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LIQUIDAZIONE
Questa è la fase che ha come funzione quella di monetizzare i beni
facenti parte dell’attivo fallimentare. È una fase che vede come
protagonista il curatore, che nel rispetto delle linee programmatiche
cristallizzate nel programma di liquidazione, deve procedere alla
vendita dei beni dell’attivo. La legge dedica non troppe disposizioni
in materia.
Citiamo soltanto due principi di fondo, contenuti nell’articolo 105 cc,
che in qualche misura abbiamo già avuto modo di apprezzare. “La
Il primo principio è enucleato al primo comma dell’articolo 105:
liquidazione dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del
presente capo è disposta quando risulta prevedibile che la vendita
dell'intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti
giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore
soddisfazione dei creditori (2).” Il curatore dunque è facoltizzato ad
effettuare vendite disaggregate, ma questa rappresenta una
modalità di liquidazione che la legge ritiene subordinata alla strada
maestra, della vendita aggregata.
L’altro principio, scolpito nell’articolo 107 è quello secondo cui le
vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione
del programma, sono effettuati dal curatore tramite procedure
competitive. Il curatore dunque deve procedere alla vendita con il
criterio del miglior soddisfacimento dei creditori, nel rispetto di
procedure competitive, seguendo meccanismi che consentano di
reperire il miglior acquirente possibile.
La norma poi articola una serie di previsioni di dettaglio, marginali.
Soffermiamo la nostra attenzione sulle regole che si occupano della
ripartizione dell’attivo. Un’altra tendenza infatti della terza fase
consiste nella distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione.
Gli articoli sono il 110 e i seguenti. Sul punto la legge si preoccupa
innanzitutto di fissare un ordine di distribuzione delle somme,
stabilendo secondo quale criterio gerarchico i creditori ammessi al
passivo hanno il diritto di concorrere sulle somme ottenute dalla
liquidazione dell’attivo. Lo fa con una norma centrale, di sistema,
l’articolo 111.
La norma fissa i criteri in virtù dei quali il curatore procede a
ripartire il ricavato tra i creditori ammessi.
“Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel
seguente ordine:
1) per il pagamento dei crediti prededucibili (1);
2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose
vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge (2);
3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione
dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso,
compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora
realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non
soddisfatti da questa (3).
Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una
specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in
funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge (4);
tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma
n. 1) (5).”
Si individuano tre posizioni creditorie: in primo luogo debbono
essere soddisfatti i creditori pre-deducibili, che vengono posti al
vertice della scala gerarchica, sono i più tutelati sul piano del diritto
ad ottenere un rimborso. Vi è una auspicabile aspettativa che essi
troveranno una integrale soddisfazione delle posizioni.
Al secondo ordine trovano riconoscimento i creditori privilegiati, che
avranno diritto ad essere soddisfatti nei limiti della loro garanzia, e
ove la posizione di creditore privilegiato sia stata riconosciuta come
tale.
Infine, all’ultimo posto, al terzo ordine, residualmente, troviamo i
creditori chirografari, sforniti di garanzie di prelazione, i quali
appunto finiscono per essere esposti al rischio di una falcidia.
Dovranno subire la pretesa porzione dei creditori pre-deducibili e
dei creditori privilegiati, ovviamente nei limiti dell’ammontare del
credito ammesso. Sono equiparati ai chirografari i creditori
privilegiati, laddove la garanzia sia incapiente. Se avevo un credito
pari a 100 e garanzia su un bene venduto a 50, avrò 50 come
privilegiato ma gli altri 50 come chirografario.
Articolando questa scala, il legislatore colloca i creditori pre-
deducibili al primo posto, accordando loro un favor. La veste in
questione esonera il creditore dal concorso. Quel creditore che
poteva avere una pretesa di un certo tipo, è rivestito dalla legge di
una qualifica che lo sottrae dal pagamento in moneta fallimentare.
Si risponde ad una scelta gius-politica, sacrificando l’interesse
creditorio e valorizzando un altro interesse, immaginando che
l’interesse sacrificato venga comunque soddisfatto indirettamente.
Si è parlati del “miracolo della pre-deduzione”.
Questo spiega il perché, in punto di pre-deduzione, viga uno stretto
principio di tipicità. La legge ha cura di precisare che i crediti pre-
deducibili sono solo quelli espressamente definiti così dalla legge.
