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Le comunità ebraiche italiane
Nella Costituzione, le confessioni religiose sono tutelate in particolare agli artt. 7 e 8.
Art. 8, 1° comma ha l'obiettivo di parificare tutti gli ordinamenti confessionali nell'esercizio della libertà religiosa. Sancisce un'eguaglianza nel godimento delle libertà costituzionali fondamentali.
Art. 8, 2° comma va letto in combinato disposto con l'art. 7, 1° comma. La lettura è interconnessa perché pur nella differenza delle scelte lessicali, viene raggiunto lo stesso risultato di garanzia di autonomia, libertà, indipendenza delle confessioni religiose.
Una lettura in combinato disposto va fatta anche tra il secondo comma dell'art. 7 e il terzo comma dell'art. 8. Queste disposizioni hanno un obiettivo unitario: la necessità di mettere in evidenza i rapporti tra pubblici poteri e confessioni religiose. La diversità tra le due disposizioni si riscontra nella
sovranità che viene attribuita alla Chiesa cattolica. L'art.7, 2° comma fa riferimento ai Patti Lateranensi e, quindi, al Concordato che disciplina i rapporti fra Stato e Chiesa cattolica. Questi patti risalgono al 1929, in pieno regime fascista, e si compongono di: concordato, trattato e convenzione finanziaria. Nel 1984, con gli accordi di Villa Madama, concordato e convenzione finanziaria sono caduti e dei Patti Lateranensi è rimasto solo il trattato, che fu anche istitutivo di città del Vaticano. Menzionare nella Costituzione i Patti Lateranensi portò all'elaborazione della tesi che si voleva dare valore costituzionale anche alle disposizioni contenute nei patti stessi. Se questa tesi fosse stata ritenuta fondata, la conseguenza sarebbe stata quella di considerare anche la Chiesa legittimata a produrre norme. Questa tesi ha avuto rilevanza per circa un ventennio, prima di essere ritenuta infondata, altrimenti si sarebbe conferito ad un soggettoesterno il potere di elaborare norme costituzionali. L'infondatezza della tesi si rileva anche nelle numerose antinomie che si riscontrano fra le norme concordatarie e quelle costituzionali (esempio: art.36, carattere di sacertà al matrimonio. Per lo Stato, invece, il matrimonio non è sacramento, altrimenti ci sarebbe una lesione del principio di laicità dello Stato). L'art.36 del concordato, dunque, si pone in netto contrasto con diversi principi costituzionali, per questo non si può ritenere che i Patti abbiano valore di norma costituzionale. Nonostante questo, il riferimento nella Cost. ai Patti permane nel secondo comma dell'art.7, perché la menzione ha un valore puramente storico. Dottrina e giurisprudenza ritengono che menzionare i Patti sia un modo di ricordare un assetto politico e giuridico diverso da quello del 1947. C'è, dunque, un omaggio storico per ricordare la realtà giuridica allora esistente, un omaggio allaConclusione di un accordo Stato/Chiesa raggiunto faticosamente. Menzionare i Patti significa che Stato e Chiesa sono in comunicazione fra loro attraverso lo strumento del Concordato, uno strumento internazionale di accordo.
Il Concordato è lo strumento di vertice dei rapporti Stato/Chiesa cattolica. Nel terzo comma dell'art.8 si fa riferimento, invece, alle INTESE: strumenti di collegamento fra Stato e altre confessioni acattoliche. Un'altra modalità di collegamento istituzionale. Le intese sono una novità introdotta dalla Costituzione del 1948, in precedenza gli unici contatti avvenivano solo tra Stato e chiesa cattolica. I rapporti Stato/confessioni acattoliche erano disciplinati unilateralmente dalla legge 1159 del 1929 e dal regio decreto 289 del 1930. Con questi provvedimenti si conferiva carattere di soggetto di diritto pubblico alle comunità ebraiche italiane, per controllare le comunità dietro loro specifica richiesta.
per facilitare l'ariscossione del tributo confessionale delle comunità ebraiche. 1938 È l'anno delle leggi razziali, che sfruttarono il regio decreto suddetto a discapito delle comunità ebraiche. Nel 1948 si esplicitò normativamente la necessità di un contatto fra Stato e confessioni acattoliche. Le norme degli accordi Stato/Chiesa/confessioni acattoliche hanno valenza di leggi ordinarie, ma presentano una caratteristica che fa sì che la gerarchia delle fonti sia diversa da quella tradizionale. Si avrà dunque: Costituzione, norme che recepiscono i concordati e norme di approvazione delle intese, che non possono essere modificate senza il consenso della controparte ecclesiastica. Queste norme, quindi, sono atipiche, in quanto della legge ordinaria hanno solo l'aspetto formale esterno, essendo dotate di una forza di resistenza rispetto all'abrogazione maggiore rispetto a quella delle leggi ordinarie. Il metodo dellaLa contrattazione per la definizione delle norme che disciplinano i rapporti Stato/Chiesa è il tipico metodo della produzione delle norme. Il procedimento per la formazione dei concordati e delle intese è dato dalla prassi, non è codificato. Questa prassi si è affermata a partire dal 1984. Nel 1990, con Andreotti, nel 1997 con Prodi e nel 2008 con Berlusconi si è tentato di creare una norma che desse veste giuridica alla prassi che crea il concordato. Con i regi decreti 1731 del 1930 e 1561 del 1931 si perseguiva come obiettivo il giungere al conferimento alle comunità ebraiche dello status di enti pubblici non economici, disciplinati attraverso l'iscrizione ad un'anagrafe italiana dei membri delle comunità ebraiche, costituita presso le comunità italiane di riferimento. Si mirava a consentire alle comunità ebraiche l'esazione dei contributi di partecipazione alla comunità da parte dei propri adepti.
