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REATI PRESIDENZIALI DI CUI ALL'ARTICOLO 90 DELLA
COSTITUZIONE (alto tradimento e attentato alla costituzione: innanzitutto si
discute molto se si tratti di vere e proprie fattispecie incriminatrici; le
fattispecie incriminatrici sono sorrette dal principio di tassatività della
fattispecie penale incriminatrice (articolo 25) che altro non è l'applicazione del
principio di legalità alla norma penale. Principio di tassatività vuol dire che
non solo possono essere qualificati come reati solamente le condotte che
sono individuati dalla volontà del legislatore, ma che il legislatore deve anche
individuare gli elementi materiali della condotta, cioè deve dire non solo che
una determinata condotta è reato ma deve anche spiegare quali sono gli
elementi oggettivi della condotta; deve quindi descrivere la fattispecie, cioè
descrivere la condotta che integra gli estremi del reato. Questa è portata
precettiva dell'articolo 25 e cioè del principio di tassatività della fattispecie
penale incriminatrice, cioè che la tassatività presuppone la descrizione della
condotta. Alla luce di questo l'articolo 90 pone il problema che non c'è la
descrizione della condotta, cioè che l'articolo 90 non ti dice in che cosa
consiste l'alto tradimento o l'attentato alla costituzione da parte del capo dello
stato, e quindi questo pone un problema di compatibilità dell'articolo 90 con il
principio dell'articolo 25 della Costituzione. Come si è risolto questo
problema: da parte della dottrina si è detto che in realtà l'articolo 90
costituirebbe una eccezione al principio di descrittività della fattispecie, ma
non un eccezione al principio di tipicità alla fattispecie. Questo vuol dire che
l'articolo 90 tipizza comunque i reati presidenziali anche se non li descrive.
Da parte di altri invece si è detto che l'articolo 90 è in realtà una formula
meramente riassuntiva di condotte presidenziali che devono essere
individuate alla luce delle corrispondenti norme del codice penale, agli articoli
287 e seguenti che spiegano quali sono i reati che possono essere commessi
contro l'interesse dello stato, contro la personalità dello stato.
Dal punto di vista delle categorie la distinzione tra alto tradimento e attentato
alla costituzione è caratterizzato dal fatto che l'alto tradimento consiste nella
coltivazione di interessi che sono contrari a quelli dello stato; ad esempio
quando il capo dello stato nell'esercizio della sua funzione di rappresentante
dell'unità nazionale con altri capi di stato negozia gli interessi della repubblica
in maniera più conveniente per altri ordinamenti. Mentre l'attentato alla
costituzione consiste nella violazione delle regole formali dell'ordinamento
repubblicana, cioè è la violazione che il capo dello stato fa delle norme
costituzionali accusando il suo ufficio; ad esempio quando il capo dello stato
dopo un primo rinvio della legge si rifiuta di promulgarla perché quello
sarebbe un comportamento che fronda la funzione di legislativa del
parlamento e quindi attenta all'ordine democratico.
Altro problema che si pone è quello del momento in cui si può avere
l'accertamento dei reati presidenziali. La dottrina maggioritaria infatti ha
sempre ritenuto che i reati presidenziali non possono essere accertati fin
quando non finisce il settennato, su questo tempo si è avuto un ampio
dibattito in dottrina perché vi era anche chi riteneva che invece
l'accertamento dei reati potesse avvenire anche prima della scadenza dei 7
anni. Ora questo è stato in parte superato dalla legge 140 del 2003, il quale
dispone che le cinque più alte cariche dello stato, quindi il presidente della
repubblica, il presidente del consiglio, il presidente delle due camere e il
presidente della corte costituzionale, non possono essere sottoposte al
processo penale per qualsiasi reato anche riguardante parte antecedente
l'assunzione della carica fino a quando non è finito il loro mandato.
Naturalmente quella prevista dall'articolo 40 della costituzione è una
giurisdizione penale per i c.d. Reati funzionali, cioè reati commessi
nell'esercizio delle funzioni; non si riferisce invece ai reati extra funzionali cioè
reati commessi al di fuori dell'esercizio delle funzioni e questi ultimi sono
affidati alla giurisdizione comune. I reati funzionali sono reati che possono
essere commessi solo da chi ha una specifica qualifica soggettiva del
soggetto agente e sono cioè i reati propri, sono reati in relazione ai quali la
condotta può essere commessa solo da alcuni soggetti.
