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Il nuovo codice canonico e i postulati conciliari

Il 3 febbraio 1983, osservava che i postulati conciliari trovano nel nuovo codice esatti e puntuali riscontri. Nella costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, lo stesso Giovanni Paolo scriveva: "questo nuovo Codice potrebbe intendersi come un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico questa stessa dottrina, cioè la ecclesiologia conciliare, inoltre c'è un carattere di complementarità tra il Codice e le due Costituzioni, dogmatica Lumen Gentium e pastorale Gaudium et spes". Lo sforzo d'armonizzazione del diritto canonico ai principi conciliari ha portato un'accentuazione delle distinzioni e delle particolarità del codice canonico rispetto alle moderne codificazioni civili. I codificatori del 1917 aveva piuttosto avvicinato il diritto canonico ai diritti secolari, con l'effetto di segnare il punto storico di più netta separazione tra la teologia ed il diritto canonico, quindi all'opposto un.

periodo di maggior avvicinamento del diritto canonico ai diritti secolari. L'armonizzazione seguiva alcune linee direttive individuate dalla Commissione per la revisione del codice di diritto canonico e sottoposte, per ordine di Paolo VI, allo studio del Sinodo dei Vescovi del 1967. Si tratta dei Principia quae Codicis Iuris Canonici recognitionem proponuntur, approvati dall'assemblea sinodale il 7 ottobre 1967. La revisione del codice avrebbe dovuto: tenere l'indole giuridica del codice; assicurare uno stretto coordinamento tra foro esterno e foro interno; accentuare il carattere pastorale del diritto della Chiesa; conferire in via ordinaria ai Vescovi diocesani la facoltà di dispensa dalle leggi generali, riservando alla suprema autorità della Chiesa universale e alle altre autorità superiori quelle cause che esigano un'eccezione al principio della concessione; applicare nella Chiesa il principio di sussidiarietà; migliorare ladefinizione e la tutela dei diritti della persona; distinguere meglio le funzioni della potestà ecclesiastica e curare particolarmente il diritto processuale; rivedere il principio della permanenza dell'indole territoriale nell'esercizio del governo ecclesiastico; mantenere il diritto penale, ma con generale riduzione delle sanzioni canoniche a pene ferendae sententiae, da infliggersi solo nel foro esterno, ed eliminazione al massimo delle pene latae sententiae. Il testo del nuovo codice promulgato nel 1983 manifesta una sostanziale e rigorosa fedeltà a queste linee direttive. Occidente ed Oriente Il diritto canonico contiene due grandi tradizioni: quella Occidentale, la Chiesa latina, e quella Orientale, le Chiese sui iuris orientali cattoliche. Queste ultime sono state riconosciute in epoche diverse dalla suprema autorità della Chiesa cattolica. Da queste si distinguono le Chiese ortodosse, cioè quelle Chiese cristiane che non sono in comunione con la Chiesa cattolica.

Chiesa cattolica, dalla quale si staccarono con lo scisma del 1054, dopo le reciproche scomuniche di papa Leone e del patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario. In realtà lo scisma fu il punto di arrivo di un processo di allontanamento iniziato già nel VII secolo, quando la Chiesa bizantina riunita nel concilio Trullano (691 – 692) emanò delle disposizioni che non furono recepite in Occidente. Inoltre influì la vicenda storico politica della divisione dell'impero romano nelle due espressioni d'Occidente e di Oriente, la prima destinata ad avere vita breve (crollo nel 476 d.C.) la seconda invece vita molto più lunga (crollo 1453). La frantumazione dell'unità politica dell'impero romano divenuto cristiano poneva però in crisi l'idea che all'unico regno celeste dovesse corrispondere un unico regno terrestre, ma dal punto di vista pratico avviava i processi di riorganizzazione istituzionale.

giuridico - politica tra le due realtà del sacro romano impero in Occidente e l'impero bizantino in Oriente. La Chiesa cattolica dunque esprime al proprio interno due tradizioni: la Chiesa latina, come organismo unitario e centralizzato, in Oriente una pluralità di Chiese ognuna delle quali si distingue per rito, cioè per patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare. Nel lungo corso della storia determinate comunità di fedeli hanno strutturato un proprio modo di vivere ed esprimere la comune fede cristiana producendo di conseguenza un diritto canonico proprio. Le tradizioni cui le ventuno Chiese cattoliche di rito orientale si riallacciano sono sostanzialmente cinque: Alessandrina, Antiochena, Costantinopolitana, Armena e Caldea. I riti si strutturano giuridicamente in Chiese dette sui iuris o autonome avente ciascuna il proprio diritto, questi diritti particolari trovano riferimento comune nel Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium promulgato

Da Giovanni Paolo il primo ottobre 1990. Per capire il rapporto tra Chiesa latina e Chiese orientali richiamiamo alcuni documenti del Concilio Vaticano. Ad esempio nel decreto Orientalium Ecclesiarum (1964) si dice che la Chiesa santa e cattolica si compone di fedeli, uniti nello Spirito Santo dalla stessa fede, dagli stessi sacramenti e dallo stesso governo. Nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (1964) si dice che per divina provvidenza è avvenuto che varie Chiese, durante i secoli, si sono costituite in molti gruppi, i quali godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un patrimonio teologico e spirituale proprio. Le antiche Chiese patriarcali ne hanno generato altre che sono come loro figlie. Il rapporto tra unità e pluralismo ecclesiale è evidenziato dai due documenti dove si afferma che nella comunione ecclesiastica vi sono legittimamente delle Chiese particolari che godono di proprie tradizioni; nella loro.

particolarità esse sono tuttavia ugualmente affidate al pastorale governo del Romano Pontefice. La Chiesa cattolica universale nella propria unità si distingue in riti e quindi in Chiese sui iuris. All'interno di questo sistema il codex iuris canonici riguarda la sola Chiesa latina, il codex canonum ecclesiarum orientalium riguarda tutte e sole le Chiese orientali cattoliche.

