Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CEDU
↓
Legge ordinaria
Mentre se noi prendiamo il 10 I avremo che la Cedu occupa una posizione pari a quella occupata
dai principi fondamentali della Costituzione e quindi addirittura sovraordinata rispetto alle altre
norme della Cost. che NON sono principi fondamentali
10 I Cost
↓
Principi fondamentali = Norme CEDU
↓
Norme Cost. che non sono principi fondamentali
La 317/09 è poi ancora più importante poiché qualifica il quadro delle norme Cedu come fonte
interposta, fornendo contemporaneamente una migliore tutela ai diritti umani. La fattispecie
affrontata in questa sentenza è il processo celebrato in contumacia avverso un imputato
inconsapevole della sua celebrazione, tema che aveva già suscitato un richiamo da parte della
corte di Strasburgo contro l’Italia che veniva considerata non in linea con le pretese della Cedu. Il
nodo della questione non è la contumacia in se e per se ,perché la Cedu sancisce il diritto di
partecipazione personale dell’imputato nel processo a suo carico, ma il processo contumaciale è
comunque considerato compatibile (con la Cedu) perché pur se è vero che la partecipazione
personale è un diritto, e che il diritto di difesa è irrinunciabile va detto che si può rinunciare a
determinate modalità di esercizio di questo diritto di difesa (e quindi volendo può non
presentarsi),e quindi la contumacia è possibile . Il problema è quello dell’ignoranza dello
svolgimento del processo a carico dell’imputato ,ignoranza che non permette all’imputato di essere
presente (nel caso voglia esserci) ; si può pensare per esempio ad un processo nel quale vi sia un
difensore che abbia ricevuto una delega solo per il processo in primo grado ,ma ciò nonostante
decide di proporre appello contro la sentenza di primo grado(nonostante la sua delega non valga
più) senza che l’imputato ne sia a conoscenza; in casi come questo ci si chiedeva se il contumace
ignaro una volta venuto a conoscenza dell’esito dell’appello potesse essere rimesso in termini per
impugnare la sentenza di PRIMO grado e cosi veder celebrato un nuovo appello ( quindi provata la
contumacia inconsapevole era possibile una rimessione in termini ?) . Prima della sentenza in
questione il legislatore italiano si era attestato sulla soluzione negativa in nome del principio “ne
bis in idem”, per il quale si riteneva che una volta svolto un processo e arrivati a sentenza non si
potesse più giudicare sullo stesso caso, soltanto se il processo non si era ancora concluso era
possibile una rimessione in termini (casi comunque limitati). Nel 2005 le cose cominciano a
cambiare perché la corte di Strasburgo condanna espressamente l’Italia nel caso “Sejdovic” per
violazione del diritto alla personale partecipazione al processo (diritto menzionato nell’art 6 CEDU)
; questa condanna spinge cosi il legislatore italiano a modificare la normativa interna con il decreto
legge n 17 del 2005 che riformula l’art 175 del codice procedura penale e concede la rimessione in
termini del contumace inconsapevole. Bisogna però dire che l’evoluzione concettuale su questo
108
tema non si ferma qui perché successivamente a questo decreto si registra in un certo qual modo un
passo indietro da parte della giurisprudenza rispetto alla normativa con la sentenza a sezioni unite
della cassazione n 6026 del 2008 .In questa sentenza la cassazione distingue il caso in cui il
processo sia già concluso con sentenza e quello in cui il processo non sia ancora concluso; se il
processo è già concluso per la cassazione va applicato il principio ne bis in idem(quindi niente
rimessione in termini), se invece il processo non è ancora arrivato a sentenza il contumace ha diritto
alla rimessione in termini. Ma come fa la Cassazione a superare il dettato dell’art 175 cpp, che era
addirittura stato modificato secondo le indicazioni della corte di Strasburgo? Il punto di partenza
della cassazione è l’art 111 Cost. sul “giusto processo” cosi come risultante dopo la modifica
adoperata con la legge di riforma costituzionale n 2 del 1999,e cioè la cassazione dice che l’art 111
fa espresso riferimento alla “ragionevole durata del processo” e proprio da tale dicitura si può
desumere che una volta che ci si trova di fronte ad un processo già concluso sarebbe irragionevole
ricelebrare un processo perché si creerebbe una sorta di secondo appello; ecco quindi come per la
cassazione l’art 175 può essere applicato solo nei processi ancora pendenti.
