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Se una controversia riguarda solo privati, competente è il giudice ordinario. Al suo
interno si distingue in giudice civile e giudice penale. I soggetti sono posti su un piano
di parità giuridica. Anche per i giudici ordinari è assicurato il doppio grado di giudizio.
Inoltre esiste la Cassazione, come ultimo grado di giudizio e decide solo sulle questioni
di diritto, non sulle questioni di fatto.
La PA non esercita sempre un potere, non è sempre in posizione di supremazia; talvolta
intrattiene una relazione con i privati su un piano di tendenziale parità. Si sfruttano
prevalentemente in questo caso regole di diritto civile, ma non esclusivamente. Il
Comune di Milano non svolge manutenzione sul manto stradale e un cittadino si fa
male >> la relazione è diversa rispetto al caso in cui la PA esercita un potere, perché
manca l’atto che cagiona danno, manca il provvedimento. C’è in gioco un’omissione da
parte del Comune. In tal caso la relazione è governata dal diritto privato, non da quello
pubblico e ciò comporta una conseguenza giurisdizionale, in quanto se le regole del
rapporto tra amministrazione e privato sono di diritto civile, avrà giurisdizione il giudice
civile.
Ci sono determinati rapporti che non si sa se siano governati dal diritto pubblico o
privato >> è il problema di determinare il giudice competente che ha la giurisdizione.
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Differenza temporale: nel 1889 (nascita del giudice amministrativo) la PA non poteva
avere torto, c’era una presunzione di legittimità e questo accadeva in ogni
ordinamento giuridico, non solo in Italia. Gli atti della PA diventano poi giustiziabili,
anche se la PA non vuole essere giudicata. La creazione del giudice amministrativo è
una soluzione compromissoria, cerca di bilanciare degli interessi: l’esigenza del privato
di ottenere giustizia davanti al giudice nei confronti della PA e l’esigenza che la PA non
sia mescolata con dei privati in ragione della sua specificità.
Il giudice amministrativo è profondamente diverso dal giudice civile. Nel 1889 non
esiste ancora il doppio grado di giurisdizione e si “crea” il Consiglio di Stato. Prima che
venisse unificata l’Italia, esisteva un organo chiamato Consiglio di Stato, con funzione
consultiva nei confronti del sovrano ed è costituito dai suoi più stretti collaboratori. Si
istituisce la Quarta Sezione del Consiglio di Stato nel 1889 e si affianca una sezione
giurisdizionale alle precedenti sezioni consultive. Il Governo nominava i consiglieri che
avrebbero giudicato controversie in materia (attualmente un terzo dei consiglieri è
nominato dal Governo). I TAR vengono istituiti nel 1948, sono previsti dalla
Costituzione, come anche le Regioni che però vennero “attuate” negli anni ’70. Il nostro
sistema di giustizia amministrativa si forma in via di progressiva stratificazione, prima
c’era solo il Consiglio di Stato, ora ci sono anche i TAR, a cui si accede per concorso
pubblico.
Giudice amministrativo, criteri di riparto della giurisdizione e sistema dualistico sono
previsti dalla Costituzione. Il criterio che distingue tra giudice amministrativo e
ordinario è la situazione giuridica soggettiva fatta valere. Il giudice amministrativo
conosce e quindi ha giurisdizione se il privato valuta un interesse legittimo. È una
nozione controversa: l’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva, cioè
una posizione che il diritto riconosce ad un singolo, ma non è l’unica situazione
soggettiva esistente. È anzi una situazione giuridica che si è affermata dopo un’altra
situazione, cioè il diritto soggettivo, risalente nel tempo. Le situazioni giuridiche di un
privato possono essere due: diritto soggettivo o interesse legittimo, che possono
essere vantati nei confronti della PA. L’interesse legittimo nasce quando nasce il giudice
amministrativo (Quarta Sezione del Consiglio di Stato). Un diritto soggettivo è un diritto
riconosciuto in maniera piena e assoluta; l’interesse legittimo non è tutelato in maniera
piena e assoluta perché fronteggia l’esercizio del potere della PA. Il privato vanta
questa particolare situazione giuridica soggettiva quando c’è qualcuno superiore a lui.
L’interesse legittimo è tutelato nel momento in cui l’interesse del singolo coincide con
l’interesse della generalità; nella misura in cui la soddisfazione del suo interesse porti
anche alla soddisfazione dell’interesse della generalità. Chi partecipa ad un concorso
pubblico vanta un interesse legittimo perché intrattiene una relazione con una PA (ad
esempio l’Università): tutti i partecipanti vantano l’interesse legittimo ad ottenere il
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Davide Stefanello Rev. 1.0
posto. Pretendono qualcosa dalla PA che ha il potere di scegliere, ma l’interesse sarà
soddisfatto solo se coincide con quello della generalità, cioè quello di ottenere il posto,
anche se sarà uno solo ad ottenere il posto. L’amministrazione nei confronti del privato
non svolge sempre un’attività sfavorevole e a seconda del tipo dell’attività cambia
anche l’interesse legittimo.
