unicità del fatto concreto.
a) la specialità come primo criterio per individuare un concorso apparente di norme.
art. 15 c.p. "Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale
regolano la stessa materia (per stessa materia intendiamo non lo stesso bene
giuridico, bensì lo stesso fatto), la legge o la disposizione di legge speciale deroga
alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito".
(Una norma è speciale rispetto ad un'altra quando descrive un fatto che presenta tutti
gli elementi del fatto contemplato dall'altra, la norma generale, e inoltre uno o più
elementi specializzanti. Specializzante può essere: - un elemento che specifica un
elemento del fatto previsto dalla norma generale: specialità per specificazione; - un
elemento che si aggiunge a quelli espressamente previsti nella norma generale:
specialità per aggiunta).
b) la sussidiarietà come secondo criterio per individuare un concorso apparente di
norme.
Principio di sussidiarietà: la norma di minor rango (norma sussidiaria) cede il passo
alla norma principale (tale rapporto di rango tra le norme concorrenti si nota dalla
sanzione più grave comminata nella norma principale). Una norma è sussidiaria
rispetto ad un'altra (norma principale), quando quest'ultima tutela, accanto al bene
giuridico protetto dalla prima norma, uno o più beni ulteriori ovvero reprime un
grado di offesa più grave allo stesso bene.
c) la consunzione come terzo criterio per individuare un concorso apparente di
norme. 79
Principio di consunzione: la commissione di un reato che sia strettamente funzionale
ad un altro e più grave reato comporta l'assorbimento del primo reato nel reato più
grave.
2) Pluralità di fatti concreti: le ipotesi di antefatto e di post-fatto non punibile.
Davanti ad un unico fatto concreto riconducibile sotto due o più norme incriminatrici
l'alternativa che si profila è quella dell'applicabilità di tutte le norme incriminatrici
(concorso formale di reati) ovvero di una sola di quelle norme (concorso apparente di
norme), che prevale o perché è speciale o perché principale o perché è norma che
contiene e consuma l'altra con le altre.
L'alternativa fra concorso di reati e concorso apparente di norme si prospetta anche
quando vengono commessi più fatti concreti cronologicamente superati, ciascuno dei
quali sia riconducibile ad una norma incriminatrice. In questa eventualità, a far
propendere per il concorso apparente di norme (cioè, per l'applicabilità di una sola
norma) è lo stesso legislatore, sancendo espressamente ora l'inapplicabilità della
norma o delle norme violate con i fatti concreti cronologicamente antecedenti
(antefatto non punibile), ora invece l'inapplicabilità della norma o delle norme violate
con i fatti concreti cronologicamente posteriori (post-fatto non punibile).
Previsioni espresse di un antefatto non punibile possono trovarsi nella sfera delle
falsità in moneta: l'art. 461 c.p. punisce chiunque fabbrica filigrane (reclusione da uno
a cinque anni più multa); l'art. 460 c.p. punisce chi falsifica carta filigranata
(reclusione da due a sei anni più multa): si tratta in entrambi i casi di attività
preparatorie di ulteriori più gravi reati. Le due disposizioni citate si applicano soltanto
"se il fatto non costituisce più grave reato". Quindi: se chi ha fabbricato le filigrane
successivamente se ne avvale per commettere una contraffazione di carta filigranata,
risponderà soltanto di quest'ultimo più grave delitto. Se poi, dopo avere contraffatto
la carta filigranata, adopera quella carta per contraffare monete, integrando così un
più grave reato, anche la contraffazione di carta filigranata assumerà i connotati
dell'antefatto non punibile.
Previsioni espresse di post-fatto non punibile: si tratta in primo luogo dei casi in cui il
legislatore sancisce la punibilità di questo o quel fatto "fuori dei casi di concorso in
un fatto delittuoso antecedente". Es.: la norma sulla ricettazione (art. 648 c.p.) è
applicabile "fuori dei casi di concorso nel reato antecedente" .Ne segue che se, ad
esempio, tra l'uno realizza come autore o partecipe, un furto, o una truffa, o
un'estorsione... e successivamente occulta il denaro proveniente da quel delitto per
metterlo al sicuro, risponderà solo del primo delitto, mentre la condotta di
ricettazione (occultamento di denaro) avrà il ruolo di post-fatto non punibile.
