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I PARERI

La funzione consultiva si puntualizza nei pareri, comunemente definiti in dottrina come atti non negoziali o come atti interni. Questa definizione dei pareri emerge dalla tradizionale quadripartizione dell'attività amministrativa in attiva, consultiva, di controllo e giustiziale e dal collegamento, comunemente prospettato sul piano funzionale, tra gli organi consultivi e quelli attivi: i primi preposti ad una funzione preparatoria ed ausiliaria (che svolgono, appunto, attraverso il parere) rispetto all'azione dei secondi finalizzata al perseguimento dell'interesse pubblico generale (attraverso l'emanazione del provvedimento finale).

La fase consultiva dell'istruttoria del procedimento si rende necessaria al fine di consentire all'Amministrazione decidente, in ordine all'esercizio di poteri che coinvolgono situazioni complesse (sul piano tecnico e su quello degli interessi in gioco), che la sua decisione finale sia preceduta da un momento

valutativo affidatoad un ufficio da essa differenziato sul piano dell'organizzazione. A fronte delle definizioni e classificazioni tradizionali di questo tipo di attiamministrativi, si deve a Sandulli la prospettazione, nel 1940, di una nuovametodologia per lo studio dei pareri: quella di un loro inserimento sistematiconell'ambito del procedimento amministrativo e del conseguente abbandono di quelmetodo che suggeriva di studiare i pareri considerandoli come figure a sé, ovveroin relazione al solo provvedimento finale. L'impostazione logico-sistematica diSandulli -tuttora fondamentale per un'indagine sui pareri nel diritto amministrativo-tendeva a ricondurre ad unità la figura del parere in aperta critica con quellaposizione dottrinale che a lungo ha tenuto distinti dalla categoria i pareri vincolantisulla base della considerazione per la quale il contenuto di questi ultimi,identificandosi con quello del provvedimento finale, ne comporterebbe.La configurazione come atto complesso, atto del quale il parere costituirebbe un elemento integrante (Cammeo, Presutti). Sulla scorta della netta distinzione tra la fase costitutiva e quella preparatoria del procedimento e della collocazione del parere nell'ambito di questa ultima - che, lungi dall'acquisire una rilevanza cronologica o descrittiva, riflette la sostanziale mancanza di autonomia funzionale della "dichiarazione di giudizio" - Sandulli afferma l'inidoneità del parere (sia esso vincolante, obbligatorio o facoltativo) a produrre effetti giuridici esterni e quindi la sua incapacità a costituire elemento componente o integrante del provvedimento finale.

Chiarita la natura giuridica e la caratterizzazione dei pareri rispetto agli altri atti del procedimento, è opportuno analizzare le classificazioni dottrinali e giurisprudenziali dei pareri al fine di proporne una tipologia sistematica.

Anzitutto i pareri si distinguono in facoltativi e

obbligatori a seconda che all'Amministrazione procedente sia attribuita la facoltà di richiedere l'intervento dell'autorità consultiva (talvolta individuata in organi monocratici ma per lo più sono collegiali), ovvero che vi sia normativamente obbligata, pena l'illegittimità del provvedimento finale per violazione di legge. Il primo tipo di parere comporta la piena discrezionalità dell'Amministrazione competente all'adozione del provvedimento finale di richiedere il parere ma non anche quella di non prenderlo in considerazione, una volta ottenuto: è fatto obbligo, infatti, all'Amministrazione, per giurisprudenza tralatizia, di motivare adeguatamente la decisione presa eventualmente in difformità del parere reso, sia facoltativo che obbligatorio. In una terza categoria rientrano i c.d. pareri vincolanti che configurano in capo all'Amministrazione competente, accanto all'obbligo di provvedere, quellodi decidere se seguire o meno il parere), tuttavia, impone all'ente di motivare adeguatamente la propria decisione nel caso in cui si discosti dal parere stesso. Infine, vi è il parere non vincolante, che non impone alcun obbligo all'ente di conformarsi ad esso. Questo tipo di parere viene solitamente richiesto per ottenere un'opinione tecnica o legale su una determinata questione, ma non ha alcun effetto giuridico vincolante. In conclusione, i pareri vincolanti rappresentano un importante strumento di controllo e tutela dell'attività amministrativa, garantendo la conformità delle decisioni prese dagli enti pubblici alle norme di legge e ai principi di giustizia.

di provvedere omeno in ordine all'oggetto del procedimento), configura un vincolo (recte unobbligo) in relazione al quid o al quomodo: allorché l'Autorità competente decide di provvedere (in realtà grava sull'amministrazione un obbligo di provvedere ex art.2 a pena, talvolta, degli interventi sostitutivi delle competenti autorità, talaltra disanzioni o di indennizzi forfettari all'interessato, ecc.), potrà farlo soltanto inconformità del parere (obbligatorio) espresso dall'organo consultivo. Si tratta, perla dottrina, di una distinzione meramente nomínalistica operata dalla legge rispettoal parere vincolante; tuttavia può forse rinvenirsi un criterio di discriminenell'apprezzamento discrezionale lasciato all'Amministrazione procedentenell'attività di conformarsi al parere reso.Vi sono infatti nel nostro ordinamento giuridico norme che non identificanonecessariamente il contenuto del

parere con la decisione e tuttavia attribuiscono al parere conforme effetti ulteriori rispetto a quello non vincolante, nel senso dellasua idoneità a limitare, senza annullarlo, l'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione procedente.

