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LE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO
Nella legge di riforma del 1995, le norme di conflitto vere e proprie volte a regolare il diritto39(artt. 20-63) sono precedute da alcune regole di funzionamento (artt. 13-19) nelle quali applicabileil legislatore ha provveduto a disciplinare talune questioni generali della materia, colmandoparecchie lacune della precedente normativa.
L'individuazione del diritto applicabile avviene, secondo quanto precisa la relazione ministeriale, per mezzo di norme che, con riguardo a determinate categorie di situazioni giuridiche, si servono di un criterio di collegamento per designare la legge applicabile, cioè di una circostanza idonea ad imostrare una connessione, un collegamento o attacco, con l'ordinamento giuridico di un altro stato, da cui il giudice italiano deve desumere la norma idonea a regolare il caso.
L'armonia internazionale delle soluzioni non è uno dei valori nel diritto internazionale privato, in quanto accanto a
Regole che tendono a realizzare l'apertura dell'ordinamento nazionale verso gli ordinamenti giuridici stranieri, ve ne sono altre che invece sono dirette, o vengono semplicemente sfruttate, per ostacolare il coordinamento e l'apertura verso l'esterno. Un esempio è la c.d. eccezione di ordine pubblico (regolarmente prevista anche negli altri ordinamenti) che consente di rifiutarsi di riconoscere le sentenze straniere e disapplicare le norme di conflitto nazionali, in quei casi in cui il riconoscimento della sentenza straniera o l'applicazione del diritto straniero condurrebbe ad un risultato inaccettabile. Lo stesso discorso vale per le norme di applicazione necessaria.
Le norme di conflitto sono strumentali intervenendo a guidare il giudice nella scelta del diritto da applicare per decidere di situazioni e rapporti giuridici i quali, oltre che con il nostro, sono collegati con un altro ordinamento straniero da almeno uno degli elementi assunti come criterio di collegamento.
Ad esempio, il giudice italiano chiamato a decidere della capacità di agire di un italiano domiciliato in Germania applicherà l'art. 2 del nostro c.c. in quanto, in questo caso, il criterio di collegamento è la cittadinanza (art. 23.1), benché in altri casi la legge 218 assume la residenza come criterio generale di collegamento. Ai sensi dell'art. 14.1 della legge di riforma, di fronte a una fattispecie non totalmente interna al nostro ordinamento, il giudice italiano applica, d'ufficio, la norma di conflitto (quindi individua la legge straniera) e il suo ambito di applicazione, senza necessità che le parti lo richiedano. Esempio di norma di conflitto è l'art. 51.1 (il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili e immobili sono regolati dalla legge dello stato in cui i beni si trovano). In alcuni casi, espressamente previsti, è applicabile anche la legge richiesta dagli interessati.Un esempio di norma di conflitto facoltativa è dato dall'art. 62.1 che in tema di responsabilità per fatto. Sono regole di funzionamento il rinvio (13), conoscenza della legge straniera applicabile (14), interpretazione e applicazione della legge straniera (15), ordine pubblico (16), norme di applicazione necessaria (17), ordinamenti pluri-legislativi (18), apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze (19). "La capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Tuttavia, quando la legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di agire, queste sono regolate dalla stessa legge." Il principio stabilisce che il danneggiato può chiedere l'applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno. In mancanza dellarichiesta il giudice applica d'ufficio la legge dello stato in cui si è verificato l'evento dannoso. Secondo il c.d. criterio della volontà, altre norme di conflitto facoltative sono contenute nell'art. 30 (rapporti patrimoniali tra coniugi), nell'art. 46 (successione per causa di morte e la divisione ereditaria) e l'art. 60 (rappresentanza volontaria).
I criteri di collegamento possono riguardare tanto i soggetti interessati (cittadinanza, domicilio, residenza), quanto la situazione o relazione in ordine alla quale viene richiesto l'intervento del giudice (luogo in cui si trova un bene, in cui è stato celebrato il matrimonio), oppure il luogo dove è sorta o deve trovare esecuzione un'obbligazione. A ciascuno di detti elementi viene di solito conferito rilievo isolatamente, ma hanno rilievo congiuntamente se devono formare oggetto di valutazione di sintesi da parte del giudice (criterio del collegamento più stretto).
nelle obbligazioni contrattuali e criterio della prevalente localizzazione della vita matrimoniale). Se vi è una connessione con l'ordinamento italiano, i criteri di collegamento operano sia per l'individuazione del diritto applicabile che per individuare il titolo di giurisdizione nazionale. La statuizione principale per determinare la giurisdizione italiana è data dall'art. 3.1 della legge 218: "La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia...". Un esempio di norma di conflitto è l'art. 29.1 "In Italia..., i rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune". Sebbene si distingua, concettualmente e lessicalmente, fra titoli di giurisdizione e criteri di collegamento, riguardano gli stessi aspetti e connessioni e possono venir impiegati in entrambi i modi, anche se non necessariamente riguardo alle stesse categorie di fattispecie. Ad esempioIl domicilio è un titolo di giurisdizione se da la competenza al giudice di uno stato, ma diventa criterio di collegamento se individua la legge applicabile di quello stato.