Altre volte il legislatore sancisce la punibilità di un determinato fatto "fuori dei casi
preveduti dagli articoli precedenti o dall'articolo precedente" (altra ipotesi di post-
fatto non punibile). 80
Comunque, le riserve "fuori dei casi di concorso nel reato antecedente" o "fuori dei
casi preveduti nell'articolo o negli articoli precedenti", che comportano la non
punibilità del reato susseguente, operano tutte le volte in cui quest'ultimo reato
rappresenta un normale sviluppo della condotta precedente, con il quale l'agente
consegue o sfrutta i vantaggi derivanti dal primo reato.
Le norme a più fattispecie.
Può essere che una sola disposizione di legge preveda una serie di fatti, ai quali
ricollega la stessa pena: si tratta, in tal caso, di una norma che prevede un unico reato
e che descrive i diversi gradi di offesa ad uno stesso bene giuridico, oppure modalità
diverse di offesa a quel bene.
B) Il concorso di reati.
Si ha quando un comportamento umano realizzi gli estremi di più figure legali di
reato.
Si ha una pluralità di reati quando manchi il requisito della contestualità delle azioni
o il requisito della unicità della persona offesa.
Constatato che ci si trova di fronte, nel caso concreto, non ad un unico reato, bensì ad
una pluralità di reati, bisogna distinguere a seconda che:
- i reati siano stati commessi "con una sola azione od omissione" (concorso formale
di reati);
- i reati siano stati commessi "con più azioni od omissioni" (concorso materiale di
reati).
- concorso formale di reati: trattamento sanzionatorio più mite; per esso l'ordinamento
adotta il cumulo giuridico delle prime e in particolare prevede che si applichi la pena
che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata sino al triplo.
- concorso materiale di reati: trattamento sanzionatorio più severo; secondo lo schema
delle cumulo materiale delle pene, si applicano di regola le pene previste per ogni
singolo reato sommate l'una all'altra (in ogni caso, la pena complessiva non può
essere superiore al quintuplo della più grave delle pene concorrenti).
(Il cumulo giuridico tra pene di genere diverso va operato non per assimilazione,
bensì per addizione: per determinare la pena complessiva, il giudice deve cioè
aggiungere alla pena detentiva quantificata per il reato più grave una pena pecuniaria
per il reato satellite, la cui misura non potrà superare il limite del triplo della pena
base). 81
Il reato continuato.
Si ha quando taluno "con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse
disposizioni di legge".
Siamo quindi in presenza di un concorso materiale di reati, infatti sono più le azioni
od omissioni commesse, unificati dal medesimo disegno criminoso che sta alla base
della loro commissione.
L'art. 81. 2 c.p. prevale per il reato continuato il cumulo giuridico delle pene: l'agente
soggiace quindi alla "pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave
aumentata sino al triplo".
Disegno criminoso: programma che deve formarsi nella mente dell'agente prima
dell'inizio dell'esecuzione del primo dei reati in concorso (l'unità del disegno
criminoso non viene meno quando le modalità esecutive di uno dei reati programmati
mutino a causa dell'evolversi degli aventi; viene invece esclusa l'unità del disegno
criminoso per quei tipi di reato che, non essendo stati preventivati inizialmente, sono
il risultato di decisioni assunte solo nel corso dell'esecuzione del programma).
L'unità del disegno criminoso non viene interrotta dall'intervento di una sentenza
definitiva di condanna in relazione ad una parte dei reati in concorso, dopo la quale
l'agente realizza uno o più fra gli altri reati programmati.
Le difficoltà della prova spiegano la tendenza dei giudici di merito a presumere
l'esistenza di un medesimo disegno criminoso tutte le volte in cui si procede contro
taluno per una pluralità di reati commessi in tempi diversi; tale tendenza si ribalta
però quando si chiede l'applicazione della disciplina del reato continuato a reati
commessi dopo che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna relativa ad
uno o più dei reati oggetto della programmazione.
Le disposizioni di legge la cui violazione dà vita al reato continuato devono
necessariamente prevedere reati dolosi: ciò perché il disegno criminoso ha come
requisito una rappresentazione preventiva di tutti gli elementi costitutivi dei vari reati,
nonché la deliberazione di commetterli (in quanto frutto di programmazione, il reato
continuato risulta quindi incompatibile sia con la colpa, sia con la responsabilità
oggettiva).
I reati legati dal vincolo della continuazione devono considerarsi unificati (cioè, come
un solo reato) soltanto ai fini della determinazione della pena principale, ai fini della
decorrenza del termine per la prescrizione del reato (per il reato continuato, il termine
della prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazione, cioè dal giorno
in cui è stato commesso l'ultimo dei reati abbracciati dal disegno criminoso), ai fini
dell'applicabilità della sospensione condizionale della pena. Al di fuori di questi
istituti, i reati uniti dal vincolo della continuazione conservano invece la loro
autonomia (ciò vale, ad esempio, ai fini dell'amnistia, dell'indulto, delle pene
accessorie, delle misure d'urgenza). 82
Sezione VI: il reato circostanziato.
