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IMMUNITA' STATALE E RAPPORTI DI LAVORO SUBORDINATO
Una terza ipotesi nella quale l'istituto dell'immunità è stato scalfito è quello relativo ai rapporti di
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lavoro di chi lavora nelle ambasciate e nei consolati. In passato si diceva tutti coloro che lavorano
nelle ambasciate e nei consolati avevano l'immunità, si è ritenuto fosse non del tutto congruo perché
non tutti i lavoratori subordinati di queste organizzazioni partecipavano attivamente all'esercizio
della funzione pubblica. Se è vero che un segretario di un ambasciatore partecipa alla funzione
pubblica tiene contatti, svolge una funzione di rilievo pubblico e quindi sembra ragionevole
riconoscere. Se per un lavoro che può partecipare alla funzione pubblica ci può sembrare
ragionevole avere questa immunità alla giurisdizione italiana, lo stesso non si può dire per "i
rapporti di lavoro di cittadini italiani con gli Stati esteri che non si sottraggono alla giurisdizione
italiana quando abbiano ad oggetto prestazioni manuali e meramente accessorie delle attività di tipo
pubblicistico dell'ente sovrano estero " (Cassazione S.U: 16 gennaio 1990).
Esempio: l'italiano che lavora per ambasciata straniera ed esercita funzione pubblica, contesta per
esempio licenziamento.
I giudici italiani più volte si sono dichiarati incompetenti in quanto privi di giurisdizione in
relazione al reintegro nella posizione lavorativa richiesta, non lo stesso si può dire per i profili
economici. Dei profili economici i giudici italiani (pagamento dei stipendi non percepiti) se ne sono
occupati, di altre domande come il reintegro si sono dichiarati incompetenti. Il reintegro da parte
della giurisdizione italiana è stato ritenuto troppo invasivo.
Parallelamente c'è stata sentenza del 2011 corte dei diritti dell'Uomo di Strasburgo: una cittadina
italiana residente in Italia che lavora presso una scuola francese a Roma. La cittadina italiana si è
vista negare dai giudici italiani la giurisdizione per quanto riguarda il reintegro, si è vista invece
riconoscere giurisdizione per quanto riguarda i profili economici. La Corte di Strasburgo ha
condannato i giudici italiani: si è ritenuto che il mancato reintegro da parte dei giudici italiani è
stato ritenuto violativo del diritto al giusto processo e dunque eccessivamente lesivo del diritto
all'azione dei cittadini.
L'IMMUNITA' DELLA GIURISDIZIONE ESECUTIVA
Finora si è parlato dall'immunità della giurisdizione di cognizione. Ma oltre a non poter essere citati
in giudizio di fronte ai tribunali di un paese straniero nella fase di cognizione, gli Stati non possono
essere sottoposti a procedimenti esecutivi e cautelari all'estero. Rispetto ai beni (esempio: scuola
francese) di uno stato che si trovino in un altro stato. Come la regola inerente all'immunità della
giurisdizione di cognizione deve ormai ritenersi esistente in una versione limitata, allo stesso modo
l'immunità dall'esecuzione forzata è accolta in una versione ristretta, dal momento che essa riguarda
esplicitamente i beni destinati all'espletamento di una funzione pubblica, mentre non interessa i beni
detenuti da uno Stato a titolo privato.
L'immunità degli Stati dalla giurisdizione cautelare ed esecutiva dello Stato dal foro non
rappresenta, infatti, una semplice appendice dell'immunità della giurisdizione di cognizione. Per
comprendere quanto affermato basti prendere in considerazione 2 elementi:
1) il primo riguarda la necessità di operare un'apposita rinuncia da parte dello Stato che intende
sottoporsi a giudizio esecutivo. Questo significa che quand'anche uno Stato abbia rinunciato
all'immunità di giurisdizione di cognizione e si sia volontariamente sottoposto al giudizio di
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tribunali stranieri non per questo potrà essere sottoposto ad un procedimento di esecuzione che
abbia ad oggetto beni destinati all'espletamento di una funzione pubblica. A tal fine occorre
un'ulteriore rinuncia, distinta e autonoma rispetto alla precedente. Ciò a conferma che c'è una
completa autonomia tra immunità statale dalla giurisdizione esecutiva e immunità statale dalla
giurisdizione di cognizione.
2) Il secondo elemento che testimonia l'autonomia della regola sull'immunità della giurisdizione di
cognizione rispetto a quella sull'immunità dalla giurisdizione esecutiva è rappresentato
dall'evoluzione differenziata che le due norme hanno avuto nel corso del tempo. Ad esempio
all'imporsi del carattere relativo dell'immunità dalla giurisdizione di cognizione non ha corrisposto
una contemporanea evoluzione del diritto internazionale consuetudinario, che ha continuato ad
affermare il carattere assoluto dell'immunità dall'esecuzione. Solo nella seconda metà del ventesimo
secolo la regola dell'immunità ristretta della giurisdizione esecutiva è venuta ad imporsi in via
definitiva: "In anni non lontani, al carattere relativo dell'immunità dalla cognizione si opponeva il
carattere assoluto dell'immunità dall'esecuzione".
