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TFUE
• Passaggio da unanimità a maggioranza qualificata o passaggio da procedura legislativa speciale a quella ordinaria in cui il ruolo decisorio fondamentale è del Consiglio Europeo, previa approvazione del PE; i parlamenti nazionali possono, entro 6 mesi, formulare opposizione alla procedura di decisione, perciò un solo parere negativo preclude l'adozione della decisione.
I protocolli!
Ai sensi dell'art. 51 TUE, essi condividono lo stesso valore giuridico dei Trattati e sono allegati a questi ultimi; spesso, servono a integrare i Trattati.
Nei Trattati Europei i protocolli hanno tre finalità essenziali:
- Evitano un appesantimento del testo del Trattato, come ad esempio il Prot. n. 4, che istituisce il SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) e lo disciplina
- Prevedono la disciplina transitoria, ovvero il regime che deve applicarsi quando una riforma dei Trattati entra in vigore; ad esempio il Prot. n. 36 ha disciplinato il regime
transitorio sul Trattato di Lisbona, che ha avuto durata quinquennale
Introducono una disciplina differenziata per alcuni Stati; ad esempio il Prot. n. 19•
Le dichiarazioni !Gli Stati, quando negoziano un trattato, molto spesso mettono nero su bianco alcune dichiarazioni, ovvero un“accompagnamento” del testo del Trattato; esse vengono formulate o dalla Conferenza intergovernativa o da uno opiù Stati. La Convenzione di Vienna sui Trattati del 1969 chiarisce che le dichiarazioni sono prive di valore giuridico vincolante, ma che sono utili strumenti interpretativi, perché vengono usate per chiarire meglio la volontà
Pagina 16 di 64 Ada Portafoglio Diritto dell’Unione Europea degli Stati che hanno negoziato un Trattato quando hanno concordato su una disposizione. Molto spesso le dichiarazioni danno il contesto evolutivo di una certa materia, in altri casi ribadiscono il testo dei Trattati
I principi generali !Si distinguono in principi generali del
diritto dell'UE (non discriminazione, sussidiarietà, mutuo riconoscimento, leale cooperazione) e principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri, principi che l'Unione ha fatto propri prendendo ispirazione dagli ordinamenti nazionali condivisi da tutti gli Stati membri (legalità, democrazia, legittimo affidamento, proporzionalità); i valori sono l'obiettivo a cui si tende, i principi sono il vento che ci spinge verso il conseguimento e il rispetto dei valori, perciò i principi completano l'ordinamento dell'UE, che è molto positivizzato, ovvero ha un corpus normativo estremamente significativo dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Inoltre, il diritto dell'UE si affida spesso ai principi, venendo definito come principle of subject, ovvero un'area del diritto nella quale i principi generali hanno un'importanza molto significativa: da un lato, sono un parametro interpretativo per tutte le
altre fonti del diritto UE e di quello secondario, dall'altro sono un parametro di validità del diritto derivato; tutte le norme del diritto derivato devono essere sempre in linea con i principi generali, rischiando altrimenti l'invalidamento. Alcuni principi sono codificati o nei Trattati o nella Carta dei diritti fondamentali dell'UE, come il principio di non discriminazione, mentre altri non hanno un'espressa codificazione, come il principio di proporzionalità. Un esempio riguarda il principio di leale cooperazione espresso nell'art.4(3) TUE; inizialmente, tale principio era un principio imposto unilateralmente ed esclusivamente in capo agli Stati che determinava obblighi in capo agli Stati, che imponevano di fare ciò che era in loro potere positivamente per rispettare le regole dell'Unione e di astenersi da qualsiasi comportamento che rappresentasse un ostacolo per gli obiettivi dell'UE. Si trattava quindi di un principio basatoesclusivamente sulladimensione statale, per il quale gli Stati dovevano cooperare lealmente con l'Unione; sennonché la Corte di giustizia, in un'ordinanza del 1988, si è trovata a decidere sul caso Zwartveld: un giudice olandese aveva chiesto alla Commissione una disclosure, ovvero la pubblicazione di alcuni documenti che riguardavano alcune tematiche doganali che il giudice necessitava per raggiungere una determinazione circa la responsabilità penale o meno del soggetto imputato dinnanzi a lui. La Commissione europea non accolse la richiesta; la Corte di giustizia aveva sottolineato che il principio di leale cooperazione, giunti a quel livello di sviluppo, non poteva più essere interpretato come esclusivamente incombente in capo agli Stati, ma stabilì che anche le istituzioni debbano rispettare tale principio sia reciprocamente sia nei confronti degli Stati per garantire la corretta applicazione del diritto EU. La Corte ha esteso la portata diQuesto principio, espressa al primo periodo del paragrafo terzo. I diritti fondamentali dell'UE! Nel testo iniziale dei Trattati istitutivi, si riscontrava un problema di difficile superamento: non c'era nessuna previsione di qualche ruolo della Comunità rispetto alla tutela dei diritti fondamentali; ciò, definito il silenzio dei trattati, era legato a diversi fattori come l'idea che il processo di integrazione dovesse avvenire passo per passo alla luce di una prospettiva economica, ma allo stesso tempo è molto chiaro anche dinamiche strettamente economiche.