Capitolo XII
Le circostanze aggravanti ed attenuanti.
Circostanze del reato: situazioni inerenti al reato o alla persona del colpevole che
comportano soltanto una modificazione della pena, aggravandola o attenuandola. Non
sono elementi costitutivi del reato. Quando concorrono circostanze eterogenee (cioè
aggravanti ed attenuanti) il giudice deve procedere al loro bilanciamento: e tale
giudizio può concludersi nel senso della prudenza delle une sulle altre, nel qual caso
si applicheranno soltanto le circostanze prudenti, ovvero nel senso dell'equivalenza,
nel qual caso non si applicheranno né le aggravanti né le attenuanti.
Delitti aggravati dall'evento: spesso è controverso se l'evento aggravante debba
essere considerato circostanza del reato ovvero elemento costitutivo di un'autonoma
figura di reato: il sistema del codice sembra orientato in linea di principio nel senso
dell'inquadramento dell'evento come elemento costitutivo di autonome figure
delittuose.
La classificazione delle circostanze.
- circostanze comuni: sono quelle previste per un numero indeterminato di reati;
- circostanze speciali: sono quelle previste per uno o più reati determinati.
- circostanze aggravanti: sono quelle che comportano un inasprimento della pena
comminata dal giudice per il reato semplice;
- circostanze attenuanti: sono quelle che comportano una mitigazione della pena
comminata dal giudice per il reato semplice.
(L'aumento o la diminuzione della pena possono essere quantitativi o qualitativi: sono
di tipo quantitativo quando, ad es., alla pena inflitta per il reato semplice deve
aggiungersi, per effetto della circostanza, un quantum di pena della stessa specie; la
modificazione della pena è di tipo qualitativo quando per effetto della circostanza
cambia la specie della pena. Quest'ultimo è il caso di quelle circostanze aggravanti
che comportano il passaggio dalla reclusione all'ergastolo, es. le circostanze
aggravanti dell'omicidio doloso).
- circostanze a efficacia comune: sono quelle che comportano un aumento o una
diminuzione fino ad 1/3 della pena che dovrebbe essere inflitta per il reato semplice.
Quando la legge non precisa l'ammontare dell'aumento di pena per una circostanza
aggravante o quello della diminuzione per una circostanza attenuante: la pena deve
essere aumentata o diminuita fino a 1/3;
- circostanze a efficacia speciale: 83
. sono quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa rispetto a
quella prevista per il reato semplice (es.: le
circostanze aggravanti dell'omicidio doloso che comportano la pena dell'ergastolo in
luogo di quella della reclusione) ("circostanze autonome");
. sono quelle per le quali la legge prevede una cornice di pena diversa da quella
prevista per il reato semplice ("circostanze indipendenti");
. sono quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad
1/3 ("circostanze a effetto speciale").
- circostanze definite: sono quelle già individuate dalla legge;
- circostanze indefinite: sono quelle la cui individuazione è rimessa alla
discrezionalità del giudice (generiche).
- circostanze oggettive: sono quelle che "concernono la natura, la specie, i mezzi,
l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione, la gravità del danno o
del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell'offeso";
- circostanze soggettive: sono quelle che "concernono l'intensità del dolo o il grado
della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il
colpevole e l'offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del colpevole ".
L'imputazione delle circostanze.
Art. 59 c.p.
comma 1 "Le circostanze che attenuano o escludono (scriminanti) la pena sono
valutate a favore dell'agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore
ritenute inesistenti";
comma 2 " le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell'agente
soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per
errore determinato da colpa";
comma 3 "se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o
attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui";
comma 4 "se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della
pena (scriminanti), queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta
di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è previsto
dalla legge come delitto colposo".
Art. 82 c.p. (aberratio ictus).
Quando per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, è
cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole
risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva
offendere (Art. 60 c.p.). Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella
84
alla quale l'offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più
grave, aumentata fino alla metà.
L'errore sulla persona dell'offeso (art. 60 c.p.).
