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La formazione degli atti di diritto comunitario
Originariamente il Trattato di Roma prevedeva un procedimento di formazione molto semplice: una proposta proveniente dalla Commissione veniva sottoposta al parere, obbligatorio o facoltativo ma mai vincolante, del Parlamento e poi adottata all'unanimità dal Consiglio. La Commissione ha sempre disposto di un ampio potere di iniziativa che, prima che fosse introdotto il principio di sussidiarietà, risultava essere effettivamente molto penetrante. È la Commissione che decide la forma dell'atto, ovvero se la proposta avanzata dovrà essere assunta come direttiva, regolamento o decisione. Per quanto riguarda il Parlamento, abbiamo già affrontato l'argomento del deficit democratico delle istituzioni comunitarie. Originariamente il Parlamento non disponeva di alcuna facoltà, neanche indiretta, in materia legislativa: doveva limitarsi esclusivamente all'emanazione del parere che,
obbligatorio o facoltativo che fosse, non vincolava mai il Consiglio che, deliberando all'unanimità, poteva discostarsene. Con il coinvolgimento del Parlamento, il procedimento di formazione degli atti comunitari è divenuto più complesso; un secondo motivo è determinato dal passaggio, in seno al Consiglio, dalla votazione all'unanimità alla votazione a maggioranza. All'indomani del compromesso di Lussemburgo, infatti, il Consiglio ha abbandonato il sistema dell'unanimità optando per la maggioranza qualificata. L'atto unico e il Trattato sull'unione europea hanno modificato questo iter, sul quale inciderà anche il Trattato di Amsterdam. L'atto unico europeo ha introdotto la procedura di cooperazione, Maastricht la procedura di codecisione. Al fine di riconoscere al Parlamento una più ampia funzione in materia legislativa sono stati introdotti diversi tipi di procedura: il parere conforme, laprocedura di codecisione e la procedura di cooperazione, la consultazione del Parlamento, la procedura di concertazione. Non esiste dunque un unico iter di formazione degli atti, ma le procedure sono varie.
Un atto del Consiglio, dice l'articolo 189 a, è adottato su proposta della Commissione. La proposta della Commissione deve essere una proposta motivata, deve già dare una qualificazione giuridica all'atto da emanare e deve fare riferimento al principio di sussidiarietà.
Il Consiglio può emanare un atto che costituisca modifica o emendamento della proposta soltanto all'unanimità. Dal momento che il Consiglio, seppure all'unanimità, può discostarsi dall'atto proposto dalla Commissione, quest'ultima tende ad emanare, nella maggioranza dei casi, proposte di atti che abbiano già ricevuto una sorta di consenso preventivo da parte del Consiglio. Questa prassi è stata istituzionalizzata con
Il compromesso di Lussemburgo, nel quale si è chiesto alla Commissione di richiedere preventivamente l'assenso del Consiglio affinché esso non dovesse ogni volta raggiungere l'unanimità per opporsi alla proposta di atto. Questa forma di procedimento, abbastanza semplice, è raramente utilizzata. Il Trattato di Maastricht ha introdotto all'art. 189 b/c due nuovi tipi di procedura, che il Trattato di Amsterdam ha esteso a molti settori.
PROCEDURA DI CODECISIONE. La procedura di codecisione è caratterizzata da una prima e da una seconda lettura degli atti. Il procedimento, in prima lettura, parte sempre da una proposta della Commissione, (proposta motivata, indicazione della base giuridica, principio di sussidiarietà). La proposta passa al Parlamento, che pronuncia un parere obbligatorio. Prosegue poi al Consiglio, il quale, all'unanimità, può discostarsi dalla proposta, oppure, a maggioranza qualificata, tenendo conto
del parere del Parlamento, adottare una posizione comune. A questo punto finisce la prima lettura con l'adozione di una posizione comune, che è un atto in fieri. Ha inizio la seconda lettura: dopo che il Consiglio si è pronunciato l'atto ritorna al Parlamento. Il Consiglio informa in maniera esauriente il Parlamento dei motivi che lo hanno indotto a votare la posizione comune, e si esprime anche la Commissione. Il Parlamento ha tre mesi per attivarsi:- può rimanere in una situazione di silenzio - assenso oppure può approvare la posizione comune, che passa poi al Consiglio per essere adottata;
- può, a maggioranza assoluta, rigettare la posizione comune. In questo caso viene convocato il comitato di conciliazione. Se non vi è accordo, l'atto è definitivamente rigettato;
- può, a maggioranza assoluta, proporre degli emendamenti. Il testo emendato viene comunicato alla Commissione, che dovrà
Rielaborare la proposta, decidendo di tenere conto degli emendamenti del Parlamento o di rigettarli.
