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Impugnazione del Regolamento
L'impugnativa presuppone un interesse concreto ed attuale di chi la propone. Essendo il regolamento caratterizzato dall'astrattettezza e generalità, di norma esso non sarà in grado di incidere direttamente sulle situazioni soggettive dei destinatari, né far nascere di conseguenza, l'interesse alla sua impugnazione.
In linea di massima il regolamento necessiterà, per la sua applicazione in concreto, di un successivo provvedimento di attuazione, per cui sarà quest'ultimo ad incidere sulle situazioni soggettive dei destinatari.
Di conseguenza, in questa ipotesi colui che intenda impugnare dovrà procedere alla doppia impugnativa, ovvero dovrà impugnare tanto il regolamento quanto il provvedimento di attuazione ad esso relativo.
La pronuncia dell'autorità giudiziaria avrà ad oggetto il regolamento, ma i suoi effetti si propagheranno al provvedimento di esecuzione.
giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che l'annullamento del regolamento ad opera dell'autorità giudiziaria amm.va operi con efficacia erga omnes. Il giudicato dunque, contrariamente alla regola generale, non esplica la sua efficacia limitamente alle parti in lite. DIRITTO MINORE (SCIALOJA). Scialoja considera l'interesse legittimo come diritto minore. Concezione che, ravvisando nell'interesse il nucleo comune del diritto soggettivo e dell'interesse legittimo, finiva per qualificare quest'ultimo come un diritto minore, in ragione della tutela meno ampia rispetto al diritto soggettivo, per la mancanza della genetica tutela risarcitoria e per la non sicura effettività della tutela ripristinatoria). Inoltre, questa concezione, finiva per avanzare la tutelabilità del diritto soggettivo nella veste di interesse legittimo davanti al G.A. in virtù della identità del nucleo. Questa concezione vieneproposta quando si inizio ad affermare la giurisdizione amministrativa accanto alla giurisdizione ordinaria, e avrebbe dovuto vedere nel giudice amministrativo il giudice dei diritti soggettivi minori accanto al giudice ordinario come giudice dei diritti soggettivi pieni. MA... se la distinzione tra le due situazioni giuridiche si fosse davvero potuta porre nei termini in cui la poneva Scialoja, sarebbe stato superfluo creare, come fu nel 1889, una nuova giurisdizione. I diritti soggettivi minori, differivano da quelli pieni, non nella consistenza, attesa l'identità del nucleo, ma negli elementi processuali che ne presidiavano le garanzie. Sindacato giurisdizionale e sindacato giudiziario. Sindacato giurisdizionale: il contenuto di tale espressione concerne i poteri dell'organo giurisdizionale. I poteri di cognizione, i quali sono fissati, nei loro limiti esterni, dalla domanda giudiziale e dal materiale probatorio introdotto dalle parti, nonché nei loro limiti interni.dall'ampiezza e dalla tipologia dei vizi che il giudice può conoscere in riferimento all'azione amministrativa rilevante per il giudizio. Con sindacato giurisdizionale, si suole intendere quella fase del processo che concerne la verifica giudiziale dell'azione amministrativa e che viene svolta allo scopo di asseverarne o meno la correttezza sul piano del diritto. Davanti al G.O. l'azione amministrativa rileva solo come uno dei momenti del rapporto giuridico o della fattispecie complessa proposta al vaglio di quel giudice. Davanti al G.A. di legittimità, il sindacato verte sull'azione amministrativa non complessivamente considerata bensì in quanto circoscritta (sussunta) nell'atto impugnato. Quindi quest'ultimo è giudice dell'atto e non del rapporto di amministrazione che lo ricomprende. Sindacato giudiziario al giudice ordinario è attribuita la potestà di verificare la conformità alla legge dell'azione amministrativa, ed èattribuita dalla disposizione contenuta nell'art. 5 della legge abolitivaAl giudice amm.vo , il fondamento va ravvisato nell'art. 26 del R.D. n° 1054/1924 sul Consiglio di Stato e nell'attuale e più recente art. 3 della L. n° 1034/1971 sui T.A.R.
Entrambe le disposizioni attribuiscono al G.A. il potere di:
- Decidere sui ricorsi per:
- Incompetenza
- Eccesso di potere
- Violazione di legge.
Occorre chiedersi se il sindacato del giudice ordinario e del giudice amm.vo abbia per entrambi identico contenuto.
Va detto che la tesi del sindacato giurisdizionale differenziato trova ispirazione nel principio della divisione dei poteri ma comporta il costo di impedire la tutela integrale del diritto soggettivo.
