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DIVIETO TESTAMENTARIO DI ALIENAZIONE
È il divieto testamentario di alienazione. Un orientamento minoritario dice che questo divieto
dovrebbe essere sempre nullo perché lo si riconduce al divieto di sostituzione fede commissaria. In
pratica vengono beneficiati in seconda battuta gli eredi del beneficiario se viene imposto il divieto
di non alienare, si è in presenza di una doppia alienazione. Altra opinione intermedia dice che il
divieto testamentario di alienazione si applica analogicamente la norma sul divieto contrattuale di
alienazione: il divieto è valido a condizione che corrisponda ad un certo interesse del testatore e
sia contenuto entro dei limiti di tempo. Altra opinione dice che il 1379 non è applicabile
analogicamente al testamento, vale solo per gli atti tra vivi, per il testamento non ci sono limiti e
l'autonomia privata del testatore può prevedere anche la clausola che può porre un divieto
perpetuo di alienazione. Ad oggi non si sa.
Le conseguenze non sono tanto pesanti come si crederebbe: In caso di violazione del divieto, l'atto
di alienazione è perfettamente valido ed efficace. L'unica conseguenza alla quale è esposto colui
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che ha violato il divieto, è il risarcimento del danno, ma non è facile individuare chi abbia titolo ad
ottenerlo, perché il de cuius è morto.
SUCCESSIONE NECESSARIA
La disciplina è contenuta negli art. da 536 a 564. Queste norme sono regole che nell'insieme in
alcune situazioni, frequentissime nella pratica, costituiscono un LIMITE a due fondamentali principi
del nostro ordinamento:
1. Ognuno è libero finché è in vita di fare ciò che vuole dei propri beni. Così come si può
donarli a chi si vuole.
2. Ognuno facendo testamento è libero di disporre come crede dei propri beni per il
periodo successivo alla morte.
La successione necessaria, è un LIMITE a questi principi perché in presenza delle categorie di
congiunti (coniuge, figli, in mancanza ascendenti) una quota del valore dei beni del de cuius deve
necessariamente essere attribuita loro anche contro la volontà del defunto. Questa quota si
chiama QUOTA DI LEGITTIMA.
Questi congiunti sono i LEGITTIMATI: la legge riserva ad essi una determinata quota del valore dei
beni appartenenti al de cuius.
La nozione di legittimari non va mai confusa con la nozione di eredi legittimi: gli eredi legittimi sono
coloro ai quali è devoluta l'eredità in mancanza di un testamento; i legittimari sono sicuramente
eredi legittimi, ma nonostante questo, le due nozioni non devono essere confuse perché molto
diversa è la posizione giuridica del legittimario rispetto quella dell'erede legittimo. Queste regole,
hanno un fondamento che negli ultimi tempi viene sempre più messo in discussione: il fondamento
è quello della inderogabile esigenza, che il legislatore ha ritenuto meritevole di tutela, di proteggere
i vincoli famigliari più stretti. Alla coscienza sociale, per il legislatore, ripugna la possibilità che i
beni di una persona siano lasciati o donati ad un estraneo, mentre ai congiunti più stretti non resti
nulla sempre più numerosi sono coloro che ritengono eccessiva la tutela necessaria.
La quota di legittima (o la quota di riserva) riconosciuta ai legittimari, non è la quota di eredità.
Infatti:
• La QUOTA DI EREDITA' è una frazione del complesso delle posizioni attive e passive
trasmissibili che facevano capo al de cuius al momento della morte.
• La QUOTA DI LEGITTIMA si calcola in forza di una operazione contabile, chiamata
RIUNIONE FITTIZIA, sul valore di una massa, la quale è composta non solo dai beni
lasciati dal de cuius al momento della morte (RELICTUM) ma anche sul valore dei beni che
in vita il de cuius aveva donato (DONATUM). Sul valore della massa (relictum + donatum) a
ciascuno dei legittimari spetta inderogabilmente la quota di riserva prevista dalla legge.
Se vi è stata un lesione di legittima, cioè se un legittimario, fatti i calcoli, risulta aver ricevuto meno
di quanto inderogabilmente gli spetta, l'interesse del legittimario leso è tutelato con il
riconoscimento della possibilità di esperire l 'AZIONE DI RIDUZIONE questa azione ha la
funzione di reintegrare il legittimario nella quota di riserva violata. Questa quota di riserva, non è
costituita di una riserva di tipo qualitativo: non consiste nel diritto del legittimario ad avere una
quota di ogni singolo bene del de cuius, ma è una riserva di tipo quantitativo, di valore. Questo
perché ciò che occorre verificare, per sapere se è stata violata la legittima, è sapere se il
legittimario nel caso concreto ha conseguito beni che abbiano valore almeno pari alla quota di
riserva calcolato in seguito della riunione fittizia, del valore della massa. Es il valore della massa è
di 100; il legittimario ha diritto ad una quota di 50. Per stabilire se c'è stata lesione di legittima
bisogna vedere se ha ricevuto 50. Tutto questo opera contro la volontà del defunto. Può darsi che
un soggetto decida di redigere testamento ed elegga come erede un terzo. Questo non è possibile
perché la legge riserva la quota di legittima ai congiunti. Tuttavia le disposizioni testamentarie
lesive dei diritti dei legittimari, sono valide ed efficaci, ma sono impugnabili solo se e nel momento
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in cui il legittimario leso agisca in riduzione. L'accoglimento dell'azione di riduzione comporterà
l'inefficacia delle disposizioni testamentarie.
