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Le fonti di "Soft Law"
Sono fonti di norme giuridiche non vincolanti, che tuttavia possono influenzare la successiva creazione di norme vincolanti. Appartengono a questa categoria: gli accordi politici non vincolanti e gli atti non vincolanti delle organizzazioni internazionali (ad esempio le Dichiarazioni di principi dell'Assemblea Generale dell'ONU). Questi atti però non esauriscono il loro potere nella forma, ma sono una specie di laboratorio usato dagli stati per prepararsi all'adozione di future convenzioni in materia.
La consuetudine internazionale
È un tema non molto chiaro e ancora molto dibattuto. La consuetudine produce delle norme. L'art. 38 indica tutte le fonti del diritto internazionale. Dice che la corte applica le convenzioni sia generali che particolari di cui gli stati sono parte, la consuetudine internazionale di cui la prassi è la struttura. Gli ultimi due punti non sono proprio fonti ma dei mezzi sussidiari per colmare le lacune.
lacune in mancanza di norme (oggi però non vengono più utilizzati). La giurisprudenza e la dottrina hanno dato un contributo inestimabile per individuare cos'è la consuetudine e in particolare cosa sono le norme consuetudinarie. La consuetudine può essere definita come la ripetizione di un comportamento da parte degli Stati e, più in generale, dei membri della società internazionale, accompagnata dalla convinzione che tale comportamento sia conforme al diritto (cioè è obbligatorio). Si tratta dell'unica fonte di diritto internazionale generale, cioè vincolante per la totalità degli stati. Ed è una fonte di norme non scritte. Ciò la rende molto difficile da identificare, soprattutto da parte dei giudici che devono individuarla, ricostruirla e poi applicarla. La codificazione invece è quell'operazione per cui una consuetudine viene trascritta, viene "fermata", e serve anche agarantirne l'evoluzione. La consuetudine è composta da due elementi: un elemento materiale, dato dalla ripetizione di un comportamento (chiamato anche prassi) ed espresso con le parole usus o diuturnitas (lungo tempo); e un elemento psicologico dato dalla convinzione che il comportamento sia conforme a diritto ed è espresso con la formula opinio iuris sive necessitatis (significa che un comportamento è obbligatorio o necessario). È a discrezione degli stati decidere per quanto tempo dura una consuetudine.
L'importanza di questa concezione dualistica è stata accertata da una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 1969 riguardante la delimitazione della piattaforma continentale nel Mare del Nord. La sentenza era tra la repubblica federale di Germania e la Danimarca e i Paesi Bassi. La piattaforma continentale è la prosecuzione della terra ferma sotto il livello del mare ed è di conseguenza la prosecuzione del territorio di
un determinato stato. Ad un certo punto la terra precipita e forma delle conche nel mare (la cosiddetta scarpata continentale) che conducono alla piattaforma continentale, dove c'è solo oceano a perdita d'occhio. La giurisdizione di un certo stato arriva fino alla piattaforma continentale che però cambia a seconda della conformazione dello stato. In questo caso, nel Mare del Nord, non esiste piana abissale, è presente solo un'enorme piattaforma continentale sulla quale si affacciano diversi stati ed è ricca di risorse e di petrolio. Nel 1958 era stato stipulato un accordo di codificazione che definiva cos'è la piattaforma continentale e come è suddivisa. Questo accordo (che oggi non viene più usato perché è stato aggiornato) stabiliva che la piattaforma continentale si calcola tracciando una linea tra i due stati e usando il criterio dell'equidistanza. Il problema era che questo accordo favoriva Paesi Bassi eDanimarca perché hanno delle coste simili che sporgono sul mare; non funzionava invece per la Germania perché ha delle coste che rientrano e avrebbe avuto meno piattaforma a disposizione. La controversia è nata perché i Paesi Bassi e la Danimarca volevano che la Corte Internazionale di Giustizia si pronunciasse dicendo che quanto previsto dall'accordo del 1958 era diritto consuetudinario e quindi la Germania doveva esserne vincolata pur non essendo d'accordo. La Corte invece ha osservato che i comportamenti degli stati non devono essere solo una pratica costante ma devono essere testimonianza del convincimento che quel comportamento è una regola di diritto. Perciò l'accordo non era assolutamente considerato obbligatorio, perché non teneva in considerazione le differenze geografiche degli stati. La Corte ha dimostrato che non è sufficiente stipulare un accordo di codificazione per essere in presenza di una norma consuetudinaria.
