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Le province (pagina 550)
Uno fra i cardini del nuovo ordinamento delle autonomie locali va ricercato nel ruolo di ente intermedio fra le regioni e i comuni, mediante il quale si è inteso rivitalizzare le province.
Le province sono ora concepite come enti ai quali spettano "le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale". Inoltre, a tali compiti digestione si aggiungono i compiti di programmazione, consistenti sia nel concorrere alla formazione dei programmi regionali, coordinando le eventuali proposte dei comuni, sia nell'adottare "propri programmi plurinennali", come pure il "piano territoriale di coordinamento". Con tutto questo, però, il ruolo che le amministrazioni provinciali verranno ad assumere permane alquanto incerto, giacché le province dovranno per un verso fare i conti con le attribuzioni comunali e per l'altro con quelle regionali.
Sul piano organizzativo, viceversa, province e comuni sono strettamente assimilabili. Entrambi sono dotati di tre organi fondamentali, che per le province assumono il nome di consiglio, di giunta e di presidente. Le sole eccezioni di rilievo attengono a quelle specifiche parti del territorio nazionale che verranno assoggettate al regime delle aree metropolitane. Ma la delimitazione territoriale delle aree medesime dovrà essere effettuata con legge regionale. È appunto la provincia che verrà a configurarsi come "autorità" e come "città metropolitana". Quanto ai comuni inclusi nell'area, essi rimarranno in vita ma non conserveranno tutte le loro funzioni originarie, giacché la provincia dovrà essere dotata dei compiti aventi "precipuo carattere sovracomunale", o comunque tali da richiedere uno svolgimento coordinato. Sicché le autorità metropolitane si risolveranno in una sorta di super-province.
Principio personalista e principio pluralista (pagina 561).
Alla base della proposizione di cui si discute vi è la pretesa di veder riconosciuta “la precedenza sostanzialedella persona umana rispetto allo stato e la definizione di questo al servizio di quella”. È pur sempre ai sensidell’ordinamento giuridico italiano che si deve stabilire in che cosa consistevano i vari diritti inviolabili e qualisiano dunque le corrispettive garanzie, a cominciare da quella che fa capo alla corte costituzionale: il checomporta che i diritti stessi “si risolvono integralmente nel diritto positivo”. Appare incontrovertibile,comunque, che l’art. 2 Cost. concorre in tal modo adefinire la stessa forma di stato, ponendo a base di essa, oltre al principio democratico, il principio personalista ovvero quello che altri denomina principio liberale. I "diritti inviolabili dell'uomo" non sono pertanto concepibili come il frutto di un'autolimitazione dello stato repubblicano, ma rappresentano un dato congenito dell'ordinamento statale vigente. Ne segue che l'inviolabilità dei diritti non si risolve nell'imprescrittibilità, nell'inalienabilità, nell'indisponibilità di tali situazioni ma implica altresì la loro intangibilità ad opera di qualsivoglia pubblico potere, comunque esplicato. Più precisamente, bisogna a questa stregua ritenere che tali diritti non si prestino ad essere soppressi: giacché ne verrebbe alterato il nucleo essenziale della vigente forma di stato. Rispetto ai diritti pubblici soggettivi, i "diritti inviolabili" divergono perché
spettano agli uomini in genere e nonsolamente ai cittadini. Vero è che l'opinione dottrinale ha tratto argomento dall'intitolazione della parte prima della carta costituzionale, riferita ai soli "diritti e doveri dei cittadini"; ed ha messo in luce come "la condizione giuridica della straniero" venga "regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali". Ma in linea di principio può dirsi abbastanza pacifico che sia connaturale a vari diritti di libertà la loro appartenenza ad ogni essere umano sottoposto al nostro ordinamento, anche se la costituzione non chiarisce testualmente quali siano i loro titolari. Ed anzi si può riscontrare che almeno una delle situazioni attive costituzionalmente garantite riguarda in modo specifico i soli stranieri: vale a dire il diritto di asilo. D'altro canto, la cerchia dei soggetti cui sono riferiti i "diritti inviolabili" è
- Ulteriormente allargata da quel passo dell'art. 2 Cost. in cui si ragiona delle formazioni sociali: fondamentalmente intese quali "comunità intermedie" fra singoli e la repubblica.
- Accanto al principio personalista emerge in tal modo il principio pluralista, assai variamente concretato da una serie di successivi disposti costituzionali.
- Sempre di regola, infine, dovrebbe dirsi che i "diritti inviolabili" non possono spettare alle formazioni sociali se non immediatamente; giacché i loro titolari immediati dei diritti stessi sarebbero pur sempre le sole persone fisiche.
- L'individuazione dei "diritti inviolabili": serie chiusa o serie aperta? (pagina 566).
- Ma quali situazioni debbono venire definite come "diritti inviolabili"? La carta costituzionale denomina espressamente "inviolabili" talune situazioni attive: quali la libertà personale, di domicilio e di comunicazione, come pure il diritto di difesa giudiziale.