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Sentenza Mannino: si è detto di lasciar da parte la fibrillazione, il fiancheggiamento esterno non ha tutto questo
senso quando l’associazione sta finendo; bisogna provare piuttosto che:
- non ci sia affiliazione all’associazione
- sussista il nesso di causalità, ossia l’utilità causale del comportamento
Sentenza Carnevale: si è ribadito il medesimo discorso, ma si è specificato che serva anche dolo di partecipazione,
ossia la consapevolezza dell’utilità del proprio comportamento e del suo inserimento in un concorso. Questo è molto
importante perché magari l’associazione persegue attività di per sé lecite e il soggetto non necessariamente si
rappresenta che il proprio intervento sarà funzionale a attività criminosa.
responsabilità amministrativa degli enti da reato
è una problematica comune a tutti i reati che trattiamo: le fattispecie che abbiamo visto di reati contro la p.a. sono
proprio tra i primi presupposti della responsabilità amministrativa degli enti, specialmente i reati di corruzione e
concussione; poi si sono aggiunti altri reati-presupposto.
Quando il soggetto attivo è inserito in un contesto societario, non è inimmaginabile che questi stia commettendo il
reato per l’utilità della persona giuridica in cui è inserito.
Il fatto che un soggetto possa commettere un reato per l’utilità sia propria, sia di una persona giuridica è concetto noto
anche ai legislatori stranieri es. in Francia si è usata teoria organicistica per inquadrare la responsabilità degli enti nel
codice penale, configurando quindi una responsabilità penale diretta della persona giuridica parallelamente a quella
della persona fisica → certamente non sarà possibile l’ergastolo, ma la sanzione più grave sarà lo scioglimento.
Il nostro legislatore ha fatto una scelta particolare, configurando una responsabilità amministrativa dell’ente per il
reato commesso dalla persona fisica che è ivi inserita; le ragioni di questa scelta, di non inquadrare le persone
giuridiche tra i soggetti attivi del reato, nonostante fosse in alcuni progetti, è che il legislatore è ancorato al principio
societas delinquere non potest e all’art. 27, comma 1 (la responsabilità penale è personale → divieto di ascrivere
responsabilità per fatto altrui) → secondo il legislatore del 2001 la responsabilità dell’ente non è configurabile per
fatto proprio, configurando responsabilità penale in capo all’ente sarebbe contrario al 27,I (per fatto proprio) e al
principio di colpevolezza (per fatto proprio e colpevole).
Si tratta di un tertium genus di responsabilità (rispetto alla penale e all’amministrativa punitiva).
analogie col sistema penalistico
Il 231/2001 contiene sia una parte sostanziale sia una parte processuale, formando un vero e proprio sistema; le due
parti sono in simbiosi le une con le altre, ma la parte processuale è caratterizzata come penale → questo ha indotto la
maggior parte della dottrina a considerare la responsabilità come penale ancorché rubricata come amministrativa.
Il processo della persona giuridica si svolge come simultaneus processus rispetto a quello della persona fisica. 23
Si hanno sanzioni di tipo penalistico:
sanzioni pecuniarie
• sanzioni interdittive
• confisca
• pubblicazione della sentenza
•
La comminazione delle sanzioni segue criteri penalistici (133 e 133bis c.p.), sul rapporto tra soggetto e fatto.
È quindi un terzo sistema di illecito statuale-punitivo, che si inserisce all’interno di quelle norme di fonte
costituzionale che permeano gli altri illeciti, ossia
25 comma 2
• 27 comma 3
• 27 comma 1
•
Il legislatore individua poi la sola responsabilità dell’ente quando non si riesca a identificare la persona fisica che
abbia compiuto il reato → non più responsabilità da reato, ma per il reato (art. 8).
reati presupposto
reati contro la p.a. fin dall’inizio:
• corruzione → riguardante il corruttore, perché la p.a. è quella che si trova danneggiata dalla corruzione,
o in imparzialità e buon andamento, non avvantaggiata; dal 2012 però con la l. 190 è stata inserita una
doverosità comportamentale per le p.a. (ANAC), per evitare fatti corruttivi è stato demandato alle p.a.
l’obbligo di strutturare piano anticorruzione e piano trasparenza e individuare un responsabile, che svolge
un controllo sui pubblici ufficiali
concussione
o
reati di falso di marchi e brevetti
• reati ambientali
• alcuni reati contro la persona, tra cui omicidio e lesioni colpose, infibulazione femminile
• riciclaggio
• finanziamento al terrorismo
•
tutti caratterizzati dal vantaggio per la persona giuridica.
soggetti attivi
Principalmente le società.
Dai soggetti attivi sono ESCLUSI enti territoriali, pubbliche amministrazioni, enti di rilevanza costituzionale (che
sono però incluse nella 190).
C’è invece linea massimalista di individuazione degli enti coinvolgibili.
