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La procedura da seguire in detto arbitrato

dovrebbe rispondere a criteri di rapidità e di snellezza ed ha come evidente scopo quello di dimostrare che la giustizia privata è ben più rapida della giustizia ordinaria. E così, dopo il periodo necessario per l'individuazione del Presidente e della sede del collegio, la parte convenuta deve depositare entro 30 giorni (si ricorda che il ricorrente che intenda adire il collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare alla controparte un vero e proprio ricorso, contenente oltre che le ragioni di fatto e di diritto su cui fonda la sua pretesa anche i mezzi di prova, le norme invocate a sostegno della propria tesi e la solita richiesta eventuale di decidere secondo equità) una memoria difensiva sottoscritta da un avvocato con le difese, le eccezioni, le domande riconvenzionali e l'indicazione dei mezzi di prova.

Nei 10 giorni successivi, il ricorrente può depositare memoria di replica;

neisuccessivi 10 giorni il convenuto può depositare una controreplica; nei 30giorni successivi il collegio deve fissare la data dell'udienza, ove vienepreliminarmente svolto il tentativo di conciliazione e, nel caso in cui questanon riesca, il Collegio provvede ad interrogare le parti, ad ammettere le proveo a discutere oralmente la causa; nel caso di ammissione delle prove, questedevono essere assunte entro 10 giorni ed in quella sede deve essere anchesvolta la discussione orale; nei 20 giorni successivi deve essere depositato illodo.Come si vede, si tratta della trasposizione delle norme previste attualmente peri ricorsi avanti il giudice ordinario, con l'imposizione di termini strettissimiche, peraltro, erano, in buona misura, contenuti già nelle norme avanti lagiustizia ordinaria del lavoro e che, in molti casi, non hanno potuto essererispettate, vuoi per i motivi di disorganizzazione, di cattiva distribuzione dirisorse, di scarsa buona volontà, diincidenza dell'arretrato, di cattivo funzionamento amministrativo degli enti previdenziali, vuoi per la oggettiva complessità e difficoltà, soprattutto nella raccolta delle prove, che presentano molte cause di lavoro. Dunque, affermare che il collegio arbitrale possa assumere e concludere le prove già nella prima udienza o al massimo in un'altra udienza a distanza di non più di 10 giorni, significa dare uno schiaffo alla giustizia ordinaria e ribadire la piena superiorità della giustizia privata, anche in materia di lavoro, ma senza che vi sia la concreta possibilità di concludere davvero la vertenza in quei termini. Ancora una volta, come per il "processo breve", invece di occuparsi della soluzione dei problemi che rendono lungo il processo del lavoro, si finge di poter operare con la bacchetta magica, imponendo termini insostenibili, e per giunta, in questo caso, sostituendo addirittura il Giudice! Insomma l'apoteosi della

Critica ai giudici fannulloni! Non si dimentichi, poi, i costi dell'arbitrato che vengono indicati dalla norma in misura pari al 2% per il compenso del Presidente e all'1% per ogni arbitro di parte, costi cui si aggiungono le spese legali, il cui onere viene regolato dagli artt. 91 e 92 c.p.c.

La norma sulla quale si sono appuntate le maggiori critiche da parte dei giuslavoristi più avveduti è contenuta nell'art. 31 comma 9 che prevede che "le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie di cui all'art. 808 c.p.c. che inviano alle modalità di espletamento dell'arbitrato di cui agli artt. 412 e 412 quater c.p.c. solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni più rappresentative sul piano nazionale. La clausola compromissoria, a pena di nullità, deve essere certificata in base alle disposizioni di cui al titolo VIII del D.Lgs. 276/2003.

dagli organi di certificazione di cui all'art. 76 del medesimo decreto legislativo e successive modificazioni. Le commissioni di certificazione accertano la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie che dovessero insorgere in relazione al rapporto di lavoro. In assenza dei predetti accordi interconfederali o contratti collettivi, trascorsi 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge il Ministero del Lavoro definisce con proprio decreto, sentite le parti sociali le modalità di attuazione e di piena operatività delle disposizioni di cui al presente comma."

Dunque, la norma prevede che, ferma restando la possibilità, assolutamente formale come vedremo in seguito, di adire l'autorità giudiziaria, le parti sociali possano istituire clausole compromissorie, che devono necessariamente essere certificate, su tutte le materie di cui all'art. 409 c.p.c..

