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Inoltre, ricordando le pronunce del 2014, la nuova nozione di stampa è volta ad ampliare le
disposizioni favorevoli ma non si disciplina il da farsi riguardo alle disposizioni sfavorevoli. Parte
della dottrina ha ritenuto che sulla base della nuova definizione delle Sezioni unite l’orientamento
cristallizzato dal 2010 secondo cui non si potevano applicare le disposizioni sfavorevoli andasse
rivisto.
Recentemente una sentenza di una sezione semplice richiama le fondamentali sentenze in materia
del 2010 e del 2011 e senza menzionare la sentenza del 2015 relativa al sequestro e il nuovo
concetto di stampa in senso figurato ed evolutivo dice che l’art. 57 c.p. sulla responsabilità del
direttore non si applica ai giornali online. 28 febbraio
Il limite del buon costume
“Buon costume” è un concetto generale, che difficilmente trova una corrispondenza semplice nella
realtà sociale e che varia nel tempo. è una delle “regole” flessibili (come l’ordine pubblico, il bene
comune, ecc.) che consentono di essere adattate alla società ma d’altra parte inserisce dei limiti
che sono difficilmente conoscibili in anticipo e che deriveranno in qualche modo anche dalla
sensibilità del soggetto che dovrà interpretarlo. Il giudice che dovrà dare applicazione a norme che
presuppongono questo concetto potrà sovrapporre la sua personale idea di morale rispetto a
quella maggiormente diffusa nella società.
L’art. 1343 c.c. prevede, tra le cause di nullità di un contratto, la contrarietà al buon costume. è
contrario al buon costume il contratto che ha una causa contraria alla morale pubblica (come il
contratto di somministrazione di una prestazione sessuale). la nozione civilistica di buon costume è
molto ampia, è contrario al buon costume tutto ciò che va contro le concezioni etiche dominanti in
una certa società e in un certo momento storico. Questa concezione mal si adatta alla libertà di
espressione perchè se si adotta questa idea si escludono dalla liceità tutte le manifestazioni del
pensiero che mirano a superare o turbare la morale corrente e che invece devono avere il diritto di
esprimersi, anche per alimentare la discussione nella società. Diverse espressioni artistiche hanno
avuto come scopo quello di spostare la morale, una concezione così restrittiva finirebbe per
inaridire la discussione e la libertà di espressione.
La definizione civilistica non è quindi adatta ad interpretare il buon costume dell’art. 21.
Una seconda nozione di buon costume è quella penalistica, contenuta ad esempio negli art.. 528 e
529 c.p. L’art. 529 afferma che si considerano osceni gli atti e gli oggetti che secondo il comune
sentimento offendono il pudore. Non si considera oscena l’opera d’arte o di scienza salvo che sia
offerta a persona minore d’età. In questa nozione non si parla necessariamente di manifestazione
del pensiero, ma di tutti gli atti o gli oggetti.
L’art. 528 afferma che chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione o di esporli
pubblicamente, fabbrica, importa, esporta o commercia scritti, disegni, immagini o altri oggetti
osceni commette un reato (adesso depenalizzazione quindi illecito amministrativo). La nozione di
osceno in questo caso è legata al comune senso del pudore, con una eccezione per le opere d’arte.
La nozione penalistica del buon costume si lega in generale alle attività relative al sesso e alla
pornografia. Questa stessa nozione era condivisa dal Costituente nel momento in cui ha posto il
limite del buon costume.
Questo art. 528 sarà interpretato in modo costituzionalmente orientato, segnando un’evoluzione
del concetto di buon costume.
Con la sentenza 368/1992 la Corte costituzionale affronta il caso del noleggiatore di videocassette
a contenuto pornografico / questione di costituzionalità dell’art. 528 nella parte in cui puniva in
ogni caso la vendita di materiale osceno. Inoltre precedentemente c’era stata una legge che
prevedeva per le edicole la possibilità di avere spazi definiti e non in vista in cui era lecito
commercializzare materiale pornografico. la questione di legittimità costituzionale era stata
sollevata sulla base di una interpretazione individuale del concetto di osceno → la violazione del
diritto si ha quando un singolo soggetto che non vuole entrare a contratto con questo tipo di
materiale si trova involontariamente a contatto con questo. la corte rifiuta questa interpretazione
dicendo che il bene giuridico protetto dalla nozione di buon costume (e quindi di osceno) non è un
bene giuridico individuale ma collettivo, di conseguenza non è sufficiente che il singolo individuo
non sia leso perché in assoluto il reato non possa realizzarsi (la norma sull’osceno è volta a
proteggere un interesse dell’intera società, non l’interesse del singolo che non vuole entrare a
contratto con materiale osceno). Questa prima impostazione della Corte costituzionale sembrava
non accogliere la questione sollevata dal giudice a quo ma ugualmente la Corte comprende che
nella società nella quale si è pronunciata la sentenza l’idea di vietare in assoluto il commercio di
materiale pornografico era anacronistica e forse anche lesiva dei diritti individuali, quindi con una
sentenza interpretativa di rigetto la Corte afferma che la contrarietà al sentimento del pudore non
discende dall’oscenità in sé (dal fatto che una certa immagine sia oscena) ma dall’offesa che può
derivarne considerato il contesto e le modalità in cui gli atti osceni sono compiuti. Di conseguenza
la Corte distingue tra ciò che è destinato a raggiungere la collettività e ciò che è destinato a
rimanere nella sfera privata e pone così il requisito della pubblicità come essenziale affinché un
atto osceno sia punibile. A partire da questa sentenza gli artt. 528 e 529 devono essere interpretati
nel senso che può essere punito il comportamento/contenuto osceno solo se visibile ad un
pubblico inconsapevole, che non ha volontariamente scelto di assistere a quel determinato atto.
