Anteprima
Vedrai una selezione di 15 pagine su 66
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 1 Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 2
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 6
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 11
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 16
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 21
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 26
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 31
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 36
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 41
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 46
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 51
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 56
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 61
Anteprima di 15 pagg. su 66.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto alla lingua in Europa, prof. Paolo, libro consigliato I diritti linguistici, Poggeschi Pag. 66
1 su 66
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

ECRML.

I conflitti balcanici sono di natura assai poco etnico – linguistici: serbo, croato e bosniaco sono lingue quasi

identiche, se non per l’alfabeto. Nonostante questo, i tre popoli in questione sono stati protagonisti di eccidi e

massacri reciproci.

La questione rilevante in tutti gli Stati balcanici, in particolare nell’ex Jugoslavia, riguarda la qualificazione

delle minoranze: da ciò discende chi abbia o non abbia diritto alla tutela minoritaria e linguistica. Devono

essere considerate minoranze non solo quei gruppi che vivono in un dato territorio da secoli, le “vecchie”

minoranze nazionali caratterizzate dall’avere uno Stato di riferimento, ma anche le “nuove” minoranze

nazionali, ossia i gruppi che con la dissoluzione dell’ex Repubblica socialista federale di Jugoslavia hanno

perso il loro status di popolo costitutivo.

La tecnica di protezione minoritaria è quella dei Consigli di rappresentanza delle minoranze. Si tratta di

organismi, di natura permanente od occasionale, i quali possono essere indipendenti, oppure incardinati

all’interno di organi esecutivi od assembleari. La loro funzioni è soprattutto quella di intermediazione tra gli

organi decisionali ed i gruppi minoritari, ed esistono, a seconda delle varie esperienze statali, ai vari livelli di

Governo. A tali istituzioni, della cui effettiva efficacia si può in certi casi dubitare, si ricorre molto nell’area

centro – orientale e balcanica, forse anche a causa dell’influenza culturale esercitata dall’austro – marxismo

e dalla sua idea di creazione di auto amministrazioni separate dei gruppi nazionali, per quanto connesse al

circuito decisionale ordinario.

La regolamentazione delle lingue negli Stati balcanici si iscrive per gli aspetti più rilevanti della gestione della

convivenza interetnica, che presenta altri aspetti molto problematici, come quello del riconoscimento dei

rifugiati.

La legislazione sulle minoranze degli Stati balcanici è fra le più generose al mondo. Queste è però la

conseguenza di due fattori:

• Uno tragico, legato al recente passato di conflitti armati.

• L’altro è quello dell’adesione alle istituzioni europee, Consiglio d’Europa ed Unione europea.

I Balcani sono sempre stati sinonimo di instabilità politica, di mescolanza di popoli, di successione di Stati.

Sia i nuovi Stati sorti dalle ceneri della ex Jugoslavia sia quelli che presentano una continuità territoriale,

hanno modificato la loro forma di Stato, abbiano essi rispettato o meno le previgenti regole costituzionali.

Dopo 20 anni dalla caduta del muro di Berlino prevale però l’interpretazione di chi ritiene che non siano state

rispettate le regole formali della revisione delle Costituzioni socialiste. È indubbio che la transizione

nell’Europa centrale ed orientale abbia segnato una vittoria del modello di Stato democratico e liberale.

Nel primo momento di vigenza dello Stato di diritto liberale in questi Paesi si è enfatizzato il ruolo della

nazione dominante, in ossequio alla più tradizionale teoria dello Stato – nazione. Il rischio è che prevalesse

la nozione etno – nazionalista su quella civica, il che si sarebbe tradotto in discriminazioni nei confronti delle

minoranze.

La prospettiva europea ha però favorito l’inclusione di disposizioni di tutela minoritaria. Anche nell’Europa

che non è coinvolta nel possesso di integrazione nell’Unione europea. Ma fa parte del quadro giuridico del

Consiglio d’Europa e dell’OCSE, vi è una tensione fra politiche linguistiche nazionaliste e doveri di

protezione minoritaria.

L’area del Mar Nero e del Caucaso presenta diversi casi esemplari: tutti gli Stati promuovono la loro lingua e

cultura maggioritaria, ma il pericolo di conflitti interetnici consiglia soluzioni di autonomia, peraltro di fatto già

esistenti e di leggi ad hoc sulle minoranze.

Il problema è quello dell’implementazione delle misure di tutela minoritaria. Vi è il fondato timore che, senza

un’adesione sincera ai principi del pluralismo culturale e linguistico, le disposizioni di tutela minoritaria

rimangano inattuate e rimanga nella Costituzione vivente ed il substrato del nazionalismo escludente che

comprime ed annacqua i diritti delle minoranze nazionali.

Macedonia.

La Macedonia è uno Stato dove le minoranze nazionali costituiscono una parte rilevante della popolazione.

Ha conosciuto anche conflitti interetnici, nel 2001, fra le forze paramilitari albanesi e le forze di sicurezza

macedoni. La Macedonia sembra aver scelto la strada di un ordinamento etno – culturale, con un sistema

complesso di quote per le minoranze, ma non un sistema di parità fra i gruppi etno – linguistici. Questa

natura è tipicamente rappresentata dall’accordo di Ohrid, che però, a differenza dell’accordo di Dayton, non

prevede quote negli organi superiori dello Stato né un sistema di autonomia territoriale per la minoranza

albanese. La tensione tra democrazia etnica e civica è dunque evidente, come in tutti gli ordinamenti

balcanici, ma sembra che prevalga la prima: si tratterebbe di una combinazione di diritti di prima e di

seconda specie, ma l’aspetto dell’integrazione nella minoranza, che caratterizza i primi, appare piuttosto

debole. Dato quello che è avvenuto nei Paesi vicini, non sembra essere comunque un risultato disprezzabile.

