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Le forme di riconoscimento di filiazione naturale
L'art. 254 c.c. stabilisce quali sono le forme che deve assumere il riconoscimento di filiazione naturale ed al primo posto troviamo "l'atto di nascita", e, se fatto dopo la nascita o dopo il concepimento "una apposita dichiarazione davanti ad un Ufficiale di stato civile".
La prima forma di riconoscimento è prevista dall'art. 30, 4° comma, ord. stato civile, secondo cui la dichiarazione di nascita resa entro 3 giorni dalla data del parto presso la direzione sanitaria dell'ospedale e della casa di cura può contenere anche il riconoscimento contestuale di figlio naturale.
La seconda forma di riconoscimento è prevista dall'art. 42, 1° comma, ord. stato civile, secondo cui chi intende riconoscere un figlio naturale davanti all'Ufficiale di stato civile deve dimostrare che nulla osta al riconoscimento ai sensi della legge.
La terza forma di riconoscimento è invece prevista dall'art. 254 c.c.,
Disciplinante il riconoscimento testamentario. In questo caso bisogna fare la distinzione tra testamento come negozio e testamento come documento. La natura del testamento come documento condiziona la validità formale del riconoscimento e quindi se si forma per atto pubblico è soggetto ai requisiti previsti dalla legge per i documenti notarili; se è olografo deve avere i requisiti dell'autografia, della sottoscrizione e della data. Gli effetti sono rinviati a dopo la morte, ma già durante la vita dell'autore, l'atto di riconoscimento ha una sua validità sostanziale e non è revocabile.
Le impugnazioni del riconoscimento: la norma prevista dall'art. 264 c.c. (disciplinante l'impugnazione da parte del riconosciuto) doveva essere anteposta al dettato della norma dell'art. 263 c.c. (disciplinante l'impugnazione per difetto di veridicità) perché l'interesse del figlio va sempre anteposto a tutti.
gli altri interessi! L'interesse alle impugnazioni da parte del figlio va quindi guardato sotto il profilo del difetto di veridicità, con un collegamento tra l'art. 263 c.c. e l'art. 74, l.184/1983 sull'adozione. Il collegamento è dettato dall'esigenza di impedire i falsi riconoscimenti cui ricorrono quei soggetti senza figli che mancano dei requisiti necessari per procedere alla domanda di adozione di un minore. Qualora poi vi siano fondati motivi per ritenere che ricorrano gli estremi dell'impugnazione del riconoscimento, il Tribunale assumerà, anche d'ufficio, i provvedimenti di cui all'art. 264, 2° comma, c.c. (nominando un curatore speciale). L'art. 266 c.c. recita che "il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva dall'interdizione giudiziale" e che "l'impugnazione può farla il rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione,L'autore del riconoscimento entro un anno dalla data della revoca”.
Per quanto riguarda la questione del riconoscimento e della dichiarabilità dei figli incestuosi, la legge deve proteggere i figli dall'egoismo dei genitori. La Corte Costituzionale, nella sentenza n.494/2002, considera il principio di pari dignità sociale che viene leso quando a favore dei figli incestuosi non possono operare le disposizioni dettate per tutti gli altri figli nati fuori del matrimonio. La sentenza afferma che per i figli incestuosi si è trattato di una capitis deminutio perpetua ed irrimediabile, conseguenza oggettiva di comportamenti di terzi soggetti che hanno soddisfatto un loro interesse egoistico. La Corte ha però sbagliato nel non dichiarare incostituzionali sia l'art. 278 c.c. sul divieto di indagini relative alla genitorialità incestuosa che l'art. 251 c.c. sull'irriconoscibilità.
L'art. 255 c.c. disciplina il riconoscimento
del figlio premorto per favorire i suoi discendenti legittimi e naturali riconosciuti. L'art. 253 c.c. detta che "in nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova". L'inammissibilità è diversa dall'illegittimità esplicata nell'art. 263 c.c., e la prima è subordinata alla seconda!
La dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità prevista dall'art. 269 c.c. avviene nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. Questa dichiarazione ha lo stesso effetto dell'atto di riconoscimento compiuto dai coniugi al di fuori del giudizio. Oggetto dell'accertamento è la procreazione. Il processo per l'accertamento è un processo civile di cognizione a carattere prevalentemente contenzioso; è competente il Tribunale per i minorenni o se il figlio è maggiorenne, il Tribunale ordinario.
Entrambi i tribunali emettono provvedimenti di carattere decisorio e di condanna e questi giudizi devono essere introdotti con la citazione.
L'azione di accertamento dello status ex art. 269 c.c. All'art. 279 c.c. viene assicurata la tutela del figlio con l'azione per il mantenimento e l'educazione a carico del genitore. Gli effetti del giudicato derivanti dalla sentenza che definisce il giudizio sull'accertamento della filiazione naturale (contemplato dall'art. 277 c.c.) vengono affidati ad una disposizione di mero rinvio ed assimilati completamente a quelli conseguenti dal riconoscimento (art. 258 c.c.).
