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CONTRATTAZIONE AZIENDALE
La fonte contrattuale collettiva tutt’oggi più importante per controllare e
analizzare quello che è il regolamento contrattuale del rapporto di lavoro è
costituita dal contratto collettivo nazionale. C’è sempre stata però la
contrattazione aziendale che è al centro da alcuni anni anche di dibattiti di
politica economica e di politica del diritto molto importanti perché si ritiene che
lo sviluppo della contrattazione aziendale, possa essere uno strumento di
promozione dello sviluppo economico in quanto la contrattazione aziendale
secondo taluni sarebbe in grado, molto più del contratto nazionale, di
rispondere alle esigenze della competitività della singola impresa e creare
regole adatte ad essa.
Occorre stabilire delle regole per tutte le imprese che a livello nazionale
operano in quel determinato settore. Delle regole standard che sono concepite
in un arco così ampio sono regole che non possono tenere conto della
specificità dei singoli sotto settori ma sono clausole, regole e contenuti che
dettano regole comuni su condizioni molto standard e su ipotesi di imprese e di
processi produttivi standard.
La contrattazione aziendale ha la possibilità di costruire regole adatte alle
esigenze di quell’impresa e di quel lavoratore e quindi più vicine ai problemi
regolativi di quell’impresa.
Ci sono delle potenzialità di aumento delle retribuzioni importanti rispetto alle
retribuzioni dei contratti collettivi nazionali per le imprese che vanno bene.
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Dal punto di vista sindacale, il contratto collettivo visto in questo senso è
un’opportunità perché ha l’opportunità di prevedere trattamenti migliorativi per
tutti i dipendenti di quell’impresa. Se non ci fosse questa opportunità, quella
potenzialità del pagare retribuzioni più elevate l’impresa la fa solo nei confronti
dei lavoratori che l’impresa vuole trattenere o conquistare sul mercato.
Il contratto aziendale è quindi un modo per i sindacati a livello aziendale, dove
ci riescono, per recuperare controllo effettivo per esempio su una quota della
massa salariale che l’impresa è in grado di spendere. Ci sono poi una serie di
tematiche che la contrattazione aziendale ha conquistato nel tempo e che di
solito ricadono per i lavoratori su forme di contrattazione di retribuzione
variabile.
Altro tema oggi molto trattato è quello del welfare aziendale, cioè forme di
prestazioni che hanno fonte contrattatale e che danno benefici ai lavoratori non
in termini di erogazione diretta del danaro ma in termini di messa a disposizioni
di servizi di vario genere: dalla sanità integrativa, all’asilo nido per i figli dei
dipendenti, piuttosto che la ristorazione, la mensa ecc….
La contrattazione aziendale è uno strumento importante e che è diffuso in
alcuni settori dell’economia, più facilmente nelle industrie medio-grandi o nelle
multinazionali ecc…. È da sempre oggetto anche di regolazione diretta o
indiretta da parte dell’ordinamento e da parte della contrattazione collettiva in
quei sistemi citati.
In materia di contrattazione aziendale troviamo l’unica disciplina che si è
contrattazione collettiva di prossimità
occupata della (art. 8 D.lgs. 138/2011),
intendendo come tale la contrattazione territoriale e aziendale.
Nel 2011 c’è stato un periodo di rischio fortissimo di crisi per il paese. Eravamo
nel pieno della crisi economica. Questo provvedimento legislativo è stato
considerato un provvedimento imposto per l’Europa. Questo decreto è un
decreto che arriva dopo una famosa lettera del presidente uscente della BCE
che insieme al governo italiano la firmò e si decise di fare alcune cose. Tra le
cose che riguardavano il lavoro c’era un riferimento ai licenziamenti e a varie
questioni ed in particolare si dice che bisogna sostenere la contrattazione
aziendale. “I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello
Art. 8 D.lgs. 138/2011:
aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro
rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e
degli accordi interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del
28 giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti
di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di
un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali,
finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro,
all'adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro
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irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi
aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attività”.
Questa è una norma speciale nel senso che non riguarda la contrattazione
collettiva territoriale aziendale in generale ma si applica ai contratti collettivi
aziendali che rientrano nella logica di questa norma.
I contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale possono fare una serie di
cose. Questi sono i contratti che riguardano la regolazione di alcune materie. Le
materie su cui si voleva spingere la contrattazione aziendale a fare questi
accordi sono le materie degli impianti audiovisivi, delle nuove tecnologie, le
materie relative alla professionalità, all’orario di lavoro, alla disciplina di
assunzione del rapporto di lavoro ecc….
