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4. Le relazioni tra le parti

4.1 La contrattazione collettiva e la struttura contrattuale

Come già detto, uno degli elementi cardine della riforma è che i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici hanno perso il loro carattere formalmente autoritativo per essere ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e regolati mediante contratti individuali e collettivi (art.2, co.1, lett.a, legge n.421/1992). In questo nuovo quadro istituzionale, gli accordi sindacali non sono più un elemento di un più complesso procedimento che sfocia in un atto amministrativo di natura regolamentare, bensì atti di autonomia privata la cui legittimazione deriva dall'art.39, co.1 della Costituzione.

Questo principio comporta, di conseguenza, che il contratto collettivo regoli direttamente ed immediatamente il rapporto di lavoro pubblico, negli stessi termini di quello privato, senza bisogno di alcun atto di recezione da parte della P.A.

Un'altra conseguenza di decisiva

importanza è che la stipulazione dell'accordo è affidata al rapporto di forza negoziale che si viene a stabilire tra le parti. Se l'accordo non viene raggiunto, in linea di principio le PP.AA. possono procedere unilateralmente nei limiti in cui può farlo il privato datore di lavoro. Con un'unica eccezione: per ragioni di trasparenza della spesa pubblica, a differenza dei datori di lavoro privati, le amministrazioni non possono corrispondere ai dipendenti trattamenti economici superiori a quanto previsto dai contratti collettivi (art.45 del D.Lgs. n.165/2001). È chiara la centralità del ruolo che la riforma attribuisce alla contrattazione collettiva come fonte di regolazione dei rapporti di lavoro con la P.A. Ad essa viene infatti attribuita una competenza generale, prevedendo che possa svolgersi "su tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni sindacali" (art.40 D.Lgs n.165/2001). Il contratto collettivo ha

Anche l'effetto di far cessare l'efficacia delle norme di legge o di regolamento che attribuiscano trattamenti economici non previsti dal precedente contratto "l'attribuzione di trattamenti collettivi. Al riguardo, l'art.2, co.3 del D.Lgs. n.165/2001 prevede che economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previsate, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva". Inoltre, norme di legge o di regolamento che introducano discipline particolari per i

dipendentipubblici possono essere derogate dai successivi contratti (art.2, co.2). L’intendimento di questenorme è evidentemente quello di difendere, per quanto possibile, il ruolo della contrattazionecollettiva dalle tradizionali incursioni di leggine, a carattere particolaristico e clientelare, in favore digruppi ridotti di dipendenti pubblici.

In un quadro di aumentato grado di volontarietà della contrattazione collettiva e di minoreinterferenza di altri criteri di regolazione del rapporto, la struttura contrattuale prospettata dalD.Lgs. n.29/1993 presenta varie analogie con quella delineata dall’accordo del luglio 1993. Si trattacontratto collettivo nazionale didi una struttura bipolare che vede come asse portante ilcomparto . I comparti sono settori omogenei o affini delle amministrazioni pubbliche, individuatida appositi accordi tra l’ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative (art.40, co.2, D.Lgs.n.165/2001). Anche la definizione

dichiarazioni di sciopero, che devono essere comunicate con almeno 10 giorni di anticipo; le modalità di applicazione delle norme contrattuali, che devono essere definite attraverso accordi tra le parti; la disciplina delle ferie e dei permessi, che devono essere regolamentati in base alle esigenze del servizio; le disposizioni in materia di trattamento economico, che devono garantire una retribuzione adeguata e proporzionata alle responsabilità e alle qualifiche professionali; le norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, che devono essere rispettate per garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre; le disposizioni in materia di formazione e sviluppo professionale, che devono favorire la crescita e l'aggiornamento delle competenze dei lavoratori; le norme sulla disciplina e il licenziamento, che devono essere definite in modo chiaro e trasparente per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori.

piattaforme;- una clausola di tregua sindacale per un periodo di 4 mesi a cavallo della scadenza del- contratto in vigore;

la corresponsione dell’’indennità di vacanza contrattuale in caso di mancato rinnovo del- contratto entro 3 mesi dalla scadenza.

Nel settore pubblico risulta invece più marcata, rispetto a quanto accade nel settore privato, laprocedimentalizzazione dell’iter negoziale, con l’inclusione di alcuni passaggi di caratteretipicamente pubblicistico, finalizzati a consentire il controllo delle compatibilità finanziarie ad operadella Corte dei Conti e dei contenuti contrattuali ad opera del governo stesso. Passaggi che,seppure in parte snelliti dal ricorso all’istituto del silenzio/assenso, possono comportare ancoraritardi tra il momento della sigla dell’accordo tra le parti e la sua definitiva approvazione.

