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L’ARTICOLAZIONE DEL RISCHIO D’IMPRESA
Articolare il rischio d’impresa, da parte di un soggetto, significa adottare strumenti giuridici che,
nell’esercizio di una pluralità di attività produttive o nello svolgimento di una pluralità di affari, consentano
di esporre al rischio di un loro insuccesso esclusivamente una parte del suo patrimonio.
Il legislatore, quindi, appresta taluni strumenti giuridici atti a consentire legittimamente l’articolazione del
rischio d’impresa.
Alla realizzazione di questo obiettivo risponde la creazione di un gruppo di società.
Altro strumento giuridico per la realizzazione di effetti simili è la creazione, possibile nelle S.p.a., di
patrimoni destinati ad uno specifico affare (art. 2447bis).
Le società azionarie, cioè, possono individuare e destinare determinate risorse allo svolgimento di una data
operazione economica, isolandole giuridicamente dal restante patrimonio.
Quello destinato è, infatti, a tutti gli effetti un patrimonio separato, a cui viene limitato il rischio d’impresa
relativo all’affare, e che, specularmente, non si trova esposto al rischio d’impresa derivante dalla restante
attività della società. (1) GRUPPI DI SOCIETÀ
A differenza di altri paesi, ove sono diffuse le c.d. public companies, in Italia la proprietà è spesso
concentrata in capo a pochi soggetti ed è, di norma, possibile ravvisare un socio di controllo.
La mera situazione di controllo comporta l’applicazione di un’apposita disciplina volta a salvaguardare il
corretto svolgersi del rapporto tra controllante e controllata e a fornire (anche ai terzi) un’adeguata
informazione.
Il soggetto che si trova in una posizione di controllo è contraddistinto da un interesse partecipativo nei
confronti della società controllata: chi si trova in una posizione di controllo esercita un’influenza
dominante, che può sfociare in un’attività di direzione e coordinamento nei confronti della/e società
controllata/e.
I gruppi di società sono, dunque, strutture organizzative cui il legislatore, con la riforma del 2003, ha
dedicato apposite norme contenute negli artt. 2497 ss.
Tali norme possono essere:
Norme fisiologiche, tese a garantire una trasparenza in ordine all’esistenza del gruppo e alle
operazioni poste in essere nell’ambito dello stesso.
Norme patologiche, che si occupano degli abusi della capogruppo e dei finanziamenti elargiti a
società sottocapitalizzate. Il controllo
Molteplici sono le nozioni di controllo presenti del nostro ordinamento.
Possiamo individuare 3 distinte forme di controllo (art. 2359):
1) Controllo di diritto, quando una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili
nell’assemblea ordinaria di un’altra società.
2) Controllo di fatto, quando una società detiene non la maggioranza, ma comunque voti sufficienti
per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria.
3) Controllo contrattuale, quando una società è sotto l’influenza dominante di un’altra in virtù di
particolari vincoli contrattuali con essa.
Le finalità a cui è volta la disciplina applicabile in caso di controllo sono:
Accentuare gli obblighi di vigilanza da parte degli organi amministrativi e di controllo della
controllante sull’attività delle società controllate.
Fornire a tutti gli interessati una corretta ed adeguata informazione in merito alla sussistenza del
controllo e all’andamento generale della controllante e delle controllate.
Garantire la conservazione del capitale sociale delle società controllante e controllate in caso di
operazioni intercorse tra le suddette società ed evitare delle alterazioni nei meccanismi di
formazione delle maggioranze assembleari.
Per approfondimenti sui punti indicati sopra vedi pag. 880/881/882.
I gruppi
I gruppi di società sono delle forme organizzative nell’ambito delle quali vi è un soggetto (capogruppo)
che esercita un’attività di direzione e coordinamento nei confronti di altre società, che pur mantengono
la loro autonomia giuridica e patrimoniale.
L’elemento connotante del fenomeno è dato, dunque, dall’attività di direzione e coordinamento.
Molteplici possono essere i benefici derivanti dall’appartenenza ad un gruppo per le singole società
coinvolte, anche se non è possibile trascurare i rischi che la stessa appartenenza può determinare (es: la
capogruppo impartisce direttive pregiudizievoli nei confronti di alcune società, a vantaggio di altre).
L’attuale disciplina (dalla riforma del 2003), non specifica a quali tipi debbano appartenere le società
coinvolte nella direzione e coordinamento: nel silenzio della legge si può ritenere che la disciplina si
applichi a tutti i tipi di società.
Presupposto per l’applicabilità della disciplina summenzionata è l’esercizio da parte della capogruppo di
un’attività di direzione e coordinamento.
