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A NUOVA FORMULAZIONE

La finalità che ha ispirato la nuova formulazione dell'abuso d'ufficio è stata indubbiamente quella di riportare la condotta punibile entro confini ben limitati, e di garantire ai pubblici amministratori che agissero nel rispetto delle norme la certezza di non incorrere in sanzioni penali. L'attuale formulazione sancisce la responsabilità penale per "il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto".

È stato osservato che nella ridefinizione della norma si è puntato "ad abbandonare qualsiasi riferimento, espresso o tacito".

all'eccesso di potere... limitando la condotta di abuso alla sola violazione di norme o alla omessa astensione nei casi prescritti" (Della Monica). Ed in effetti non vi è dubbio che gran parte del dibattito parlamentare è stato incentrato sulla scelta di escludere, dalle condotte che possono dar luogo all'ipotesi di reato, l'adozione di un atto viziato esclusivamente da eccesso di potere, i cui confini sono molto più labili rispetto agli altri vizi amministrativi. Dunque - secondo i primi commenti al nuovo reato - se il funzionario non ha violato una espressa e specifica previsione normativa, ovvero l'obbligo di astensione, non può configurarsi il reato. Anche in presenza di tale violazione poi il reato sussisterà solo ed unicamente nel caso in cui al provvedimento illegittimo sia conseguito un risultato ingiusto, ed infatti il reato è ora costruito come un reato di evento che si consuma soltanto in presenza dellarealizzazione del risultato perse-guito. Ma va subito osservato che se il fine perseguito dal legislatore era appunto quello di escludere dalle condotte punibili gli atti viziati esclusivamente da eccesso di potere, la formulazione della norma è, a dir poco, equivoca: l'eccesso di potere è comunque un vizio di legittimità e, come tale, comporta necessariamente l'inosservanza di leggi. Ed infatti è indubitabile che tra le leggi che devono regolare la condotta dei pubblici funzionari debba ricomprendersi il precetto costituzionale dell'art. 97 Cost., che rappresenta anzi la costante linea di comportamento degli amministratori pubblici. In tale ottica tornerebbe ad avere autonoma rilevanza, allora, il vizio di eccesso di potere e potrebbe configurarsi l'abuso tutte le volte in cui il funzionario facesse un uso deviato o distorto dei poteri funzionali e dunque pregiudicasse l'imparzialità dell'azione amministrativa. A questa

Tesi si potrebbe o-biettare che tale argomentazione non terrebbe conto della ratio sottesa all'interven-to legislativo, ma va pure precisato che in sede di dibattito parlamentare venneroscartate altre scelte che avrebbero più esplicitamente estromesso il vizio di eccessodi potere dalle modalità esecutive della condotta. E così venne ad esempio scartatala proposta dell'on. Marotta di mantenere il testo approvato dalla CommissioneGiustizia del Senato, che menzionava accanto alla violazione di legge anche l'in-competenza, per significare che est unica dizione cheinclusio unius exclusio alterius,avrebbe chiarito l'intento di non voler più attribuire una rilevanza autonoma all'ec-cesso di potere.È stato peraltro osservato (Della Monica) che "il riferimento alla violazione di nor-me di leggi o di regolamento lascia intendere chiaramente che il presupposto ne-cessario dell'abuso è costituito dall'inosservanza

di previsioni specifiche durante il processo di formazione del provvedimento" e non dal generico obbligo di perseguire il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa, e che "il funzionario pubblico che agisce nel pieno rispetto delle regole deve avere la certezza di non incorrere in responsabilità penali". Occorrerà naturalmente attendere l'evoluzione giurisprudenziale sull'argomento per definire se la formulazione letterale della norma consenta di aderire alle finalità avute di mira dal legislatore; resta comunque da osservare che se si aderirà a tale interpretazione molte condotte oggettivamente gravi verranno a configurare al più un illecito disciplinare. E così soprattutto in presenza di atti assolutamente discrezionali, quali ad esempio l'assegnazione di un appalto a trattativa privata, una volta riscontrata l'inesistenza di violazioni specifiche (in quanto ad esempio

Sussisteva il requisito di urgenza che ne legittimava l'adozione) non si configurerebbe alcuna ipotesi di reato a carico del funzionario che effettui l'aggiudicazione ad una ditta palesemente inidonea e magari gestita da persona a lui legata da vincoli di amicizia. Se questa sarà l'interpretazione della norma sfuggiranno quindi alla sanzione penale tutti quei comportamenti formalmente legittimi, ma adottati unicamente per interessi di natura privata e sovente altamente dannosi per l'amministrazione pubblica. È stato osservato (Chiavario, Padovani) che si è così creato un vuoto di tutela della collettività di fronte a comportamenti anche altamente scorretti e si è sottolineato (Catalano) che sarebbe stato auspicabile almeno accompagnare la modifica dell'abuso d'ufficio, ad una effettiva riforma dei criteri e dei sistemi di controllo dell'attività amministrativa.