C’erano poi zone grigie, come le aziende private ospedialiere: poi a Torino si è posto il problema per impianto di
valvole cardiache risaputamente non conformi, in cui la corruzione era conclamata, ma inizialmente si pensava che
queste aziende erano escluse, poi però si doveva valutare se l’azienda ne ricavava effettivamente un vantaggio; oppure
le società controllate, ci si chiede se siano responsabili anche loro oltre alle controllanti; oppure le società partecipate,
che possono essere sia pubbliche sia private (sia 190, sia 231).
MANCA
Collegamento oggettivo
Vediamo ora il collegamento oggettivo tra questi soggetti che compiono il reato e l’ente → non è detto che ogni reato
compiuto da questi soggetti impegni l’ente:
innanzitutto deve trattarsi di uno dei reati-presupposto indicati nella parte speciale del decreto
• il reato deve essere commesso nell’interesse e a vantaggio dell’ente → è discusso il rapporto tra interesse e
• vantaggio: se si tratta di un’endiadi, non c’è problema perché si parla della stessa cosa; se invece sono due cose
diverse, servono entrambi? Se leggiamo alcuni articoli in combinato disposto ci rendiamo conto che il
legislatore ha inteso differenziarli:
Art. 5, comma 1: congiunzione “o”;
o Art. 5, comma 2: l’ente non risponde se i soggetti hanno agito ad esclusivo “interesse” proprio o di terzi);
o Art. 12, lett. a), la pena è ridotta se l’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente “interesse”
o proprio e l’ente non ne ha ricavato “vantaggio” o ne ha ricavato vantaggio minimo
Si tratta di un elemento costitutivo dell’illecito.
Interesse (dell’ente): fa riferimento ad un atteggiamento prettamente soggettivo, da valutarsi ex ante, nel
momento in cui il soggetto ha posto in essere il reato (cfr. dolo specifico, agire rappresentandosi che si sta
agendo nell’interesse dell’ente); se poi l’ente davvero verrà concretizzarsi quell’interesse non importa.
Vantaggio (dell’ente): ne viene invece data una lettura prevalentemente oggettiva, da valutarsi ex post, cioè si
verifica se quella prospettazione dell’attore si è effettivamente compiuta e ha determinato un vantaggio all’ente.
Questi due elementi non devono necessariamente essere suscettibili di valutazione economica.
Come riusciamo però a conciliare questo requisito strutturale con le ipotesi colpose, che per definizione non
contengono la rappresentazione dell’evento? Rischieremmo di incorrere in analogia in malam partem. Perciò si
è tentato di interpretare questo in modo coerente questo requisito nelle fattispecie colpose → varie possibilità:
non teniamo conto della parola “interesse ” perché quello richiamerebbe elemento soggettivo doloso, basta
o verificare che ci sia stato il vantaggio; però con un correttivo, non possiamo dire che l’ente abbia avuto un
vantaggio da es. un omicidio, quindi valutiamo a posteriori il vantaggio in relazione alla condotta e non
all’evento (questo è stato affermato nella sentenza Tyssen)
aver agito nell’interesse dell’ente da accertare rispetto alla violazione della regola cautelare prevedendo
o l’evento, quindi circoscrivendo alla colpa con previsione dell’evento, per perseguire un’utilità
aver agito nell’interesse dell’ente quando la regola cautelare violata è tipica relativamente alla posizione
o di garanzia del soggetto, non facendo ciò che non si deve, quindi automaticamente agendo nei confronti
dell’ente (non ha senso)
La Cass. si è assestata sulla prima, non si tiene conto dell’interesse ma del vantaggio, ossia del risparmio di
spesa che alla fine si realizza.
Modello di responsabilità
Se è stato commesso da soggetto apicale, scatta il modello dell’art. 6.
Se è stato commesso da soggetto sottoposto, scatta il modello dell’art. 7 → in questo caso scatta anche se non si riesce
a individuare il soggetto attivo.
Art. 6.
Se il reato è stato commesso da soggetto apicale, l’ente non risponde se prova che… se l’ente non prova risponde →
significa che l’ente inizia il processo come presuntivamente responsabile, c’è un’inversione dell’onere della prova.
Parlare di vera e propria inversione dell’onere della prova è troppo forte, perché vorrebbe dire che quella prova può
essere data solo da quel soggetto processuale → così non è, perché chiunque introduca la prova nel processo, l’ente se
ne può giovare; si tratta piuttosto di un rischio della mancata prova, perché se la prova non c’è è l’ente che ne
sopporta le conseguenze.
Alcune considerazioni:
- se ci troviamo di fronte ad una colpa d’impresa, per cui è molto più agevole per l’ente dare prova perché nessun
altro sa cosa succede nei suoi uffici e tra i suoi organi; se ci troviamo di fronte alla colpa di un funzionario
corrotto, chi se non lui potrebbe darne la prova
- esistono forme di presunzione anche nelle situazioni ordinarie, pensiamo alla presunzione, seppur relativa, che
un soggetto adulto sia imputabile
- questo potrebbe essere ovviato con due strumenti normativi, attraverso due vie
art. 34 dice che per l’accertamento della resp. dell’ente si applicano le norme del c.p.p. salvo che
o incompatibili con il presente decreto: art. 530 (l’oltre ogni ragionevole dubbio) è norma cardine del nostro
pro