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PRINCIPIO DI LEGALITA’
Da sempre il diritto penale si caratterizza per la durezza delle sue sanzioni. Il sistema
sanzionatorio settecentesco reagì all’atrocità delle sue sanzioni chiedendo pene più
miti e invocando l’apposizione di limiti alla potestà punitiva dello Stato.
Il principio di legalità, frutto del pensiero illuministico, sanciva il monopolio del potere
legislativo nella scelta dei fatti da punire e delle relative sanzioni. Beccaria evidenzia il
principio di precisione della legge penale, ovvero l’esigenza di leggi chiare e precise.
Feuerbach individua altri due corollari della riserva di legge, il divieto di analogia
quindi il divieto di applicare la legge penale a casi che il legislatore non ha
espressamente previsto e il principio di determinatezza il quale disciplina che il
legislatore può punire solo ciò che può essere provato dal processo.
Il nostro codice penale risale all’epoca fascista, è stato pubblicato nel 1930. All’art. 1
c.p. afferma che <<nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente
preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite>>.
In concomitanza con l’entrata in vigore della Costituzione nel 1948 sono stati riformati
alcuni punti. La maggior parte dei reati non sono così contenuti all’interno del codice
penale, ma sono disciplinati da norme complementari. La Costituzione ad ogni modo
recepisce il principio di legalità, all’art. 25 co. 2 Cost. afferma che <<nessuno può
essere punito se non in forza di una legge>>, tale principio è stato esteso anche alle
misure di sicurezza. Dato il carattere rigido della Costituzione questo principio diviene
vincolante anche per il legislatore, il quale non può sottrarsi al monopolio della
produzione delle leggi penali.
Con l’affermarsi dello stato democratico e quindi con l’introduzione del suffragio
universale, il Parlamento diventa espressione della volontà popolare, perciò diventa
ancor più legittimo attribuirgli il monopolio della produzione delle norme penali.
La riserva di legge viene interpretata in senso formale, talvolta può essere interpretata
in senso materiale è il caso del decreto-legge e decreto legislativo. Il decreto legge
in quanto in caso di conversione i suoi contenuti vengono incorporati in una legge
formale, mentre nel decreto legislativo risulta legittimato dal fatto che è proprio il
Parlamento a dettare i principi e i criteri direttivi. Devono rispettare certi requisiti: nei
decreti legislativi le linee guida devono essere ben precise in modo da non lasciare
troppo spazio discrezionale al governo, mentre nei decreti-legge la mancata
conversione porterebbe all’eliminazione degli effetti prodotti sui reati precedenti, la
corte costituzionale tollera queste forme ma censura la reiterazione (ripresentazione
degli stessi decreti).
La fonte secondaria può solo specificare dal punto di vista tecnico, gli elementi sono
già contemplati dalla legge che configura il reato. Esistono norme penali in bianco,
dove il contenuto del precetto è individuato da una norma diversa da quella che
individua il reato.
Esempio: art. 650 c.p. <<chiunque non osserva un provvedimento legalmente
dato dall’autorità per ragione di giustizia o sicurezza pubblica, o d’ordine
pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con
l’arresto fino tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro>>. Si tratta di
una contravvenzione e di una norma in bianco, non dice quali provvedimenti
sono oggetto della norma penale.
Le fonti europee non possono introdurre norme penali, possono solo rivolgersi agli
Stati membri attraverso lo strumento delle direttive, obbligando a legiferare in merito a
quegli interessi comunitari. Nemmeno le regioni possono introdurre in ambito
territoriale norme incriminatrici.
La riforma del 2001 ha ridisegnato il titolo V della Costituzione affermando che
l’ordinamento penale è tra le materie esclusive di competenza dello Stato.
Al legislatore spetta l’introduzione, la modifica e la distinzione delle norme penali,
mentre l’applicazione è un compito che spetta al giudice. La corte costituzionale può
creare indirettamente le norme penali intervenendo su una determinata fattispecie,
attraverso le pronunce additive in qui aggiunge qualcosa ma senza ampliare i confini
della fattispecie e le pronunce manipolative, con le quali interviene sul contenuto della
norma per evitare di dichiararla incostituzionale. La corte costituzionale può eliminare
una figura di reato, mitigare le sanzioni previste dalla legge ma non può ampliare la
gamma dei comportamenti ritenuti rilevanti o inasprire il trattamento sanzionatorio di un
reato, non può riportare alla luce un reato che è stato abolito o depenalizzato dal
legislatore. Le prime vengono definite norme di favore, norme introdotte
nell’ordinamento in deroga a preesistenti norme generali, apprestando un trattamento
più favorevole con le tecniche più disparate.
