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SITUAZIONI GIURIDICHE
SITUAZIONI ESISTENZIALI: la dottrina fa una distinzione fra:
Diritti patrimoniali: ne fanno parte i diritti suscettibili di valutazione economica, che sarebbero
disponibili (alienabili, trasmissibili, rinunziabili), prescrittibili (è l’istituto per cui per mancato
esercizio del diritto per un determinato periodo, si perde la possibilità di farlo valere; tutti tranne la
proprietà, che non si prescrive a meno che non entra in gioco l’istituto dell’usucapione);
Diritti non patrimoniali: si distinguono dai primi essenzialmente perché non possono essere
oggetto di valutazione economica; comprendono in primo luogo:
Diritti della personalità: sono una pluralità di situazioni giuridiche soggettive assolute aventi ad oggetto
aspetti essenziali della personalità umana; è dalla loro tutela che si può dedurre il grado di civiltà di un
ordinamento. Sono per caratteristica:
non patrimoniali: non sono valutabili economicamente;
indisponibili: sono quindi
inalienabili: non avendo carattere patrimoniale ed essendo personalissimo non possono
o essere ceduti ad altri titolari;
intrasmissibili: non facendo parte del patrimonio del titolare, non possono essere trasmessi
o per atto giuridico inter vivos o mortis causa (testamento);
irrinunziabili.
o
Imprescrittibili: non si prescrivono per il mancato esercizio e possono essere fatti valere in
qualsiasi momento; non possono neanche essere oggetto di usucapione;
Personalissimi: a differenza degli altri diritti, non si può qui scindere la titolarità di queste situazioni
dal loro esercizio, in quanto il “bene” (di natura esistenziale) non è situato all’esterno rispetto al
titolare, bensì è un tutt’uno con esso;
originari o innati: si acquistano con la nascita e si perdono con l’evento morte.
Le fonti da cui si ricavano sono: la Costituzione, il codice civile (es. art 5-10), nel codice penale (dove
vengono puniti gli atti lesivi della vita o dell’integrità psico-fisica, nonché le altrui libertà), nelle leggi
complementari (es. sull’interruzione della gravidanza, trapianti, ecc.), a livello internazionale dalla
Dichiarazione fondamentale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; Convenzione europea dei
diritti dell’uomo (1950) e dal Trattato dell’Unione europea, il quale li pone come principi generali del
diritto comunitario.
La Costituzione pone all’apice del nostro ordinamento la persona umana e nonostante il fondamento
sia unitario, in quanto è unico il bene da proteggere (la persona), tutela le molteplici e indefinibili a
priori manifestazioni e aspirazioni volte allo svolgimento e sviluppo della propria personalità (si dicono
anche atipici). Dal momento che la riparazione del danno non può sempre ripristinare la perdita subita,
la tutela della persona è attuabile non soltanto nel momento successivo alla lesione, ma anche in via
preventiva, attraverso l’esistenza di obblighi di contenuto positivo a carico di chi è tenuto a tutelare o
promuovere la personalità del titolare (es. il soccorso). Questi diritti si distinguono in:
Diritto alla vita e all’integrità psico-fisica: diritto non espressamente disciplinato dalla
Costituzione, bensì dal codice civile (art. 5) e penale (art. 575). Il bene giuridico “vita” non è
inteso in senso biologico e naturalistico, bensì in senso normativo, come pretesa a una vita
libera e dignitosa (art. 36 della C.). Essendo un diritto assoluto ciò comporta due tipi di
obblighi: uno negativo, cioè di astenersi dall’impedire il godimento del diritto e in generale non
ledere il diritto alla vita e integrità psico-fisica, ma anche un positivo che è il dovere di
soccorso. Una legge storica è quella 194/78 sull’interruzione della gravidanza: si è constatato
che da una lato la tutela della vita umana comincia “dal suo inizio”, senza contare quindi il
concepito; dall’altro si è arrivati a favorire l’interesse alla salute della madre rispetto a un
possibile interesse alla vita del nascituro. Per questo nei 90 giorni dal concepimento per seri
problemi della donna si può interrompere la gravidanza, ma anche successivamente se ci
sono dei problemi psico-fisici della donna. Tale diritto è molto delicato e discusso perché va a
toccare le scelte dell’arbitrio di ognuno di noi; ci si chiede se il diritto dalla vita debba sempre
prevalere in un bilancio di interessi con scelte di coscienza: l’ordinamento, cioè la Costituzione
e le leggi speciali ad essa inspirate negano la liceità di un libero potere di autodeterminazione
del singolo (ci sono dei limiti dunque), tuttavia consente la lesione della propria integrazione
fisica a fini terapeutici o a favore di un'altra persona (es. trapianto), screditando così l’art. 5 del
codice civile che vieta atti di disposizione del proprio corpo che cagionino diminuzioni
permanenti dell’integrità fisica o quando siano contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon
costume. Ad oggi sono altresì consentiti trapianti terapeutici di parti del cadavere, la
conservazione e distribuzione del sangue umano, il cambio di sesso, ecc.
