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SCISSIONE
La scissione è un fenomeno simmetrico, seppur opposto, alla fusione. C’è l’idea di costruire la scissione, sia
dal punto di vista strutturale che funzionale, come un fenomeno opposto alla fusione. Questa ricostruzione
dal punto di vista funzionale rischia di essere errata, perché la scissione è un fenomeno più complesso, che
può avere un effetto di concentrazione, al pari della fusione.
Art 2506: tramite la scissione una società separa una parte del proprio patrimonio trasferendola ad una o
più società beneficiarie neocostituite o pre-esistenti. La scissione può avere ad oggetto la totalità del
patrimonio della scissa oppure una parte; nell’ipotesi di scissione totale la scissione è sempre un fenomeno
estintivo. Nell’ipotesi di scissione parziale non vi è estinzione di alcun ente. In un primo caso tutto il
patrimonio di alfa viene trasferito alle due beneficiarie, beta e gamma, che possono essere o delle
neocostituite o possono essere società preesistenti. L’alternativa è che la scissione non sia totalitaria, ma
parziale, quindi una parte del patrimonio residua in capo ad alfa e dunque non vi è estinzione di alfa ma
avremo tre società.
Non sempre la scissione è un fenomeno speculare ed opposto della fusione; nel caso in cui abbiamo che
alfa e beta si fondono e diventano gamma si configura la meccanica classica della fusione, con un
procedimento di concentrazione. Il patrimonio di 100 viene fuso con un altro patrimonio di 100 creando
una società con patrimonio 200. Generalmente la scissione è un fenomeno opposto, cioè di
deconcentrazione, perché da un patrimonio di 200 si assegnano 100 a beta e 100 a gamma. Siccome il
beneficiario di una fusione può essere anche una società preesistente che aveva un proprio patrimonio, è
possibile che la scissione determini un fenomeno di concentrazione (gamma beneficiaria con patrimonio
200).
Nel diritto anti trust l’operazione di scissione può essere un fenomeno di concentrazione rilevante ai fini
della concorrenza (assieme alla fusione). Da un punto di vista funzionale è scorretto quindi considerarle
simmetrico, ma lo è anche dal punto di vista degli interessi coinvolti: essi, nel procedimento di fusione,
hanno una rilevanza diversa ad un procedimento di scissione. La scissione può anche essere un fenomeno
estintivo, nell’ipotesi di scissione totalitaria. Perché il fenomeno è diverso anche dal punto di vista degli
interessi in gioco? Perché con la scissione è possibile che vengano separati in modo asimmetrico rapporti
giuridici: per esempio viene fatto circolare un debito senza consenso, alterando la garanzia patrimoniale
originaria prestata al creditore. Questo perché con la scissione non viene trasferito semplicemente
un’aliquota positiva del patrimonio, ma vengono trasferiti anche rapporti negativi. La caratteristica delle
operazioni straordinari è proprio questa: assistiamo alla circolazione di quote di patrimonio e questo è
l’insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi. Sarà fondamentale capire qual è il regime giuridico relativo ai
debiti di alfa che lega le due società. Gli interessi coinvolti possono essere complessi: avremo i creditori
precedenti e successi alla scissione in gamma. Questa complessità non la consideriamo nella fusione, non a
caso l’operazione di scissione era del tutto sconosciuta al codice del ‘42, è stato introdotta nel ’92. La nostra
dottrina in passato si interrogava maggiormente sul tema dello scorporo. Per essere di fonte alla scissione
non dobbiamo sottovalutare una cosa: gli azionisti delle società beneficiarie devono essere (non tutti) gli
stessi della scissa: l’operazione di scissione, al pari delle operazioni di fusione, salvo il tema del rapporto di
cambio, è neutrale dal punto di vista dei soci. Immaginiamo che Beta e Gamma siano tutte e due
neocostituite: la società gamma ha come soci tizio e caio al 50% l’uno, con la scissione viene riorganizzato il
patrimonio e si possono avere due forme→simmetrica e asimmetrica. Possiamo aver riprodotto lo stesso
assetto societario nella beneficiaria, quindi il 50 % delle azioni di Beta saranno di Tizio e il 50% delle azioni
di Beta saranno di Caio, oppure immaginare che post-scissione Tizio sia socio al 100% di Beta e Caio sia
socio al 100% di Gamma. Le operazioni di scissione venivano utilizzate molto spesso per il problema del
passaggio generazionale: o perché l’impresa di famiglia si occupava di due settori oppure perché spesso, in
un passato non remoto, nell’unica società di famiglia vi era l’azienda produttiva tessile e tutti gli immobili
della famiglia allora attraverso la scissione si anticipava e sistemava la vicenda del passaggio generazionale.
Se Alfa era la società della famiglia al cui interno vi erano tutti gli immobili, non solo strumentali ma anche
uffici, appartamenti, terreni e c’era poi l’azienda vera e propria che si occupava di tessile; con la scissione si
trasferiva il comparto produttivo (azienda con rapporti di credito e debito) in una beneficiaria e il comparto
immobiliare dell’altra. Dopo di che si attribuiva la maggioranza del comparto aziendale ad un fratello e la
maggioranza del comparto di proprietà ad un altro fratello, utilizzando così la scissione per riorganizzare
l’impresa.