L'errore può consistere:
- nell'identità della persona offesa (es.: l'agente crede di uccidere il tizio, mentre in
realtà si tratta di Caio);
- in un errore sui mezzi di esecuzione del reato (ex art. 82 c.p. aberratio ictus) (es.
l'agente vuole uccidere Tizio ma per errore di mira uccide Caio);
- l'art. 60 c.p. è applicabile anche nei casi in cui l'agente si rappresenti esattamente
l'identità della persona offesa, ma ignori i rapporti che intercorrono tra lui e la vittima
(es. Tizio vuole uccidere e uccide Caio, e solo successivamente viene a sapere che
Caio era suo padre).
Art. 60 c.p. " Nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a
carico dell'agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità
della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole. Sono invece valutate a suo
favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le
condizioni, le qualità o i rapporti predetti. Le disposizioni di questo art. non si
applicano, se si tratta di circostanza che riguardano l'età o altre condizioni o qualità
fisiche o psichiche, della persona offesa".
L'errore sulla persona dell'offeso, in tutti i casi riconducibili sotto l'art. 60 c.p., rileva
anche se si tratta di errore o ignoranza dovuti a colpa, che potevano cioè essere evitati
con la dovuta diligenza.
Art. 83 (aberratio delicti).
Quando per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si
cagiona un evento (reato) diverso da quello voluto il colpevole risponde, a titolo di
colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto è previsto dalla legge come delitto
colposo. Se il colpevole ha cagionato altresì l'evento voluto, si applicano le regole sul
concorso dei reati.
- aberratio ictus: si realizza quando dell'agente, per errore... cagiona un offesa a
persona diversa da quella voluta;
- aberratio delicti: l'agente, per errore... commette un reato diverso da quello voluto;
- aberratio causae: si realizza quando l'evento che l'agente vuole realizzare si
produce, ma attraverso un processo causale svoltosi in modo diverso da quello
previsto.Nei reati a forma vincolata, se l'evento non si verifica a seguito di quella
condotta, l'agente non è punibile.Nei reati a forma libera è irrilevante, per cui l'agente
è responsabile del fatto commesso. 85
L'applicazione degli aumenti o delle diminuzione di pena.
a) una sola circostanza: se è presente nel caso concreto una sola circostanza
aggravante o attenuante, la determinazione della pena avviene con un giudizio
bifasico: nella prima fase il giudice quantificherà la pena per il reato semplice
(secondo i criteri di commisurazione indicati dall'art. 133 c.p.), nella seconda fase
procederà all'aumento o alla diminuzione di pena conseguente alla circostanza.
(La circostanza aggravante o attenuante, in ragione del rapporto di specialità che
intercorre con il corrispondente criterio di commisurazione della pena ex art. 133 c.p.,
mette "fuori gioco" tale criterio: nel senso che quel criterio potrà essere applicato solo
per aspetti diversi da quelli isolati dal legislatore e assunti ad oggetto della
circostanza. Quindi, il giudice non potrà dunque fare una doppia valutazione dello
stesso elemento, sia nella determinazione della pena-base, cioè della pena che
applicherebbe per il reato semplice, sia ai fini dell'aumento o della diminuzione di
quella pena). (La pena della reclusione da applicarsi per effetto dell'aumento
determinato da una sola circostanza aggravante non può superare gli anni 30; nel caso
di una sola circostanza attenuante, alla pena dell'ergastolo è sostituita la reclusione da
20 a 24 anni).
b) il concorso omogeneo di circostanze: se concorrono più circostanze tutte
aggravanti o tutte attenuanti, e per ciascuna di esse è previsto un aumento o,
rispettivamente, una diminuzione di pena fino ad 1/3, l'aumento o la diminuzione di
pena si opera nella quantità di essa risultante dall'aumento, o dalla diminuzione
precedente. (Una volta calcolato l'aumento, o la diminuzione di pena per una sola
circostanza, sulla pena così determinata il giudice e effettuerà l'ulteriore aumento o
l'ulteriore diminuzione, e così via...).
c) il concorso eterogeneo di circostanze: si ha quando un reato sia corredato, in
concreto, da due o più circostanze, una o alcune delle quali aggravanti e l'altra, o le
altre attenuanti. In tal caso il giudice deve procedere al bilanciamento delle
circostanze concorrenti, che può avere un triplice esito: la prevalenza delle attenuanti
sulle aggravanti (in tal caso il giudice applica soltanto le relative diminuzione di
pena, non tenendo conto delle aggravanti), la prevalenza delle aggravanti sulle
attenuanti (idem), l'equivalenza delle une con le altre (in tal caso il giudice applicherà
la pena che avrebbe inflitto se non fosse stata presente alcuna circostanza). Il giudizio
di bilanciamento risulta affidato alla libera e incontrollata discrezionalità del giudice
("alla sua capacità di intuizione").