Nel complesso l’esito è quindi quello di consentire il commercio di materiale pornografico ma con
una motivazione che non fa del valore al buon costume un valore puramente individuale ma lo
lascia sempre, almeno astrattamente, come valore collettivo.
Discorso diverso vale per la pedopornografia, in questo caso prevale sempre l’interesse del minore
e il suo diritto a non essere coinvolto in attività sessuali.
Il concetto di buon costume è quindi attinente soprattutto alla sfera sessuale, la nozione civilistica
deve essere esclusa ma quella penalistica può essere recuperata tramite l’interpretazione della
Corte costituzionale.
Il concetto di buon costume non comprende però solo questo ambito.
la sentenza della Corte costituzionale n. 293/2000 è relativa all’art. 15 della legge stampa
(47/1948) che punisce la pubblicazione di stampati che descrivano o illustrino con particolari
impressionanti o raccapriccianti avvenimenti realmente verificatisi o immaginari in modo da poter
turbare il comune sentimento …
Riferimento a stampati che contengono particolari talmente raccapriccianti di avvenimenti
realmente accaduti che turbano il comune sentimento della morale.
Il caso si riferiva alla pubblicazione di alcune foto, scattate all’obitorio, del corpo di una persona che
era stata vittima di un omicidio efferato (Caso Contessa della Torre). Le foto ritraevano il corpo
della donna seminudo con le ferite che l’avevano portata alla morte. La Corte è chiamata a
giudicare della legittimità costituzionale di questa norma che prevede, a una lettura letterale, un
limite molto ampio alla libertà d’espressione (tutte le immagine che turbano il comune sentimento
della morale). Con un’interpretazione strettamente letterale si rischia di escludere tutto ciò che
non è in linea con la morale corrente. La Corte dà un’interpretazione costituzionalmente orientata
della norma in relazione al limite del buon costume e al concetto di morale. La Corte ritiene che il
“comune sentimento della morale” non va interpretato come imposizione del rispetto della
concezione etica della maggioranza perchè questa lettura sarebbe contraria anche ai principi del
pluralismo etico e di laicità previsti dalla Costituzione (non può esistere in uno stato laico una
morale che prevale sulle altre); ma la norma è salvata con un’interpretazione costituzionalmente
orientata → la Corte afferma che esiste un minimo denominatore comune alla pluralità delle
concezioni etiche presenti nella società, esso è nel valore della dignità della persona umana che è
alla base della Costituzione e di tutte le concezioni morali. Alla base di tutto vi è il rispetto della
persona in quanto individuo. Qualora sia lesa la dignità della persona si lede il comune sentimento
della morale → la corte salva la norma dandole l’interpretazione più restrittiva possibile (l’intera
società deve considerare una cosa immorale e l’immoralità deve essere collegata al principio di
dignità della persona). Nel caso concreto si lede il principio alla dignità della persona perché non
c’era nessun interesse pubblico nel mostrare il cadavere torturato dall’omicida, c’era solo una
curiosità morbosa ma in questo modo si è lesa la dignità di quel corpo e delle persone care.
In questo senso si può dire che accanto alla nozione penalistica di buon costume che resta in quel
modo ristretto dalla sentenza della corte costituzionale vi è una nozione costituzionale di buon
costume che si affianca postulando la garanzia della tutela della dignità della persona.
Ciò non significa che tutte le immagini raccapriccianti non debbano essere pubblicate, dipende dal
contesto. Esempio 1 caso Aylan (fotografia di bambino profugo morto sulla spiaggia)
Esempio 2 Caso Abu Graib (prigione americana in Iraq in cui i fatti si svolsero) Foto di prigionieri
iracheni torturati → denuncia ai soldati americani.
Qualora vi sia un interesse pubblico così rilevante direttamente derivante dalla visione
dell’immagine, anche se questa è fortemente shockante ——— quando una foto veicola
fortemente un messaggio è chiaro l’interesse pubblico alla loro diffusione. Ad esempio il primo
caso contribuì al cambiamento di punto di vista della Germania sull’immigrazione, il secondo fece
perdere consenso alla guerra americana in Iraq.
Questo tipo di immagini possono quindi essere diffuse ma con delle cautele, per salvaguardare ad
esempio i minori che n