La scissione, al pari della fusione può essere distinta in 3 fasi del tutto analoghe: la fase preparatoria,
deliberativa e attuativa. La fase preparatoria prevede, al pari della fusione, la redazione del progetto di
scissione, che deve contenere le ragioni tecniche, giuridiche ed economiche che motivano la scissione ed il
rapporto di cambio. In più deve prevedere l’allocazione dei rapporti di debito tra le varie società,
l’eventuale regime di responsabilità solidale in relazione agli stessi tra le varie società. Nell’ipotesi in cui un
debito non venga menzionato nel progetto di scissione, o non venga chiaramente attribuita la
responsabilità, per il debito rispondono in solido legalmente tutte le società partecipanti alla scissione. Il
legislatore ha voluto evitare che la scissione potesse diventare lo strumento volto a frantumare la garanzia
patrimoniale dei debiti e che in un certo senso il debitore si scelga il regime di responsabilità patrimoniale
dei propri debiti, alterando quello originario. La fase preparatoria è nelle mani dell’organo amministrativo
della società scissa e dell’eventuale beneficiaria precostituita. La fase deliberativa, invece, vede la presenza
dell’organo sociale delle assemblee delle società partecipanti alla scissione che devono accettare e
deliberare la scissione. Successiva ed ultima fase è quella dell’esecuzione della scissione in cui si ha la
formalizzazione dell’atto di scissione e l’iscrizione al registro delle imprese. Anche qui abbiamo gli stessi
effetti che abbiamo riscontrato con il procedimento di fusione: una sospensione legale degli effetti della
scissione per 60 gg, il diritto dei creditori sociali di fare opposizione alla scissione nell’ipotesi in cui questa
possa arrecare pregiudizio alle proprie ragioni di credito. Al pari della fusione, passato il tempo previsto
dalla legge, non è più possibile mettere in discussione l’operazione di scissione e le uniche azioni possibili
sono quelle risarcitorie; molti giudici hanno reputato ammissibile, e quindi non sostituito dall’opposizione
dei creditori del 2503, lo strumento dell’azione revocatoria fallimentare nelle mani del curatore.
Generalmente l’azione di opposizione dei creditori ha lo stesso effetto della revocatoria ordinaria, perché
determina una situazione di inefficacia. Il tema si pone perché la dottrina ritiene che l’azione di opposizione
consumi gli strumenti ordinari di tutela del credito (tra cui l’azione revocatoria), diventandone sostituta.
Molti giudici ritengono che questi strumenti siano comunque non sostituibili dallo spiare del termine
dell’opposizione. Su questo la cassazione non si è ancora pronunciata, ma viene rispettata la linea che
l’opposizione è sostituto perfetto degli strumenti tradizionali, ciò significa che ex post questi strumenti non
possono più essere utilizzati.
TRASFORMAZIONE
In questo caso il legislatore del ’42 conosceva la trasformazione ma il legislatore del 2003 ha
profondamente innovato la materia, introducendo la distinzione tra trasformazione omogenee ed
eterogenee. La trasformazione permette una modificazione tale da trasformare un ente in un ente diverso,
nel caso più semplice una s.r.l. in una s.p.a. (trasformazione omogenea progressiva). Il legislatore del ’42
costruiva il fenomeno delle trasformazioni come uno strumento di economia negoziale: per esempio se un
imprenditore parte con una piccola azienda s.r.l., ma nel tempo la complessità acquisita lo fa propendere
verso una s.p.a. Per evitare di sciogliere la s.r.l. e poi conferire l’azienda ad una s.p.a. che andava
ricostituita, ha previsto lo strumento della trasformazione che con identità causale tra società, tra enti
aventi la stessa natura (tra società di persone e società di persone, tra società di capitali e società di
capitali) permettesse la trasformazione semplificando il procedimento. Questa è l’organizzazione originaria:
c’è continuità d’impresa e la natura dell’ente è la medesima. Il legislatore del 2003 ha introdotto una
categoria di trasformazioni diverse: le trasformazioni eterogenee prevedono la possibilità che la società si
trasformi in una società in ente giuridico diverso p.e. una società in associazione o in comunione d’azienda.
Abbiamo un problema: il principio di continuità tra i rapporti giuridici fa sì che questi soggetti possano
continuare ad operare con i medesimi criteri imprenditoriale, ma le trasformazioni eterogenee obliterano
questa regola e rendono possibili trasformazioni da società con scopo lucrativo in fondazione che non ha
base associativa e per definizione non ha scopo lucrativo ma altruistico. Addirittura, il legislatore del 2003 si
è spinto ad immaginare una trasformazione in comunione di azienda, che non è neanche un ente diverso,
ma un mero vincolo di comproprietà.
I soggetti coinvolti nel processo di trasformazione sono i soci, perché il cambiamento prevede una modifica
dei propri diritti (si immagini un socio di s.r.l. che si può ingerire nella gestione dell’impresa sociale,
trasformata in una s.p.a., dove non conta più la persona con la sua capacità di ingerenza ma semplicemente
il numero di azioni; oppure il socio di una società di capitali che