Il concorso apparente di circostanze.
Si profila quando una determinata situazione (circostanza) è riconducibile sotto più
norme che prevedono (quelle) circostanze del reato, con la conseguenza che
applicabile sarà una sola di tali norme. Vi sono due ipotesi di concorso apparente di
circostanze: 86
1) la prima è quella in cui una data circostanza è in rapporto di specialità rispetto ad
un'altra: in tal caso, il giudice applicherà la sola circostanza speciale (art. 15 c.p.);
2) la seconda ipotesi è quella in cui, non sussistendo tra le due norme un rapporto di
specialità, una circostanza aggravante o attenuante "comprende in sé" un'altra
aggravante o un'altra attenuante: in casi di questo tipo si applica soltanto la
circostanza che importa il maggior aumento di pena (se si tratta di circostanza
aggravante), o soltanto la circostanza che importa la maggiore diminuzione di pena
(se si tratta di circostanza attenuante).
Le circostanze aggravanti comuni (art. 61 c.p.).
Sono quelle che possono accompagnarsi ad un numero indeterminato di reati
1) l'aver agito per motivi abietti (ignobili) o futili (sproporzionati rispetto al reato al
quale ha dato origine);
2) l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro;
3) l'aver, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento ("colpa
cosciente ");
4) l'aver adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone;
5) l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la
pubblica o la privata difesa;
6) l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto
volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o
di carcerazione, spedito per un precedente reato;
7) l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendano il patrimonio,
ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa del
reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8) l'aver aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
9) l'aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a
una pubblica funzione o un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un
culto;
10) l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di
un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cittadino o di un
culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno
Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;
11) l'aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero
con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazioni d'opera, di coabitazione o di ospitalità.
Vi sono poi circostanze aggravanti comuni previste in leggi speciali: es. legge
15/1980 stabilisce che "per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione
dell'ordinamento costituzionale punibili con pena diversa dall'ergastolo, la pena è
aumentata della metà... ". 87
Le circostanze attenuanti comuni (art. 62 c.p.).
1) l'aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
2) l'avere agito in stato d'ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
3) l'avere, nei delitti contro il patrimonio cagionato alla persona offesa dal reato un
danno patrimoniale di speciale tenuità;
4) l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno;
Le circostanze attenuanti generiche.
Sono quelle la cui individuazione è rimessa alla discrezionalità del giudice; si tratta di
"circostanze diverse" da quelle "previste dall'art. 62 c.p.", che il giudice ritiene tali da
giustificare una diminuzione della pena. Il giudice, però, non potrà considerare come
attenuanti generiche situazioni che siano incompatibili con il tenore di una norma che
prevede una circostanza attenuante tipica.
Le attenuanti generiche dovranno essere applicate secondo lo schema del giudizio
bifasico. Inoltre, le attenuanti generiche, in caso di concorso con circostanze
aggravanti, entrano nel giudizio di bilanciamento.
Le circostanze aggravanti e attenuanti inerenti alla persona del colpevole.
a) la recidiva consta di due elementi:
- commissione di un reato dopo che il soggetto è stato condannato con sentenza
definitiva per un precedente reato;
- il nuovo reato deve inoltre denotare insensibilità all'ammonimento derivante dalla
precedente condanna e una accentuata capacità a delinquere (il che non si verifica,
secondo la Corte di Cassazione, quando il nuovo reato tragga origine da situazioni
contingenti ed eccezionali, ovvero sia stato commesso dopo un lungo intervallo di
tempo dal reato precedente, o abbia natura radicalmente diversa da quest'ultimo).
L'accertamento del secondo elemento della recidiva è affidato alla discrezionalità del
giudice.
La recidiva è una circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole
(soggettiva). Al pari di ogni altra circostanza, la recidiva partecipa al giudizio di
bilanciamento.
Dobbiamo comunque distinguere: recidiva semplice, aggravata, reiterata.
- recidiva semplice: si ha quando, dopo aver riportato condanna per un reato, l'agente
ne commette un altro, di qualsiasi specie e gravità, a oltre 5 anni dalla condanna
precedente. In tal caso il giudice, qualora ravvisi nel caso concreto il secondo
requisito della recidiva, sulla pena che infliggerebbe per il reato semplice opera un
aumento fino ad 1/6. 88
- recidiva aggravata: comporta l'aumento fino ad 1/3 della pena che il giudice
infliggerebbe per il reato semplice, in tre ipotesi:
. se il nuovo reato è della stessa indole (caratteri fondamentali comuni) di quello
precedente;
. se il nuovo reato è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
. se il nuovo reato è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero
durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente alla esecuzione della
pena.
