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GLI ATTI ISTRUTTORI DEL PROCEDIMENTO
L'istruttoria è la fase principale del procedimento in cui si accertano i
fatti (elemento sia dei poteri vincolati sia di quelli discrezionali) e si
acquisiscono gli interessi (elemento dei soli poteri discrezionali). Da
questi si arriva alle risultanze istruttorie sulle quali si fonderà il
provvedimento finale. Anche l'art. 3 della L. 241 fa riferimento alle
risultanze istruttorie nelle motivazioni del provvedimento.
I principali atti dell'istruttoria: i pareri e le valutazioni tecniche.
I primi sono disciplinati dall'art. 16 della L. 241, i secondi dall'art. 17.
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Per entrambi però c'è solo una disciplina procedimentale, ossia si
indicano i tempi e i modi di acquisizione, ma non una definizione
degli stessi.
La differenza tra pareri e valutazioni tecniche
Esempio 23
Un magistrato sostiene di essere affetto da patologia oculare dovuta
a causa di servizio, in specifico al continuo movimento degli occhiali
per alternare vista da vicino e da lontano. Chiede pertanto il
riconoscimento di un'indennità. Nell'istruttoria si chiede:
a) un contributo a un equipe di esperti che dica se esiste nella
letteratura medica un caso del genere
b) il magistrato viene sottoposto a visita medica per accertamento
Il caso a) è un parere, il b) una valutazione tecnica. La differenza sta
pertanto nel contatto con la realtà da apprezzare tipica della
valutazione tecnica. Nel parere manca il contatto con la realtà.
I pareri
Criteri di classificazione dei pareri
I pareri possono essere divisi in base a diversi criteri:
- i pareri possono essere esterni (se chiesti ad altre P.A. diversa da
quella procedente) o interni (se chiesti ad altri organi della stessa
P.A.)
- i pareri possono essere obbligatori o facoltativi. I primi sono a
richiesta dovuta, ossia la norma che attribuisce il potere alla P.A.
prevede espressamente che si debba chiedere quel parere. Per i
secondi non vi è obbligo di richiederli e non sono generalmente
menzionati nelle norme.
I pareri obbligatori si suddividono ulteriormente in vincolanti e non
vincolanti. Quelli non vincolanti si possono motivatamente
disattendere. Farlo immotivatamente significa incorrere in eccesso di
potere per contraddittorietà infraprocedimentale. Quelli vincolanti
sono chiaramente espressi dalla norma e non si possono
disattendere altrimenti si incorre in violazione di Legge; sono quindi
decisori (cioè contribuiscono già a formare la decisione del
provvedimento finale) e come tali tassativi, cioè per forza esplicitati. I
pareri vincolanti potrebbero anche essere aboliti, teoricamente,
attribuendo direttamente all'Ente consultivo il potere in capo
all'amministrazione procedente che, di fatto, esterna solo il parere
espresso.
L'art. 16 della L. 241
Inoltrata la richiesta di parere obbligatorio all'Ente consultivo, questi
deve rispondere entro 20 giorni (fatte salve le normative di settore).
Possono aversi 3 casi:
1) il parere viene reso tempestivamente e quindi si può procedere al
l'adozione del provvedimento finale
2) l'ente consultivo rappresenta esigenze istruttorie, ossia necessita
di altra documentazione da parte dell'amministrazione procedente.
Questa richiesta interrompe il termine dei venti giorni. L'ente
consultivo ha quindi 15 giorni per fornire il parere dopo aver ricevuto
i documenti richiesti.
3) l'ente consultivo non risponde. L'amministrazione può quindi o
attendere finchè il parere non arriverà oppure fa a meno del parere.
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Nel primo caso si privilegia la completezza dell'istruttoria, nel
secondo caso la speditezza.
L'art. 16 sceglie una soluzione intermedia, la cosiddetta facoltà di
accantonamento (dell'acquisizione del parere): l'amministrazione
può prescindere dal parere, valutando caso per caso. Se ritiene che
l'istruttoria sia matura, prescinde; altrimenti, attende.
Applicazione dell'art. 16 per i pareri obbligatori
Questa facoltà non si applica ai pareri obbligatori vincolati, altrimenti
si crea contrasto con la norma che pone il vincolo, qualificando tali
atti come decisori. Non tutti i pareri obbligatori però (a parte quelli
vincolanti) possono rientrare nell'accantonamento: essi devono
essere chiesti e ottenuti. Si tratta di quelli in procedimenti a tutela
ambientale, del paesaggio, del patrimonio artistico, della salute e
della pubblica incolumità. Di fronte a questi interessi vitali, si
predilige la completezza dell'istruttoria.
L'amministrazione procedente che non rispetta i termini di
conclusione del procedimento per inerzia dell'altra P.A. a cui ha
chiesto il parere non è imputabile per i danni da ritardo che gravano
invece sulla P.A. inerte.
Applicazione dell'art. 16 per i pareri facoltativi
Il termine per rilasciare il parere facoltativo è stabilito dall'organo
consultivo ma comunque non superiore a 20 giorni. I casi che si
possono presentare sono gli stessi dei pareri obbligatori con l'unica
differenza, nel caso di inerzia dell'organo consultivo, che
l'amministrazione procedente ha il dovere di accantonamento e non
una valutazione caso per caso.