ma il comportamento, la prassi, deve provare che c'è un convincimento da parte degli Stati a conformarsi ad un obbligo giuridico. Se così non fosse, qualsiasi comportamento diventerebbe una consuetudine. Esistono però concezioni diverse della consuetudine: una parte della dottrina sostiene che la consuetudine si risolva solo nell'elemento materiale, ovvero la prassi. È una teoria poco rappresentata poiché non vale niente. Il problema che si verifica è l'impossibilità di distinguere tra vere e proprie consuetudini e i "meri usi" (pure regole di cortesia non vincolanti). Un'altra corrente della dottrina sostiene che la consuetudine si risolva nel solo elemento psicologico. La prassi in questo caso non è un vero e proprio elemento costitutivo della consuetudine. Queste però sono solo teorie poiché la prassi e l'elemento psicologico sono strettamente legati. L'elemento materiale.È costituito dalla ripetizione di un comportamento da parte degli Stati. Si tratta della prassi degli Stati, che può essere costituita, oltre che da comportamenti degli Stati nelle relazioni Internazionali, anche da comportamenti che gli Stati tengono al loro interno (esempio: adozione di regole in sede legislativa) nei confronti dei loro cittadini e di tutte le persone presenti sul loro territorio. La prassi però deve rispondere a determinate caratteristiche determinate dalle sentenze perché sia idonea a produrre norme consuetudinarie: deve essere sufficientemente diffusa. È sufficiente che provenga da un numero di Stati rappresentativo della società internazionale nel suo insieme. La prassi deve essere sufficientemente costante: il tempo della formazione della consuetudine non è predeterminato. Esso è in funzione, da un lato, della diffusione della prassi nella società internazionale; dall'altro,
Dell'elemento psicologico che concorre a formare la consuetudine. Ciò non toglie che il decorso di un certo periodo di tempo sia connaturato alla nozione stessa di consuetudine (non esiste una consuetudine "istantanea"). La consuetudine è un processo naturale che dipende sempre e solo dagli Stati.
La prassi dev'essere, inoltre, sufficientemente uniforme. Le singole manifestazioni della prassi degli Stati sono spesso ambivalenti e vanno valutate con una certa prudenza tenendo conto sia del contesto in cui si collocano (ovvero il comportamento di altri stati), sia dell'elemento psicologico che concorre a formare la consuetudine. La prassi non viene mai creata da un vuoto giuridico ma è sempre l'evoluzione di una norma preesistente.
Queste considerazioni sono molto importanti per capire come nasce una consuetudine. Dobbiamo distinguere una prassi illecita da una prassi suscettibile di provocare un'evoluzione del diritto internazionale.
generale. Nella maggior parte dei casi, una norma consuetudinaria non si forma in un vuoto giuridico, ma comporta la modificazione o addirittura l'abrogazione di una preesistente norma consuetudinaria ("desuetudine"). Ne deriva che, nella fase iniziale del processo di formazione della consuetudine, i comportamenti degli Stati sono, in linea di principio, contrari ad una norma vigente (quindi illeciti). I comportamenti rimarranno illeciti se gli Stati non trovano una giustificazione valida per il comportamento tenuto. La giustificazione non deve sempre essere la produzione di una nuova norma giuridica, ma può essere anche in base ad una norma già vigente.
Sentenza Nicaragua - Stati Uniti del 1986. "Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua" (Nicaragua vs. United States), sentenza della Corte internazionale di giustizia, 1986. Questa sentenza è fondamentale perché ha rilevato gli elementi costitutivi della
consuetudine.“La Corte non ritiene che, per lo stabilimento di una regola in via consuetudinaria, la prassi corrispondente debba essere rigorosamente conforme a tale regola. Le pare sufficiente, per dedurre l’esistenza di regole consuetudinarie, che gli Stati conformino ad essa la loro condotta da un punto di vista generale e che essi stessi qualifichino i comportamenti non conformi ad una data regola come violazioni della regola stessa, e non come manifestazioni del riconoscimento di una regola nuova. Se uno Stato agisce in maniera apparentemente inconciliabile con una regola riconosciuta, ma giustifica la sua condotta invocando delle eccezioni o delle giustificazioni ammesse dalla regola stessa, ne risulta una conferma piuttosto che un indebolimento di quella regola”.
Violazione del divieto dell’uso della forza. La sentenza è importante perché in questo caso la Corte di Giustizia ha applicato una norma consuetudinaria (il divieto di uso della forza).
Corte ha rilevato che un comportamento difforme non nega l'esistenza di una norma consuetudinaria ma la conferma. L'elemento psicologico è il motore della prassi. È costituito dalla convinzione che il comportamento tenuto dai membri della società internazionale sia conforme a diritto (opinio iuris sive necessitatis).
Nota: l'opinio iuris si forma solo al termine del processo consuetudinario. Nella fase iniziale, ciò che rileva è che i singoli comportamenti statali siano sostenuti dalla convinzione della loro opportunità o doverosità sociale (sive necessitatis). Nel momento in cui la necessità di tenere un certo comportamento è giustificata sulla base del diritto e quindi la prassi si diffonde, la necessità sarà generalizzata e diventerà un obbligo, in questo momento si formerà una norma consuetudinaria. Questo processo verrà determinato dai giudici e dagli studiosi della dottrina.
È un processo che avviene spontaneamente, in base agli Stati. L'elemento psicologico serve per: - Distinguere la consuetudine dal "mero uso" (comportamento tenuto per ragioni di cortesia)