Essa consiste nel fatto che la capogruppo svolge un’attività di pianificazione in ordine alle principali scelte
imprenditoriali attinenti alle società del gruppo in forza di una più ampia politica di gruppo e, quindi, una
conseguente attività di coordinamento e di indirizzo mediante direttive impartite alle diverse società.
Il legislatore introduce una presunzione relative (perché superabile con prova contraria) in merito
all’esistenza e all’esercizio di un’attività di direzione e coordinamento.
L’art. 2497sexies afferma che si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento
sia esercitata dalla società o dall’ente tenuto al consolidamento dei bilanci o, comunque, dal soggetto in
posizione di controllo ai sensi dell’art. 2359.
Le norme fisiologiche
Esse si occupano degli aspetti fisiologici dei gruppi e hanno come obiettivo principale quello di garantire la
massima trasparenza ed informazione in ordine:
All’esistenza del gruppo
Il legislatore impone la creazione di un’apposita sezione del registro delle imprese e l’iscrizione da
parte delle diverse società coinvolte nella suddetta sezione.
L’iscrizione deve avvenire a cura degli amministratori della società eterodiretta, i quali incorrono
in responsabilità se non adempiono a siffatto obbligo.
Alle operazioni poste in essere nell’ambito dello stesso e agli effetti derivanti dal compimento di
queste
L’obiettivo è quello di rendere trasparente l’operatività stessa del gruppo: l’art. 2497bis prevede
che gli amministratori debbano indicare nella relazione sulla gestione i rapporti intercorsi con chi
esercita attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette.
Nella relazione deve, inoltre, essere indicato l’effetto che l’attività di direzione e coordinamento ha
avuto sull’esercizio dell’impresa sociale e sui suoi risultati.
Alle motivazioni sottese all’assunzione di determinate decisioni adottate sotto l’influenza della
capogruppo
Il legislatore vuole garantire la trasparenza anche in ordine alle motivazioni che hanno indotto ad
assumere una particolare decisione sotto l’influenza della capogruppo.
L’art. 2497ter prevede che le decisioni adottate dalle società soggette ad attività di direzione e
coordinamento, quando da questa influenzate, debbano essere analiticamente motivate e recare
puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulle suddette
decisioni, non essendo, quindi, sufficiente il ricorso a formulazioni generiche e astratte.
Le norme patologiche
Esse sono dirette ad arginare le possibili distorsioni nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento.
È possibile per i soci ed i creditori di una società eterodiretta esercitare un’azione di responsabilità nei
confronti della capogruppo.
La legittimazione attiva è attribuita ai soci e ai creditori della società soggetta all’attività di direzione e
coordinamento, ai quali spetta il risarcimento eventualmente riconosciuto.
La responsabilità nei confronti dei soci sussiste se si è verificato un pregiudizio alla redditività ed al valore
della partecipazione sociale, mentre quella nei confronti dei creditori sociali nel caso di lesione cagionata
all’integrità del patrimonio della società eterodiretta.
Per poter configurare una responsabilità ai sensi dell’art. 2497 è necessario che ricorrano i seguenti
presupposti:
Sia stata posta in essere un’attività di direzione e coordinamento da parte di una società o di un
ente, limitando, in tal modo, l’ambito applicativo di tale norma ai soli soggetti diversi dalle persone
fisiche.
La capogruppo abbia agito nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui ed in violazione dei
principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale.
La violazione dei suddetti principi abbia determinato un pregiudizio.
Approfondimento sui 3 punti vedi pag. 891/892.
Al co. 3 dell’art. 2497 si prevede che il socio e il creditore sociale possano agire contro la società o l’ente
capogruppo, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta all’attività di direzione e
coordinamento.
Sono responsabili, in solido con la capogruppo, coloro i quali abbiano preso parte al fatto lesivo e quanti
ne abbiano tratto beneficio consapevolmente.
Si ritiene che la responsabilità debba avere natura contrattuale, poiché essa deriverebbe dalla violazione di
obblighi giuridici preesistenti (obblighi legali), quali le regole di corretta gestione societaria e
imprenditoriale. I finanziamenti intragruppo
È assai frequente che, nell’ambito dei gruppi, vengano effettuati, da parte della capogruppo o da parte di
una società appositamente dedicata, dei finanziamenti a favore delle altre entità.
Molto spesso tali flussi finanziari servono per porre riparo ad una situazione di sottocapitalizzazione
presente in alcune unità del gruppo medesimo.
Il rimborso dei finanziamenti effettuati a favore di una società appartenente ad un gruppo deve essere
postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se già avvenuto nell’anno precedente la
dichiarazione di fallimento, deve essere restituito.
Tale regola si applica ai finanziamenti effettuati dal soggetto che esercita attività di direzione e
coordinamento, nonché dalle altre società sottoposte alla suddetta attività.
Non risultano sottoposti alla citata disciplina i finanziamenti posti in essere dalle soci