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LEZIONI DI DIRITTO COSTITUZIONALE DI ANTONIO D'ATENA: CAPITOLO I: PRINCIPI E VALORI COSTITUZIONALI
I principi, qualificando la realtà in termini di dover essere, si configurano a tutti gli effetti come strutture prescrittive. E sono per tanto parenti delle norme in senso stretto. Un simile giudizio si attaglia anzitutto a quelli che potrebbero essere chiamati principi di prima generazione: i principi generali, o in altri termini i principi non scritti che si ricavano in via di astrazione generalizzatrice da una pluralità di norme particolari. Con questo non intende dirsi che essi coincidano a tutti gli effetti con le norme. Rispetto alle quali presentano un'incontestabile differenza quantitativa: l'eccedenza di contenuto deontologico; e cioè la capacità di applicarsi a situazioni o rapporti non contemplati dalle disposizioni da cui si inducono. La loro funzione principale è quella di colmare le lacune e quindi di dar regola a apporti privi di.
Unadisciplina espressa. Ma i principi non scritti non sono il contrassegno specifico del costituzionalismo moderno: in esso si incontrano principi di tipo diverso, di seconda generazione. Si tratta di principi formulati e pertanto scritti. La loro più vistosa manifestazione è costituita dalle disposizioni di principio contenute nei documenti costituzionali. Tali disposizioni da un lato intendono dar forma in modo solenne e impegnativo alle basi ideali dell'ordine che la costituzione aspira a fondare, d'altro lato fissano le regole fondamentali di tale ordine. Questa tecnica giuridica è coeva all'avvento delle prime costituzioni moderne. Ma le costituzioni non si limitano a porre disposizioni di principio. Talvolta esse prevedono che disposizioni di questo tipo siano adottate dal legislatore. A tale tecnica si ricorre normalmente in funzione delle ripartizioni di competenza normativa tra fonti diverse. Si tratta di ripartizioni di tipo verticale, in
La forza delle norme costituzionali risiede nella fonte a cui è riservata la fissazione dei principi e nella fonte connessa concorrente la posizione delle prescrizioni che principi non sono. Tale tecnica trova impiego soprattutto nelle costituzioni degli Stati federali e regionali.
I valori invece di per sé non esprimono un dover essere giuridico. Chi fa uso della categoria, mediante essa si riferisce ad entità diverse quali: i beni tutelati, gli interessi protetti, gli scopi da perseguire, le esigenze da soddisfare. Tali entità presentano la connotazione di esprimersi nella tensione alla realizzazione: non si tratta infatti di entità statiche e inerti ma di entità dinamiche, ciascuna delle quali esige la propria concretizzazione. I valori non sono entità tiranniche. È incontestabile che dietro ciascuna disposizione normativa vi sia una scelta di valore compiuta dal legislatore.
Il problema delle norme programmatiche è un problema di efficacia. C'è
Infatti da chiedersi se le enunciazioni che ne fanno uso siano esclusivamente volte allegislatore, oppure se siano dotate di un’immediata portata prescrittiva.
Se si accoglie la prima impostazione alle disposizioni programmatiche si riconosce la natura di prescrizioni ad efficacia differita, le quali intanto possono produrre effetti giuridicamente apprezzabili in quanto il legislatore le renda operanti, adottando le necessarie norme di attuazione. Con la conseguenza che esse vengono in ultima analisi intese come meri inviti rivolti al Parlamento.
Se invece si aderisce alla seconda impostazione dalla loro presenza possono dedursi tre conseguenze. Può ritenersi che a) esse stabiliscano un vincolo giuridico (e non meramente politico) a carico del legislatore; b) provochino l’illegittimità costituzionale delle norme gerarchicamente subordinate con esse incompatibili; c) concorrano alla determinazione generale dei principi dell’ordinamento, utilizzabili sia per il
superamento delle lacune sia in sede di interpretazione sistematica.. e' quest'ultima la lettura affermatasi in Italia per le disposizioni programmatiche della Costituzione. La Costituzione non risolve tutte le possibili tensioni tra valori. Per questo la dottrina indica due strade: la prima è quella della necessaria mediazione legislativa, alla stregua della quale si ritiene che le priorità vanno stabilite dal legislatore con autonoma decisione politica; la seconda è costituita dalla tesi secondo cui l'assetto pluralistico dei valori postulerebbe un meta-valore: quello del mantenimento dell'equilibrio tra i valori stessi, in virtù del quale nessuno dei valori giustificherebbe il pieno sacrificio dei valori con esso concorrenti. Su queste basi la tecnica privilegiata viene individuata nel bilanciamento (o nel contemperamento) tra i valori, che andrebbe effettuato dal giudice sulla base dei criteri di ragionevolezza. Ciascuna delle due tesicontiene un fondo di verità. In certi casi l'insurrogabilità dell'intervento del legislatore non può essere messa in discussione (diritti a prestazione). Quello che è dubbio è che all'organo legislativo possa riconoscersi un ruolo privilegiato, ai fini della risoluzione della generalità dei conflitti assiologici presenti nella Costituzione.
CAPITOLO II: IL PRINCIPIO DEMOCRATICO
La liberal-democrazia costituisce la forma specifica che la democrazia tende ad assumere agli albori del terzo millennio. La più rilevante caratteristica di tale modello può essere ravvisata nel suo carattere composito.