Ove concorrano più circostanze di quelle ora esaminate, l'aumento di pena può essere
fino alla metà.
- recidiva reiterata: si ha quando chi è già recidivo, commette un nuovo reato.
L'aumento di pena (per la recidiva) è sottoposto ad un limite massimo, segnato dal
"cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo
reato".
In caso di recidiva aggravata o reiterata non si applicano l'amnistia e l'indulto; in caso
di recidiva reiterata non è ammessa l'oblazione discrezionale.
b) le circostanze che riguardano l'imputabilità: anche esse sono circostanze
inerenti alla persona del colpevole: si tratta sia di circostanze attenuanti, sia di
circostanze aggravanti che comportano una diminuzione o un aumento fino a 1/3
della pena che dovrebbe essere inflitta per il reato semplice. Anche esse partecipano
al giudizio di bilanciamento.
. è prevista una circostanza attenuante per chi, nel momento in cui ha commesso il
fatto:
- era affetto da vizio parziale di mente;
- era affetto da sordomutismo, quando il sordomutismo comporti una capacità di
intendere o di volere grandemente scemata;
- aveva un'età compresa tra i 14 e 18 anni, ed è stato riconosciuto imputabile;
- si trovava in stato di ubriachezza o sotto l'azione di sostanze stupefacenti derivante
da caso fortuito o da forza maggiore, e tali da scemare grandemente la capacità di
intendere o di volere;
- era affetto da cronica intossicazione da alcol o da sostanze stupefacenti tali da
scemare grandemente la capacità di intendere o di volere;
. è prevista una circostanza aggravante per chi, nel momento in cui ha commesso il
fatto:
- si trovava in stato di ubriachezza ovvero sotto l'azione di stupefacenti preordinate al
fine di commettere il reato o di prepararsi una scusa;
- si trovava in stato di ubriachezza abituale o era dedito all'uso di sostanze
stupefacenti. 89
Capitolo XIII
Le sanzioni penali.
Art. 25. 2 Cost (principio di legalità: riserva di legge per l'individuazione dei reati e
delle pene, art. 1 c.p.)
1) Le pene principali: art. 17 c.p. (delitti: ergastolo, reclusione, multa;
contravvenzioni: l'arresto, ammenda); reclusione militare (per i reati militari); la pena
di morte, eliminata anche nel diritto penale di guerra nel 1994 (art. 27. 4 Cost); la
permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità (per i reati attribuiti alla
competenza del giudice di pace)
- pene detentive o restrittive della libertà personale: ergastolo, reclusione, arresto,
reclusione militare;
- pene pecuniarie: multa, ammenda;
- pene limitative della libertà personale: permanenza domiciliare, lavoro di pubblica
utilità;
- Pene detentive o restrittive della libertà personale.
Ergastolo: pena detentiva prevista per alcuni delitti contro la personalità dello Stato,
contro l'incolumità pubblica e contro la vita. Di regola, la pena dell'ergastolo è
perpetua: tuttavia, la riforma penitenziaria del 1986 ha consentito che il condannato
all'ergastolo possa essere ammesso, dopo l'espiazione di dieci anni di pena, ai
permessi premio, nonché dopo vent'anni alla semilibertà. La pena dell'ergastolo viene
scontata in "case di reclusione".
La reclusione e l'arresto: pene detentive temporanee previste rispettivamente per i
delitti e le contravvenzioni. Le differenze sono marginali. La reclusione "si estende
da 15 giorni a 24 anni"; l'arresto "si estende da 5 giorni a 3 anni". Si tratta di limiti
invalicabili dal giudice in sede di commisurazione della pena (nei casi espressamente
determinati dalla legge il giudice può superare il tetto massimo di pena ma: la
reclusione non può comunque eccedere i 30 anni, l'arresto i 6 anni).
- Pene limitative della libertà personale.
Nel 2000 il legislatore ha attribuito al giudice di pace la competenza relativa ad una
serie di reati previsti nel c.p. (es. guida in stato di ebbrezza, percosse, ingiuria,
90
diffamazione...): per tali reati sono previste pene pecuniarie o pene limitative della
libertà personale (permanenza domiciliare, lavoro di pubblica utilità).
