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Le Autorità amministrative indipendenti

Una posizione del tutto peculiare è quella delle Autorità amministrative indipendenti: si tratta di enti risalenti nel tempo, come la Banca d'Italia, ma anche di enti creati recentemente. Tutti gli enti pubblici sono autorità amministrative dotate del potere di imperio, ma la qualità d'indipendenza costituisce il criterio definitorio opposto all'ente dipendente.

L'indipendenza di questa tipologia di enti qualifica il rapporto tra queste autorità e la politica, e particolarmente il rapporto con il Governo: l'Amministrazione viene affidata a persone dotate di particolare competenza tecnica in ragione della materia su cui le stesse devono esercitare l'attività amministrativa. Dietro la spinta dell'Unione europea, e non solo, sono per tale motivo istituiti enti di carattere indipendente.

Alcuni esempi sono rappresentati da Consob, A.G.C.M. (autorità garante della concorrenza del mercato), Autorità per...

le Telecomunicazioni, Garante per la protezione della riservatezza delle persone, etc. Queste entità possono essere individuali oppure collegiali. Molte di queste Autorità sono preposte alla tutela dei consumatori, volgendo il loro intervento a settori dell'economia in cui si opera in regime di mercato, e in cui non si intende immaginare un intervento pubblico di tipo regolatorio, ma dove comunque vanno dettate delle regole che sono emanate da queste Autorità. Per svolgere tali attività di regolamentazione bisogna trovare delle Autorità indipendenti dalla politica, in attuazione del principio democratico, che attuino gli interessi dei cittadini e non, come nel caso del Governo, interessi che sono espressione della sola maggioranza. Per garantire l'indipendenza dalla politica bisogna attribuire a un soggetto estraneo alla politica la responsabilità di questi settori: tuttavia l'indipendenza non sarebbe rispettata se si trattasse diorgani nominati dal Governo o dai Ministeri. Perciò la nomina di queste autorità non viene fatta dalla politica, bensì dal Presidente della Repubblica o dai Presidenti dei due rami del Parlamento, senza l'influsso del Governo e dei partiti. La collegialità è un'altra garanzia dell'indipendenza di queste autorità e dell'esclusione di influenze esterne, poiché la presenza di una pluralità di persone costituisce di per sé garanzia per il numero di vedute e per evitare che dall'esterno vi sia influenza su un unico organo monocratico. Le normative che queste Autorità devono applicare non derivano dal potere legislativo, ma si riconosce alle stesse un'autonomia normativa molto vasta che permette di dettare le regole di cui la stessa dovrà fare applicazione: tali regole sono dettate da quei soggetti che sono indipendenti dalla politica e dotati di un'importante competenza tecnica.determinato in base alla specifica materia di competenza dell'A.N.A.C. Ad esempio, per le procedure di gara e gli appalti, il controllo giurisdizionale spetta al giudice amministrativo. Tuttavia, l'indipendenza dell'A.N.A.C. è garantita dal fatto che essa non dipende gerarchicamente da nessun altro organo della P.A. e ha autonomia decisionale nelle sue funzioni di vigilanza e controllo.

anch'esso diversificato: un conto è l'impugnazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (che riguarda il caso singolo e dunque vi è necessità di un'istruttoria che può essere semplice, se ad esempio si tratta di un'infrazione stradale), diverso è quando vengono impugnati gli atti di regolazione, per cui il sindacato è molto più complesso.

Queste Autorità, oltre ad attività di regolazione e amministrazione attiva (repressione di condotte illecite, emanazione di sanzioni, etc.) svolgono anche attività di verifica e risoluzione di contenzioso tra consumatori/utenti e le aziende erogatrici di servizi (ad esempio, nelle telecomunicazioni, luce e gas, anche se si tratta di vertenze di valore economico limitato): non è qui richiesta l'assistenza di un avvocato e il contenzioso viene risolto in tempi celeri. 29 marzo 2019

Le società partecipate (d.lgs. 175/2016)

Rientravano nella categoria degli enti pubblici gli enti pubblici economici, caratterizzati per l'attività svolta - da una parte agiscono mediante atti di capacità di diritto privato (come la conclusione di negozi) e in molti casi prevalentemente con attività imprenditoriale (regolata dal Codice Civile secondo le regole per la produzione di beni e servizi). Ci sono altri enti pubblici non economici che producono servizi, come ad esempio le Università, ovvero le aziende sanitarie considerate (in quanto aziende) più adatte a rendere il servizio. Gli enti pubblici economici erano enti pubblici a tutti gli effetti, anche se con differenze rispetto agli altri, innanzitutto per tali elementi, ma anche dal punto di vista organizzativo. Tutta la categoria degli enti pubblici ha subito una modificazione fondamentale per due ragioni prevalentemente: in primo luogo la necessità del Paese di reperire velocemente beni in tempi di crisi; inoltre con

l'unico azionista o se sono stati introdotti anche azionisti privati. Inoltre, è fondamentale analizzare le conseguenze di queste trasformazioni sulle politiche economiche e sociali del Paese. La normativa europea ha influenzato notevolmente il sistema di intervento pubblico nell'economia italiana. L'ingresso di questa normativa ha portato alla crisi del sistema di intervento pubblico attraverso enti pubblici e ha superato tale sistema. L'analisi degli enti pubblici economici è importante per comprendere i cambiamenti avvenuti nel loro perimetro a partire dagli anni '90, con la riduzione del loro numero attraverso il processo di privatizzazione. Questo processo ha comportato la trasformazione di tali enti da enti pubblici a enti societari, in particolare società per azioni. Esempi di questo tipo di trasformazione sono l'Enel, le Ferrovie dello Stato e il settore bancario (in passato anche le banche erano soggetti pubblici). Questi enti di diritto pubblico diventano quindi soggetti di diritto privato, società di capitali e in particolare società per azioni. È innegabile che il soggetto diventi da pubblico a privato. Tuttavia, è anche importante capire cosa accade in termini di azionariato, ovvero se vi è stata una privatizzazione o una liberalizzazione e in che misura lo Stato rimane l'unico azionista o se sono stati introdotti anche azionisti privati. È fondamentale analizzare le conseguenze di queste trasformazioni sulle politiche economiche e sociali del Paese.