Gli accordi di Ohrid del 2001 sono intercorsi fra i maggiori partiti albanesi e macedoni, costituiscono un

quadro entro cui i diritti minoritari sono garantiti, in cambio della rinuncia all’uso della violenza. Gli Accordi di

Orhid contengono anch’essi disposizioni sui diritti linguistici. Queste sono stare recepite da una legge

ordinarie del 2007, secondo la quale ogni lingua parlata da almeno il 20% della popolazione è anch’essa,

oltre al macedone, lingua ufficiale che può essere usata nei comuni dove almeno il 20% della popolazione

parla quella lingua, nelle comunicazioni con alcuni uffici dell’Amministrazione centrale e con le

Amministrazioni periferiche dello Stato centrale se in quella zona parla la lingua minoritaria almeno il 20%

della popolazione. In pratica sono misure che riguardano l’uso della lingua albanese, l’unica che a livello

statale è parlata almeno dal 20% dei cittadini. Un uso parziale dell’albanese è ammesso anche all’interno del

Parlamento di Skopje, e si prevede che presto questa misura sarà estesa alla maggior parte delle attività

parlamentari.

La Costituzione del 1991 è un documento sufficientemente protettivo verso le minoranze, pur nel

riconoscimento di un ruolo privilegiato per la maggioranza macedone.

• Articolo 7: prescrive che la lingua macedone scritta con l’alfabeto cirillico è la lingua ufficiale della

Repubblica di Macedonia e nelle sue relazioni internazionali.

o Comma 2: aggiunge che ogni altra lingua che parlata da almeno il 20% della popolazione è

lingua ufficiale, insieme al suo alfabeto.

o Comma 3: ogni documento ufficiale di cittadini che parlano una lingua ufficiale che non sia il

macedone sarà possibile anche averlo in quella lingua minoritaria, anche se c’è l’obbligo

della lingua macedone.

o Comma 4: specifica che tutte le persone che risiedono in un’stituzione di autogoverno che

abbia almeno il 20%che parla una lingua ufficiale diversa dal macedone, può usare qualsiasi

lingua ufficiale per comunicare con l’Ufficio regionale del Governo centrale.

Il rapporto della Commissione europea del 2008 riconosce i progressi e gli sforzi compiuti ai vari livelli

istituzionali per garantire una migliore convivenza fra i vari gruppi linguistici e l’effettività dei diritti delle varie

comunità linguistiche minoritarie. Il rapporto sottolinea da un lato che spesso manca un coordinamento fra i

vari Ministeri incaricati di svolgere le politiche minoritarie e, dall’altro, implementazione degli Accordi di Ohrid

necessita di compiere un passo avanti, attraverso un approccio consensuale ed uno spirito di compromesso.

Il caso emblematico e problematico della questione delle minoranze in

Turchia.

L’Impero ottomano si reggeva attraverso il sistema dei millet, espressione coranica che significa “comunità

religiosa”. La popolazione non era divisa su base territoriale, ma secondo l’appartenenza religiosa dei suoi

membri. Era un sistema assai flessibile e pragmatico, consistendo in uno scambio fra il sultano e la comunità

religiosa: il primo assicurava protezione alla seconda, che si impegnava a versare tributi ed il cui capo, che

doveva essere un religioso, era tenuto a garantire l’ordine interno del gruppo. Il sistema dei millet spiega in

parte l’approccio turco nei confronti delle minoranze. Questo sistema era rispettoso delle differenze etniche e

religiose dei non musulmani. Le radici della questione minoritaria in Turchia sono dunque molto antiche. Le

autorità turche insistono sul fatto che esse siano da riferire unicamente alla politica di ingerenza delle

potenze occidentali, che già l’avevano esercitato nella fase iniziale dell’Impero ottomano. Il sistema dei millet

nel XIX secolo, quello dei nazionalismi, provocò anche il risveglio degli armeni, le cui vicende avranno tanto

peso nella politica turca del secolo successivo, ed anche in questo primo decennio del XXI secolo.

Gli armeni avevano vissuto un risveglio sociale ed economico, favorito anche nella fitta rete di rapporti con il

loro connotazioni che vivevano nell’Europa occidentale.

La spinosa questione dei diritti delle minoranze era stato a lungo soppressa nella coscienza collettiva turca,

quasi fosse un vero e proprio tabù. La vicenda più imbarazzante è proprio esemplificata dalla questione

armena, sollevata in particolare da alcuni Stati europei, secondo i quali il governo turco deve riconoscere il

genocidio che si svolge fra il 1915 ed il 1918 e che colpì 1 milione di armeni.

Il genocidio degli armeni fu l’apice di una serie di eventi tragici vissuti all’interno dell’Impero ottomano e che

colpì la comunità cristiana concentrata nella parte orientale del paese.

La questione armena aveva cominciato ad emergere nella seconda metà dell’Ottocento. Nel 1856 vennero

varate dal sultano alcune riforme che garantirono ancora più che nel passato alle minoranze la libertà di

culto, l’eguaglianza con i musulmani davanti ai tribunali e nel pagamento delle imposte, l’accesso alle

Pubbliche Amministrazioni e, soprattutto, la conferma della piena libertà riguardante l’organizzazione interna

della comunità.

I rapporti fra le varie nazionalità dell’Impero ottomano, fra di loro e nei confronti della maggioranza turca,

erano complessi e per nulla lineari.

<
Dettagli
A.A. 2014-2015
66 pagine
13 download
SSD Scienze giuridiche IUS/21 Diritto pubblico comparato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca ghione di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto alla lingua in Europa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Paolo Tosi.