Si rileva che le odierne democrazie poggiano su un fondo comune di regole e meccanismi quali:
- il parlamentarismo (cioè l'esistenza di istanze rappresentative);
- la garanzia delle libertà;
- la concezione che ravvisa nell'opposizione non un gruppo, ma una posizione astratta che tocca a questo o quel partito.
d) l'esistenza di meccanismi che pongano la maggioranza in condizione di governare.
Non mancano infine elencazioni in forma di catalogo degli ingredienti delle liberal democrazie contemporanee, tra i quali figurano il suffragio universale, il principio maggioritario, il principio dell'alternanza del potere, il pluralismo dell'informazione, la garanzia delle libertà, l'eguaglianza delle opportunità.
Iniziando dall'ispirazione democratica può rilevarsi che essa trova espressione in due regole-base, le quali identificano le coordinate minime di ogni democrazia.
La prima regola è costituita dal principio di organizzazione in forza del quale le decisioni devono essere direttamente o indirettamente ricondotte a scelte popolari.
La seconda è rappresentata dal principio maggioritario, secondo cui criterio essenziale di imputazione delle decisioni allo stato è la convergenza sulle stesse delconsenso della maggioranza. Il comune valore su cui tali regole si fondano è costituito dall'eguaglianza dei cittadini, da qui l'universalità del suffragio; e da qui ancora il principio dell'uguaglianza del voto (i voti si contano, non si pesano). Le democrazie contemporanee si presentano sempre come democrazie rappresentative, ma percorse dalla tensione verso la democrazia diretta, nei confronti della quale affiora ricorrentemente una sorta di complesso di inferiorità. Ma la configurazione della democrazia rappresentativa come democrazia incompiuta non tiene conto di due dati essenziali: anzitutto dell'ineliminabile tasso di utopicità della democrazia diretta; poi deve rilevarsi che nei sistemi democratico-rappresentativi è presente un elemento assolutamente estraneo alla democrazia diretta: la responsabilità, nella forma di responsabilità politica dei rappresentati nei confronti del corpo elettorale (possibilità di
alternativa dell'opposizione; raffreddamento e razionalizzazione). Quindi la democrazia rappresentativa rispetto alla diretta non si presenta come un minus ma come un aliud. Quanto al principio maggioritario, nelle liberaldemocrazie intrattiene una relazione dialettica con il principio che potrebbe denominarsi minoritario. E infatti per scongiurare l'eventualità che "la maggioranza ha sempre ragione" il principio maggioritario risulta temperato da regole rivolte a bilanciarlo: come la sottrazione della scelta democratica all'operatività della norma base in cui prende corpo; e come i principi e gli istituti rivolti ad assicurare la possibilità dell'alternanza al potere (la possibilità cioè che le minoranze di oggi possano diventare le maggioranze di domani). Ci si riferisce innanzitutto al principio della temporaneità delle cariche elettive e al riconoscimento alle opposizioni di un complesso minimo ed irriducibile di
garanzie e di diritti.In forza del principio della divisione dei poteri, proprio dello Stato di diritto, nell'ambito degli apparati pubblici si distinguono due circuiti eterogenei.
Il primo è il circuito democratico rappresentativo, al quale appartengono gli organi la cui investitura sia direttamente o indirettamente riconducibile ad una scelta del popolo.
Il secondo circuito è sottratto alla logica democratico-rappresentativa.
Nell'ambito di esso la preposizione all'ufficio non è il frutto di una decisione politica, ma l'effetto di meccanismi diversi tra i quali fa spicco la regola del concorso, rivolta ad una selezione di tipo tecnico-attitudinale.
I valori che presiedono al circuito non democratico sono costituiti: a) dall'indipendenza o dall'imparzialità dei titolari degli organi; b) dalla tecnicità nell'esercizio dei compiti loro affidati, la quale, nella Costituzione italiana, trova espressione nel principio del merito.
Buon andamento dell'amministrazione. La seconda tecnica di separazione ha ad oggetto il potere nella sua componente obiettiva, il quale risulta scomposto in funzioni. A Crisafulli va il merito di aver dimostrato che tale scomposizione trova la propria chiave di volta nella contrapposizione tra la predeterminazione degli interessi pubblici ed il loro immediato soddisfacimento, o in altre parole, tra il momento del disporre in via tendenzialmente generale e astratta, e il momento dell'individuale e concreto provvedere; il primo proprio e caratteristico degli atti normativi in senso stretto, il secondo invece degli atti pubblici che normativi non sono. E su tali basi il potere di disporre è appannaggio degli organi appartenenti al circuito democratico-rappresentativo, quello di provvedere agli organi sganciati da tale circuito. Per completare il quadro deve ricordarsi che nelle liberal-democrazie il temperamento delle ragioni della democrazia e le ragioni della tutela individuale.
el libero accesso alle informazioni e alla conoscenza. Questo significa che ogni individuo ha il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni senza restrizioni. Tale principio è fondamentale per garantire la libertà di pensiero, di espressione e di stampa. Inoltre, favorisce lo sviluppo della società e la partecipazione attiva dei cittadini alla vita democratica.