Unità e varietà

L'azione missionaria o "implantatio Ecclesiae", che segue le grandi scoperte geografiche dell'inizio dell'era moderna (1492), ha un influsso sugli sviluppi del diritto canonico. Le scoperte geografiche segnano il passaggio dall'età di mezzo all'età moderna e creano una nuova espansione missionaria, dopo la prima dell'età cristiana ad opera di Paolo verso i "gentili" e la seconda dell'età medioevale verso gli anglosassoni e gli slavi. I metodi missionari della terza erano nuovi.

perché legati a differenti condizioni ambientali, sociali, culturali e politiche, perciò nuovi erano anche gli strumenti giuridico - istituzionali. La vita interna della Chiesa, insieme all'accentramento romano del governo, vede due diverse modalità di reggimento del popolo di Dio: una tradizionale, nei Paesi d'antica cristianità; l'altra più innovativa ed elastica, nei Paesi di missione. Nascono nuove prassi di governo sia per la produzione normativa sia per l'amministrazione, favorendo la nascita di nuove norme e nuovi istituti. Si forma quindi una branca specialistica del diritto canonico denominata diritto canonico missionario (ius missionarium). Un esempio è l'istituzione dei vicari apostolici, figura istituzionale per poter provvedere al governo ecclesiastico delle Chiese particolari nei territori di missione. Questi prelati hanno la stessa dignità e potestà dei Vescovi diocesani, potevanoessere nominati direttamente dalla Santa Sede senza formale violazione delle prerogative regie. Al governo della Chiesa locale attraverso l'ordinaria gerarchia si sostituiva un governo accentrato nella Sede Apolitica che non poteva essere soggetto alla giurisdizione regia e che veniva espletato attraverso vicari. La progressiva accentuazione di una concezione personalistica e non territorialistica delle Chiese locali nei territori di missione, da un punto di vista storico rispondeva all'esigenza di emancipazione e dal punto di vista ecclesiologico e giuridico veniva ad introdurre significativi elementi di novità. L'introduzione nei territori di missione di forme governo diverse ed originali immette nel diritto canonico e nella stessa ecclesiologia quell'idea della Chiesa locale come comunità di persone, anziché come realtà istituzionale legata ad un territorio. Un altro esempio dell'influenza del diritto missionario è il.

regime giuridico delle persone fisiche. Infatti nasce una nuova attenzione ai problemi del reclutamento e della formazione del clero, motivata dalla reazione ai condizionamenti delle grandi potenze coloniali che tendevano ad avere nelle missioni un clero nazionale, fedele al proprio Paese. Viceversa alla Chiesa interessava favorire l'impegno missionario di un clero che fosse zelante nell'opera apostolica e fedele alla Santa Sede, da qui l'avvento del clero indigeno considerato anche più idoneo per portare il messaggio evangelico. Inoltre si parla anche della condizione giuridica dei non battezzati che venivano chiamati ancora "infedeli".

Dal punto di vista istituzionale l'espansione missionaria, che inizia alla fine del secolo, porta delle modifiche negli organi di governo della Chiesa universale. Con la costituzione apostolica Inscrutabili divinae Providentiae del 22 giugno 1622, Gregorio istituisce la Congregazione "de Propaganda"

destinata ad organizzare e sostenere la propagazione della fede cristiana. Aveva una duplice funzione: diffondere la religione cattolica presso gli infedeli (missio ad gentes) e tutelare il sacro patrimonio della fede nelle regioni europee devastate dall'eresia (missio ad intra). Ha sviluppato essenzialmente la prima. Sin dal 1623 comincerà ad esercitare il governo delle missioni in maniera esclusiva, assommando tutte le funzioni ordinariamente ripartite, ecco perché questo dicastero è detto "ceteras Congregationes habet in ventre". Le attribuzioni della Congregazione non si limitavano all'esercizio di funzioni amministrative ma si estendevano anche alla funzione legislativa, avendo il potere di emanare decreti generali aventi forza di legge. L'attribuzione di poteri senza la contestuale revoca dei privilegi concessi precedentemente alle corone spagnola e portoghese portò un conflitto con il Patronato, il complesso di

diritti e di obblighi che la Santa Sede aveva dato loro dalla metà del secolo affidando la parte orientale al Portogallo e la parte occidentale alla Spagna. Si crea insomma una situazione di concorrenza tra due diverse autorità: quella ecclesiastica e quella regia. Gli argomenti principali del conflitto erano: la libertà di accesso dei rappresentanti di Propaganda Fide nelle colonie, la gestione dei beni ecclesiastici, la nomina dei vescovi e la diffusione del cattolicesimo.

Dettagli
Publisher
A.A. 2008-2009
47 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiakka87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto canonico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze giuridiche Prof.