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LA TUTELA DELL’ONORE
La nozione di onore
In via preliminare va precisato il concetto di “onore”.
Il concetto di onore presenta nella storia un contenuto estremamente variabile.
In passato si faceva riferimento a una concezione fattuale dell’onore, inteso come
sentimento rispettivamente riferito all’opinione che il soggetto ha di sé e del proprio valore
sociale ovvero all’opinione degli altri nei suoi confronti. Tale costruzione si esponeva
peraltro a due obiezioni: a) risolveva il bene tutelato in un dato puramente psicologico b)
consentiva di negare tutela a soggetti ritenuti privi di valore sociale
concezione normativa
Oggi invece prevale una dell’onore: l’onore diventa un valore
intrinseco e inalienabile di ogni persona come diritto inviolabile (ex art 2 Cost) nonché
come espressione della pari dignità sociale (ex art 3 Cost).
Questo valore deve essere però bilanciato con un altro valore di rilievo costituzionale: la
libertà di manifestazione del pensiero (ex art 21 Cost). Fino a che punto è legittimamente
esercitata quando si lede l’onore altrui?
Infine l’evoluzione tecnologica ha inoltre generato significative difficoltà di delimitazione
concettuale rispetto a condotte lesive della riservatezza, che anche per le modalità di
divulgazione possono dare vita a una menomazione gravissima della reputazione e
dell’identità personale (ad es porn revenge).
Ingiuria e diffamazione
Tradizionalmente l’ingiuria (che era punita dall’art 594) è stata un reato meno grave della
diffamazione (art 595) perché la vittima è presente, e quindi può immediatamente
difendersi e replicare e anzi, la vecchia disciplina prevedeva che nel caso di ingiuria
reciproca non erano punite (scriveva Antolisei che la vittima può “rintuzzare il biasimo”).
Attualmente l’ingiuria non è più un reato (per un intervento del 2016 con finalità deflative),
pur essendo un fatto illecito che può dare luogo a responsabilità civile.
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In ogni caso la questione dei rapporti tra i due reati è rimasta invariata, come dimostra la
clausola di esordio dell’art 595, “fuori dei casi indicati nell’articolo precedente”.
Il delitto di diffamazione (art 595)
reato di condotta:
L’art 595 descrive un non è richiesto un dato (morale) effettivo per la
reputazione,
vittima, essendo sufficiente che la comunicazione sia in grado di lederne la
ossia la sua dignità nell’opinione altrui.
Nella diffamazione la vittima non è presente, ma viene comunque offeso perché il
diffamante comunica a più persone, quindi almeno due persone, non necessariamente
nello stesso momento, ma anche a distanza di tempo; nel caso essa si realizzi in tempi
diversi occorre che sia assistita dallo scopo di disseminare la notizia: la ricorrenza di tale
finalità rende configurabile il reato anche nel caso di notizia trasmessa a una sola persona
che per ragioni professionali (ad es giornalista) o caratteriali (ad es pettegolo)
prevedibilmente la riferirà a terzi, in tale momento determinandosi l’integrazione della
fattispecie. È necessario che la comunicazione sia percepita dai destinatari, poiché solo a
momento consumativo
tale requisito - che infatti segna il del reato - può agganciarsi il
pericolo per il bene tutelato. Nel caso di diffamazione commessa mediante la rete
elettronica, si consuma nel momento dell’immissione del testo nel web e può presumersi
la lettura di esso da parte di almeno due persone; il problema a riguardo si pone per il
luogo della consumazione perché se l’immissione del testo diffamatorio è avvenuta
all’estero il reato si è consumato in quel luogo, quindi per evitare tale conseguenza la
giurisprudenza ha ravvisato nel reato di diffamazione un evento naturalistico costituito
dalla ricezione dell’offesa da parte del destinatario, ma la tesi non convince perché a) la
percezione costituisce il momento finale della comunicazione e non può essere
considerata un effetto b) il destinatario è il pubblico e non la vittima; in definitiva si tratta
di un problema tipico della perseguibilità penale di tutte le comunicazioni realizzate su
Internet. tentativo
Può aversi se la comunicazione diffamatoria non sia stata percepita, ovvero
compresa, da almeno due persone.
soggetto attivo
Il può essere chiunque.
soggetto passivo
Il deve essere determinato o almeno individuabile senza particolari
difficoltà. Può trattarsi di una persona sia fisica sia giuridica, come pure di una comunità o
di una associazione di fatto, laddove l’offesa si riverberi direttamente su ciascuno dei suoi
componenti.
condotta attiva comunicazione:
La è necessariamente e deve realizzarsi in forma di non
importa se orale o scritta o consistente in gesti o altra manifestazione, trattandosi solo di
accertare in concreto, alla luce di tutti gli elementi di contesto, la sua potenzialità
diffamatoria (ad es ambiente e modalità espressive).
dolo generico
Il è e può manifestarsi anche nella forma del dolo eventuale.
querela
Il reato è punibile a della persona offesa.
