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Principio dei limiti per materia

Piccola anticipazione: tutto cambia con la modifica dell'art. 117, non dobbiamo far collimare la disciplina scritta nel dettato costituzionale con la realtà. Questo perché bisogna distinguere il regionalismo previsto da quello attuato, perché è questo che porta a quel continuo movimento del regionalismo in riferimento alle modifiche del 99 e del 2001.

Ora vediamo l'influenza del modello federale nel regionalismo italiano: deriva da ciò che si chiama costituzionalizzazione della disciplina delle competenze. Come negli stati federali anche nel modello italiano le competenze tra stato e regioni non sono fissate dal legislatore statale ordinario, ma sono fissate dalla costituzione; questo rende la modifica di questa disciplina molto più gravosa e complicata. La tipologia scelta dalla costituzione nel ripartire le competenze è quella della competenza concorrente su riparto verticale: concorrente.

è ambiguo, perché può essere inteso con partecipare assieme o compartecipare, quindi stato e regione concorrono in modo simbiotico ad uno stesso obiettivo. Ma concorrere ha anche un altro significato ovvero concorrere l’uno contro l’altro, quindi lo stato contro le regioni e viceversa. Quando si diceva che il modello originario nell’assetto costituzionale di regionalismo è stato distorto, perché il regionalismo italiano nella sua storia concreta che lo ha caratterizzato si è rilevato come un regionalismo conflittuale. Molto spesso lo stato ha fatto di tutto per non solo comprimere l’autonomia legislativa regionale ma addirittura per insinuarsi nella potestà legislativa regionale mortificandone lo spirito autonomo. Questo era in qualche modo originato dalla stessa formulazione del comma 1 dell’art 117 originario: per le regioni ordinarie il comma recitava che “La Regione emana per le seguenti materie norme

legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato" → limite importante, metafora delle leggi quadro. Es: caccia, materia di competenza concorrente su riparto verticale, lo stato fissava un calendario venatorio, le specie protette e non ecc, e quindi dei principi fondamentali. La regione interveniva all'interno di quei principi, regolando in modo non contrario la materia. Queste leggi cornice però avevano in sé un grande rischio: non sempre lo stato si auto frenava o autolimitava e dettava solo la cornice, solo i profili generali. Spesso lo stato, con il manifesto intendimento di comprimere l'autonomia regionale, entrava nel dettaglio e ciò creava un conflitto che gravava sull'organo che il nostro ordinamento pone al giudice massimo dei conflitti tra stato e regione, ovvero la Corte costituzionale. Questo appena detto fa entrare in gioco un terzo attore: non si può capire come è andata a finire

la sua competenza, poteva impugnare la legge regionale davanti alla Corte costituzionale. La Corte, nel decidere sulle controversie tra stato e regioni, doveva valutare se la legge regionale fosse conforme alla Costituzione e se rispettasse l'interesse nazionale. Tuttavia, la Corte costituzionale non ha svolto un ruolo propulsivo nell'autonomia delle regioni. La sua giurisprudenza è stata sempre equilibrata e ha fornito fondamenti giuridici solidi per la risoluzione delle controversie. Non ha favorito una maggiore spinta autonomistica delle regioni. In sintesi, prima del 1999 e del 2001, la Corte costituzionale ha svolto un ruolo importante nel garantire il rispetto della competenza concorrente tra stato e regioni, valutando la conformità delle leggi regionali alla Costituzione e all'interesse nazionale. Tuttavia, non ha promosso attivamente l'autonomia delle regioni.l'interesse nazionale, lo stato con questo deteneva uno strumento di primordine di efficacia politica per modificare l'autonomia legislativa regionale. Nel 1970, momento di attività delle regioni, venne definita in una legge finanziaria, che sanciva una funzione di indirizzo e coordinamento da parte dello stato nei confronti della regione. Le regioni nella loro potestà legislativa (limitata dalle leggi cornici e gravata dall'attingimento dell'interesse nazionale) avevano una terza limitazione, lo stato poteva permettersi delle invasioni anche nel dettaglio e installare il suo potere senza usare necessariamente la forma della legge, ma dei regolamenti sub-legislativi o addirittura con atti amministrativi delle funzioni di indirizzo e coordinamento. Il 117 però prevedeva che fosse LA LEGGE A LIMITARE (riserva di legge= ha come obiettivo quello della garanzia dei rapporti giuridici tra stato e regione, cioè per eventualmente coordinare, indirizzare.

Orientare la regione ai voleri dello stato, era prevista una legge, di modo che le garanzie previse fossero conservate.) ma andando a dire che una funzione di indirizzo e coordinamento fosse possibile anche con regolamento, andiamo a sacrificare la riserva di legge come garanzia nei confronti delle regioni e di conseguenza viene dato allo stato un ulteriore potere. Questa legge finanziaria però non è stata considerata impensabile e questo ha portato ad una compressione dell'autonomia legislativa regionale. Le regioni in qualche modo si sono dovute adattare, però indirettamente si poneva in discussione il tema dell'autonomia statutaria. Laddove l'autonomia statutaria dava spazio alla azione regionale, lo stato veniva indirettamente a comprimerla e a limitarla. Nel momento in cui si andava a reprimere le potenziali autonomie, indirettamente gli statuti potevano essere lesi; lo erano dal fatto che, prima della nuova versione introdotta dalla riforma del '99,

dovevano essere poi approvati con legge ordinaria dello stato. L'art. 123 (vecchio) ci dice qualcosa dei limiti della potestà statutaria regionale, ma questa questione ci dice che alla fine le regioni sono state ridotte ad una sorta di variabile istituzionale che lo stato maneggiava a sua discrezione. Il nostro è stato un regionalismo zoppo, potenzialmente attore di prospettive d'autonomia forti. Gli statuti dovevano essere approvati con legge della repubblica e comunque erano sottoposti, ovviamente, alla costituzione quale primo elemento che incardinava il regionalismo. Un ulteriore modalità di compressione del regionalismo riguarda l'aspetto dell'esecutivo e dell'amministrazione regionale. Parlando di autonomia statutaria, abbiamo parlato di quella autonomia prevista dall'art 117 e 123 e dei suoi limiti. Con il 118 si ha un'altra pervasione dello stato in merito all'autonomia amministrativa regionale. Si tratta