Esempio: vilipendio della religione dello Stato art. 402 c.p. <<chiunque
pubblicamente vilipende la religione dello stato è punito con la reclusione fino a
un anno>>. La corte ha dichiarato l’illegittimità perché non c’era equità rispetto
alle altre religioni, così ha eliminato la parte dove si citava la religione dello
Stato e ha esteso la tutela ad ogni tipo di religione.
Bestemmia art. 724 c.p. <<chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o
parole oltraggiose, contro la Divinità [o i simboli o le persone venerati nella
religione dello Stato] è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
cinquantuno euro a trecentonove euro […]>> la corte costituzionale nel 1995 ha
dichiarato questa disposizione incostituzionale estendendo tale tutela ad ogni
religione, è stata poi depenalizzata nel 1999. La corte costituzionale ha
effettuato un intervento manipolativo andando a modificare la parte tra
parentesi.
Per evitare che il giudice assuma un ruolo creativo nella fase dell’applicazione della
legge penale, quindi, per mettere al sicuro il cittadino da possibili arbitri del potere
giudiziario, la riserva di legge impone al legislatore il rispetto di tre principi:
PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA;
PRINCIPIO DI PRECISIONE;
PRINCIPIO DI TASSATIVITA’.
PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA
Secondo il quale possono essere oggetto solo i fatti che sono certi e identificabili in
ogni suo elemento, in modo che sia possibile stabilire con certezza quali siano i
comportamenti vietati e quelli leciti.
Esempio: plagio art. 603 c.p. puniva <<chiunque sottopone una persona al
proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione>> secondo la
corte pur essendo chiaro il precetto non si capiscono né sono accertabili i modi
con i quali si può effettuare l’lazione psichica del piano né come si raggiunga un
completo stato di soggezione, pertanto l’articolo prevede un’ipotesi non
verificabile. D’altro canto la corte ha ritenuto che le disposizioni sorte dall’art.
612 bis c.p. relative agli atti persecutori (stalking) non contrastino con il
principio di determinatezza, le continuative minacce e molestie che comportano
un perdurante stato d’ansia o di paura, un fondato timore per la propria
incolumità e l’alterazione delle proprie abitudini di vita sono comportamenti
riscontrabili.
Riduzione in schiavitù art. 600 c.p. << chiunque esercita su una persona poteri
corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene
una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a
prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al
compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a
sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti
anni>>. Questa norma rispetta il principio di determinatezza, il caso è
accertabile, le difficoltà possono essere tecniche e richiedono tempo.
Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi art.434 c.p. la norma è vaga in quanto
non delinea gli altri disastri. Per disastro s’intende un incidente di non comune
gravità, produttivo di danni estesi e complessi, che mette a repentaglio la vita e
l’integrità di un numero indeterminato di persone. L’art. 452 quarter c.p.
sancisce il disastro ambientale.
PRINCIPIO DI PRECISIONE
Consiste nell’obbligo per il legislatore di disciplinare con precisione il reato e le sanzioni
penali, tende ad evitare che il giudice assuma un ruolo creativo. È una garanzia per il
cittadino il quale solo all’interno di leggi chiare e precise può trovare cosa è lecito e
cosa è vietato.
I concetti all’interno possono essere
Descrittivi, cioè con termini che fanno riferimento a oggetti della realtà fisica o
psichica, suscettibili di essere accertati con i sensi o attraverso l’esperienza (es.
uomo, madre, minore, rissa, previsione);
Normativi, un concetto che fa riferimento ad un’altra norma giuridica
(obbligazione, matrimonio con effetti civili) o extragiuridica (onore, decoro,
morale).
PRINCIPIO DI TASSATIVITA’
Divieto di analogia a sfavore del reo. L’art. 1 c.p. afferma che il giudice non possa
punire fatti che non siano espressamente previsti come reato dalla legge. L’art. 14
Preleggi, dispone che le leggi non possano essere applicati <<oltre ai casi e i tempi in
esse considerati>>.
Si tratta di interpretazione estensiva quando il giudice attribuisce alla norma un
significato tale da abbracciare tutti i casi che possano essere ricondotti al suo tenore
letterale. Il giudice fuoriesce dall’interpretazione estensiva quando riferisce la norma a
situazioni non riconducibili a nessuno dei suoi possibili significati letterali e viola per
l'appunto il divieto di analogia quando estende la norma a casi simili a quelli
espressamente contemplati dalla legge.
Il divieto di analogia non si estende alle norme che escludono o attenuano la
responsabilità. PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITA’
Retroattività nelle norme sfavorevoli
Art. 25 co. 2 Cost. <<nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia
entrata in vigore prima che venga commesso il reato>>.
Il principio di irretroattività dispone che il se e il quando delle punizioni sono determinati
soltanto dalla legge in vigore al momento della commissione del fatto, ponendolo al
riparo dalle sopraffazioni del giudice e del legislatore che puniscano fatti che