A questi contratti il legislatore, con l’art. 8, dà in dote due caratteristiche molto
importanti e che contengono un’informazione molto radicale rispetto
all’impostazione tradizionale dell’ordinamento.
La prima dote attribuita a questi contratti è quella secondo cui questi contratti
possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i
lavoratori interessati. Quindi la prima dote è quella di dire che questi contratti a
livello aziendale e territoriale, se stipulati da quei sindacati con quelle
caratteristiche, sono efficaci per tutti. Abbiamo l’unica norma che parla di
efficacia generale dei contratti, a condizione che queste intese vengano
sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette
rappresentanze sindacali.
La seconda dote che il decreto n. 138/2011 attribuiva alla contrattazione
Fermo
aziendale per sostenerla e rilanciarla è data dal comma 2bis che recita: “
restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle
normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le
specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di
legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative
regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro ”.
Questa è stata considerata come una norma eversiva del sistema delle fonti
che ribalta, incide e crea un’eccezione per cui il contratto collettivo
sembrerebbe, da questa norma, che smette di essere assoggettato alla legge
nel sistema delle fonti. Cioè, il contratto collettivo aziendale può operare anche
in deroga alle disposizioni di legge delle materie su cui interviene.
Es: un contrattato di prossimità che interviene in materia di part-time può
operare in deroga alla disciplina legale a livello parziale.
Questo operare in deroga deve comunque avvenire nel rispetto della
costituzione, nonché dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle
convenzioni internazionali sul lavoro.
Il problema che si apre è quello che per la prima volta abbiamo un contratto
collettivo che può operare entrando in dialogo diretto con il diritto europeo,
creando a quel punto anche problemi rilevanti.
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Il problema, riprendendo l’es. precedente, sarà capire se da un contratto di
prossimità che interviene sul part-time, la clausola di quel contratto è coerente
o meno al diritto europeo, senza avere la mediazione della norma legale che ha
attuato quelle normative internazionali. Il che, paradossalmente, per le finalità
di quel provvedimento che voleva anche introdurre maggiore certezza
nell’ordinamento, consegna la verifica sulla legittimità di questo tipo di accordo
alla giurisdizione.
Va segnalato che questa norma può anche darsi che in realtà sia stata poco
attuata, probabilmente anche per il tasso di incertezza interpretativa che
questa norma porta con sé, ma tuttavia va detto che è una norma dal punto di
vista sistematico molto importante perché:
- è l’unica norma di legge che ha disciplinato le modalità di stipulazione e
di efficacia dei contratti collettivi;
- è una norma che prevede una deroga rispetto alle regole generali di
rapporto tra fonti legali e contrattuali che evidentemente è
particolarmente significativa.
STATUTO DEI LAVORATORI:
- Titolo II: Della libertà sindacale
- Titolo III: Dell’attività sindacale
Qual è dal punto di vista sistematico la linea di fondo di queste due parti
centrali dello statuto? Sostanzialmente è come se, una volta sistemate e dette
alcune cose importanti sulla tutela dei valori individuali nel rapporto di lavoro
(titolo I), il legislatore non ritenesse compiuto il suo compito di rendere moderni
e coerenti a un’impostazione costituzionale e democratica i principi di
regolazione dei rapporti di lavoro.
Il titolo II è una disciplina tesa a dare effettività e protezione più specificata alla
libertà sindacale (art. 39, 1° co.).
La libertà sindacale non basta che sia affermata in un principio costituzionale
ma ha bisogno di regole effettive. Lo statuto dei lavoratori interviene sulla
tutela della libertà nei confronti dei poteri privati (quelli dei datori di lavoro e
degli imprenditori: come evitare che un’impresa possa limitare la libertà
sindacale).
C’è un precedente rispetto allo statuto del 1970 e che possiamo considerare
come la prima norma a sostegno dell’attività sindacale. È una norma all’interno
della legge 604/1966 che è la legge che per la prima volta ha modificato la
disciplina generale del recesso da contratto del lavoro introducendo l’obbligo di
motivazione del licenziamento. All’interno di quella legge compariva anche una
norma, l’art. 4, che sanciva con la nullità il licenziamento adottato per motivi
sindacali. 123
Lo statuto dei lavoratori dedica alcune norme a garantire l’effettività della
libertà sinda