Entro un termine di tre mesi, il Consiglio può approvare gli emendamenti a maggioranza qualificata, modificare la posizione comune e adottare l'atto. Il Consiglio dovrà deliberare all'unanimità sugli emendamenti che la Commissione ha rigettato.
Nel caso in cui il Consiglio rigetti gli emendamenti proposti dal Parlamento, viene convocato il comitato di conciliazione.
Il comitato di conciliazione è composto da quindici membri del Consiglio, quindici membri del Parlamento, più la Commissione ed ha il compito, in sei settimane, di raggiungere un accordo.
Se si raggiunge un'intesa, inizia un altro periodo di tempo di sei settimane in cui l'atto elaborato dal comitato di conciliazione può essere adottato dal Parlamento a maggioranza assoluta e dal Consiglio a maggioranza qualificata. La Commissione partecipa ai lavori.
Nel caso in cui
l'atto venga ancora una volta rigettato, l'atto si considera definitivamente non adottato ameno che, nelle sei settimane, il Consiglio non lo confermi a maggioranza qualificata, eventualmente con gli emendamenti del Parlamento. Il Parlamento può a sua volta rigettare l'atto a maggioranza assoluta, e in questo caso esso si intende definitivamente non adottato.MODIFICHE ALLA PROCEDURA DI CODECISIONE INTRODOTTE DAL RATTATO DI AMSTERDAM
Abbiamo visto come la procedura di codecisione preveda una doppia lettura dell'atto (1 e 2 lettura). Il Trattato di Amsterdam interviene attribuendo al Parlamento funzioni ancora maggiori, confermando la politica che ha caratterizzato l'atto unico europeo e il Trattato di Maastricht, ovvero quella di dare un ruolo crescente al Parlamento europeo. Come abbiamo visto, la proposta, in prima lettura, è formulata dalla Commissione e passa poi al Parlamento, che pronuncia un parere obbligatorio. Il Consiglio, all'unanimità,può discostarsi dalla proposta, oppure adottare una posizione comune a maggioranza qualificata. Con le innovazioni introdotte dal Trattato di Amsterdam:- se il Parlamento non emenda l'atto proposto dalla Commissione, e se il Consiglio non lo rigetta, l'atto può essere adottato in prima lettura;
- se il Parlamento propone degli emendamenti, allora il Consiglio deve approvare tutti gli emendamenti affinché l'atto sia adottato;
- se l'atto viene respinto a maggioranza assoluta dei membri del Parlamento esso si intende non adottato.
- non esprimersi (silenzio assenso)
- rigettare la proposta di atto
- emendare l'atto
Consiglio lo adotterà a maggioranza qualificata. Nel caso in cui il Parlamento apporti degli emendamenti, il testo modificato dovrà essere trasmesso alla Commissione che dovrà riformulare la proposta. La Commissione poi comunicherà la proposta al Consiglio, indicando quali sono gli emendamenti accolti e quali quelli rigettati. Il Consiglio potrà riprendere gli emendamenti che la Commissione ha rigettato, deliberando all'unanimità, oppure adottare la proposta così com'è stata formulata dalla Commissione deliberando a maggioranza qualificata. Com'è evidente non vi è traccia in questo procedimento del comitato di conciliazione. Si può rilevare anche come nella procedura di codecisione, con le modifiche introdotte dal Trattato di Amsterdam, al Parlamento è assicurata una certa prevalenza, mentre nella procedura di cooperazione l'ultima parola spetta al Consiglio. Accanto a queste funzioni
propriamente legislative, va ricordata l'esistenza di funzioni del Parlamento che potremmo definire consultive, consistenti nell'emanazione di pareri obbligatori o facoltativi, non vincolanti, a meno che non siano espressamente richiesti dalla Costituzione o da altre leggi.