L'approvazione di questi provvedimenti venne concordata con lo Stato. Questi provvedimenti restarono in vigore fino al 1984, quando la Corte costituzionale dichiarò l'illegittimità di alcune norme in essi contenute (es. art.4 prevedeva l'obbligatoria iscrizione dei cittadini ebrei italiani ad una comunità e l'obbligo di versamento di una tassa di appartenenza. Quest'obbligo violava gli artt. 19, 2 e 3 della Costituzione). Tutte le disposizioni di carattere costrittivo, quindi, risultavano in contrasto con quanto previsto dalla Costituzione, nella quale c'è un'ampia libertà religiosa riconosciuta al cittadino. L'obbligo della tassa confessionale venne poi eliminato nel 1984 con la riforma dello Statuto delle comunità ebraiche, ma il radicamento della tassa confessionale restò così forte, che si affermò come prassi consolidata. Con la legge di
attuazione delle intese dell'87, la 101 del 1989, vennero abrogati i regi decreti di epoca fascista. Oggi, con una prassi consolidata dall'84 (che ha segnato l'avvio della stagione delle intese), si stipulano concordati e intese per instaurare contatti tra le confessioni e lo Stato. La prima comunità confessionale acattolica a far notare la necessità di instaurare un contatto fra Governo e confessione religiosa, fu l'Unione delle comunità valdesi. Da qui in poi si svilupperà un procedimento per la stipula delle intese e la revisione del concordato. PRASSI DI REVISIONE DEI CONCORDATI E STIPULA DI INTESE Questa prassi prevede che i legali rappresentanti del gruppo confessionale devono inoltrare domanda alla Presidenza del Consiglio dei ministri per la revisione del concordato o per stipulare un'intesa. La domanda deve essere inoltrata alla Presidenza del CdM e non al ministro competente, a norma dell'art. 117 della Cost., cosìcome modificato dalla legge di riforma n.3 del 2001. Al 2° comma dell'art. 117 si delineano le materie in cui lo Stato ha legislazione esclusiva, in particolare lettera c: rapporti Repubblica/confessioni religiose. Il Governo, quindi, è il soggetto al quale indirizzare la domanda di revisione del concordato o di stipula di intese. Anche la legge 400 dell'88 precisa che i rapporti con le confessioni religiose sono di competenza del Governo. Questi elementi danno fondatezza alla prassi di presentazione delle richieste di riformulazione del concordato e stipula delle intese. Ricevute le domande, i compiti di trattativa sono delegati al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. I compiti di rappresentanza esterna vengono delegati, ma il Governo comunque procede alla creazione di una commissione mista (composta da esponenti delle confessioni religiose e rappresentanti del Governo, nello specifico: tecnici dei ministeri interessati all'accordo, ovvero ministerodell'economia e delle finanze; interni; difesa; istruzione e beni culturali). Questa commissione mista lavora d'intesa col Parlamento fino a giungere ad un accordo tra esponenti delle confessioni e rappresentanti del Governo. Questo accordo presenterà già una struttura in articoli e verrà portato ad esame del CdM, che approva o respinge l'accordo stesso. Se approvato, l'accordo viene trasformato in disegno di legge, che verrà poi presentato alle Camere. Da qui inizia l'attività di deputati e senatori che, di fronte a questo disegno di legge, possono o approvarlo o respingerlo ma non possono emendarlo. Il motivo sta nel fatto che il disegno di legge è frutto di una commissione d'intese. Modificare l'accordo vorrebbe dire modificare tutto il lavoro fatto per raggiungere l'intesa. I parlamentari, quindi, vengono privati del potere di emendamento: la loro attività di controllo sull'operato dellacommissione siesplica durante la fase delle trattative, quando il Ministro per i rapporti con il Parlamento informa le Camere rispetto all'andamento delle trattative stesse. A tal proposito il Parlamento può esprimersi attraverso gli atti propri dell'attività parlamentare (mozioni, risoluzioni, ordini del giorno), per garantire un buon esito- 21 -Appunti diritto ecclesiastico delle trattative. Deputati e senatori, quindi, possono intervenire al momento delle informative rispetto all'andamento delle trattative. Mentre è noto che i concordati siano atti di diritto internazionale, molto si è discusso sulla natura delle intese. Intese– accordi raggiunti tra Governo e un soggetto interno alla Stato, ossia la confessione acattolica. La dottrina, attuando una lettura paritaria tra gli artt.7 comma II e 8 comma III, ha proposto una soluzione ampiamente condivisa: le intese possono essere considerate atti di diritto esterno perché frutto.ell'incontro di due volontà autonome ed indipendenti.