Le circostanze aggravanti (art 595, commi 2-4)
L’art 595 prevede tre circostanze aggravanti:
a) Determinatezza del fatto oggetto della diffamazione. Peraltro, in conseguenza
dell’attribuzione del reato ex art 595 commi 1 e 2 alla competenza per materia del
giudice di pace, il relativo aumento di pena è venuto meno, sicché la circostanza va
considerata tamquam non esset.
b) Diffamazione a mezzo stampa (la gravità dipende anche dall’estensione del giornale)
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c) Offesa a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o a una sua rappresentanza o
a un’Autorità costituita in collegio.
I diritti di cronaca e di critica
Il diritto alla tutela della propria reputazione deve conciliarsi con i diritti di cronaca e di
critica, riconosciuti dall’art 21 Cost in quanto confluenti nella libertà di manifestazione del
pensiero. Anche l’art 10 CEDU pur enunciando la libertà di espressione, pone come
limite, tra l’altro, la tutela dell’onore individuale.
Il bilanciamento prende come riferimento da un lato l’art 595 e dall’altro la causa di
giustificazione del diritto di cronaca fondato sull’art 51.
Il diritto di cronaca non è soltanto il diritto del giornalista ad informare, ma anche il diritto
della collettività ad essere informato.
Sono emersi dei punti di equilibrio. Il corretto esercizio del diritto di cronaca è scriminante
ex art 51.
Il legittimo esercizio del diritto di cronaca si fonda su tre requisiti:
- Verità del fatto nel nucleo essenziale —> la notizia deve rispondere al vero o almeno si
deve dimostrare che prima della pubblicazione è stata sottoposta a una diligente
verifica
- Interesse pubblico alla conoscenza (pertinenza) —> mentre la verità attiene al
contenuto della notizia, qui viene in rilievo il fondamento del sacrificio all’informazione:
deve esserci un interesse reale e attuale (tale non è ad es gratuito pettegolezzo)
- Continenza espositiva —> attiene alla modalità della comunicazione sul piano della
adeguatezza della forma espositiva, valutata alla luce del fatto narrato
Questi requisiti mutano un po’ nel legittimo esercizio del diritto di critica, che sempre
rimanda all’art 51 in relazione dell’art 21 Cost; la differenza sta nel primo requisito: nella
cronaca la notizia può essere vera o falsa, mentre nella critica non può valere in maniera
così rigida la dicotomia vero-falso —> il criterio è quello della plausibilità.
All’interno del diritto di critica si colloca poi il diritto di satira, che si estrinseca nell’utilizzo
di ironia e sarcasmo, fino all’irrisione più aperta, allo scopo di provocare ilarità ma anche
di indurre una riflessione.
Rispetto alla cronaca, la critica e la satira risentono più fortemente del mutamento dei
costumi, sicché necessariamente più elastici saranno i criteri di valutazione.
Le esimenti (artt 596, 598 e 599)
La disciplina della diffamazione è completata dalla previsione di tre specifiche cause di
esclusione della punibilità:
Cd prova liberatoria —> possibilità per l’imputato di dimostrare la verità del fatto.
• Si ammette tale prova quando: a) la persona offesa è un pubblico ufficiale e il fatto
attribuito si riferisce all’esercizio delle funzioni b) è in corso o ha inizio un procedimento
penale contro la persona offesa c) è lo stesso querelante a richiederlo; quest’ultima
ipotesi peraltro, per il suo fondamento personalistico, è riconducibile alla categoria delle
cause di non punibilità
Immunità giudiziaria
• Provocazione (operante anche per l’illecito civile di ingiuria) —> l’art 599 (riprendendo
• una circostanza attenuante prevista dall’art 62 n2) afferma che “Non è punibile chi ha
commesso alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 595 nello stato d'ira determinato da un
fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”.
L’espressione “subito dopo” va intesa non in senso strettamente cronologico, ma in
relazione alla persistenza dello stato d’ira suscitato dall’offesa, tenuto conto pure delle
modalità e dei tempi della sua percezione e delle forme prescelte per la reazione.
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Tale reazione può provenire anche da persona diversa dall’offeso e dirigersi contro
persone diverse dal provocatore, purché l’autore e il destinatario siano legati ai soggetti
direttamente coinvolti da rapporti che giustificano la manifestazione offensiva.
I nuovi orizzonti della tutela penale dell’onore
L’aggravamento del carico sanzionatorio dell’ingiuria, accompagnato dal venire meno
della rilevanza penale dell’ingiuria, è stato paradossalmente seguito da un consistente
alleggerimento del regime punitivo della diffamazione giacché il tempestivo risarcimento
del danno ha come effetto l’estinzione del reato.
La situazione venutasi così a determinare, può essere guardata sotto due profili.
Da un lato dimostra la libertà del legislatore nello stabilire se sia necessario apprestare
tutela penale a un determinato diritto fondamentale.
Dall’altro lato il diverso regime sanzionatorio dell’ingiuria e della diffamazione solleva
l’interrogativo in ordine alla razionalità di un sistema che per la diffamazione, ritenuta pi&ug