Il riconoscimento può essere impugnato senza limiti di tempo da chiunque ne abbia interesse per difetto di veridicità. La dichiarazione giudiziale può essere impugnata in appello e in Cassazione solo dal soccombente e per vizi tipici. Il diritto ad ottenere lo status prevale su ogni altro diritto a contenuto patrimoniale, diretto o successorio.
Vantato da terzi aventi causa del medesimo titolare, ed una volta ottenuto, diventa momento di legittimazione sostanziale e processuale per l'esercizio di ogni azione e pretesa collegata. Il consenso del minore titolare del diritto è determinante ai fini dell'esperimento giudiziale: è fondamentale il criterio della valutazione dell'interesse del minore che non abbia compiuto sedici anni, scindendolo nel profilo affettivo e patrimoniale; tuttavia, tale consenso del minore, non è un requisito di ammissibilità dell'azione (l'interesse ad agire del sedicenne art. 273, 2° comma, c.c. e del maggiorenne art. 270 c.c.).
Sentenza Corte Costituzionale n. 50/2006: ha abrogato l'art. 274 c.c. che disponeva l'ammissibilità dell'azione di accertamento della filiazione naturale al previo esperimento di un giudizio preliminare sull'ammissibilità dell'azione che finiva per produrre un giudizio di opportunità.
il cui metro di valutazione si perdeva nella segretezza della camera di consiglio. La gravità della procedura abrogata stava fondamentalmente nella segretezza dell'intero procedimento anche nei confronti delle parti, nell'irrecramabilità del decreto che dichiarava l'ammissibilità o meno dell'azione, nell'esclusione del contraddittorio e nel difetto di assistenza dei difensori.
L'art. 273, 2° comma, c.c., ci pone di fronte a due scenari: ipotesi della rinuncia agli atti del processo o rinuncia all'azione in caso di dissenso del minore divenuto sedicenne quando è stata presentata dai suoi rappresentanti legali. La manifestazione di volontà del sedicenne alla promozione del giudizio, se assente non provoca alcuna preclusione sulla possibilità che egli recuperi il pieno diritto potestativo all'azione una volta raggiunta la maggiore età. In ogni caso la rinuncia della prosecuzione del processo da
Parte del sedicenne deve intendersi quale rinuncia agli atti del processo (quindi del processo in corso o una rinuncia all'azione che preclude ogni altra tutela giudiziale); la rinuncia agli atti comporta l'accettazione dell'altra parte. Il giudizio di accertamento non si esaurisce soltanto in capo al figlio non matrimoniale titolare dell'azione, ma prevede un interesse processuale attivo, in favore dei discendenti legittimi, legittimati o naturali, riconosciuti entro due anni dalla morte del dante causa. C'è quindi il principio della massima partecipazione processuale degli aventi causa. È legittimato passivo chiunque ha un fondato diritto negativo che lo autorizza a resistere in quel giudizio. Chiunque vi abbia interesse può partecipare al processo nella fase dell'intervento. Il giudice ha la massima disponibilità dei mezzi di prova in capo alle parti in causa, quindi potrà trarre il suo convincimento anche in base ad una
prova indiretta, o in base ad una prova acquisita in atti digiudizi civili, o penali, da cui risulti indirettamente il rapporto. Il principio di libertà delle prove consente al giudice di procedere alla consulenza tecnica d'ufficio di natura ematologica-immunogenetica, anche in assenza di richiesta della parte stessa. La prova del DNA non è possibile per il convenuto soccombente in grado di appello quando non vi si è voluto sottoporre, dal momento che la decisione sulla filiazione naturale si è maturata con altri mezzi di prova ritenuti sufficienti. In caso di contumacia del convenuto, il processo continua e c'è la possibilità per il giudice di valutare questo comportamento. Per quanto riguarda la prova biologica sul cadavere del presunto genitore naturale, il diritto allo status prevale su quello della pietas relativo alla salma. Nella procreazione fuori del matrimonio, lo status giuridico e lo status naturale sonoAmbedue caratterizzati dalla comunanza del fatto biologico della filiazione. La mera procreazione determina una responsabilità da atto lecito, la quale ha come conseguenza l'assunzione dell'obbligo mantenitorio!
Diritti ereditari dei figli non riconoscibili: non possono ricevere più di quanto gli sarebbe spettato se la filiazione fosse stata riconosciuta o dichiarata. E' sufficiente l'accertamento della filiazione fuori del matrimonio!
La legittimazione: viene rinviata alle norme che riguardano il riconoscimento. La domanda di legittimazione vale come riconoscimento anche se la legittimazione non ha luogo. Due sono i fatti essenziali: l'accertamento della procreazione e il matrimonio o l'accertamento dell'impossibilità del matrimonio. La legittimazione può essere impugnata da chiunque per difetto di veridicità (come per il riconoscimento ex art. 263 c.c.).
Il matrimonio o la sentenza che assicura
L'impossibilità della legittimazione tutela la famiglia. È dal giorno del matrimonio che decorrono gli effetti della legittimazione. Quando contemporaneamente alla celebrazione del matrimonio gli sposi dichiarano