Pagina 17 di 64 Ada Portafoglio Diritto dell'Unione Europea sollevano quotidianamente problemi legati alla tutela dei diritti fondamentali. Il silenzio dei Trattati determinava un vuoto normativo da cui derivava un interrogativo di fondo, ovvero chi potesse tutelare e garantire il rispetto della tutela dei diritti fondamentali dell'UE; in prima battuta, intervenne la Corte costituzionale.
tedesca nel caso Solange I, in cui si sottolineò che il ruolo di garante dei diritti fondamentali spettasse agli Stati e non poteva esserci alcuna competenza in capo all'Unione perché il Trattato non la prevedeva. Ciò comportava nel medio e lungo periodo un rischio molto significativo di determinare la frustrazione del diritto dell'UE, pensato per essere un diritto comune: se ogni Corte nazionale fossero state autorizzate a decidere se il diritto dell'UE direttamente o indirettamente violasse determinati diritti, ci sarebbero stati tanti diritti dell'UE quanti gli Stati membri; la Corte di Giustizia, nel 1969, assunse una posizione molto netta e contrapposta a quella precedentemente assunta dalla Corte tedesca nel caso Stauder riguardante le social cards (consegna gratuita di derrate alimentari), beneficio sociale che derivava da norme europee per cui vi era rispetto del diritto dell'UE. Il signor Stauder, destinatario della tessera, avevaRimaneva il problema di stabilire quali fossero concretamente i diritti da tutelare; la Corte, nella successiva giurisprudenza, ha cercato fonti esterne da
Cui si potessero desumere i diritti rilevanti per la comunità. La prima sentenza fu quella del Caso Internazionale Handelsgesellschaft del 1970, in cui la Corte stabilì che una prima fonte di ispirazione dovesse essere individuata nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri (non le costituzioni nazionali in se, ma quel distillato di previsioni costituzionali fondamentali che costituivano la radice comune a tutti gli Stati); in una seconda sentenza, del Caso Nold del 1973, la Corte estese il novero delle sue fonti esterne alla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo (CEDU).
Queste prime due fonti rimarranno nel tempo come una fonte di riferimento molto rilevante è prioritaria; infine, la Corte ha fatto un più generico riferimento ad accordi e convenzioni internazionali che tutelino i diritti fondamentali, come la Convenzione sulla protezione dei diritti del fanciullo (diritti civili e politici) e i patti internazionali del 1976 (diritti economici).
E sociali). La CEDU non fa parte dell'ordinamento europeo, ma è una fonte esterna ed è una convenzione che è stata siglata e ratificata nell'alveo del Consiglio europeo. Per risolvere le criticità riguardanti il silenzio dei Trattati, venne formalizzato nel 1992 il Trattato di Maastricht, la cui riforma ebbe il merito di incorporare, nell'art. 6 TUE, per la prima volta nel diritto primario una disposizione espressamente dedicata alla tutela dei diritti fondamentali; tale articolo è una delle pochissime disposizioni del Trattato che negli anni successivi non è stato oggetto di rimunerazione. Nella sua versione originaria, l'art. 6 si limitava a codificare la giurisprudenza della corte di giustizia, già pronunciatasi negli anni precedenti; in particolare, venne chiarito che i diritti fondamentali fanno parte del diritto dell'UE in quanto principi generali e
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Europea l'importanza di alcune fonti esterne per comprendere quali fossero i diritti da tutelare, come le tradizioni costituzionali e la CEDU.
Un ulteriore passo in avanti venne fatto nel 2001, che consentì di superare, almeno parzialmente, la criticità persistente: la mancanza di un elenco scritto dei diritti da tutelare; nel 2001, dopo un lungo percorso politico, si arrivò alla proclamazione della carta dei diritti fondamentali, testo che da allora ha acquisito un'importanza crescente ma che purtroppo negli ultimi anni venne del tutto destituito di valore giuridico vincolante. Si trattava di un atto di soft law, che aveva una funzione interpretativa; la svolta decisiva avviene con il Trattato di Lisbona, che stabilisce che la Carta, non solo è giuridicamente vincolante, ma che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati, avendo quindi è valore di diritto primario. Ciò ha delle implicazioni significative perché vuol dire che tutte le
che i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea devono essere rispettati in tutte le azioni dell'Unione. Inoltre, l'articolo 6 sottolinea che la Carta ha lo stesso valore giuridico dei trattati dell'Unione. Pertanto, qualsiasi atto o decisione dell'Unione che violi i diritti fondamentali stabiliti nella Carta può essere considerato nullo.