L'immunità statale è la regola che meglio tutela la soggettività dello stato e non incontra limiti
soggettivi (non contano le dimensioni: tanto San Marino come USA), dal punto di vista operativo
tanti limiti:
iure imperio e iure privatorum;
• eccezione umanitaria;
• rapporti di lavoro subordinato.
•
E cosa diversa è l'immunità dalla giurisdizione della cognizione dall'immunità dalla giurisdizione
della cognizione.
IMMUNITA' FUNZIONALE
Immunità funzionale e personale sono altri due tipi di immunità. Hanno in comune non si
riferiscono più allo stato e alle sue diramazioni, ma a ciascun individuo organo che operi per conto
dello stato.
L'immunità funzionale è l'immunità che spetta a ciascun individuo organo dello Stato che svolga
una funzione pubblica, dunque che stia compiendo una funzione nell'esercizio dei suoi poteri di
funzionamento. Il problema dell'immunità funzionale è capire quando un soggetto che sia titolare di
una funzione pubblica stia agendo nell'esercizio della funzione pubblica e quando stia agendo nella
sua sfera personale perché per i primi sarà coperto dall'immunità, per i secondi no.
Ad esempio il caso dei Marò ha a che fare con questa vicenda: si tratta di capire se i loro atti erano
atti di difesa della nave su cui si trovavano oppure no. Molto dipende da come si interpreta l'atto di
funzione pubblica: se noi usiamo un approccio restrittivo che si limita a guardare alla sola finalità
dell'atto, l'immunità coprirà solo quegli atti posti in essere per l'esercizio della funzione pubblica. In
realtà nella prassi sembra prevalere una nozione più ampia di atto pubblico perché si dice che è atto
pubblico qualunque atto posto in essere che abbia una qualche relazione con la funzione pubblica,
rilevando anche il solo fatto che per l'esercizio di quell'azione siano stati usati mezzi pubblici. Ciò
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significa che se un pubblico ufficiale si avvale di mezzi pubblici (auto di servizio, scorta) per
finalità private si sarebbe dentro al campo di applicazione dell'immunità. Non sarebbe così se si
scegliesse l'impostazione restrittiva. Invece prevale l'approccio estensivo che arriva a dire che anche
in caso di atto illecito per abuso di potere usando però mezzi pubblici, si è nel campo d'applicazione
dell'immunità. Tale impostazione è comunque controverso. Il fondamento di questa regola è quello
di rispettare l'organizzazione dello stato (come corollario della sovranità statale e soprattutto della
sua autonomia organizzativa):
1) c'è chi dice che derivi dal divieto di intromissione negli affari interni dello stato ( principio
generale),
2) c'è chi dice che è invece un derivato dell'immunità statale (questo perché a Convenzione della
Nazioni Unite adotta nell'art. 2 una nozione di Stato talmente ampia da comprendere anche "i
rappresentanti dello Stato che agiscono in tale veste").
3) c'è chi dice che deriva da una norma consuetudinaria autonoma. Questa sembra l'impostazione
usata nel Caso Callipari in cui si è posto il problema dell'immunità funzionale. I giudici italiani
hanno negato la loro giurisdizione, invocando l'immunità in favore dei militari statunitensi
responsabili di questa condotta. Le corti di merito sembrano configurare l'istituto come regola
consuetudinaria autonoma, adottando una nozione abbastanza ampia di atto nell'esercizio delle
proprie funzioni ricondotta ad una norma consuetudinaria autonoma. La Cassazione riconosce
questa lettura però si nota come l'ordinamento tende a ricondurre l'immunità funzionale
all'immunità statale, pur riconoscendogli una certa autonomia.
Dal punto di vista oggettivo non è una regola chiara, mancando una pronuncia della Corte
Internazionale di Giustizia: sarebbe stato forse opportuno rinviare il caso dei Marò alla Corte
Internazionale.
Dal punto di vista soggettivo non presenta particolari problemi o eccezioni, dal momento che
qualunque individuo-organo che agisca nell'esercizio di funzioni ufficiali gode dell'immunità: sia
laddove esso appartenga al potere esecutivo, legislativo o giudiziario, sia laddove esso appartenga
all'apparato centrale o alle strutture decentrate dello Stato.
Analoga constatazione emerge se si analizzano i limiti alla regola dal punto di vista temporale:
nessun dubbio sul fatto che l'immunità funzionale, laddove riconosciuta, sia illimitata nel tempo.
L'agente che abbia compiuto un determinato atto illecito nell'esercizio di un incarico ufficiale non
potrà essere chiamato a risponderne né durante il periodo della carica, né successivamente allo
scadere del mandato.
Ci sono inoltre tutte le deroghe a questa regola:
1) deroga pattizia: la regola consuetudinaria può essere derogata dalla regola pattizia. Accertata
l'esistenza di una regola consuetudinaria di cui è incerto il fondamento e il campo di applicazione
essa può essere derogata pattiziamente, come nei seguenti casi:
Convenzione del 1948 sul genocidio: lo stato che aderisce non potrà far valere l'immunità
•
52 funzionale laddove questi individui si rendano responsabili di genocidio
Art. 27 dello Statuto della Corte Penale Internazionale dice che non rileva la qualifica
• dell'individuo se egli commette crimini internaziona