CONDOTTAGià sotto il vigore della precedente disposizione la Cassazione (Sez. VI, sent. n.2733 del 4 marzo 1994 ) aveva più volte affermato che "la condotta di abuso d'uffi-cio... risulta compatibile con un comportamento meramente omissivo del pubblicoufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio.". Ed anche nella nuova formula-zione non vi è dubbio che la condotta prevista dal reato può essere attuata anchemediante omissione, sempreché l'atto che avrebbe dovuto essere emanato o ilcomportamento che avrebbe dovuto essere tenuto siano dovuti, cosìché l'omissio-ne o il ritardo abbiano comportato la violazione di una disposizione di legge.Del resto la violazione dell'obbligo di astensione, esplicitamente previsto dal nuo-vo testo, rappresenta una modalità della condotta mediante omissione. Tanto pre-messo, va evidenziato il rapporto tra l'abuso d'ufficio realizzatosi attraverso

lmeno secondo la giurisprudenza, anche le attività materiali svolte dal pubblico funzionario nell'esercizio delle sue funzioni. Inoltre, è importante sottolineare che il reato di abuso d'ufficio può essere commesso sia da un pubblico funzionario che da un privato incaricato di un pubblico servizio, purché agisca nell'esercizio delle sue funzioni. Infine, va precisato che il reato di abuso d'ufficio è punito con la reclusione da 1 a 4 anni, mentre il reato previsto dall'articolo 328 del codice penale è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. In conclusione, l'abuso d'ufficio è un reato che si configura quando un pubblico funzionario o un privato incaricato di un pubblico servizio abusa dei suoi poteri o compie atti contrari ai doveri del suo ufficio, arrecando un danno o procurando un vantaggio ingiusto.

prescindere dalla forma, qualunque specie di attoposto in essere dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, sia esso in-terno o esterno, decisionale o anche meramente consultivo, preparatorio e non vin-colante, fino alle semplici operazioni, alle condotte materiali, alle attività tecni-che..." (Cass., Sez. 6, sent. n. 10896 del 12 novembre 1992). Anche nell'attuale for-mulazione normativa, poiché l'abuso non deve necessariamente estrinsecarsi in un tipico atto amministrativo, né avere contenuto necessariamente decisorio, esso può consistere in qualsiasi illegittima attività del pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni dalla quale derivi un ingiusto danno o vantaggio patrimoniale. La nuova formulazione ha innovato sul punto solo in quanto ha legato l'attività abu-siva allo svolgimento delle funzioni o del servizio. Infine l'abuso è configurabile -ora come pure nella precedente

a) La violazione di norme di legge o di regolamento

Si è già detto che la riforma è stata ispirata alla necessità di limitare il potere di ingerenza del giudice penale alle sole ipotesi di illiceità collegate a specifiche violazioni di legge e di regolamenti. La violazione di legge, che è dunque elemento della condotta del reato, è la violazione delle disposizioni che regolano l'esercizio dei pubblici poteri.

Si richiamano le osservazioni sopra formulate circa la considerazione che anche l'eccesso di potere non rappresenta altro che una violazione di norme giuridiche. Comunque sia, va

sottolineato che le prime interpretazioni della norma accolgono le finalità perseguite dal Parlamento ancorando la sussistenza del reato a precisi vizi di legittimità, e cioè:
  • alla violazione di leggi o regolamenti;
  • all'incompetenza che è un'ipotesi di violazione di legge;
  • alla violazione dell'obbligo di astensione.
Rimane comunque la difficoltà, per l'interprete, di individuare tutte le disposizioni vincolanti per la Pubblica Amministrazione, mentre non sarà sempre agevole il reperimento della normativa che regola quel determinato provvedimento sospettato di illecito. Resta poi da chiarire cosa debba intendersi per "norme di legge e di regolamento" ed in particolare se in esse debbano ricomprendersi anche le normative che regolano dall'interno l'azione degli apparati amministrativi, quali le circolari o le norme tecniche. Viene al riguardo rilevato che le norme interne non sonoleggi insenso sostanziale, e quindi la loro trasgressione non comporta violazione di legge,cosicché non configura il reato in questione (Russo)
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
14 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Bondi Alessandro.