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CAPITOLO 8: GLI ATTI DELLO STATO CON FORZA DI

LEGGE

1. Identificazione degli atti con forza di legge

Possiedono forza di legge (v pag 14) il decreto legislativo, il decreto legge, i decreti legislativi di

attuazione degli statuti speciali, gli statuti regionali ordinari e i decreti presidenziali di amnistia e

di indulto.

2. Il decreto legislativo: la delegazione legislativa

Art 76 Cost: l’esercizio della funzione legislativa, spettante alle camere in base all’art 70, può

essere da queste delegate al Governo, purchè con determinazione di principi e criteri direttivi e

soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. Il fenomeno della delegazione legislativa

consta di due distinti procedimenti: il primo è un normale procedimento legislativo, che mette

capo ad una legge del Parlamento; l’altro è un procedimento, che si svolge in ambito

governativo e si conclude con un decreto avente valore di legge deliberato dal Consiglio dei

Ministri ed emanato (art 87.5) dal PdR. Oggetto della delegazione, intesa come trasferimento

temporaneo di competenze spettanti al delegante, è dunque l’esercizio della funzione

legislativa ma non la sua titolarità. Ciò ci consente di distinguerla dall’ipotesi del trasferimento

definitivo di competenza e ci consente di chiarire che la delegazione non impedisce in qualsiasi

momento la revoca della delega e l’esercizio, anche in pendenza della stessa, della funzione

legislativa nelle stesse materie e per gli stessi oggetti.

Nel caso dell’art 76 alla delegazione dell’esercizio della funzione legislativa si accompagna il

valore di legge degli atti emessi in sua attuazione: quindi se non c’è delegazione non possono

aversi provvedimenti amministrativi del governo dotati di forza di legge.

3. La legge di delegazione

L’art 76 anzitutto costituisce eccezione all’inderogabilità della attribuzione alle camere (ex art

70) della funzione legislativa; al tempo stesso delimita la delegabilità dell’esercizio di tale

funzione esigendo innanzitutto che destinatario sia il Governo e poi che la legge di delegazione

determini, attraverso i principi ed i criteri direttivi, gli oggetti definiti e il tempo limitato, l’ambito

della stessa. Se ne ricava l’illegittimità di leggi di delega attributive al governo della potestà di

disciplinare intere materie senza principi e direttive o ancora che non stabiliscano la durata

della delega o che prevedano termini troppo ampi ed irragionevoli. E ancora vietata una

delegazione all’esecutivo dei “pieni poteri” come accadeva sotto vigenza dello statuto albertino.

Ma ciò nella prassi viene disatteso: si pensi alle deleghe di riforma di interi settori, alle deleghe

dette di coordinamento volte alla formazione di testi unici o ancora alle deleghe di attuazione di

norme comunitarie. La corte costituzionale, dal canto suo, ha ritenuto ammissibili queste

discutibili figure di delega, sia ricorrendo al concetto di ampia delega, sia ritenendo, specie per

le deleghe di coordinamento e per quelle di attuazione di norme comunitarie, che il legislatore

delegato possa desumere i principi e i criteri direttivi dalle norme oggetto di coordinamento e di

attuazione. Secondo Sorrentino è quasi ovvio che quanto meno le disposizioni di principio

possano ricavarsi direttamente dall’oggetto della delega; ma ciò è stato disatteso in diverse

ipotesi, si pensi ai casi in cui il legislatore abbia demandato all’esecutivo di ricavare le norme di

principio dalla legislazione vigente. Spesso poi i criteri direttivi si sono risolti in generiche

clausole di scopo del tipo “armonizzare la normativa in vigore”.

4. Limiti oggettivi della delegazione legislativa

Accanto ai limiti ex art 76, la dottrina ne ha individuati ulteriori. E’ stato anzitutto sostenuto che

oggetto di una legge di delega non può essere una cd legge cornice in quanto la

determinazione dei principi fondamentali della materia richiesta dall’art 117 cost avrebbe una

minore specificità rispetto alla predeterminazione dei principi e criteri ex art 76, sicchè una

volta compiuta quest’ultima non resterebbe spazio al legislatore delegato per alcuna ulteriore

determinazione di principio. Tuttavia, secondo Sorrentino, il Parlamento potrebbe

tranquillamente delegare al governo la disciplina di una materia di competenza concorrente

regionale, delegandogli altresì il compito di specificare i principi fondamentali vincolanti le

regioni, naturalmente fornendo al governo stesso i principi e i criteri direttivi ex art 76.

Dubbio è invece il tentativo contenuto nell’art 1 della legge 131/2003 di attuazione dell’art 117

cost di affidare al governo il compito di individuare le disposizioni che rientrano nella

competenza legislativa esclusiva dello stato, nonché di adottare dlgs ricognitivi dei principi

fondamentali ricavabili dalle leggi vigenti allo scopo di orientare l’iniziativa legislativa dello stato

e delle regioni in attesa di una previsione parlamentare in tal senso. Il governo si vede così

affidata un’attività non solo legislativa, ma anche interpretativa che finisce con il limitare la

potestà legislativa e quindi l’autonomia delle regioni cui spetta, infatti, il compito di trarre dalla

legislazione dello stato i principi fondamentali relativi alle materie di loro competenza

concorrente.

