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Capitolo Sesto: Le obbligazioni del lavoratore

Prestazione di lavoro subordinato:

  • Diligenza (art. 2104, c. 1, c. c.)
  • Obbedienza (art. 2104, c. 2, c. c.)
  • Fedeltà (art. 2105)

OBBLIGO DI DILIGENZA:

Art. 2104, 1° comma, diligenza del prestatore di lavoro. Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Il parametro alla cui stregua va valutata la diligenza è la natura della prestazione dovuta dal lavoratore, in coerenza con quanto disposto dall'art. 1176, comma 2, c,c, in base al quale, nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata. L'art. 2104 comma 1 fa riferimento anche all'interesse dell'impresa e a quello superiore della produzione nazionale.

DOVERE DI OBBEDIENZA: Art. 2104,

2° comma, deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.

Ha natura di soggezione giuridica in senso proprio, in quanto il lavoratore soggiace agli effetti dell’esercizio del potere altrui ed alle modificazioni che questo produce nella sua sfera giuridica.

Secondo l'interpretazione prevalente il cosiddetto dovere di obbedienza rappresenterebbe, insieme all'obbligo di diligenza, misura della presenza dovuta e criterio per valutare la correttezza dell'adempimento del prestatore di lavoro.

OBBLIGO DI FEDELTA': ai sensi dell'art. 2105 c.c Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

(Vi sono tre obblighi particolari: nonconcorrenza, segretezza, divieto di utilizzare notizie in modo pregiudizievole per l'impresa) La questione classica posta da questa norma prevede due obblighi: obbligo di non concorrenza e obbligo di riservatezza, i quali secondo l'impostazione tradizionale, costituiscono specificazione delle generali direttive della correttezza (art. 1175 c.c) e buona fede (art. 1375 c.c). L'obbligo di segretezza nella giurisprudenza: viola l'obbligo di segretezza il dipendente che trasmetta notizie riguardanti la partecipazione ad una gara d'appalto dell'azienda presso cui lavora ad altra società poi rimasta aggiudicataria dei lavori (Cass. pen. 12/4/1985). ●Divieto di non concorrenza: è quello stabilito nell'art. 2105 c.c. che vincola il lavoratore durante il rapporto di lavoro ●Patto di non concorrenza: ai sensi dell'art. 2125 è valido il patto di non concorrenza, è un contratto che

Vincola il lavoratore in un momento successivo alla cessione del rapporto di lavoro. E' valido il patto di non concorrenza relativo a un periodo successivo alla cessazione del rapporto qualora esso risulti da atto scritto, sia pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e il vincolo sia contenuto entro determinati limiti di oggetto, tempo e luogo. La durata del vincolo non può essere superiore a 5 anni se si tratta di dirigenti e a 3 anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce alla misura indicata (art.2125, comma 2, c.c).

Concorrenza sleale: è l'utilizzo di tecniche e mezzi illeciti per ottenere un vantaggio sui competitori o per arrecare loro un danno (es. utilizzo di nomi o marchi che ricordino quelli di altre aziende - fino ad arrivare alla contraffazione - o la diffusione di informazioni che gettino discredito sulle attività dei concorrenti).

L'orario di lavoro, la durata massima e il lavoro

straordinarioIl contratto di lavoro è un contratto di durata e le sue obbligazioni sono destinate ad essere adempiute nel tempo.Tale circostanza, alla luce del diretto coinvolgimento della persona del lavoratore e della conseguente necessità di tutelare l'integrità psichica e fisica di questo, rende la dimensione temporale della prestazione lavorativa particolarmente rilevante. Basti pensare che proprio la previsione di limiti alla durata della giornata lavorativa è stata una delle prime conquiste ottenute in materia di diritto del lavoro, all'indomani della rivoluzione industriale.

L'orario normale di lavoro

  1. Durata massima settimanale
  2. Lavoro straordinario
  3. Lavoro notturno

L'orario normale di lavoro

La disciplina nazionale dell'orario di lavoro è stata interessata da una lunga evoluzione, che è andata di pari passo con l'evoluzione economica mondiale e che è sfociata nell'emanazione del decreto

legislativo numero 66/2003, nel quale oggi la materia trova la sua principale fonte di disciplina. In tale testo si intende per orario di lavoro "qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni". La sua durata normale è fissata in quaranta ore settimanali, ma viene fatta salva la possibilità per i contratti collettivi di prevedere una durata minore o di riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative rese in un periodo non superiore a un anno (cd. orario multiperiodale).

Scompare nel testo del 2003 ogni riferimento alla durata giornaliera della prestazione lavorativa, anche se il suo limite massimo può essere individuato a contrario in tredici ore, dato che l'articolo 7 del d.lgs. n. 66 sancisce che ogni lavoratore ha diritto a un riposo consecutivo di undici ore ogni ventiquattro.