Chi sono i LEGITTIMARI? 1) CONIUGE 2) FIGLI 3) in mancanza, ASCENDENTI DEL DE CUIUS.
Non sempre il legittimario ha la posizione giuridica di chiamato all'eredità, inoltre non sempre il
legittimario ha la qualità di erede questo può avvenire, nella sola successione testamentaria. Il
testatore può aver del tutto escluso, dalle sue disposizioni a titolo universale, uno dei legittimari o
addirittura tutti in questi casi, si parla di LEGITTIMARIO PRETERMESSO: egli non è contemplato
dal testamento. Il legittimario non ha la posizione di chiamato in eredità. Questo perché, il
testamento che leda il diritto del legittimario, non è un testamento nullo o inefficace; la
conseguenza è che alla apertura della successione del testatore, all'intera eredità sono chiamati
quelli istituiti eredi nel testamento. Per conseguire la sua quota, il legittimario pretermesso deve
esercitare l’azione di riduzione (rimedio di carattere costitutivo) al fine di rendere in tutto o in parte
inefficaci le disposizioni testamentarie lesive della sua quota. Il legittimario pretermesso sarà
chiamato all'eredità e conseguirà la sua quota solo se e nel momento in cui l'azione di riduzione da
lui proposta, sarà stata accolta dal giudice. Senza l'azione di riduzione, il legittimario pretermesso
sarà escluso dalla eredità.
1) CONIUGE : (figura che va equiparata a quella dell’unione civile) la quota di riserva del
coniuge è diversa a seconda che vi siano o no figli del de cuius.
a. In mancanza di figli, la quota di riserva del coniuge è pari alla metà, 1/2, della
massa ereditaria.
b. Se vi è 1 solo figlio, la quota di riserva del coniuge è di 1/3 della massa;
c. Se vi sono 2 o + figli, la quota di riserva del coniuge è di 1\4 della massa, mentre la
metà va suddivisa fra i figli.
La percentuale restante del patrimonio può essere disposta dal de cuius come vuole.
In aggiunta a queste quote, il coniuge, ex art. 540 c.2 ha anche il diritto di abitazione sulla
casa adibita a residenza familiare e il diritto di uso sui mobili che corredano la casa.
Presupposto indispensabile per il diritto di abitazione, è che la casa fosse di proprietà del
defunto o in comproprietà con il coniuge superstite.
Una questione discussa è quella di vedere se il diritto di abitazione, in favore del coniuge
superstite possa spettare anche nei casi in cui la casa adibita a residenza familiare, fosse
in comproprietà fra il de cuius e un terzo. Il coniuge superstite ha diritto di abitazione se la
casa forma oggetto di comproprietà tra de cuius e terzo?
- Alcuni sostengono di sì, precisando che il diritto di abitazione andrà a gravare solo
la quota che apparteneva al de cuius.
- L'opinione prevalente, accolta dalle recenti sentenze della corte di cassazione
afferma che in questi casi il diritto di abitazione non può sorgere: il presupposto è
che la proprietà della casa famigliare è quello dell'art 540 c.2.
L’attribuzione del diritto di abitazione ha natura di legato ex lege: il diritto di abitazione e di
uso di immobili formano il presupposto di altrettanti legati ex lege in favore del coniuge
superstite. Conseguenze:
a. Il diritto di abitazione e di uso vengono acquisiti dal coniuge superstite
immediatamente al momento della apertura della successione, senza che sia
necessario un atto di accettazione, applicandosi la regola generale di acquisto del
legato contenuta nell'art. 649.
b. Questi diritti di uso e abitazione possono essere conseguiti dal coniuge superstite in
qualità di legatario ex lege, indipendentemente dall'accettazione dell'eredità. Questi
diritti possono essere fatti propri dal coniuge superstite anche in caso di rinunzia di
eredità del de cuius, visto che essa non comporta rinunzia ai legati.
La natura giuridica dei diritti spettanti al coniuge superstite è quella dei tipici diritti reali ex
art 1021 e 1022 sono diritti incedibili (non si può disporne) e sono di tipo vitalizio (durano
quanto la vita del titolare). 38
A questi diritti talvolta occorre attribuire un valore economico: il criterio per attribuire valore
al diritto di abitazione o di uso, è lo stesso seguito per attribuire un valore all'usufrutto.
L'usufrutto si determina partendo dal valore di mercato del bene e considerando il valore
del diritto reale limitato in maniera inversamente proporzionale all'età del titolare: più il
titolare è giovane, maggiore sarà il valore del suo diritto perché presumibilmente vivrà più
tempo.
L'ultimo periodo del comma 2 dell'art. 540 dice che “ Tali diritti (uso e abitazione) gravano
sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota
di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli” l'opinione prevalente
a riguardo, è nel senso che il valore di questi diritti di uso e abitazione, è un valore che si
aggiunge a quello della quota di riserva: ai fini del calcolo della legittima, spettante al
coniuge, i diritti di uso e di abitazione, vanno sommati alla quota