Risulta chiaro che una volta inteso il sindacato giudiziario, cioè il sindacato compiuto dal giudice ordinario, come ridotto alla conoscenza dei soli vizi formali consegue la riduzione della tutela del diritto soggettivo, vista come riduzione.dell'area della risarcibilità, rispetto all'ampiezza di tutela dell'interesse legittimo, vista come integralità della tutela ripristinatoria o post annullatoria oltre che risarcitoria. In sintesi, con questa tesi viene posta in crisi la pari ordinazione delle due situazioni giuridiche; DISAPPLICAZIONE. All'ambito del sindacato giudiziario va ascritto l'istituto della disapplicazione degli atti amministrativi e dei regolamenti generali e locali (ex art. 5 L. abol). Dottrina e giurisprudenza convengono nel ritenere che la disapplicazione possa essere annoverata tra i poteri decisori: Questa catalogazione lascia due perplessità: 1) Non esiste una potestà di disapplicazione tra le potestà giurisdizionali tipicamente ascrivibili al giudice e al processo civile. L'obiezione appare superabile se si individua la disapplicazione come potestà esclusivamente propria di quel processo civile che concerne PA e AZIONE AMM 2) La seconda perplessità,deriva dall'osservare che la disapplicazione, contrariamente al contenuto tipico del potere decisorio, non possiede alcuna connotazione positiva: una volta che disapplicare si concreta nel giudicare come se l'atto amministrativo non sia stato mai emanato appare evidente che la disapplicazione consiste in una sorta di operazione astensionistica. In sintesi dunque, si potrebbe qualificare la disapplicazione come una sorta di potestà predecisoria. Con questa qualificazione si esprimerebbe: - Sia il nesso di necessaria strumentalità che lega l'operazione del disapplicare al provvedimento conclusivo della lite giudiziale - Sia con una specifica appartenenza dell'attività valutativa, svolta dal giudice al quadro della funzione decisoria. L'inserimento della disapplicazione nel novero dei poteri decisori rappresenta per la dottrina tradizionale, il compenso teorico dei divieti di cui all'art. 4 co.2 L. abolitiva riequilibria. IN ALTRI TERMINI.. IL viziodella decisione (ex art. 5, il giudice ordinario decide sull'annullamento dell'atto). Tuttavia, ha previsto la possibilità per il giudice civile di disapplicare l'atto amministrativo lesivo di diritti soggettivi, qualora lo ritenga illegittimo. La disapplicazione dell'atto rappresenta quindi uno strumento a disposizione del giudice civile per valutare l'azione amministrativa e decidere sulla sua legittimità. Questo strumento, sebbene possa sembrare una tecnica processuale, ha un effetto compensativo in quanto permette di annullare l'atto lesivo e ripristinare i diritti soggettivi del cittadino. È importante sottolineare che la disapplicazione non ha un impatto diretto sull'atto della pubblica amministrazione, ma è una decisione del giudice civile che valuta la sua legittimità. Pertanto, la disapplicazione può essere considerata uno strumento probatorio a disposizione del giudice civile nelle controversie che coinvolgono l'azione amministrativa.deipoteri di decisione (al giudice ordinario è preclusa la revoca o la modifica dell'atto);dall'altraparte non poteva ignorare che l'azione della PA avrebbe potuto essere o meno conforme allalegge.La verifica di tale conformità trova esplicita previsione nell'art5 l.abol.TECNICA PROCESSUALE CHE TALE DISPOSIZIONE INTRODUCE è affine alle tecnicheprobatorie(con le quali il giudice acquisisce,valuta e assegna un ruolo ad uno degli elementi delrapporto dedotto in giudizio).In questa luce considerare il provv. illegittimo come indizio sullafondatezza della pretesa giudiziale significa attribuire alla disapplicazione un valore positivo chealcune opinioni stentavano a riconoscerle .In contrasto con queste opinioni,Sembra invecepotersi sostenere che la disapplicazione si riassume in una tecnica processuale la cui strutturae la cui funzione indicano l'appartenenza dell'istituto nell'area probatoria del giudizio civile.D'altronde,Come dice il legislatore nell'art. 5 dell'abrogazione, applicare o non applicare gli atti amministrativi significa ammettere o non ammettere gli atti stessi come prova della pretesa versata in giudizio. La disapplicazione come oggetto di sentenza dichiarativa critica la costruzione tradizionale in materia di disapplicazione. Si allude alla costruzione che consiste nel convertire l'operazione negativa del disapplicare in un'operazione positiva a carattere decisiorio. Si dice quindi che siccome al giudice ordinario sono precluse (per divieto ex. Art. 4) sia le sentenze costitutive (di annullamento, revoca, modifica dell'atto) sia le sentenze di condanna ad un facere, non risulta invece un pari divieto per le sentenze dichiarative o accertative della configurabilità di una pretesa verso la P.A..? Quindi, dall'inesistenza di tale divieto va dedotta la vera sostanza della disapplicazione ex art. 5 che consisterebbe nella declaratoria della illegittimità dell'atto.
amm.vo rilevante nel rapporto dedotto in giudizio.
Critiche:
- se l'atto amm.vo risulta conforme alla legge, la sua applicazione al rapporto dedotto in giudizio comporta, non tanto la declaratoria che esso viene applicato, bensì la declaratoria dell'inesistenza del diritto come situazione proteggibile. In pratica il g.o. pronuncerà una sentenza dichiarativa del proprio difetto di giurisdizione.
- Se l'atto amm.vo risulta non conforme alla legge, dunque illegittimo, la sua irrilevanza giuridica nell'ambito del rapporto dedotto in giudizio comporta, non tanto la declaratoria che esso viene applicato, bensì la declaratoria dell'esistenza del diritto come situazione proteggibile. In concreto il G.O. pronuncerà una sentenza dichiarativa (non di disapplicazione dell'atto illegittimo) dell'esistenza della propria giurisdizione ma solo come momento prodromico all'eventuale pronuncia che soddisfa la pretesa versata in.
giudizio.DISAPPLICAZIONE IN BONAM PARTE