Permanenza domiciliare: "comporta l'obbligo di rimanere presso la propria
abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o
accoglimento". Tale pena ha una durata compresa fra 6 e 45 giorni.
Lavoro di pubblica utilità: "consiste nella prestazione di attività non retributiva a
favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni
o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. Tale pena è
applicabile solo su richiesta dell'imputato".
- Pene pecuniarie.
La multa e l'ammenda: la multa è la pena per i delitti, l'ammenda è la pena
pecuniaria per le contravvenzioni. La multa può spaziare da un minimo di 5 euro ad
un massimo di 5.164 euro; per l'ammenda vi è un minimo di 2 euro ed un massimo di
1.032 euro. Si tratta di limiti invalicabili dal giudice in sede di commisurazione della
pena: il minimo ed il massimo possono essere erogati dal giudice nei soli casi
"espressamente determinati dalla legge". Il giudice può aumentare la multa e
l'ammenda stabilite dalla legge sino al triplo quando, per le condizioni economiche
del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace. Multa ed ammenda possono
essere pagate in rate mensili: tale facilitazione può essere accordata dal giudice "in
relazione alle condizioni economiche del condannato".
La conversione delle pene pecuniarie: se il condannato non è in grado di pagare la
multa o l'ammenda, vi è l'istituto della conversione della pena pecuniaria. La pena
pecuniaria può essere convertita con la "libertà controllata" o il "lavoro di pubblica
utilità".
La durata della libertà controllata non può eccedere 1 anno e 6 mesi (se la pena
convertita è quella della multa), i 9 mesi (se la pena convertita è quella
dell'ammenda); la durata del lavoro sostitutivo non può superare i 60 giorni.
Il ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive: ha luogo calcolando 38 euro di
pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.
Le pene sostitutive delle pene detentive.
Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, quando ritiene di dover determinare
la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con
quella della semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di 1
anno, può sostituirla anche con la libertà controllata; quando ritiene di doverla
91
determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria
(multa e ammenda) della specie corrispondente.
Semidetenzione: misura privativa pro tempore della libertà personale; comporta in
ogni caso l'obbligo di trascorrere almeno dieci ore al giorno in un apposito istituto
penitenziario (a ciò si aggiunge la sospensione della patente di guida, il ritiro del
passaporto...);
Libertà controllata: limitazione della libertà di circolazione del soggetto: tale
sanzione comporta "il divieto di allontanarsi dal comune di residenza "e "l'obbligo di
presentarsi al meno una volta al giorno presso il locale ufficio di pubblica
sicurezza".
"Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell'art. 133
c.p., può sostituire la pena detentiva e tra le pene sostitutive sceglie quella più idonea
al reinserimento sociale del condannato".
Le pene accessorie.
Si possono applicare solo in aggiunta ad una pena principale. La maggioranza delle
pene accessorie ha contenuto intedittivo: comportano cioè il divieto di svolgere
determinate attività, di rivestire determinati uffici, di esercitare facoltà o diritti (es.
interdizione dai pubblici uffici, interdizione da una professione o da un'arte,
interdizione legale. Quest'ultima comporta la perdita della capacità di agire
limitatamente ai diritti patrimoniali...). Le pene accessorie, di regola, conseguono di
diritto alla condanna. Possono essere perpetue o temporanee. Il legislatore ha creato
l'autonoma figura delittuosa della "inosservanza di pene accessorie", punendo con la
reclusione da 2 a 6 mesi si viola queste ultime. Secondo la Corte di Cassazione, le
pene accessorie possono conseguire sia alla condanna per delitto consumato, sia alla
condanna per delitto tentato.
Effetti penali della condanna.
Sono conseguenze sanzionatorie automatiche di una sentenza definitiva di condanna,
incidenti sulla sfera giuridico-penale del condannato, e la cui operatività è
subordinata alla commissione di un nuovo reato da parte del condannato e
all'instaurarsi di un nuovo procedimento penale.
La commisurazione della pena.
La legge prevede il tipo, i contenuti (precisi) e la misura delle pene: per ogni figura di
reato vi è la predeterminazione legale di una cornice edittale di pena, cioè di un
92
minimo e un massimo entro il quale il giudice, utilizzando i criteri indicati dall'art.
133 c.p., dovrà scegliere (discrezionalmente) la pena adeguata ad ogni singolo caso
concreto.
Art. 132 c.p.
comma 1 "Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente;
esso deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere discrezionale" (
motivazione obbligatoria).
comma 2 "Nell'aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i
limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati
dalla legge".