Sembra da escludere anche la possibilità di delega per materie riservate a leggi rinforzate (se

c’è semplice riserva di legge la delega è ammessa). Ancora non è ammessa la delega quando

la costituzione richiede l’intervento del parlamento come organo di controllo politico

dell’esecutivo: non è ammessa delega per la ratifica dei trattati internazionali, per

l’approvazione dei bilanci, per convertire i decreti legge, per disporre inchieste parlamentari.

5. I limiti ulteriori della delegazione legislativa

Essi consistono generalmente nell’obbligo di sentire il parere di commissioni parlamentari e/o

degli organi consultivi sullo schema di decreto legislativo prima della sua definitiva

approvazione: si tratta di una forma di controllo sullo svolgimento della delega che il

parlamento si riserva in molti casi. E’ chiaro però che per questa via non è possibile sanare

eventuali insufficienze nella determinazione dei principi e criteri direttivi ex art 76, né deve

ammettersi la tesi secondo cui tali limiti ulteriori dovevano essere indicati nella determinazione

dei principi e criteri direttivi ex art 76. L’attribuzione del potere di emettere pareri vincolanti

eventualmente riconosciuto alla commissione parlamentare non solleva dubbi di

costituzionalità in relazione all’art 72.4 cost che richiede soltanto che le leggi di delegazione

siano approvate in assemblea (non escludendo la possibilità di cooperazione della

commissione parlamentare). Piuttosto tale circostanza potrebbe far sorgere dubbi di

costituzionalità per violazione dell’art 76 in quanto essa comporta affidamento alla

commissione, anziché al governo di una parte del potere delegato. Infine è chiaro che i limiti

ulteriori, sebbene non previsti dalla costituzione, concorrono a delimitare l’estensione del

potere delegato sicchè la loro violazione, così come l’eventuale immotivato non rispetto del

parere obbligatorio della commissione, comporta eccesso di delega e vizio del dlgs per

contrasto mediato con la norma della costituzione.

6. L’istantaneità dell’esercizio del potere delegato

Problema: bisogna capire se nell’arco temporale fissato dalla legge di delegazione il governo

possa procedere a più di un atto di esercizio del potere stesso, eventualmente modificando o

integrando i dlgs via via emanati, ovvero se debba ritenersi che l’adozione del primo atto

consumi ed esaurisca il potere delegato. Nulla si ricava dal concetto di delegazione, che può

essere riferita tanto ad un solo atto quanto ad una determinata attività, né dal richiamo

costituzionale al tempo limitato, compatibile tanto con l’una quanto con l’altra soluzione. La

dottrina più antica riteneva che il potere delegato si estinguesse con il suo esercizio,

impedendo così al governo di integrare correggere o comunque modificare il dlgs emanato. Ma

tale concezione si ricollega all’idea che oggetto della delega sia la forza di legge, sicchè solo il

primo atto, a meno che la legge non disponga altrimenti può essere dotato di siffatta forza.

Nell’attuale ordinamento, in cui la forza di legge non è né può essere oggetto di un’attribuzione

legislativa tale tesi non può seguirsi. Se si assume che il concetto di delegazione è compatibile

con l’adozione di più atti tutti dotati della forza di legge, la delegazione all’esercizio dovrebbe

concepirsi come una delegazione di attività. Va però detto che fuori dei casi di delegazione

all’emanazione di decreti integrativi e correttivi non si riscontrano significativi esempi di uso

ripetuto della delega.

7. Le deleghe all’emanazione di decreti integrativi e correttivi

Sin dal 1971 si riscontra il fenomeno delle cd deleghe bifasiche, attraverso cui il Governo

viene, con la stessa legge, delegato, entro un certo termine, a disporre una nuova disciplina ed

entro un termine più lungo ad adottare decreti integrativi e correttivi nel rispetto dei medesimi

principi e criteri direttivi della delega principale. Tale delegazione ad emanare disposizioni

integrative e correttive di precedenti decreti si ricollega ad una esplicita previsione della

legge di delegazione; ne deriva che la delega agli interventi integrativi e correttivi è

formalmente autonoma rispetto alla delega principale, pur essendo normalmente collocata

nello stesso testo legislativo e pur essendo sottoposta ai medesimi principi e criteri direttivi.

Tale meccanismo ha lo scopo di avere una prima sperimentazione dei decreti emanati in

base alla delega principale, per poi apportare modifiche e correttivi ad essi anche sulla base

di eventuali pronunce in tal senso della Corte Costituzionale. Se tutto ciò è ammissibile nella

generalità dei casi, non appare invero ammissibile in merito ai decreti di attuazione di norme

comunitarie in riferimento a loro eventuali future modifiche.

Tuttavia nella prassi queste deleghe correttive e integrative hanno in concreto superato la

logica iniziale innanzitutto perché spesso i termini per la realizzazione delle stesse sono stati

prorogati fino al punto di attribuire al Governo una quasi perenne potestà legislativa primaria; in

secondo luogo perché l’ampiezza delle delegazioni conferite ha costituito uno strumento per

incisive e ripetute revisioni della disciplina di volta in volta introdotta. Ma, premesso che la

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Stey2j di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Brescia o del prof D'Andrea Antonio.