vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
MODIFICAZIONI DELLO STATUTO
Le modificazioni statutarie, nella società di capitali, riguardano essenzialmente la struttura e
l’organizzazione sociale.
Solo nella società in accomandita per azioni ha rilevanza il mutamento della persona dei soci
accomandatari, ma, anche in questo caso, la rilevanza essenzialmente dipende da ciò che una
modificazione si verifica nella organizzazione della società, in quanto ne muta l’amministratore
di diritto(2456). In tale tipo sociale le modificazioni devono essere approvate da tutti i soci
accomandatari( 2460).
Nella s.r.l. le modificazioni dell’atto costitutivo sono riservate in ogni caso ai soci e la relativa
decisione deve essere adottata in sede assembleare(2479): tuttavia l’atto costitutivo può
attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale. ( 2481).
Nelle s.p.a. , le modificazioni dell’atto costitutivo sono in via di principio di competenza della
assemblea straordinaria. La legge stessa però consente che lo statuto, per una serie di materie,
deroghi a suddetto principio: può essere delegata agli amministratori la competenza a decidere
l’emissione di obbligazioni convertibili e l’aumento del capitale mediante nuovi conferimenti.
Ovvero si piò attribuire alla competenza del consiglio degli amministratori l’istituzione di sedi
secondarie, il trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale, l’indicazione degli
amministratori muniti del potere di rappresentanza, la riduzione del capitale sociale in caso di
recesso del socio (2365).
Costituisce modificazione dello statuto di una società per azioni ogni mutamento del contenuto
oggettivo del contratto sociale (atto costitutivo e statuto), che può consistere sia
nell’inserimento di nuove clausole, sia nella modificazione o soppressione di clausole
preesistenti.
Le delibere modificative dello statuto erano originariamente soggette ad omologazione da
parte del tribunale; la soppressione del controllo giudiziario sullo statuto e l’affidamento al
notaio dei relativi compiti di controllo non hanno però fatto venire del tutto meno il controllo
giudiziario sulle delibere modificative dello statuto, ma lo hanno reso eventuale e facoltativo.
In base all’attuale disciplina (art. 2346 cc) il notaio che ha verbalizzato la delibera
dell’assemblea verifica l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge ed entro 30 giorni
ne richiede l’iscrizione nel registro delle imprese. L’ufficio del registro, a sua volta, verificata la
regolarità formale della documentazione, iscrive la delibera nel registro.
Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge ne dà comunicazione agli
amministratori, i quali nei 30 giorni successivi a pena di inefficacia, possono convocare
l’assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure ricorrere al tribunale che, verificato
l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ordini con proprio decreto motivato
(soggetto a reclamo) l’iscrizione. In caso di inerzia degli amministratori la delibera è inefficace.
Si dispone che la deliberazione non produce effetti se non dopo l’iscrizione. Per rendere più
agevole la conoscenza del contenuto dello statuto, dopo ogni modificazione ne deve essere
depositato nel registro delle imprese il testo integrale aggiornato. L’iscrizione della
modificazione statutaria, nel registro delle imprese ha, analogamente a quanto avviene per lo
statuto e per l’atto costitutivo, un effetto costitutivo.
Limiti in cui le modificazioni sono consentite
La modificazione può riguardare l’organizzazione sociale ed il funzionamento degli organi
sociali; può riguardare il capitale sociale, l’oggetto e il tipo;e può riguardare altresì la
continuazione della società in un complesso più ampio o il trasferimento della sede all’estero. A
volte queste modificazioni possono essere combinate insieme.
Fino a quando le modificazioni investono la struttura e l’organizzazione della società, non può
contestarsi il diritto della società di darsi un nuovo ordinamento attraverso i propri organi.
Questo pertanto necessariamente si impone ai soci, ai quali è solo concesso, nelle ipotesi in cui
la modificazione è di maggior rilievo, l’esercizio del diritto di recesso.
Sorge il dubbio se la modificazione dell’atto costitutivo possa importare direttamente o
indirettamente una modificazione nella posizione che il socio ha nella società, e cioè modificare
i diritti che sono connessi alla azione o alla partecipazione sociale.
È questo il problema che riguarda i diritti individuali dei soci.
È sicuro che la posizione del socio nella società non possa essere sempre modificata attraverso
un atto di volontà, ma è altrettanto sicuro che determinate modificazioni possono esservi
apportate. Si tratta perciò di stabilire fino a che punto è possibile una tale modificazione.
In talune ipotesi, è la stessa legge che permette di risolvere il problema; così per esempio per
quanto concerne il diritto di recesso dichiara nullo ogni patto che lo escluda o ne renda più
gravoso l’esercizio, la stessa legge ne enuncia l’insopprimibilità in sede di modificazione
statutaria.
In altre ipotesi, è l’essenza stessa della società a ritenere non sopprimibili alcuni diritti, come il
diritto agli utili e il diritto di impugnazione delle delibere assembleari.
