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L’INTEPRETAZIONE LOGICO-SISTEMATICA:
Quando il testo è chiaro, e a maggior ragione quando la lettera della legge non è chiara,
può essere opportuno e talvolta necessario confrontare e convalidare l’interpretazione
letterale con quella logico-sistematica.
Ogni norma deve essere collocata e interpretata nel sistema. Le disposizioni specifiche di
un tributo devono essere interpretata nel contesto della disciplina di quel tributo.
L’interprete delle leggi tributarie deve dare quindi rilievo alla ratio del tributo: ogni
operazione interpretativa deve essere quindi coerente con la ratio del tributo.
In materia di imposte sui redditi, un criterio interpretativo è il c.d. principio di simmetria,
in base al quale ad un costo deducibile da un soggetto deve corrispondere un provento
imponibile per un altro soggetto, e viceversa.
L’INTERPRETAZIONE ADEGUATRICE E I PRINCIPI DELLO STATUTO:
Dall’ordinamento giuridico delle fonti deriva il principio per cui , nell’interpretare un testo
normativo, si deve privilegiare l’interpretazione conforme al testo gerarchicamente
sovraordinato ( c.d. interpretazione adeguatrice o interpretazione conforme).
Le leggi devono essere interpretate in modo conforme alla norme costituzionali , alle
norme dell’unione europea e alle convenzioni internazionali.
Lo statuto dei diritti del contribuente è una legge ordinaria, ma le sue norme sono
qualificate come attuative dei principi costituzionali e come principi generali
dell’ordinamento pubblico. Esse sono perciò importanti criteri-guida per l’interprete,
specie con riguardo alle norme che regolano l’attività amministrativa; ogni dubbio
interpretativo sul significato di una disposizione, che attenga ad ambiti materiali
disciplinati dallo Statuto, deve essere risolto in senso conforme ai principi statutari.
Le leggi interpretative: Le leggi interpretative riguardano di solito una disposizione di
incerto significato; dato tale presupposto, il legislatore dettando una norma interpretativa
impone una determinata interpretazione. Così facendo le interpretazioni (le norme)
considerate errate vengono eliminate, e ne sopravvive una soltanto.
Le disposizioni interpretative non sostituiscono la disposizione interpretata, così si hanno
due disposizioni coesistente, quella interpretata e quella interpretativa.
Le disposizioni interpretative sono per loro natura retroattive. non si può pensare perciò
che la disposizione interpretata assuma un dato significato solo a partire dall’entrata in
vigore della legge interpretativa.
Occorre per questo fare una distinzione importante tra disposizioni interpretative
(retroattive) e disposizioni innovative (non retroattive).
Dato il carattere retroattivo delle leggi interpretative, il legislatore, nello “statuto dei diritti
del contribuente” ha disposto che “l’adozione di norme interpretative in materia tributaria
può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come
tali le disposizioni di interpretazione autentica” (art.1).
Quando una disposizione, che si autoqualifica come interpretativa, ma detta una
interpretazione non riconducibile a una delle alternative desumibili dal testo della
disposizione interpretata, non p realmente interpretativa, ma innovativa. In questo modo
lo scopo della nuova norma è quello di modificare retroattivamente una data disciplina,
dissimulando il suo carattere innovativo.
L’uso improprio della legge di interpretazione è stato censurato raramente dalla Corte
costituzionale. Quindi, nessun problema se una legge si autodefinisce interpretativa ma in
realtà modifica la norma che dice di interpretare.
Vi sono però limiti costituzionali che le leggi interpretative devono rispettare.
SECONDO LA CORTE COSTITUZIONALE, il legislatore non può emanare disposizioni
retroattive (apparentemente interpretative) che non trovino un’adeguata giustificazione sul
piano della ragionevolezza, o che si pongano in contrasto con valori e interessi
costituzionalmente protetti.
L’ART 53. È un limite alla retroattività delle leggi tributarie in quanto richiede che la
capacità contributiva sia attuale. Valgono infatti, per le leggi interpretative, gli stessi limiti
alla retroattività che la corte ha affermato per le ordinarie leggi impositive.
Le circolari: Le circolari sono atti interni all’amministrazione e quindi, non essendo fonti
di diritto, non sono vincolanti nell’ordinamento giuridico generale, ma solo all’interno
dell’ordinamento amministrativo. Le circolari non sono vincolanti né per i contribuenti, né
per i giudici. (essendo atti interni, non ha rilievo neppure la loro violazione da parte
dell’amministrazione pubblica).
Solitamente, all’emanazione di una nuova legge, L’Amministrazione finanziaria fa seguire
una circolare, con la quale ne illustra agli uffici periferici il significato (con eventuali altri
indicazioni ad esempio di carattere pratico e organizzativo).
La pronuncia dell’amministrazione finanziaria viene spesso sollecitata da quesiti posti dagli
uffici periferici o dai contribuenti, in relazione a casi specifici: la risposta a tali quesiti
(espressa in atti che prendono il nome di risoluzioni o note) costituisce occasione per altri
esercizi di interpretazione della legge.