Quanto alla disciplina legislativa generale dei pareri essa è contenuta nella legge 7 agosto 1990, n. 241 e più specificamente nel capo IV intitolato alla semplificazione dell'azione amministrativa, artt. 16 (in materia di pareri obbligatori) e 17 (relativo alle valutazioni tecnico-scientifiche).

La disciplina dell'attività consultiva è dunque inserita dal legislatore del 1990 in un contesto normativo volto ad accelerare e snellire l'azione amministrativa: la peculiarità della disciplina degli atti consultivi endoprocedimentali obbligatori contenuta, nell'art. 16, può infatti individuarsi nella sua capacità di fornire all'Amministrazione procedente strumenti

idonei ad impedire che l'inerzia dell'organo consultivo adito provochi arresti procedimentali capaci di configurare rilevanti lesioni dell'interesse pubblico e di tutti gli altri interessi coinvolti dal procedimento. La norma, in particolare, sancisce che la richiesta di parere obbligatorio inoltrata da parte dell'Amministrazione competente comporta un obbligo in capo all'organo consultivo di emanare l'atto richiesto entro il termine previsto dalla legge o dai regolamenti, ovvero, in assenza di siffatte previsioni, entro 45 (come risulta dalla modifica apportata dalla legge 127 del 1997) giorni dal ricevimento della richiesta e che l'inutile decorrenza del termine legittima l'Amministrazione attiva a proseguire l'iter procedimentale, prescindendo dal parere, salvo che si rappresentino esigenze istruttorie (art. 16, comma 4). Ora, quest'ultima disposizione normativa è stata oggetto di critiche da parte di alcuni commentatori: in particolare,nella formulazione della norma è stata ravvisata (e criticata nel merito) la scelta del legislatore di approdare ad una soluzione compromissoria in ordine all'opportunità di prescindere dal parere obbligatorio. Il legislatore, cioè, pur consapevole del danno che tale previsione avrebbe potuto arrecare all'efficienza dell'Amministrazione (in conseguenza del "depauperarnento" della fase istruttoria), ha lasciato all'Autorità investita del potere decisionale la valutazione discrezionale dell'opportunità di procedere prescindendo dal parere, senza stabilire preventivamente quale dei due valori in gioco debba prevalere: quello della celerità del procedimento o quello della completezza dell'istruttoria. Le critiche mosse alla norma si basano sulla configurazione dell'ipotesi che il responsabile del procedimento eserciti invano la facoltà di attendere oltre i termini dell'atto consultivo; in tal caso eglisi vedrà comunque costretto a prescindere dall'acquisizione del parere, portando a termine il procedimento con evidente aggravio di tempi e incompletezza istruttoria. Alla luce di queste considerazioni sarebbe stato forse più opportuno, al fine di garantire una conoscenza ad ampio spettro delle questioni rilevanti nel (e degli interessi coinvolti dal) procedimento - suggeriscono alcuni commentatori -, assoggettare la disciplina dei pareri ad una normativa del tenore dell'art.17 sulle valutazioni tecniche che impone, in caso di inerzia dell'organo consultivo, il ricorso ad enti o organi in via surrogatoria, a vantaggio di un'adeguata ponderazione degli interessi in gioco e conseguentemente della qualità del provvedimento finale. Allorché il termine previsto dalla norma per la comunicazione degli atti consultivi obbligatoriamente richiesti risulti insufficiente a causa dell'incompletezza dell'istruttoria ovvero a causa dellacomplessità delle questioni prospettate all'organo consultivo (la norma fa espresso riferimento alla "natura dell'affare"), quest'ultimo può (ex art. 16, quarto co.) presentare istanza motivata (l'obbligo di motivazione è desumibile ex art. 1, secondo co.) di rinnovazione del termine per esigenze istruttorie. In tal caso la norma prevede la sospensione del termine fino al momento "della ricezione da parte dell'organo stesso, delle notizie o dei documenti richiesti". In tal caso la norma sancisce che il parere debba essere "reso definitivamente entro 15 giorni dalla ricezione degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate" (art. 17 co. 24, n.4 della legge 127 del 1997): anche nel caso di interruzione del termine per esigenze istruttorie è dato dunque riscontrare nella nuova disciplina un'incisiva riduzione dei tempi accordati all'organo consultivo per provvedere. Del tutto invariata risulta,invece, la disciplina volta alla salvaguardia dei valori egemoni di tutela del p
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A.A. 2012-2013
46 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Liguori Fiorenzo.