Infatti il domicilio o la residenza sono titoli di giurisdizione della legge italiana, ma, in presenza di apolidi o rifugiati, diventano criteri di collegamento con la legge dello Stato del domicilio, o in mancanza, la legge dello Stato di residenza (art. 19.1).
Le tre connessioni principalmente usate sono: il domicilio, la cittadinanza e la volontà dei privati interessati. Il criterio della cittadinanza (preferito dal Mancini e accolto nelle norme di conflitto dei codici del 1865 e del 1942) riflette l'appartenenza dell'individuo allo stato, invece il criterio del domicilio, della residenza e della residenza abituale dipendono dalla localizzazione del centro degli interessi di una persona e dalla sua permanenza fisica in un determinato luogo.
In passato, con eccezione del Regno Unito, generalmente
il suo fondamento nella volontà delle parti coinvolte, ed è un elemento chiave sia nel diritto internazionale privato che nella normativa internazionale. Ad esempio, il regolamento comunitario n. 44/2001 e la convenzione di Roma del 1980 riconoscono l'importanza della volontà delle parti come criterio di giurisdizione e di collegamento. Inoltre, è interessante notare come oggi molti legislatori favoriscano la possibilità di avere una doppia o plurima cittadinanza. Questo rappresenta un cambiamento significativo rispetto al passato, quando era meno comune. Il criterio della cittadinanza può variare a seconda degli interessi degli Stati coinvolti. Ad esempio, gli Stati con una forte emigrazione tendono a mantenere un legame con i propri cittadini all'estero, che rimangono sotto la giurisdizione dei giudici e delle leggi del paese d'origine. Al contrario, gli Stati che ricevono importanti flussi migratori sono interessati all'integrazione di questi immigrati, anche attraverso l'applicazione delle leggi locali. In conclusione, la volontà delle parti è un elemento cruciale nel diritto internazionale privato e nella normativa internazionale, e può influenzare il criterio della cittadinanza e la sua applicazione.espressione - sul piano processuale - nelle norme che riconoscono alle parti il potere di prorogare (ossia estendere), ma anche di derogare la giurisdizione,41 .dando rilievo anche alla volontà della sola parte convenuta manifestata successivamente
La volontà delle parti ha assunto rilevo dopo un percorso lungo e interessante. Già Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) e i commentatori della sua scuola si richiamavano alla volontà delle parti, in deroga al sistema della personalità della legge, per sottoporre il contratto alla legge del luogo di conclusione o a quella del luogo di esecuzione. Lo straniero, si diceva, addivenendo alla41 Vedi gli artt. 23 e 24 Bruxelles I, l'art. 4 legge 218 e in maniera minore Bruxelles II.19TññâÇà| w| Z|ÉätÇÇ| ZxÇà|Äxconclusione o disponendo la esecuzione del contratto in uno stato diverso dal proprio, implicitamente manifesta la
volontà.volontà di assoggettarsi alla potestà di tale stato e così consente che, come volontario suddito temporaneo (subditus gli si applichi tale legge. temporarius), Simmetricamente lo statutario francese Bertrand d'Argentré (1519-1590), invocava l'esigenza di rispettare la legge o il foro scelto dalle parti nel contratto. Inoltre, Charles Dumoulin (1500-1566) non solo ammette che le parti possono concludere il contratto in un luogo e sottoporlo ad una legge diversa, ma sostiene che si deve tenere conto dell'eventualità di un loro accordo successivo circa la legge che deve regolare il contratto, diversa da quella che avevano stabilito in precedenza. Questa concezione farà parte del pensiero di Mancini e della codificazione del 1865 per affiancare e limitare il principio di nazionalità. In tempi recenti ci sono stati sviluppi ulteriori, specie nel d.i.p. italiano che all'art. 57, demandando alla convenzione di Roma del 1980,
Dispone che le parti possono non solo designare la legge applicabile (optio a tutto il contratto, ovvero a parte di esso (art. 3.1), ma possono convenire di sottoporlo ad una legge diversa da quella che lo regolava in precedenza.
Anche per i contratti totalmente interni al nostro ordinamento vale la distinzione tra le due volontà contrattuali: quella in ordine alla legge applicabile e quella in ordine al giudice competente. Su questa distinzione gli spazi lasciati all'autonomia privata, in relazione al medesimo tipo contrattuale, sono diversi da un ordinamento ad un altro, in quanto variabile è il numero delle norme inderogabili (alle quali i contraenti non possono sottrarsi o modificare) tra uno stato ed un altro. Ad esempio il contratto di locazione immobiliare: in alcuni stati vi sono delle norme inderogabili perfino sulla durata del contratto e sulla determinazione del canone.
Comunque si vuole evitare l'abuso dell'autonomia contrattuale che porti i
contraenti a scegliere di sottoporre un determinato contratto ad una legge straniera, al fine precipuo di sottrarlo a determinate norme inderogabili di un altro stato