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ADATTAMENTO E RAPPORTI TRA DIRITTO ITALIANO E DIRITTO
INTERNAZIONALE
Le regole che si formano all’interno dell’ordinamento internazionale
nascono a seguito del processo che si trova espresso nella convenzione di
Vienna, e non producono effetto nell’ordinamento interno se non c’è un
logica dualistica
recepimento. La ci fa capire che non c’è un rapporto
osmotico tra ordinamento nazionale e internazionale, ma ci deve
essere un adattamento. Quando si tratta di regole consuetudinarie esse
hanno valenza universale, ma se non c’è un momento di assenso, di
specifica apertura dell’ordinamento queste non penetrano
nell’ordinamento interno, ci deve essere un meccanismo che traduce la
fonte dell’ordinamento internazionale.
C’è una sorta di indifferenza dell’ordinamento nazionale rispetto al diritto
internazionale non oggetto dell’adeguamento.
ART 10 COST COMMA 1- Regole di diritto internazionale generale
«L’ordinamento giuridico italiano si conforma
alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»
Se si tratta di regole di diritto generale internazionali l’indifferenza è
rimossa per effetto dell’art 10 cost comma 1, il quale reca una
trasformatore permanente:
disposizione che opera come una sorta di esso
predispone infatti che nel momento in cui le regole si affermano
nell’ambito internazionale esse automaticamente producono
effetto nell’ordinamento italiano.
Si tratta quindi di una norma di adattamento, c’è un momento di assenso
effettuato una volta per tutte.
Ciò non vale con riferimento ai trattati e alle norme di diritto secondario.
Quindi:
● Adattamento ‘‘automatico’’ del diritto italiano al diritto
internazionale consuetudinario.
● Rinvio mobile o formale.
● Le norme internazionali consuetudinarie sono ‘‘immesse’’
nell’ordinamento italiano con rango costituzionale.
ART 117 COST COMMA 1- Trattati e fonti secondarie
“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel
rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
Per quanto riguarda i trattati c’è stato silenzio per lungo tempo; a questa
lacuna del testo costituzionale si è posto rimedio con la riforma del titolo V
del 2001, per cui è stato formulato l’art 117 comma 1 come disposizione
che offre copertura costituzionale ai trattati e alle fonti
secondarie.
L’art 117 cita gli obblighi internazionali, e prescrive al legislatore, sia
statale che regionale, il rispetto dei vincoli derivanti dai trattati
internazionali. Si tratta di:
- un obbligo negativo a carico del legislatore: di non legiferare in
contrasto con il diritto internazionale;
- Un obbligo positivo: dare attuazione agli obblighi internazionali e
rimuovere tutti gli ostacoli ad una compiuta esecuzione dei trattati
quando siano rilevanti per l’ordinamento italiano;
Tuttavia non è sufficiente lo strumento di ratifica, ma è altresì
necessario che il trattato entri in vigore sul piano internazionale e
che vi sia la convergenza di un numero minimo di ratifiche. E’
quindi anche necessario trasporre correttamente le norme dei trattati che
vincolano l’Italia.
Il ruolo delle regioni nell’adeguamento del diritto interno al
diritto internazionale
“Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di
loro competenza legislativa, provvedono direttamente all’attuazione e
all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva
comunicazione al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del
Consiglio […], i quali, nei successivi trenta giorni […], possono formulare
criteri e osservazioni. […]”.
L’uso del termine «ratificati» esclude la possibilità di attuare accordi
stipulati «in forma semplificata» (ciò è «forse non del tutto conforme»
all’art. 117 c. 5 Cost.1)
Fonti di terzo grado’’: atti vincolanti adottati da O.I. sulla base dei propri
trattati istitutivi (v. anche diapositive della seconda lezione); ad es.,
decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Prassi quasi unanime: adeguamento col procedimento ‘‘ordinario’’
Parte della dottrina critica la suddetta prassi e sostiene che sia sufficiente
l’ordine di esecuzione del trattato istitutivo dell’O.I. (che rende
‘‘operative’’ anche le norme che impongono agli Stati di rispettare le fonti
‘‘di terzo grado’’ adottate dall’organizzazione).
La prassi in riferimento ai tratti abbiamo detto essere quella di includere in
una medesima legge l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione.
L’art 117 non è tuttavia riconducibile all’art 10 come modalità di
adattamento, perchè il 117, oltre a porre un vincolo, impone al
legislatore l’obbligo di adottare tutti gli strumenti interni necessari
affinché le regole dei trattati siano recepite nell’ordinamento interno,
mentre l’art 10 opera in maniera automatica.
Sempre sul piano dei rapporti quindi ci sono quindi due regole:
● Obbligo di recepimento del trattato
● Obbligo di risultato: regola ulteriore, perché se si traspone il
contenuto del trattato ma questo non viene rispettato l’Italia risulta
comunque responsabile, quindi adattamento/recepimento come
obbligo necessario ma non satisfativo dell’impegno che lo stato
assume, perché è necessario garantire l’operatività effettiva delle
regole previste dal trattato.