contratto collettivo decentrato (oAl contratto nazionale di comparto è affiancato ilintegrativo)

introdotto originariamente dal D.Lgs. n.396/1997 a modifica dell'art.45 del D.Lgs.n.29/1993. Il D.Lgs. n.396/1997 introduce, cioè, la possibilità di sviluppare una contrattazione di secondo livello in sede aziendale che non si limiti ad essere meramente applicativa della disciplina prevista dal CCNL, ma che "integri" le risorse previste dal CCNL con risorse prese dal bilancio dell'amministrazione. La stessa previsione è ripresa dal D.Lgs. n.165/2001 secondo il quale le pubbliche amministrazioni possono attivare "autonomi livelli di contrattazione collettiva integrata" (art.40, co.3), anche per sedi e strutture periferiche. Se sotto il profilo economico il contratto integrativo non è subordinato dalla legge a quello nazionale di comparto, sotto altri profili tale subordinazione vi è ed è intensa: l'art.40, co.3, dispone infatti che tale contrattazione si svolga sulle materie e nei limiti stabiliti dai

contratticollettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono. E’dunque l’autonomia collettiva e non la legge a determinare le materie di competenza dei differentilivelli di contrattazione. La misura dell’accentramento o del decentramento del sistema, e cioè laquantità e l’importanza delle materie trattate a ciascun livello, resta nelle mani delle parti, che viprovvederanno attraverso le norme di rinvio definite nel contratto nazionale. La legge attribuisce aquest’ultimo una funzione ordinatrice del sistema e tale funzione è garantita dalla sanzione dinullità che colpisce, in forza della stessa norma, i contratti integrativi decentrati che non rispettinole regole di competenza così poste. È questo uno dei punti di maggiore differenza con la disciplinagiuridica del sistema di contrattazione collettiva nel settore privato nel quale non è prevista unasimile sanzione.

aggiunta ai due livelli descritti, senza alcuna priorità temporale rispetto ad essi, è altresì prevista la possibilità di stipulare contratti collettivi quadro, attraverso cui disciplinare in modo omogeneo per tutti i comparti e le aree di contrattazione collettiva la durata dei contratti e le specifiche materie. 4.2 Le relazioni non contrattuali L’attività negoziale non esaurisce le modalità di relazioni tra le parti; ad essa si collega, funzionalmente il sistema dell’informazione e consultazione con le organizzazioni sindacali. L’art.9 del D.Lgs. n.165/2001 prevede che i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione (tra i quali vanno ricompresi anche i diritti di informazione) siano disciplinati dai contratti nazionali. Tradizionalmente, seppure con differenze da comparto a comparto, il settore pubblico è stato sempre caratterizzato da forme particolarmente fitte di coinvolgimento dei dipendenti e/o dei sindacati inistituti e organismi collegiali di vario tipo, con responsabilità sia di gestione globale degli enti (come i consigli di amministrazione dei ministeri), sia soprattutto di gestione del personale (commissioni di disciplina, commissioni di concorso, ecc.). Prima degli anni '80, in assenza di un riconoscimento formale della contrattazione collettiva, questi canali di consultazione e partecipazione istituzionale hanno spesso consentito un sistema di contrattazione informale e lobbistica, fino a forme vere e proprie di cogestione sindacale del mercato interno del lavoro. Ma essi sono sopravvissuti anche nel regime della legge quadro del 1983. La riforma del '93 ha posto fine, almeno di norma, a tale situazione. Insieme al metodo contrattuale, essa valorizza, infatti, anche la partecipazione dei dipendenti e del sindacato ai fini dell'organizzazione del lavoro, ma al di fuori da ogni ipotesi cogestionale. Così, se da un lato è istituito un obbligo generale diinformazione in tema di qualità dell'ambiente e su misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro da parte delle amministrazioni pubbliche a favore delle rappresentanze sindacali – informazione che, su richiesta di queste ultime, può dare luogo ad un esame delle medesime materie – d'altro canto, esaurita la procedura in questione, è fatto salvo il potere delle amministrazioni, ovvero dei dirigenti che le rappresentano, di assumere unilateralmente le decisioni che ritengono opportune. Decisioni tra le quali può sì rientrare anche quella di proseguire l'esame delle materie in una vera e propria negoziazione, senza però alcun obbligo in tal senso. Una procedura quindi che, mentre afferma i diritti di informazione e partecipazione per le rappresentanze sindacali, al tempo stesso configura per i dirigenti rispetto alla situazione della legge quadro un grado di libertà in più: l'attribuzione di quellasignificativa la dinamica delle trattative e può influenzare il risultato finale. La presenza di un'alternativa valida dà potere di negoziazione alla parte che la possiede, in quanto può decidere di accettare o rifiutare l'accordo proposto. Questo può portare ad un miglioramento delle condizioni negoziate o addirittura ad un cambiamento completo dell'accordo stesso. Inoltre, l'esistenza di un'alternativa può anche ridurre la dipendenza da una singola opzione e aumentare la flessibilità nella ricerca di soluzioni.
Dettagli
Publisher
A.A. 2011-2012
15 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher niobe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Lo Faro Antonio.