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La corporate governance può essere definita come l’insieme di sistemi di amministrazione e controllo, sebbene sia riduttivo, in
quanto essa attiene fortemente all’aspetto organizzativo e all’equilibrio tra compiti e responsabilità nell’impresa. Inoltre nella
corporate governance sono coinvolti: l’organo assembleare che esegue una funzione organizzativa (in senso molto lato),
l’organo amministrativo che esegue una pianificazione strategica e una gestione amministrativa in senso proprio nonché un
momento di controllo.
Questa disciplina si applica alle società finanziarie, ma anche alle banche e alle assicurazioni.
In termini di corporate governance, la prima innovazione è stato sicuramente introdotta dal TUF, il quale però ha lasciato il
testimone al diritto societario, il quale ha completato le linee guida della riforma.
In particolare in termini di:
1. Accentuazione dell’autonomia privata. Questa accentuazione sembra però in forte scontro con l’esistenza della
vigilanza regolamentare, la quale segue sempre una linea prudenziale, sebbene proprio nei suoi regolamenti ammetta
l’autonomia privata. Il prodotto principale in questi termini è il codice di autodisciplina delle società quotate, il quale
prevede fra le altre cose, la presenza di comitati all’interno del consiglio di amministrazione.
2. Introduzione di due nuovi modelli di governance, oltre al precedente: il monistico e il dualistico. Sono due modelli che
richiedono tutele in ambito di statuto. È il legislatore stesso che spinge alcune scelte dal punto di vista statutario,
questo perché non esistono nel TUB e nel TUF norme di rango primario che permettano di regolamentare determinate
discipline. Tenuto conto che quando si deroga al diritto comune lo si deve fare rimandando a norme di pari grado, il
limite dei testi unici di primo grado è che non possiedono le norme ponte per disciplinare determinati argomenti.
3. Perfezionamento dell’amministrazione delegata e in particolare i ruoli che può occupare la figura dell’amministratore
delegato (art.2381 c.c.). Solo nel 2003, la norma citata ha permesso di stabilire quanto vi era nel TUF, in particolare:
a. Gli organi delegati (amministratore delegato e organo esecutivo) curano l’assetto organizzativo,
amministrativo e contabile.
b. I deleganti (il CDA) valuta l’adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e contabile.
Quindi si definisce chi deve occuparsi del profilo organizzativo, il cui assetto deve ricercarsi avendo come presupposto:
I. Natura dell’impresa: nel nostro caso tutta l’intermediazione finanziaria.
II. Dimensione dell’impresa: ovviamente al crescere della dimensione, aumenta la stessa necessità di
articolazione.
Il TUF impone l’obbligo di una determinata forma organizzativa interna, comprimendo l’autonomia del soggetto, in quanto il
legislatore predispone un determinato apparato organizzativo e quindi l’implementazione di un sistema di controllo interno.
L’ Art.6, comma 2-bis, TUF dispone che la BI e la Consob disciplinino unitamente gli obblighi dei soggetti abilitati in materia di
assetti organizzativi. Questa è difatti la norma primaria che delega la vigilanza a deliberare. Questa delega inoltre è sancita dal
regolamento emanato nel 2007, da BI e Consob, appunto sull’art.6 del TUF. Tenuto conto che per le banche i provvedimenti
secondari sono molto più articolati, per le parti in cui il regolamento non è esaustivo, si possono andare a vedere le regole delle
banche, emanate dalla BI. Ad ogni modo questo regolamento è innovativo sul paradigma di fare impresa. Oggi difatti bisogna
ragionare per funzioni aziendali:
1. Supervisione strategica
2. Amministrazione
3. Controllo
La prima argomentazione a questa impostazione è che esistono più sistemi di controllo, e che le funzioni non sono più imputate
ad un solo organo, ma bensì spalmate su tutta la struttura organizzativa.
Le attività principali quindi sono:
1. Attività di impostazione della strategia d’impresa e soprattutto la gestione del rischio
2. Funzione di gestione, cioè attuazione della supervisione strategica
3. Attività di riscontro della correttezza e della legalità gestoria
Mentre le prime due sono in mano al consiglio d’amministrazione, la terza è di responsabilità del collegio sindacale. Le prime
due funzioni sono imputate al consiglio d’amministrazione per una visione classica dell’impresa, in cui lo stesso organo disegna
le strategie e il consiglio, tramite la delega, espleta la funzione di gestione.
La regolamentazione ci dice in che modo cautelare bisogna far coesistere due funzioni all’interno dello stesso organo: vi è la
necessaria presenza di comitati interni, i quali sono uffici aziendali, non propriamente organi delegati, volti a supportare le
decisioni assumibili negli organi veri e propri. Si inserisce un comitato di controllo in capo al consiglio di amministrazione, che
non si sovrappone alla funzione del collegio sindacale, ma bensì effettua una funzione di primo controllo.
Nell’art. 4 si disciplina che gli intermediari si dotino di un sistema unitario di organizzazione, il cui sistema organizzativo deve
mantenere:
1. Sana e prudente gestione
2. Contenimento del rischio
3. Stabilità patrimoniale