Art. 133 c.p.
comma 1 "Nell'esercizio del potere discrezionale ex Art. 132 c.p., il giudice deve
tenere conto della gravità del reato desunta: dalle modalità dell'azione, dalla gravità
del danno o del pericolo cagionati alla persona offesa dal reato, dall'intensità del
dolo o dal grado della colpa".
comma 2 "Il giudice deve altresì tenere conto della capacità a delinquere del
colpevole desunta: dal carattere del reo, dai motivi a delinquere del reo, dai
precedenti penali del reo, dalla condotta contemporanea o susseguente al reato,
dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo ".
(Art. 27. 3 Cost " Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di
umanità, e devono tendere alla rieducazione del condannato").
Le peculiarità della commisurazione delle pene pecuniarie.
Art. 133 bis c.p.
comma 1 "Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il
giudice deve tenere conto, oltre che dei criteri indicati dall' art. 133 c.p., anche delle
condizioni economiche del reo".
comma 2 "Il giudice può aumentare la multa o l'ammenda stabilite dalla legge sino
al triplo o diminuirle sino ad 1/3 quando, per le condizioni economiche del reo,
ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia
eccessivamente gravosa".
(Come notiamo, le condizioni economiche del reo possono dunque determinare
l'applicazione di una pena sia superiore ai massimi, sia inferiore ai minimi previsti
nella norma incriminatrice).
La commisurazione della pena nei "procedimenti speciali".
Il più vistoso stravolgimento dei meccanismi di commisurazione della pena si verifica
nell'applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento ex Art. 444 c.p.).
Su un ammontare di pena prescelto all'interno della cornice edittale si operano gli
aumenti o le diminuzioni derivanti dalle eventuali circostanze aggravanti o attenuanti:
la pena così determinata dev'essere ulteriormente diminuita "fino ad 1/3" ex Art. 444.
93
1 c.p.p. Tale riduzione è il corrispettivo per il consenso da parte dell'imputato ad un
rito più rapido e meno garantito di quello ordinario.
Il giudice dovrà "valutare la congruità della pena indicata dalle parti, rigettando la
richiesta in ipotesi di sfavorevole valutazione". Qualora l'accordo tra l'imputato e il
PM abbia portato ad un trattamento sanzionatorio incoerente rispetto agli scopi che la
Costituzione attribuisce alla pena, il giudice potrà rigettare la richiesta avanzata dalle
parti e disporre che si proceda secondo il rito ordinario.
Le misure alternative alla detenzione. (Altri strumenti di prova alla pena detentiva
breve)
L'affidamento in prova al servizio sociale: comporta che il condannato venga
sottoposto ad un periodo di prova di durata pari a quella della pena detentiva da
scontare: durante tale periodo egli soggiace ad una serie di obblighi e divieti e nel
contempo è affidato, fuori dell'istituto penitenziario, al servizio sociale, che svolge
funzioni di controllo e di aiuto. Se la prova ha esito positivo si estingue la pena e
viene meno ogni effetto penale della condanna. L'ambito applicativo dell'affidamento
in prova è limitato ai condannati ad una pena detentiva non superiore a 3 anni.
Per poter concedere l'affidamento in prova è necessario che il tribunale di
sorveglianza ritenga che il provvedimento "contribuisca alla rieducazione del reo e
assicuri la prevenzione del pericolo che egli commette altri reati".
La detenzione domiciliare: comporta l'espiazione della pena detentiva
nell'abitazione del condannato, o in un altro luogo di privata dimora ovvero il luogo
pubblico di cura, assistenza o accoglienza. Il condannato non deve allontanarsi dal
luogo in cui le espia la pena, e inoltre, ove il giudice lo ritenga necessario, non deve
comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.
La semilibertà: comporta che il condannato trascorra la maggior parte della giornata
all'interno di un istituto di pena, salvo uscirne il tempo necessario "per partecipare ad
attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale". La
semilibertà interviene dopo l'espiazione in forma chiusa di una parte della pena
quando il condannato mostri dei progressi e vi siano le condizioni per un graduale
reinserimento del soggetto nella società. In via d'eccezione, la semilibertà può essere
applicata fin dall'inizio quando si tratti di condannato alla pena dell'arresto o alla pena
della reclusione non superiore a sei mesi.
Ipotesi di rinvio dell'esecuzione della pena.
Il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena: riguarda i casi di: donna incinta,
madre di infante di età inferiore ad un anno, la persona affetta da malattia
particolarmente grave. 94
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