Norme di rinvio, lacune, analogia.
Nel diritto tributario vanno distinti i gruppi di norme autonome (come le leggi che
disciplinano i singoli tributi) dai gruppi non autonomi (che sono integrati dalle c.d.
norme di rinvio. Ciò che non è previsto dalle norme tributarie è infatti integrato dal
settore generale, di cui il settore speciale fa parte.
Alle lacune può porre rimedio l’analogia, cioè l’applicazione di norme dettate per casi
simili o materie analoghe (analogia legis) e il ricorso ai principi generali
dell’ordinamento (analogia juris).
L’analogia non è ammessa per le leggi penali e per quelle “che fanno eccezione a regole
generali o ad altre leggi”.
In diritto tributario, la giurisprudenza considera speciali le norme di favore come sanzioni
agevolazioni etc, e che quindi non ammettono analogia.
L’analogia può porre rimedio solo alle lacune tecniche (che impediscono di applicare una
legge). Dove non sono prospettabili lacune in senso tecnico, non sono necessarie né
possibili integrazioni mediante analogia. NON PUO’ ESSERE AMMESSA ALCUNE
INTEGRAZIONE ANALOGICA DELLE NORME CHE PREVEDONO FATTI IMPONIBILI.
Più semplicemente, le norme tributarie impositrici non possono essere integrate
analogicamente perché non possono presentare lacune in senso tecnico. le leggi
tributarie impositrici sono infatti leggi per loro natura complete, l’interprete dunque non ha
nulla da completare.
Il divieto di analogia delle norme tributarie impositrici combacia con il divieto di analogia
delle corrispondenti norme sanzionatorie (se così non fosse dovremmo poi considerare
non punibile l’evasione, non potendo parallelamente estendere la norma punitiva).
Ciò che è stato detto per le norme impositrici vale anche per le norme che stabiliscono
esenzioni o agevolazioni, le quali si pongono come norme di deroga rispetto alle norme
impositrici.
E’ dunque vietata l’analogia per le norme che indicano che cosa è tassabile e chi è
debitore d’imposta.
Vi sono però anche lacune della disciplina dell’obbligazione tributaria sanabili con
l’analogia, e che quindi vengono pacificamente integrate mediante ricordo al codice civile.
Anche in diritto tributario si applicano i principi generali dell’UE. I procedimenti tributari
sono infatti regolari dai principi generali dei procedimenti amministrativi fissati dalla legge
241/1990 , che richiama i principi del diritto dell’UE.
Sono perciò da considerare operanti nel diritto interno i principi generali dell’UE.
Inoltre, come già detto, le norme dello statuto costituiscono “principi generali
dell’ordinamento tributario” , perciò su di esse può basarsi l’analogia juris.
CAPITOLO 4° DIRITTO TRIBUTARIO (I PRINPICI)
L’ART.53 DELLA COSTITUZIONE dispone che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e che “Il sistema tributario è informato
a criteri di progressività”.
Concorrere alle spese è uno dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e
sociale” sanciti dall’art.2 della costituzione. All’art.2 si collega anche il principio di
progressività.
Il singolo deve contribuire alle pubbliche spese, non in rapporto a ciò che riceve dallo
stato, ma in ragione della sua capacità contributiva.
La funzione extrafiscale dei tributi:
la funzione naturale dei tributi è procurare entrato allo Stato (e agli altri enti pubblici), ma
ogni tributo ha anche funzioni extrafiscali (ad esempio dazi all’importazione per proteggere
la produzione nazionale o tributi ambientali per disincentivare le attività inquinanti).
L’insieme dei tributi, nel disegno costituzionale, non deve quindi semplicemente coprire le
spese pubbliche. Il tributo è infatti il mezzo di attuazione del principio di solidarietà e
strumento per l’adempimento dei fini sociali, che la Costituzione assegna alla repubblica.
Lo stato infatti, per l’art.3 della costituzione, deve “rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Per l’art 117 le regioni “devono
rimuovere ogni ostacolo che impedisce la parità degli uomini e delle donne nella vita
sociale, culturale ed economica.
Il principio secondo cui il sistema tributario deve essere informato a criteri di progressività
implica quindi che i tributi devono avere finalità ridistributive.
NB anche i tributi con preminenti finalità extrafiscali, comunque, devono essere collegati
a fatti espressivi di capacità contributiva.
Limiti costituzionali delle leggi tributarie:
Le leggi tributarie non devono ledere i diritti e le libertà costituzionalmente garantite. ( per
esempio, la tassazione dei redditi da lavoro deve rispettare il principio per cui la
retribuzione deve assicurare al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa (art.36 cost) )
L’esercizio delle libertà costituzionalmente garantite non deve essere ostacolato da oneri
fiscali (libera manifestazione del pensiero, libertà religiosa, accesso a internet).
Quindi il legislatore deve rispettare “i vincoli derivanti dall’ordinamento comunita