Successiva a questa sentenza della cassazione troviamo infine la sentenza n 317 del 2009 della
corte costituzionale che segna una nuova importante tappa di questo tema. La questione viene
sollevata da una delle sezioni della corte di cassazione non soddisfatta dell’interpretazione appena
discussa dell’art 175 poiché a suo dire in contrasto con l’art 6 CEDU. La Corte Cost. si trovò quindi
a decidere una questione delicata perché vi era da una parte un principio (partecipazione personale
al processo) che ricava protezione dall’art 117 Cost.(come tutte le norme CEDU) , e dall’altra il
principio della ragionevole durata del processo riportato nell’art 111 Cost.(quindi è come se vi fosse
un contrasto tra una norma CEDU ed una norma della Costituzione) ; ecco quindi che torniamo al
discorso di inizio lezione, perché se la corte si fosse attenuta alla teoria della CEDU come fonte
interposta avrebbe dovuto dare preminenza all’art 111(quindi dando ragione alla cassazione),ma
invece la corte arriva a ribaltare tale interpretazione e dichiara incostituzionale l’interpretazione
dell’art 175 cpp fornita dalle sezioni unite perché in contrasto con la norma sui diritti umani
sancita dalla CEDU. Ma come arriva la Corte a tale affermazione ? il primo passaggio da
segnalare è che la corte non avrebbe dovuto ritenere legittimo il ricorso contro l’art 175 perché noi
sappiamo che nel nostro ordinamento vige l’obbligo per i giudici di fornire un’interpretazione
conforme al dettato normativo, dettato che nel caso del 175 è chiaro e che dovrebbe significare che
sia possibile la rimessione in termini per qualsiasi contumace; la corte invece decise che il ricorso
era ammissibile poiché in questo caso riscontrò l’unica eccezione all’obbligo del giudice di fornire
un parere conforme e cioè il caso in cui l’interpretazione opposta sia diritto vivente (cioè il diritto
come viene applicato nelle aule giudiziarie) ,che sappiamo discendere principalmente dagli
orientamenti nomofilattici della cassazione, e per il quale il giudice è autorizzato a fornire
quell’interpretazione; detto questo quello che a noi interessa principalmente notare è che la corte
afferma che è vero che la ragionevole durata del processo è un aspetto importante del giusto
processo, però è anche vero che nel quadro fornito dall’art 111 Cost. la ragionevole durata è
disegnata solo come una singola componente del principio complessivo del giusto processo, e
quindi essendo solo una parte del tutto non può andare contro le indicazioni complessive che si
possono trarre dal principio considerato nel suo complesso e di conseguenza la durata del processo
va commisurata con gli altri diritti coinvolti dal processo che non possono essere ignorati e in virtù
di tale confronto si otterrà cosi la massima estensione delle garanzie fornite dai diritti (solo avendo
chiaro per intero il quadro dei diritti coinvolti nel processo possiamo operare un “bilanciamento” tra
109
la ragionevole durata e tutti gli altri diritti e quindi vedere quanto può durare un processo senza che
vengano meno le garanzie fondamentali) ; la corte poi continua affermando che se va operato
questo bilanciamento verrà necessariamente in gioco anche il diritto alla partecipazione personale
sancito dall’art 6 CEDU, scegliendo la soluzione che fornirà la maggiore soddisfazione dei diritti,
e quindi fornendo il suo spazio anche a tale diritto ; continua ancora la corte dicendo che tale ricerca
delle soluzioni migliori per i diritti è un percorso necessario da seguire ,dettato dall’art 2 Cost. sui
diritti inviolabili, percorso che per essere soddisfacente deve trarre elementi anche dall’esterno della
costituzione come appunto la CEDU (ecco che ancora una volta si supera l’inquadramento formale
della CEDU come fonte interposta, in nome di una valutazione sostanziale dei diritti in gioco,
fornendo una sorta di “rivincita” dell’art 2 sull’art 117 I nella scelta della migliore copertura da
fornire alla CEDU).
[quindi ripetiamo che nella sentenza 317/09 si afferma che in virtù dell’art 2 ,fautore della necessità
di bilanciare i diritti in gioco per ricercare le tutele più forti, vi è un superamento della teoria della
CEDU come fonte interposta perché coperta dall’art 117 I Cost.]
(Segnaliamo infine che per il contumace vige la presunzione di ignoranza e che spetterà al giudice
di fronte al quale è proposto l’appello dimostrare che egli era a conoscenza dello svolgimento del
processo; se però la nomina del difensore era successiva all’impugnazione si presume invece che il
contumace era a conoscenza del processo)
Dobbiamo ora trattare altri 3 casi della Corte Costituzionale nei quali viene ancora in gioco la
CEDU. Il primo è la sentenza n 93 del 2010 che riguarda un caso in cui si discute del diritto ad
udienza pubblica, un diritto che proviene ancora dall’art 6 CEDU; qui si rinviene un altro profilo
problematico perché tale diritto non è esplicitato nella nostra costituzione. In questo caso si trattava
di valutare la legittimità convenzionale rispetto alla CEDU (che come detto finora diventa
legittimità costituzionale mediante l’art 117) di quei processi per l’applicazione di misure in
prevenzione ,il cui procedimento in base delle leggi n 1423 del 1956 e della legge n 575 del 1965 si
svolge in camera di consiglio; per questi tipi di procedimenti l’Italia dal 2007 al 2010 subisce una
sfilza di condanne da parte della corte di Strasburgo (cause Bocellari e Rizza Vs Italia, causa Pierre
Vs Italia, causa Buongiorno Vs Italia del 2010) poiché ritiene violato il principio della pubblicità
delle udienze (che per la corte di Strasburgo può venir meno solo per le udienze squisitamente
tecniche, ma anche quelle di questo tipo se c’è la richiesta dell’interessato vanno rese pubbliche;
quindi vediamo che è un principio senza molti sconti) . Sulla scia di tali richiami la Corte
Costituzionale interviene e dichiara incostituzionali le leggi in questione affer