La questione della certificazione appare, dunque, centrale.

per valutare laserietà della innovazione legislativa. Ben sappiamo come la certificazione, benché prevista da molti anni, non abbia avuto gran successo, anche per la semplice considerazione che non esisteva alcuna garanzia che il prodotto di quell'ente di certificazione potesse resistere alla valutazione di un giudice che avrebbe potuto accertare come un contratto certificato come "a progetto" fosse, in realtà, un vero e proprio contratto di lavoro subordinato ed allora il legislatore ha ritenuto di poter aggirare il problema escludendo l'intervento del giudice e sostituendolo con un arbitro il quale potrà decidere anche secondo equità e, dunque, non attenendosi alle norme di diritto. Per inciso, ed a sottolineare l'importanza che le commissioni di certificazione hanno nel nuovo sistema introdotto dal legislatore, l'art. 31 comma 2), che modifica l'art. 410 c.p.c., mantiene l'obbligatorietà del tentativo.

Diconciliazione nel solo caso di ricorso avverso la certificazione rilasciata da una apposita commissione. Dunque, i diritti del lavoratore vengono filtrati da un preventivo inserimento nel contratto collettivo di generali clausole compromissorie stipulate tra le parti sociali e, successivamente, decise da un arbitro costituito da una terza nella quale due degli arbitri coinvolti, con buona probabilità, sosterranno le reciproche tesi dei propri assistiti e la decisione finale spetterà al Presidente del Collegio, scelto, come detto, tra docenti universitari ed avvocati cassazionisti.

È evidente come una simile soluzione non dia al lavoratore quella garanzia di terzietà, autonomia ed imparzialità del giudicante che gli derivava dal sapere che la propria vertenza sarebbe stata decisa da un Magistrato.

La questione assume, poi, toni ancora più drammatici se si pensa che, in assenza della stipula di accordi interconfederali o CCNL contenenti le

alle clausole compromissorie, se non si raggiunge un accordo tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, la competenza sulla materia passerà al Ministero del Lavoro. Sarà quindi il Ministero a determinare le modalità di attuazione e di piena operatività delle disposizioni. Non è chiaro cosa significhi esattamente questa situazione e se si verificherà mai un caso del genere. Tuttavia, il timore di un possibile intervento del Ministero del Lavoro potrebbe rappresentare una minaccia per le organizzazioni sindacali. Per evitare ulteriori rischi derivanti da un intervento ministeriale, potrebbero essere indotte ad inserire clausole compromissorie per limitare i danni. Non è possibile determinare con certezza cosa accadrà in futuro, ma è importante tenere presente questa possibilità e valutare attentamente le decisioni da prendere in merito alle clausole compromissorie.

detto sta a significare che, per il momento, la norma non può trovare applicazione, sino al momento in cui le parti contrattuali non pattuiscono clausole compromissorie in accordi interconfederali e CCNL, oppure decorsi 12 mesi dalla prossima entrata in vigore della legge.

Parrebbe, dunque, che la questione concerna esclusivamente i futuri assunti, e già ciò costituisce motivo di grave preoccupazione, ma così non è, perché le parti possono richiedere la certificazione del loro contratto di lavoro anche se il contratto è in corso di esecuzione: in questo caso gli effetti si producono dal momento di inizio del contratto (art. 31, comma 15), qualora la Commissione di Certificazione verifichi che l'attuazione precedente del contratto di lavoro era stata sempre coerente con quella che la Commissione si trova a certificare in quel momento.

In ogni caso, l'art. 30 comma 4, provvede a modificare l'art. 75 del D.Lgs. 276/2003 chiarendo che

“Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo.”

Dunque, nel momento in cui verrà pattuita tra le parti sociali una clausola compromissoria o dal momento in cui il Ministero detterà le modalità di attuazione di questo rito arbitrale, in caso di certificazione le clausole compromissorie potrebbero applicarsi anche ai lavoratori già dipendenti.

Non v’è dubbio, comunque, che il problema di maggior spessore riguarda i futuri assunti i quali, nel momento della sottoscrizione del contratto di lavoro, si troveranno di fronte alla scelta obbligata di aderire a quella clausola compromissoria, pena la evidente non assunzione presso quel datore di lavoro.

E’ evidente che il lavoratore non è formalmente obbligato a seguire la via arbitrale.

ma è altrettanto evidente che, nella sua condizione di inferiorità rispetto al datore di lavoro e nell'attuale crisi di mercato, generalizzata, egli sarà costretto ad accettare di sottoscrivere il contratto di assunzione contenente quelle clausole e, naturalmente, ad accettare anche che la decisione avvenga non secondo le norme di diritto, ma secondo equità. Dunque, se il lavoratore avrà sottoscritto la clausola compromissoria all'atto dell'assunzione, ogni qualvolta egli vanti un diritto che intenda far valere, dovrà seguire la procedura di cui all'art. 412 quater e ciò varrà anche nell'ipotesi in cui il ricorrente sia il datore di lavoro, perché anche in questo caso il lavoratore convenuto non potrà rifiutare di accettare la procedura arbitrale cui si era già impegnato. Ed allora, abbiamo già privatizzato la giustizia del lavoro, abbiamo aumentato i costi, abbiamo reso più

difficoltos

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Publisher
A.A. 2010-2011
15 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Paolo Tosi.