Le valutazioni tecniche
Sono disciplinate dall'art. 17 della L . 241. Possono essere chieste
ad altra P.A. oppure ad altri organi della stessa P.A. e devono essere
rese entro 90 giorni.
Anche per le valutazioni tecniche si possono avere 3 casi:
1) il parere viene reso tempestivamente e quindi si può procedere
all'adozione del provvedimento finale
2) l'ente consultivo rappresenta esigenze istruttorie, ossia necessita
di altra documentazione da parte dell'amministrazione procedente.
Questa richiesta interrompe il termine dei novanta giorni. L'ente
consultivo ha quindi 15 giorni per fornire il parere dopo aver ricevuto
i documenti richiesti.
3) l'ente consultivo non risponde. L'amministrazione ha il dovere di
rivolgersi ad altro organo o Ente munito di capacità tecnica
equipollente. Netta quindi la differenza con l'art. 16 relativo ai pareri
che si possono accantonare. Nell'art. 17 il punto di equilibrio tra
speditezza e completezza è rappresentato dal dovere di rivolgersi
altrove per l'ottenimento.
Al principio dell'acquisizione obbligatoria presso altro organo o Ente
fanno eccezione le valutazioni tecniche in procedimenti a tutela
ambientale, del paesaggio, del patrimonio artistico, della salute e
della pubblica incolumità. Di fronte a questi interessi vitali, si
predilige la completezza dell'istruttoria e quindi è necessario dover
attendere la risposta dell'ente interpellato. 21
I PROCEDIMENTI DI SECONDO GRADO: RIESAME E
REVISIONE.
I procedimenti di riesame
Sono quei procedimenti, detti di secondo grado, con cui
l'amministrazione riesamina la legittimità di un proprio precedente
provvedimento.
Il riesame può avere 3 possibili esiti:
1) conferma
2) convalida
3) annullamento d'ufficio
1) la conferma
Si è chiesta un anno fa un'autorizzazione che dopo due mesi è stata
negata. Si lamenta oggi l'illegittimità e si chiede il riesame. La P.A.
ha il dovere di riesaminare? No perchè il provvedimento è ormai
inoppugnabile. La P.A. può avere 3 distinti atteggiamenti di fronte
all'istanza di riesame:
a) l'inerzia: si avrebbe silenzio inadempimento solo se esistesse un
dovere della P.A. di provvedere. In questo caso, nessun dovere è
sorto.
b) la P.A. risponde richiamando soltanto il precedente
provvedimento. Questo è un caso di atto meramente confermativo,
non vi è alcun riesercizio del potere già esercitato con l'adozione del
primo provvedimento.
c) la P.A. rinnova l'istruttoria, in tutto o in parte. Ad esempio chiede
un nuovo parere. Alla fine adotta un atto che conferma il diniego.
Questo è un atto confermativo che evidenzia il riesercizio del
medesimo potere.
Gli atteggiamenti b) e c) si distinguono per la presenza di una nuova
istruttoria e/o di una nuova motivazione. Ove presenti si è di fronte a
un provvedimento di conferma e non di mera conferma. L'atto b) non
è impugnabile in quanto non è un provvedimento , non rimette nei
termini l'istante che non aveva impugnato al Tar il primo
provvedimento. L'atto c) sostituisce e assorbe quello confermato e lo
si può nuovamente impugnare al Tar.
Si segnalano due isolate sentenze che affermano il dovere di
riesame se l'istanza viene presentata nei termini di impugnazione
(entro i 60 giorni) sulla base del ragionamento: se non c'è l'intento
elusivo dell'inoppugnabilità (il ricorso è ancora possibile) allora c'è
un dovere di provvedere.
L'istanza di riesame è sempre possibile ma se si afferma, in questo
caso, che il dovere assume le forme del silenzio inadempimento,
solo dopo la formazione di questo si potrebbe procedere e a questo
punto sarebbe sì elusa l'inoppugnabilità in quanto ampiamente
decorsi i 60 giorni.
Nella prassi, raramente le P.A. adottano un atto confermativo, non
volendosi esporre a nuovi possibili impugnazioni.
2) la convalida
A differenza della conferma, siamo di fronte a un provvedimento
illegittimo e sanabile secondo quanto già detto a proposito della
22
convalida.
3) l'annullamento d'ufficio
L'istituto è disciplinato dal comma 1 dell'art. 21 nonies della L. 241,
introdotto nel 2005 codificando una figura giurisprudenziale molto
antica.
Con l'annullamento il provvedimento viene radicalmente eliminato
(nella prassi questo viene comunemente chiamato provvedimento in
autotutela, cioè la P.A. rimuove il provvedimento senza dover
ricorrere al Tar).
I presupposti dell'annullamento sono due:
1) la non sanabilità del provvedimento illegittimo di primo grado
(altrimenti ci sarebbe la convalida)
2) l'interesse pubblico concreto e attuale, ulteriore rispetto
all'esigenza di ripristino della legalità dell'azione amministrativa.
I beneficiari di un provvedimento di primo grado maturano un
affidamento che sorge dall'operato della P.A. che ha concesso
quanto richiesto. Il trascorrere del tempo consolida questo
affidamento che è pertanto degno di tutela. Da questo consegue che
l'annullamento d'ufficio non è vincolato ma discrezionale, vengono
cioè valutati gli interessi in gioco rappresentati dall'affidamento del
cittadino e il ripristino della legalità. Ma questa è condizione
necessaria ma non sufficiente. Ci