Azionista della società, e nel caso in quale misura. A seconda dell'azionariato (pubblico o privato) e, nel caso sia pubblico, maggioritario o minoritario, l'impatto sulla privatizzazione è diverso. La trasformazione in S.p.A. accompagnata dal fatto che lo Stato non rimane socio di tale società, sì che rappresenta una privatizzazione totale e sostanziale (o anche liberalizzazione) perché anche i soci sono privati; altrimenti se lo Stato diventa socio la misura di liberalizzazione è diversa. Questo non è ciò che è avvenuto per molte società strategiche come Eni, Enel, F.S., in cui lo Stato è rimasto socio in misura maggioritaria, anche se successivamente si sono verificate delle cessioni ulteriori di azionariato; ciononostante lo Stato ancora mantiene una salda maggioranza di queste società. Oggi questa materia di cessioni è oggetto di studio per la prossima manovra finanziaria del Governo.

Diversa è invece la situazione degli istituti di credito, in cui la cessione è stata totalitaria, ovvero quasi. Anche in questo caso però, si pensi al caso di Monte dei Paschi di Siena in cui lo Stato era uscito dall'azionariato e ha dovuto rientrare nei limiti delle normative europee. Un altro fenomeno che ha modificato il perimetro è quello della cd. privatizzazione di ex enti pubblici, come a proposito delle IPAB e della sentenza della Corte costituzionale n. 396/1988. Tutti questi enti dovevano rimanere enti pubblici, con la sentenza 1988 si è invece riconosciuta la possibilità di rimanere pubblico o di ritornare un ente privato. Questo fenomeno di attuazione della sentenza della Corte costituzionale ha determinato un restringimento ulteriore del perimetro. In anni più recenti, con la sentenza 300/2003 e 301/2003, la Corte costituzionale ha riconosciuto illegittime alcune norme che avevano trasformato le banche in S.p.A. Tale leggeaveva anche stabilito che le fondazioni che controllavano le banche attraverso le azioni dovessero essere enti pubblici. Vicenda quindi simile alle IPAB, e in cui si trova incoerenza tra il fine e la trasformazione in S.p.A. ma tenendo le azioni in mano ad enti pubblici (quindi non dello Stato ma sempre pubblico). La Corte ha ritenuto che questa pretesa di imporre alle fondazioni un assetto pubblicistico fosse illegittima. Si parla in questi casi di grandi istituti di credito (MPS, etc.) che erano controllati dallo Stato. Si ha una ulteriore riperimetrazione. Questo processo di riduzione di enti pubblici si constata anche in relazione ad altre fattispecie. Innanzitutto, in riferimento alla Croce Rossa Italiana e gli enti lirici; anche in questi casi è stato attuato un processo di trasformazione di enti pubblici in Società per Azioni o fondazioni di carattere privato. Qui non si è verificato il medesimo fenomeno quanto all'assetto societario, ma si è verificata.

la fuoriuscita di questi enti dalla cerchia di enti pubblici. Talvolta si parla di enti privati di interesse pubblico (ad esempio, Croce Rossa Italiana, ma anche l'attività bancaria) proprio per le finalità di questi enti. Le banche svolgono un ruolo fondamentale anche nella realizzazione di opere pubbliche, realizzate secondo l'istituto del project financing previsto dal Codice dei Contratti Pubblici.

Questi tre processi hanno portato in dottrina all'idea della crisi dell'ente pubblico, di un depotenziamento. Sicuramente per ragioni diverse il processo ha ottenuto il risultato di ridurne il numero. Se poi si pensa al tema delle società partecipate pubbliche, cioè il processo di riordino e di riduzione del numero di società partecipate pubbliche innescato dal T.U., sicuramente i cambiamenti sono molto rilevanti. La dottrina si pone il quesito se questi cambiamenti facciano o meno venire meno l'attualità del problema di

potrebbe essere l'art. 1 del D.Lgs. 165/2001 che definisce gli enti pubblici come "gli enti che svolgono funzioni amministrative o di pubblico interesse, istituiti o comunque riconosciuti dalla legge". Questa definizione amplia il concetto di ente pubblico includendo anche gli enti privati che svolgono funzioni di pubblico interesse. Tuttavia, la distinzione tra enti pubblici e privati rimane importante per diverse ragioni. Gli enti pubblici sono soggetti a regole e procedure specifiche, come ad esempio l'obbligo di trasparenza e di pubblicazione dei bilanci. Inoltre, gli enti pubblici sono sottoposti al controllo e alla vigilanza degli organi di controllo pubblici, come la Corte dei Conti. D'altra parte, gli enti privati godono di maggiore autonomia decisionale e possono operare in maniera più flessibile rispetto agli enti pubblici. Tuttavia, anche gli enti privati possono essere soggetti a regole e normative specifiche, ad esempio nel caso di enti privati che gestiscono servizi pubblici. In conclusione, la distinzione tra enti pubblici e privati è importante per comprendere le diverse regole e procedure che si applicano a ciascun tipo di ente. Tuttavia, è importante considerare che questa distinzione può essere sfumata in alcuni casi, in cui enti privati possono svolgere funzioni di pubblico interesse e quindi essere considerati enti pubblici.
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Publisher
A.A. 2018-2019
130 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher F.arnaboldi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Sica Marco.