Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 11
Nullità del contratto Pag. 1 Nullità del contratto Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Nullità del contratto Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 11.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Nullità del contratto Pag. 11
1 su 11
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

La risoluzione del contratto

La risoluzione del contratto è un modo di scioglimento che riguarda i contratti a prestazioni corrispettive. Essa interviene qualora si verifichi un difetto funzionale del sinallagma. Il rapporto tra le parti deve essere contrattuale; se obblighi reciproci sono istituiti, la violazione dell'uno non giustifica l'eliminazione dell'altro.

Il capo XIV del titolo II disciplina tre casi di risoluzione:

RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO

La parte che subisce l'inadempimento può valutare se sia opportuno insistere per l'attuazione del contratto, o se invece la perturbazione del rapporto sia tale da richiedere lo scioglimento. È salvo, in ogni caso, il diritto al risarcimento del danno (art. 1453, 1 comma, c.c.). Non è dunque corretto affermare che l'inadempimento è causa di risoluzione del contratto: l'inadempimento attribuisce all'altra parte il diritto potestativo di risolvere il contratto.

libertà di scelta trova dei limiti. In primo luogo "il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra" (art. 1455 c.c.); non basta, dunque, l'inesatto adempimento, che è sempre fonte di responsabilità, a mettere in moto la risoluzione. Questa richiede che il rapporto sinallagmatico non sia più funzionale, e quindi che l'interesse di una delle parti sia seriamente insoddisfatto. La giurisprudenza ricorre in proposito alla seguente espressione "inadempimento tale da lasciar ritenere che la parte offesa, se lo avesse previsto, non avrebbe stipulato". La gravità è dunque correlata all'entità oggettiva della violazione e all'entità della lesione arrecata all'interesse del creditore. In secondo luogo, la scelta dell'adempimento è reversibile, anche dopo aver promosso il

giudizio per la condanna dell'altraparte, l'attore può chiedere la risoluzione. La scelta della risoluzione è invece irreversibile (art.1453, 2 comma, c.c.). E infatti neanche la parte inadempiente può adempiere dopo che è stata domandata la risoluzione (art. 1453, 3 comma, c.c.). Proposta la domanda di risoluzione, dunque, il debitore acquista il diritto di non adempiere. Il <<non adempimento>> di cui all'art. 1453, 1 comma, c.c. si estende a tutta l'area in cui l'adempimento manca, ed è perciò comprensivo dell'ipotesi del mancato adempimento incolpevole. In via processuale, poiché i presupposti della condanna all'esecuzione sono tutti necessari ma non sufficienti per ottenere la risoluzione [la quale postula, ad esempio, la gravità dell'inadempimento], appare logico che l'attore possa chiedere la risoluzione in via principale e la condanna all'esecuzione in subordine.

La domanda di risoluzione può sostituire la domanda rivolta all'adempimento durante tutto il giudizio di primo grado e anche in fase di appello e diad hocrinvio, il difensore può provvedervi senza bisogno di procura. I contraenti possono prevedere espressamente nel contratto che l'inadempimento di una determinata obbligazione sia causa di risoluzione [clausola risolutiva espressa]. Nel quale caso la risoluzione opera di diritto e si verifica quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola (art. 1456 c.c.). In altri termini, in presenza di una clausola risolutiva espressa la vicenda risolutiva segue in modo automatico alla dichiarazione del contraente innocente che, di fronte all'inadempimento previsto nella clausola, intenda valersi di quest'ultima. La clausola non deve essere sottoposta a specifica approvazione per iscritto art. 1341 c.c. Per effetto della clausola sarà irrilevante la maggiore o minore gravità dell'inadempimento.

La dichiarazione è ovviamente un atto recettizio, non è soggetta a vincoli di forma, e può risultare implicitamente da un atto. L'interesse ad ottenere l'adempimento si ritiene venuto meno quando per la prestazione di una delle parti fosse fissato un termine che dovesse considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra. Il carattere essenziale del termine dipende dalla natura della prestazione o dal complesso del contratto, e può non essere enunciato espressamente. Neppure è necessario che la risoluzione sia pattuita espressamente. Se la parte interessata vuole esigere l'esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia entro tre giorni (art. 1457 c.c.). Nei casi in cui la risoluzione non si verifica di diritto, il diritto di determinare la risoluzione si può esercitare in due modi: con una domanda giudiziale (art. 1453 c.c.); in via extragiudiziale [c.d. procedimento monitorio]. Quest'ultimo consente.

Di ottenere la risoluzione attraverso una diffida ad adempiere, un atto scritto con cui si intima all'altra parte di adempiere entro un termine adeguato, non inferiore a quindici giorni, con dichiarazione che, trascorso inutilmente il termine, il contratto si intenderà risoluto: il contratto si scioglie di diritto se l'altra parte non adempie allascadenza (art. 1454 c.c.). Nel caso manchi quest'ultima dichiarazione, la sola intimazione di adempiere costituisce l'altra parte in mora, ma non porta alla risoluzione. La parte inadempiente deve comunque risarcire il danno.