GIUDIZIO SULL'AMMISSIBILITA' DEI REFERENDUM
E' l'ultima competenza della corte. Vi sono delle leggi che sono sottratte
dall'articolo 75 comma 2, queste leggi sono le leggi tributarie, legge di
bilancio, di amnistia e indulto e di autorizzazione alla ratifica dei trattati
internazionali. Il giudizio di ammissibilità dei referendum non è altro che la
competenza che l'articolo 134 della costituzione assegna alla corte
costituzionale di verificare se la domanda di abrogazione referendaria, che si
chiama quesito, ha ad oggetto una legge passibile di referendum. Questa
funzione è disciplinata nella legge n° 352 del 1970 che è la legge che
disciplina il procedimento referendario (inoltre nel 1970, dal punto di vista
dell'attuazione ella costituzione, si è dato attuazione all'ordinamento
regionale) e prevede che la corte deve decidere sull'ammissibilità dei
referendum con la sentenza che deve essere pubblicata in gazzetta ufficiale
entro il 10 febbraio dell'anno successivo rispetto a quello in cui è stata
depositata la richiesta di referendum. Il controllo della corte sull'ammissibilità
dei referendum è preceduto dal controllo dell'ufficio centrale sul referendum
che ha ad oggetto l'autenticità delle firme raccolte a sostegno della proposta
referendale che deve essere di 500.000. Il giudizio sull'ammissibilità dei
referendum è un giudizio particolare perché sfugge alla logica non solo dei
giudizi impugnatori, ma anche dei giudizi di costituzionalità in generale. La
caratteristica dal punto di vista processuale di questo giudizio è che adesso
possono prendere parte i rappresentati dei comitati probatori nei referendum,
in relazione ai quali la Corte Costituzionale ha anche ammesso che possono
essere qualificati come poteri dello stato ai fini del proponimento del conflitto
su atti del procedimento referendario.
Oltre i profili processuali è bene chiarire che nell'esercizio di questa
competenza la Corte Costituzionale ha individuato con le sue sentenze tutta
una serie di limiti ulteriori all'ammissibilità dei referendum. Innanzitutto ha
individuato la categoria delle c.d. Leggi a contenuto costituzionalmente
obbligatorio, cioè sono quelle leggi che non possono essere oggetto di
abrogazione referendaria perché il vuoto normativo determinato
dall'abrogazione metterebbe l'ordinamento costituzionale nella impossibilità di
funzionare in uno dei suoi aspetti vitali; per es. il caso della legge elettorale
quando la normativa di risulta, quindi la normativa che risulta dall'abrogazione
referendaria non è autoapplicativa, cioè non è suscettibile di essere applicata.
Oltre a queste categorie di leggi ulteriori rispetto a quelle dell'articolo 75
comma 2, poi la legge viene individuata da altre sulla base della stretta
connessione che esiste fra queste leggi e le leggi indicate all'articolo 75
comma 2. L'articolo 75 non prevede per esempio le leggi finanziarie, eppure
la corte ha stabilito che sono sottratte al procedimento referendario anche le
leggi finanziarie. Si ritiene, salvo una minoritaria dottrina che fa capo ad
Alessandro Pace, che si devono considerare sottratte all'abrogazione
referendaria anche le leggi costituzionali.
Oltre ai limiti che riguardano le leggi, la giurisprudenza della corte in seguito
al giudizio di ammissibilità ha introdotto ulteriori limiti all'ammissibilità dei
referendum, che sono quindi dei limiti impliciti, cioè che non sono scritti nel
testo dell'articolo 75 comma 2 ma che sono stati ricavati dalla giurisprudenza
della Corte Costituzionale e non riguardano solo l'oggetto della legge ma
riguardano anche la formulazione di un quesito. Infatti la giurisprudenza della
corte ritiene pacificamente che siano inammissibili quei quesiti che sono
formulati in maniera o disomogenea oppure indeterminata. Disomogenei
sono quei quesiti in cui si chiede l'abrogazione di di più norme che hanno tra
di loro un contenuto disparato, cioè norme che non hanno l'attinenza di
contenuto. Inde terminati vuol dire che il quesito deve essere prospettato in
maniera che il lettore possa chiaramente esprimere la propria volontà in
ordine all'abrogazione o meno.
Oltre alle leggi a contenuto costituzionalmente obbligatorio ci sono anche le
leggi a cont enuto costituzionalmente vincolato che sono quelle leggi che
normalmente tutelano un diritto delle libertà fondamentali, la cui abrogazione
deriva un vuoto di tutela per il diritto costituzionale, quindi che non possono
essere meramente abrogate creando una lacuna, perché altrimenti quella
posizione costituzionalmente rilevante ritorna ad essere sprovvista di tutela.
Quindi si può modificare o abrogare ma non per via referendaria, ma lo deve
fare il parlamento.
FONTI DEL DIRITTO
I garanti delle norme giuridiche sono essenzialmente i seguenti:
Generalità : perché si riferisce a tutte le fattispecie che possono essere
• ricondotte all'interno dell'ambito di applicazione della norma.
Astrattezza : la volontà che il legislatore, o di chi pone le norme,
• manifesta attraverso un procedimento normativo, è una volontà non
riferita alla singola fattispecie (cioè un caso della vita che assurge al
rango dei giuridicamente rilevante) concreta ma per tutte le fattispecie
che presentano quelle caratteristiche.
Novità : la norma deve importare novità, nel senso che deve innovare
• l'ordinamento giuridico.
Imperatività : consiste nel fatto che la norma deve essere
• accompagnata da una sanzione. Dal punto di vista della sanzione, le
norme giuridiche si possono distinguere in tre categorie:
Norme perfette : quelle norme accompagnate ad una sanzione.
1. Norme meno che perfetto : quelle norme accompagnate da
2. sanzioni che non hanno la capacità di ripristinare lo stato squò, cioè
non hanno la capacità