Tuttavia se l’essenza della società non consente l’esclusione di tali diritti, ad essa non contrasta
una loro attenuazione o accentuazione rispetto a determinati soci o a determinate categorie di
soci. L’atto costitutivo di una s.r.l. può indubbiamente prevedere l’attribuzione ai soci di
particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili e lo
statuto della s.p.a. può creare categorie di azioni fornite di diversi diritti.
Sorge dunque il problema se, pur rimanendo ferma l’attribuzione a ciascun socio dei diritti
essenziali alla società, possa, in sede di modificazione statutaria, modificarsi la posizione
originariamente attribuita al socio all’atto della costituzione della società.
Tale posizione può essere modificata indirettamente, e cioè in quanto siano attribuiti a nuovi
soci particolari diritti o invece può essere modificata direttamente, in quanto siano mutati i
diritti originariamente connessi al socio o alle sue azioni.
Nella prima ipotesi, non vi è mutamento nella posizione giuridica del socio, ma vi può essere
pregiudizio di mero fatto, in quanto, considerata la posizione del socio congiuntamente con
quella degli altri, questa viene a risultare diversa da quella che era originariamente, pur
essendo rimasti intatti i diritti originariamente riconosciuti al socio: ed è anche a questa ipotesi
che la legge sembra riferirsi quando riconosce il diritto di recesso al socio di s.p.a. che non ha
concorso alle modificazioni statutarie concernenti il diritto di voto o di partecipazione.
Non sembra peraltro che questo pregiudizio proveniente dalla modificazione dell’atto
costitutivo possa impedire alla società di deliberala validamente.
Più delicato è il problema se possa essere modificata la posizione giuridica del socio: se ad
esempio possa essere deliberata la trasformazione in azioni ordinarie di azioni privilegiate o in
azioni a voto limitato di azioni ordinarie.
A tal proposito va rilevato che la posizione del socio è una posizione riflessa che si desume
dall’ordinamento sociale, per cui se questo ordinamento può essere modificato con una
delibera di maggioranza ne deriva che con una deliberazione di maggioranza può essere
modificata anche la posizione del socio.
Argomenti di questo genere nelle s.p.a. si possono ricavare direttamente dalla legge: per
esempio per gli obbligazionisti è prevista la possibilità da parte della assemblea di modificare
le condizioni del prestito obbligazionario e quindi di incidere sulla posizione giuridica del singolo
obbligazionista possessore di strumenti finanziari. Si prevede inoltre la possibilità di una
deliberazione dell’assemblea che pregiudichi i diritti dei soci.
In definitiva, la legge richiede determinate maggioranze perché la posizione del socio possa
essere modificata; quando la modificazione investe soltanto una categoria di soci, essa richiede
che la maggioranza di questi si esprima favorevolmente, ma non assicura al socio una
immutabilità della sua posizione, e impone che questa si adegui alle necessità sociali e quindi
alle esigenze riconosciute dalla maggioranza degli interessati.
Naturalmente queste considerazioni non valgono con riferimento a quei diritti che sono
riconosciuti ad uno o più soci individualmente, in considerazione di particolari motivi.
In questo caso, il diritto del socio ha una sua autonoma giustificazione e non costituisce riflesso
dell’ordinamento sociale. Tale diritto pertanto non può essere modificato attraverso una
modificazione dell’ordinamento sociale. E perciò, nella s.r.l., ove è possibile attribuire a singoli
soci particolari diritti, la legge espressamente richiede per la loro modificazione il consenso
unanime dei soci, facendo salva una diversa disposizione dell’atto costitutivo.
Salvo questo caso particolare, la modificazione investe necessariamente la posizione di tutti i
soci che si trovano in quella situazione, perché essenzialmente la modificazione dipende dalla
modificazione dell’ordinamento sociale e non può non riguardare tutti i soci.
IL DIRITTO DI RECESSO
La legge distingue tra modificazioni essenziali, che autorizzano il socio a porsi fuori
dall’ordinamento sociale attraverso il diritto di recesso, e modificazioni non essenziali.
Alle modificazioni dello statuto si applica il principio maggioritario; ciò non significa che il
potere dispositivo riconosciuto alla maggioranza sia senza limiti. E’ infatti necessario che non
siano violati i principi della correttezza e buona fede nell’attuazione del contratto sociale,
nonché quello della parità di trattamento fra gli azionisti. In presenza di delibere modificative di
particolare gravità, la minoranza è inoltre indirettamente tutelata dalla previsione di
maggioranze più elevate e dal riconoscimento del diritto di recesso dalla società (artt. 2347 ss
cc). La disciplina del diritto di recesso è stata profondamente modificata con la riforma del
2003 in modo da assicurare una più efficace tutela dei soci di minoranza.
Mentre la previdente disciplina prevedeva 3 cause di recesso (cioè cambiamento dell’oggetto
sociale, trasformazione e trasferimento della