Diquell'autonomia che riguarda le funzioni amministrative: questa tipologia nasce come competenza amministrativa esclusiva. Cosa vuol dire esclusiva: significava che nelle materie di intervento della regione, lo stato non sarebbe dovuto intervenire perché l'amministrazione sta alla legislazione come il fare sta al dire. La legge prevede, ma chi la esegue? L'amministrazione. Su questo versante non doveva esserci la presenza dello stato. Premessa: concetto tecnico di PARALLELISMO AMMINISTRATIVO, ovvero l'amm regionale interveniva nei settori di intervento, il 118 prevedeva che la regione intervenisse amministrativamente nei campi di intervento previsti nel 117. In realtà anche l'autonomia amm regionale (insieme delle competenze amministrative regionali) si sono trasformate in competenze concorrenti perché lo stato è intervenuto anche in quelle funzioni amministrative; con la funzione di indirizzo e coordinamento si è brandito da

Parte dello stato uno strumento che al contempo poteva, da un lato, comprimere l'autonomia legislativa, dall'altro sottrarre le competenze amministrative regionali dal versante dell'esclusività per riportarlo nell'alveo della concorrenza.

Il tratto storico dal 48 al 70, dal 70 al 99 e dal 99 al 2001 non declina in modo compiuto il regionalismo italiano.

LA PRIMA FONTE: STATUTI REGIONALI

Venivano adottati dal consiglio regionale e approvati con legge del parlamento. Gli statuti sono una legge regionale fortificata; con la legge cost del 99 si prevede che lo statuto regionale determini anche la norma di governo e i principi fondamentali, la disciplina del referendum e la disciplina delle leggi e dei regolamenti regionali. Quello previsto dal 123 era il contenuto necessario dello statuto.

La successiva riforma del 2001 ha introdotto nel 123 un quarto comma: prevede la presenza del consiglio delle autonomie locali quale organo di consultazione fra regione ed enti locali.

Questo ci porta a parlare della regione come un ente non sovraordinato alle altre autonomie locali ma come un ente di rilevanza costituzionale che però deve dialogare con le autonomie locali nello spirito di un altro articolo. Si tratta dell'art. 114 con riguardo al secondo comma: si prevede questo allineamento delle regioni nei loro statuti ai principi fissati dalla costituzione.

Sui contenuti necessari degli statuti è importante la forma di governo: con la legge cost del 99 l'art. 123 (sull'autonomia statutaria) prevede che ciascuna regione abbia uno statuto che, in armonia con la costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Si intende che alla regione viene lasciata la scelta di insediare in sede statuaria delle regole che presiedono a due aspetti: il primo è quello dell'organizzazione degli organi della regione, e il secondo è quello del riparto delle funzioni di indirizzo.

politico tra i diversi organi della regione. Con le due riforme la regione si disloca ad ente in confini generali. Questo lo si può evincere tornando all'art. 117, così come però riformulato dall'articolo 3 della legge n.3 del 2001. Il nuovo 117 è completamente antitetico a quello vecchio. Siamo partiti dal concetto di enumerazione inflitta alle regioni ma non allo stato; il 117 nuovo modifica tutto: l'enumerazione viene prevista dalla costituzione PER LO STATO. Si parla di come dovrebbe essere lo stato nei suoi ambiti di intervento. La svolta c'è stata e ci sgancia dal primo regionalismo e ci lancia più verso un orientamento federalista per quanto concerne le finalità generali. Le regioni vengono riconosciute dalla costituzione.

18/12/2020

Come mai si è sentita la necessità di cambiare il Titolo V? E come mai ad un certo punto ciò che la costituzione prospettata per quanto riguarda gli enti locali e

ché le regioni ordinarie non erano più in grado di rispondere alle esigenze e alle sfide del contesto socio-politico ed economico. Il modello regionale presentava diverse criticità che richiedevano una riflessione approfondita. Un primo problema, di natura non giuridica ma sociopolitica ed economica, riguardava la funzione e l'utilità delle regioni. Era necessario interrogarsi su quale fosse il loro scopo e a cosa servissero effettivamente. Questo interrogativo emerse a livello generale, coinvolgendo non solo le regioni ordinarie ma anche il sistema nel suo complesso. Era necessario valutare se le regioni fossero ancora in grado di garantire una gestione efficace e efficiente delle risorse e dei servizi a livello territoriale. La domanda sulla funzione delle regioni richiedeva una riflessione approfondita, considerando anche le criticità emerse nel modello regionale esistente. Era necessario valutare se fosse necessario apportare modifiche e miglioramenti al sistema regionale, al fine di renderlo più adeguato alle esigenze attuali.
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Publisher
A.A. 2020-2021
17 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MartiiiB di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale italiano ed europeo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Gobbo Maurilio.