Talvolta il privato si oppone all’esercizio del potere della pubblica amministrazione >>
interesse legittimo oppositivo: cioè una situazione giuridica soggettiva che si oppone
all’esercizio del potere quando la PA non lo esercita bene (cattivo uso del potere).
Interessi legittimi pretensivi: si pretende l’esercizio di un potere dalla PA.
Alcuni settori in cui opera la PA sono di difficile comprensione in quanto è difficile
distinguere tra diritto soggettivo e interesse legittimo.
In casi del tutto eccezionali e tassativi il giudice amministrativo può conoscere di
controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi. Nelle materie indicate
dalla legge questo giudice può conoscere anche di diritti soggettivi (dove la regola
generale indica che il giudice ordinario è competente sui diritti soggettivi). Si parla di
ipotesi di giurisdizione esclusiva, che deroga la regola dei criteri di riparto. Vi sono
particolari materie in cui da un lato non è facile individuare se si vanta un interesse
legittimo o un diritto soggettivo, dall’altro il privato vanta contemporaneamente diritti
soggettivi e interessi legittimi. Per evitare che il privato debba andare presso diversi
giudici, si va davanti ad un unico giudice che conosce di tutta la questione e questo è
un caso di giurisdizione esclusiva.
Il principio della concorrenza è un interesse pubblico ed è uno degli obiettivi che deve
perseguire la PA.
Concorrenza: non esiste una specifica norma che qualifichi la concorrenza nonostante
ci sia una tutela di questa forma di mercato, contrapposta al monopolio. Si parla di
regime di libera concorrenza se è assicurata nel mercato una condizione di equilibrio in
cui nessun operatore può influire in modo determinante nel mercato stesso.
Un tale principio non è presente nel testo originario della nostra Costituzione.
Art. 41 e 43 della Costituzione: rapporto tra economia e diritto. In assemblea
costituente erano emersi 3 differenti ideologie: la prevalente era la componente
democristiana (DC). L’idea era di un’economia sociale di mercato. Il secondo filone era
il partito comunista italiano, che era per la collettivizzazione dell’economia. Il terzo
filone era espresso dal partito liberale, che era per il liberismo nell’economia.
Per i liberali: il diritto deve essere “leggero”. L’intervento deve essere minimo e non ci
devono essere imprese pubbliche, ma se esistono devono essere poste su un piano di
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assoluta parità con le imprese private. Il mercato è in grado di autogovernarsi e reca in
sé le potenzialità per sopravvivere. Gli economisti di riferimento erano di provenienza
anglosassone e sudamericana.
Per i comunisti: l’ideologia era di matrice sovietica. L’URSS aveva sperimentato il
“collettivismo” e quindi non esisteva la proprietà privata, ma tutta la proprietà era
pubblica ed esistevano solo imprese pubbliche.
Per i democristiani: lo Stato deve intervenire nell’economia, ma non per collettivizzare,
ma per indirizzare al bene pubblico gli operatori economici, che possono essere sia
pubblici che privati. Deve essere un regime misto.
Dallo scontro tra queste ideologie, in assemblea costituente, nascono gli artt. 41 nei
suoi 3 comma e l’art. 43:
art. 41 comma 1: l’iniziativa privata è libera
art. 41 comma 2: si stabilisce che vi sono limiti positivi (obbligo di fare) e negativi
(obbligo di non fare) alla libertà di iniziativa economica privata. Il comma 2 fissa
dei limiti negativi: non si può violare la dignità umana (non si possono mettere
bambini nelle fabbriche a lavorare), non si può andare contro la sicurezza.
art. 41 comma 3: indica i limiti positivi e si afferma che vi è una riserva di legge
RELATIVA in materia economica. Si stabilisce che la legge determina i programmi
e i controlli affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali. Il fine degli imprenditori pubblici e privati
deve essere l’interesse comune, difficilmente conciliabile con il comma 1. Si
legittima così l’intervento dello Stato nell’economia. Inoltre, si riconosce un
sistema misto, costituito da pubblico e privato. L’impresa serve principalmente
per fini sociali.
art. 43: anche qui c’è una riserva di legge RELATIVA. L’art. pone attenzione sui
fini di utilità generale. La legge può riservare o trasferire (mediante esproprio
con indennizzo) allo Stato, agli enti pubblici o a comunità di lavoratori (solo loro
possono beneficiare di un monopolio), imprese che si riferiscano a servizi di
pubblica utilità, a fonti di energia, a situazioni di monopolio e che presentino un
preminente carattere di interesse generale. L’art. 41 si riferisce a tutti i settori
possibili, invece, l’art. 43 si riferisce ad un settore particolare, appunto i servizi di
pubblica utilità. Riservare un’attività e darla a vantaggio di una comunità di
lavoratori è un’esperienza che non è mai capitata (l’assemblea si era ispirata a
situazioni relative alla Germania, come accadde per la VolksWagen). Le modalità
per raggiungere il monopolio sono due: riserva originaria (creare un ente
pubblico: ad esempio la RAI, che sulla base dell’art. 43 della Costituzione, dagli
anni ’50 offre il servizio radiotelevisivo; negl