Durata massima settimanale: Non solo la

La giornata lavorativa ha una sua durata massima, ma anche la settimana. Il legislatore, infatti, ha previsto che la settimana lavorativa non può superare il limite medio di 48 ore comprensive dello straordinario, calcolato avendo come riferimento un arco temporale di quattro mesi, modificabile ad opera della contrattazione collettiva. In particolare, la contrattazione collettiva può innalzare il periodo di riferimento per il calcolo medio della durata massima settimanale a sei mesi o anche a dodici mesi a fronte di ragioni oggettive, tecniche o inerenti l'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti.

Lavoro straordinario

Il lavoro prestato oltre l'orario normale è definito lavoro straordinario. Esso secondo la disciplina di legge è contenuto e le sue modalità di esecuzione sono regolamentate dai contratti collettivi applicabili. In assenza di disciplina collettiva, in ogni caso, il lavoro straordinario può comunque essere

svolto: è a tal fine necessario un accordo tra lavoratore e datore di lavoro e le ore massime che possono essere richieste sono duecentocinquanta ogni anno. L'articolo 5 del decreto numero 66, al comma 4, stabilisce poi che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, è ammesso in casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive impossibili da fronteggiare attraverso l'assunzione di altri lavoratori e in casi di forza maggiore o in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa essere fonte di un pericolo grave e immediato o di un danno alle persone o alla produzione. Legittimano lo straordinario, inoltre, eventi particolari come mostre, fiere e manifestazioni collegate all'attività produttiva, nonché l'allestimento di prototipi, modelli o simili predisposti per le stesse. In forza di legge, lo straordinario va computato a parte rispetto al normale orario di lavoro e.deve essere compensato con delle maggiorazioni retributive secondo la misura prevista dai contratti collettivi di lavoro o, se questi ultimi lo consentono, in alternativa o in aggiunta con dei riposi compensativi. Lavoro notturno Il lavoratore che svolge durante il periodo notturno (ovvero il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino) almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in maniera normale o almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dalla contrattazione collettiva o, in difetto di disciplina collettiva, almeno tre ore per un minimo di ottanta giorni lavorativi l'anno (da riproporzionare in caso di part-time) è definito lavoratore notturno. Esso soggiace a una particolare disciplina di legge, contenuta negli articoli da 11 a 15 del decreto legislativo numero 66/2003, che può essere in larga parte derogata dalla contrattazione collettiva. In particolare,

Norme specifiche riguardano la sua modalità di organizzazione, la sussistenza di specifici obblighi di comunicazione, la durata, la tutela e il trasferimento al lavoro diurno.

Si segnala, in particolare, che i contratti collettivi sono chiamati a stabilire i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno e che è in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro dalla mezzanotte alle sei dall'accertamento dello stato di gravidanza sino al compimento di un anno di età del bambino.

La legge prevede poi che non sono obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre con la stessa convivente; la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni; la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore nei primi tre anni dall'ingresso di questo.

in famiglia o, comunque, non oltre il dodicesimo anno di età (o in alternativa il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa e alle medesime condizioni) e la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile. L'art. 36 della Costituzione, prevede al comma 2, che la durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge e, al comma 3, che il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi. Il d.lgvo n.66 del 2003 contiene una disciplina generale esaustiva della materia: in esso infatti sono regolati tutti gli aspetti dell'orario di lavoro, tra cui la durata normale e quella massima della prestazione, il lavoro straordinario e notturno, le pause, i riposi settimanali e le ferie, nonché l'apparato sanzionatorio per il caso di superamento dei limiti. Vi sono tuttavia categorie di prestatori esclusi dall'applicazione del decreto, come i dirigenti.no 11 ore consecutive per ogni periodo di 24 ore. Inoltre, è previsto un riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive, che può essere ridotto a 36 ore consecutive ogni due settimane. Durante il riposo giornaliero e settimanale, il lavoratore non può essere richiamato al lavoro. Il riposo è fondamentale per garantire il benessere e la sicurezza dei lavoratori. Una corretta gestione del riposo contribuisce a prevenire l'affaticamento e il rischio di incidenti sul lavoro. Inoltre, il riposo adeguato favorisce il recupero fisico e mentale, consentendo ai lavoratori di essere più produttivi e concentrati durante le ore di lavoro. È compito del datore di lavoro assicurarsi che i lavoratori abbiano accesso al riposo adeguato e rispettino le disposizioni normative in materia. In caso di violazione delle norme sul riposo, i lavoratori hanno il diritto di segnalare l'infrazione e richiedere il rispetto dei loro diritti. In conclusione, il riposo è un elemento essenziale per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. La normativa vigente stabilisce la durata minima del riposo giornaliero e settimanale, che deve essere rispettata per tutelare i diritti dei lavoratori.
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A.A. 2020-2021
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elchichinho di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Giasanti Lorenzo.