L'art. 1458 c.c. regola gli effetti della risoluzione. Essa retroagisce fra le parti, senza pregiudicare i diritti acquistati dai terzi. Ne seguirà che le prestazioni già effettuate saranno causa, e daranno luogo a ripetizione d'indebito o restituzioni di arricchimenti, salve le eventuali ragioni di danno. Se il contratto comporta esecuzione continuata o periodica, la

risoluzione nonsi estende alle prestazioni già eseguite. La legge non distingue, riguardo alla posizione dei terzi,fra buona fede e mala fede, titolo oneroso e titolo gratuito.Esistono dubbi in ordine alla validità di una clausola di irresolubilità.La risoluzione opera solo se la prestazione inadempiuta rientra tra quelle corrispettive.Può risolvere il contratto, o chiederne giudizialmente la risoluzione, il contraente che ha subitogli effetti dell’inadempimento. Tuttavia, una volta che la risoluzione è stata promossa e ottenutadal legittimato, ognuno può poi invocarne gli effetti.Nel campo della risoluzione si propone la questione relativa alla parte soggettivamentecomplessa: se il contratto non produce effetti divisibili, solo il consenso unanime dei legittimatipotrà risolvere il contratto, o chiederne la risoluzione.In dottrina, una tesi assume che l’inadempimento è elemento costitutivo della fattispecie chedelle prestazioni delle parti. Se entrambe le parti sono inadempienti, si procede ad una valutazione comparativa delle reciproche inadempienze al fine di determinare quale parte abbia adempiuto in misura maggiore. In caso di parità, si applica il principio della compensazione delle inadempienze. La giurisprudenza ha anche stabilito che l'inadempimento deve essere sostanziale, cioè deve riguardare una parte essenziale dell'obbligazione. Inoltre, l'inadempimento deve essere imputabile alla parte inadempiente, cioè deve derivare da una sua colpa o responsabilità. In conclusione, il creditore ha il diritto di agire in giudizio per ottenere l'adempimento o la risoluzione del contratto. La scelta tra le due opzioni dipende dalla fattispecie e dalle circostanze del caso.

delleinadempienze: il giudice deve accertare quale di esse sia prevalente sull'altra. In caso di inadempienti reciproci di pari gravità si verifica la risoluzione per doppioinadempimento.

LE ECCEZIONI DILATORIE

Le parti di un contratto a prestazioni corrispettive possono anche giocare in difesa, nel senso che ciascuna di esse può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l'altra parte non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria. È questa l'eccezione di inadempimento. L'eccezione non può essere opposta se sono stabiliti termini diversi per le due prestazioni, se avuto riguardo alle circostanze il rifiuto è contrario alla buona fede (art. 1460 c.c.). Il potere di rifiuto può esercitarsi indifferentemente di fronte ad una domanda di adempimento o di fronte ad una domanda di risoluzione. La giurisprudenza non subordina l'esercizio del potere di rifiuto a nessuna rigida formalità preventiva:

non ad una diffida, non ad una attività giudiziale; è solo dovuta una comunicazione senza la quale la condotta del debitore sarebbe contraria alla buona fede. Nel caso in cui una parte sia tenuta ad adempiere per prima, può sospendere la sua prestazione se le condizioni patrimoniali dell'altra parte sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia (art. 1461 c.c.). La giurisprudenza ha equiparato alla sopravvenuta insolvibilità l'insolvibilità originaria incognita alla controparte. Il mutamento delle condizioni economiche deve essere visto in modo obiettivo; è esclusa ogni rilevanza della colpa. Il creditore che intende avvalersi del rimedio ha l'onere di avvisare la controparte. I due articoli citati legittimano la dilazione temporanea della prestazione di un contraente. La risoluzione tende a distruggere il rapporto contrattuale. Le eccezioni dilatorie.mirano a rafforzarlo garantendo l'obbligazione più sicura. I due rimedi dilatori non possono competere contemporaneamente allo stesso contraente. L'eccezione di inadempimento compete al contraente che non sia chiamato ad adempiere per primo. La sospensione di cui all'art. 1461 c.c. è accordata al contraente che debba adempiere per primo. Le parti possono pattuire che non siano opponibili eccezioni alla pretesa di adempimento [clausola solve et repete]. La clausola non ha effetto per le eccezioni di nullità, annullamento, rescissione (art. 1462 c.c.). LA RISOLUZIONE PER IMPOSSIBILITÀ SOPRAVENUTA Nell'ambito di un contratto a prestazioni corrispettive, l'impossibilità sopravvenuta determina il venir meno di una delle prestazioni e quindi la caduta del rapporto di corrispettività. L'impossibilità provoca automaticamente la risoluzione, senza bisogno di alcuna attività, né giudiziale, nédo l'adempimento della prestazione diventa oggettivamente impossibile per il debitore, in modo assoluto e non imputabile a sua colpa. In tal caso, il debitore non sarà tenuto a adempiere l'obbligazione e sarà liberato da ogni responsabilità. La causa d'impossibilità può essere di diversa natura, ad esempio: - Impossibilità fisica: quando l'adempimento diventa fisicamente impossibile, ad esempio a causa di un evento naturale come un terremoto o un'alluvione. - Impossibilità giuridica: quando l'adempimento diventa impossibile a causa di una norma di legge che vieta l'esecuzione dell'obbligazione. - Impossibilità economica: quando l'adempimento diventa economicamente impossibile per il debitore, ad esempio a causa di una grave crisi finanziaria. È importante sottolineare che l'impossibilità deve essere oggettiva e non imputabile al debitore. Se l'impossibilità è causata da una sua colpa o negligenza, il debitore sarà comunque tenuto a adempiere l'obbligazione. In conclusione, la causa d'impossibilità è liberatoria quando l'adempimento diventa oggettivamente impossibile per il debitore, in modo assoluto e non imputabile a sua colpa. In tal caso, il debitore sarà liberato da ogni responsabilità.
Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
11 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Balena Giampiero.