Laddove manchi un’espressa previsione di legge, tale tutela non è
accordata. In sede di riforma, tuttavia, si è voluti ampliare il novero
dei casi, proseguendo la norma nell’affermare che sono considerati
pre-deducibili non soltanto i crediti così individuati dalla legge, ma
anche quelli sorti in occasione o in funzione di procedure
concorsuali di cui alla presente legge. Le maglie della legge si
allargano: non vi è bisogno di un’espressa previsione di legge, ma vi
è la possibilità di attribuire quella straordinaria veste a crediti che
non siano espressamente qualificati, ma che lo diventano in quanto
sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale.
Questa espressione lascia un margine di apprezzamento,
trattandosi di stabilire cosa voglia questa espressione dire e chi sia
deputato ad un accertamento di questo nesso di occasionalità e
funzionalità. Questo nesso deve essere riguardato in una
prospettiva cronologica. Sicuramente sono i crediti derivanti
dall’esercizio provvisorio, successivamente all’instaurarsi della
procedura. Lo sono anche i crediti “iin funzione”: questo legame
sposta ad un momento anteriore l’attribuzione della veste, perché si
tratta di credito che sorge anteriormente alla procedura ma che è
maturato per ausiliare la procedura. Serviva ad acquisire una
prestazione che ha reso possibile l’instaurarsi della procedura. Un
tema molto delicato, sul quale si è formato una giurisprudenza
cangiante, è quello del credito nei confronti di un professionista che
prepara la procedura, che abbia speso tempo. È un credito
privilegiato o pre-deducibile? Si è giunti alla conclusione della pre-
deducibilità, proprio per nesso di funzionalità. Ma si tratta di analisi
caso per caso. Si capisce perché la legge prevede che anche i
crediti pre-deducibili devono essere accertati come tali secondo le
regole previste per tutti i crediti.
Resta poco altro da dire. Al riparto, secondo questo criterio di
distribuzione, il curatore non provvede con un'unica soluzione. La
legge impone di procedere dai riparti parziali. L’articolo 110
statuisce che il curatore, ogni quattro mesi a partire dalla data del
decreto previsto dall'articolo 97 o nel diverso termine stabilito dal
giudice delegato, presenta un prospetto delle somme disponibili ed
un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle
occorrenti per la procedura.
Ai riparti parziali deve seguire una ripartizione finale. Disgregato
tutto il patrimonio disponibile, il curatore dovrà presentare un
resoconto della attività liquidatoria, ex articolo 116, che approvato
dal giudice, farà maturare il compenso del curatore.
Successivamente, vi sarà un riparto finale. Il giudice delegato,
sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale, si
distribuiscono tutte le somme residue. Si presenterà un prospetto di
distribuzione, verrà autorizzato, e si pagheranno i creditori
esaurendo le somme disponibili.
CHIUSURA DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE
Tale fase prende avvio dall’articolo 118, che elenca una serie di
ipotesi di chiusura. Le ipotesi prese in esame sono eterogenee,
perché qui il fallimento si può chiudere per cause diverse e non
tutte esprimenti un esito fisiologico della procedura.
“Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di
concordato, la procedura di fallimento si chiude:
1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento
non sono state proposte domande di ammissione al passivo (1);
2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale
dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero
ammontare dei crediti ammessi (2), o questi sono in altro modo
estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in
prededuzione;
3) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo (3);
4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua
prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i
creditori concorsuali, nè i crediti prededucibili e le spese di
procedura. Tale circostanza può essere, accertata con la relazione o
con i successivi rapporti riepilogativi di cui all'articolo 33 (4).”
Il legislatore non prende necessariamente in considerazione delle
ipotesi fisiologiche: segnatamente, questo elenco si presta ad
essere suddiviso a metà, individuando due ipotesi di chiusura
satisfattiva, di infrequente realizzazione, e altre due di chiusura non
satisfattiva.
Per quanto attiene ai numeri 3 e 4, il numero 3 rappresenta il
caso in cui la chiusura si chiude perché vi è stato il riparto
finale. Si tratta dell’ipotesi fisiologica. Questa causa ha
ragionevolmente esito non satisfattivo perché normalmente il
patrimonio fallimentare non andrà a soddisfare integralmente
tutti i creditori. Non vi sarebbe fallimento, in caso di possibilità
di soddisfazione di tutti i crediti. Normalmente vi è falcidia.
È parimenti non satisfattiva, e non del tutto fisiologica la causa
del numero 4. Quando l’attivo è totalmente insufficiente che la
procedura non farebbe altro che generare dei costi, non
assicurando alcun vantaggio. Vi è totale insufficienza di attivo.
Le altre due ipotesi alludono alla circostanza che, ancorchè
aperta la procedura concorsuale, i creditori abbiano trovato
soddisfacimento integrale delle loro posizioni. Questa è
un’eventualità estremamente improbabile, ma non del tutto
imp