Diritto alla salute: trattato dalla Costituzione nell’art. 32 come norma precettiva (cioè
immediatamente azionabile davanti all’autorità giudiziaria); la salute è intesa non come mero
diritto all’integrità psico-fisica, all’assenza di un morbo o patologia, ma in senso positivo, cioè
stato di equilibrio psico-fisico del soggetto che è perfettamente integrato nell’ambiente sociale,
culturale (dinamico nel tempo secondo le accezioni culturali) nel quale vive e volto a
realizzarne la dignità e la libertà. Ogni intervento cattivo od obbligatorio a tutela della salute
deve essere espressamente previsto dall’ordinamento e in nessun caso può violare i limiti
della persona umana.
Diritto all’eguaglianza e dignità dell’uomo: menzionata nell’art. 3 come qualità spettante
all’uomo in quanto tale, indipendente dalla sua posizione sociale, economica o culturale, nel
36 quando si assicura al lavoratore una retribuzione sufficiente ad assicurare a lui e alla sua
famiglia una esistenza libera e dignitosa, nel 41 come limite allo svolgimento dell’iniziativa
economica privata, la quale non può arrecarvi danno e non solo. In caso invece di indegnità
morale, ci possono essere delle limitazioni del diritto di voto (48) o della capacità giuridica. A
tale valore si ispirano i diritti della legislazione ordinaria (precedente alla Costituzione) della
riservatezza, dell’onore, della reputazione e dell’immagine (si pensi al trattamento dignitoso del
malati, nell’interruzione della gravidanza, nello statuto dei lavoratori).
Diritto all’onore e alla reputazione: trovano previsione diretta sia nel codice civile che penale,
basta pensare agli art. 10 sull’esposizione di immagini altrui e 20 sulle modificazioni di opere o
atti altrui, nel codice penale art. 5.9.4 e 5.9.5 sull’ingiuria e diffamazione. Previsioni indirette di
disciplina riguardano: la successione mortis causa (indegnità a succedere, in caso di calunnia
del de cuius) e per la donazione (revoca per ingiuria del beneficiario al donante). Gli strumenti
di tutela civilistici sono il risarcimento del danno, l’azione inibitoria e il risarcimento in forma
specifica ad es. tramite il diritto alla rettifica (quando la lesione sia attuata a mezzo stampa o
con l’impiego della comunicazione radiotelevisiva; altrimenti non si potrebbe).
Diritto all’identità e alla identificazione: mezzo fondamentale, immediato e sintetico per
l’identificazione della persona è il nome, che comprende il prenome o nome individuale,
imposto dalla concorde tra i genitori e dichiarato all’ufficiale di stato civile (sono consentite
dall’ordinamento modifiche o aggiunte) e il cognome, che avviene invece ipso iure, cioè dalla
famiglia (nel rapporto di filiazione è quello del padre). L’art. 22 C. dice espressamente che il
nome è un diritto di cui il soggetto non potrà mai essere privato per motivi politici. Il codice
civile, dall’art. 6 a 9, si occupano invece non solo del nome, ma anche dello pseudonimo e il
soprannome quando hanno una valenza importante come il prenome. La tutela del diritto al
nome è prevista con due azioni importanti: il reclamo, da esercitare nel momento in cui un
terzo impedisce di utilizzare il proprio nome o che questo esercita al posto del titolare (si ridà
legittima all’uso al titolare); usurpazione, utilizzo indebito e pregiudizievole (in termini
patrimoniali e non) del nome e cognome da parte di un terzo; questi strumenti possono essere
utilizzati anche da soggetti terzi nel momento in cui sono portatori di interessi di natura
familiare. Davanti alla lesione, vale il diritto alla rettifica come rimedio, nonché azioni di
risarcimento per il danno subito.
Nello stesso ambito ha importanza il diritto all’identità sessuale, da cui derivano due aspetti: in
caso di mutamento di sesso è prevista la autorizzazione da parte dell’ordinamento e del
tribunale, nel rispetto di alcuni limiti, per l’adeguamento dei caratteri sessuali tramite intervento
chirurgico, nonché la rettifica dei dati anagrafici.
Diritto all’immagine: secondo il codice civile e la legislazione speciale, l’utilizzazione
dell’immagine altrui è consentita se vi è l’assenso della persona ritratta e/o in generale la
divulgazione e la messa in commercio dell’immagine non rechino pregiudizio alla reputazione
o al decoro della stessa (o anche dei suoi familiari). Il consenso non è richiesto se l’utilizzo è
giustificato dalla notorietà della persona ritratta, dalla carica pubblica ricoperta, da finalità di
giustizia o di polizia o se la riproduzione è connessa a eventi pubblici o svoltisi in pubblico. La
cessazione dell’abuso spetta all’autorità giudiziaria su richiesta dell’interessato (ma anche dei
familiari). A riguardo o all’abuso del diritto all’immagine, si va principalmente ad interessare il
diritto alla riservatezza e/o all’identità personale, ecc.
Diritto alla riservatezza: è l’esigenza di tutelare la propria vita privata dalla altrui ingerenza; non
è espressamente disciplinata dall’ordinamento, per questo molto discusso nel contenuto (ad
es. limite fisico nelle mura domestiche o al di fuori; tutela per la sola divulgazione di notizie
riservate o nell’intrusione nella propria vita privata) tuttavia lo riscontriamo in diversi fonti co