L’art 10 comma 1, a differenza dell’art 117, dispone un rinvio formale e
mobile alle norme consuetudinarie, un rinvio cioè, capace di cogliere
tutte le successive evoluzioni della regola consuetudinaria. Le
regole consuetudinarie si evolvono continuamente e l’art 10 comma 1 è
proprio in grado di cogliere questa evoluzione nel tempo per cui
l’interprete se deve accertare il contenuto della regola consuetudinaria
deve accertare i contenuti della stessa momento per momento.
Rango che occupano nella gerarchia delle fonti interne le norme
recepite nel nostro ordinamento per il tramite dell’art 10 cost.
Vengono applicate perché c’è il vincolo posto dall’art 10 comma 1.
La regola è quella di garantire alle norme di fonte internazionale lo stesso
rango che occupa lo strumento che ne ha operato il recepimento
nell’ordinamento: se l’adattamento è stato disposto dall’art 10 cost, le
norme che per il tramite di esso penetrano nell’ordinamento
italiano hanno valore costituzionale.
● Contrasto tra legge ordinaria e norma consuetudinaria
internazionale penetrata nell’ordinamento: tale legge ordinaria
sarà incostituzionale per violazione dell’art 10 comma 1 cost.
● Contrasto tra norma costituzionale e norma consuetudinaria
internazionale penetrata nell’ordinamento: si è risolto con la
successione delle leggi nel tempo: criterio di specialità che
salvaguarda l’operatività nel nostro ordinamento delle fonti
internazionali recepite per il tramite dell’art 10 cost.
● Contrasto tra controlimiti (principi fondamentali
dell’ordinamento) e norma consuetudinaria di diritto
internazionale: In questo caso la norma consuetudinaria non potrà
essere ‘‘immessa’’ nell’ordinamento.
Le norme internazionali pongono allo Stato un obbligo di risultato, cioè
l’obbligo di garantire effettivamente (non solo formalmente) il pieno
rispetto degli obblighi da esse sanciti.
Perciò, sorge responsabilità internazionale dello Stato:
● Se lo Stato non «adegua» il suo diritto interno alla norma
internazionale,
● Se lo Stato (pur avendo formalmente provveduto all’«adattamento»)
consente/tollera violazioni significative e sistematiche della norma
internazionale, ad es. con una prassi giurisprudenziale interna in
contrasto con quella degli altri Stati contraenti (es.: la CIG –
Germania c. Italia, 2012 – ha condannato l’orientamento
giurisprudenziale italiano che negava alla Germania l’immunità dalla
giurisdizione civile per i crimini internazionali commessi nella II
Guerra mondiale).
Si è infatti formata nel nostro ordinamento una tendenza a rifiutare
l’immunità: quando uno stato ha compiuto determinati fatti in un
periodo bellico e quindi atti compiuti dallo stato attraverso i propri
militari, questi atti pur essendo crimini sono atti per i quali il sentire
della comunità internazionale è ancora nel senso di garantire
l’immunità (l’Italia ha cercato di modificare questa tendenza).
Tornando ai trattati abbiamo detto che la prassi per renderli operativi nel
nostro ordinamento è quella di un adattamento speciale che si concretizza
nell’ordine di esecuzione tipicamente incluso in una legge ordinaria: una
norma di rinvio speciale, particolare perchè non è generale come l’art
10, ma riferita ad un singolo trattato e anche qui formale, perché ci si
limita a formulare un rinvio che rende operative nell’ordinamento italiano
le norme del trattato che via via sono in vigore sul piano internazionale.
Il rinvio recepirà dunque lo statuto, ad eccezione delle norme venute
meno per desuetudine. La forma tipica per garantire l’operatività del
trattato è inserirlo in una legge che reca altresì l’autorizzazione alla
ratifica.
Gli effetti del recepimento del trattato all’interno
dell’ordinamento nazionale Non sarà sufficiente attendere la vacatio
legis della legge che formulando l’autorizzazione alla ratifica formula
l’ordine di esecuzione, perchè il trattato produrrà effetti nell’ordinamento
italiano solo se si verificano i presupposti internazionalistici
dell’operatività del trattato stesso e cioè:
● L’esecutivo, ovvero il Capo dello stato sia andato sul piano
internazionale a depositare lo strumento di ratifica;
● Il trattato abbia raggiunto il numero minimo di ratifiche necessario
per la sua entrata in vigore: è allora che prende effetto l’ordine di
esecuzione, perchè prima la norma non c’è sul piano
dell’ordinamento internazionale.
Dal momento in cui è stata formulata la legge di autorizzazione alla
ratifica, rendono possibile l’operatività delle norme internazionali che sono
in