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ESPANSIVA.
Effetti dell’imprenditorialità: il modo in cui l'ingresso di nuove imprese alimenta lo sviluppo può essere
interpretato in un’ottica Schumpeteriana (distruzione creatrice). Schumpeter sosteneva che gli effetti
dell’ingresso di nuove imprese possono non essere univoci.
1. La creazione di nuove imprese porta ad un aumento dell'occupazione perché occorre nuovo
personale per mettere in funzione le capacità supplementari (effetto diretto), almeno nel breve
periodo.
2. La concorrenza tra le nuove imprese e le incumbents genera un processo di selezione nel mercato.
Tale selezione funziona secondo la sopravvivenza del più forte: le imprese meno produttive devono
ridurre il loro output o escono dal mercato (displacement). Poiché tale scenario porta ad un aumento
della produttività media, l'occupazione dovrebbe diminuire, se l’output rimane costante. Pertanto,
anche se l’entrata di nuove imprese apporta nuove capacità innovative che richiedono personale
aggiuntivo per il loro funzionamento, l'effetto netto delle nuove attività sull’occupazione non è
necessariamente positivo, ma potrebbe essere negativo.
3. La competizione tra le nuove imprese altamente innovative e gli incumbents può portare a
miglioramenti dal lato dell’offerta e maggiore competitività con effetti positivi sull’occupazione. I
principali effetti sul lato dell'offerta dell’ingresso sono: assicurare l’efficienza, l’aumento della
produttività, l’accelerazione del cambiamento strutturale (anche gli incumbents posso essere
sostituiti dalle nuove imprese), l’innovazione è amplificata, in particolare, attraverso la creazione di
nuovi mercati ed una maggiore varietà di prodotti e nuove soluzioni.
Secondo Aghion et al. (2009) ci sono altri meccanismi grazie ai quali l’entrata di nuove imprese induce la
crescita economica, il più importante è la riallocazione degli input e degli output del processo produttivo.
Le nuove imprese, ad alta produttività, possono guadagnare quote di mercato a scapito delle incumbents a
bassa produttività e, quindi, aumentare la produttività misurata a livello aggregato.
La letteratura conferma che, a causa della concorrenza e della selezione del mercato, solo una frazione di
start-up sopravvive per una lunghezza apprezzabile di tempo, quelle che riescono a farlo possono spodestare
gli incumbents (metafora della foresta). Tuttavia, vale la pena notare che affinché questi effetti “pro-growth”
dal lato dell'offerta emergano è strettamente necessario che la selezione del mercato funzioni.
Paradossalmente, se per qualche motivo fossero le imprese più efficienti ad uscire e quelle inefficienti a
sopravvivere, il risultato sarebbe inverso, ossia, una diminuzione della competitività e crescita aggregate.
Una possibile spiegazione del malfunzionamento del meccanismo di selezione potrebbe essere dovuto
all’intervento pubblico. Come nel caso dei sussidi alla nascita di nuove imprese, che spesso nascono
inefficienti ma che godono di un vantaggio competitivo rispetto agli incumbents non sovvenzionati. Se tali
sovvenzioni portano ad un aumento dell’entrata di nuove imprese, questo potrebbe spiegare perché l'effetto
marginale sull’occupazione diminuisce con l’aumento del tasso di creazione di nuove imprese. Più
sovvenzioni per imprese inefficienti implica meno occupazione, meno crescita e meccanismi di selezione
‘distorti’. Un’ultima spiegazione è che gli imprenditori non calcolano bene il rischio quando entrano nel
mercato, già piuttosto affollato, in quanto troppo sicuri di sé circa le loro possibilità.
Determinanti dell’imprenditorialità: differenze internazionali
Ardagna e Lusardi (2008) utilizzano i dati dell'indagine del Global Entrepreneurship Monitor (GEM) per
indagare le determinanti dell’attività imprenditoriale in 37 paesi sviluppati e in via di sviluppo con dati micro.
Si concentrano sia sulle caratteristiche individuali sia sulle differenze normative dei paesi. Distinguono
l’attività imprenditoriale in 2 categorie:
– imprenditori che sfruttano opportunità di business (opportunity driven);
– imprenditori che diventano tali per assenza di migliori opportunità di lavoro (necessity
driven).
Misure di imprenditorialità:
– TEA, 1 se gli individui iniziano un nuovo business o sono proprietari e managers di un giovane
marchio, 0 nel caso contrario.
– TEAOPP, 1 se gli individui iniziano un nuovo business o sono proprietari e managers di un
giovane marchio per prendere il vantaggio di un’opportunità di business, 0 nel caso
contrario.
– TEANEC, 1 se gli individui iniziano un nuovo business o sono proprietari e managers di un
giovane marchio perché non riescono a trovare un lavoro migliore economicamente, 0 nel
caso contrario.
In media, in tutto il campione, la percentuale di individui che partecipano in attività imprenditoriale è del
7,6%. Di questi, il 36% avvia una nuova impresa o è titolare di un'azienda giovane perché non sono disponibili
altre possibilità di impiego, mentre il resto partecipa all’attività imprenditoriale per sfruttare un'opportunità
di business. Il tasso di imprenditorialità medio è molto più alto nei paesi a reddito basso e medio-basso che
nei paesi a più alto reddito con tassi rispettivamente pari a circa il 14% e il 6,7%.
Differenze internazionali: il tipo di attività imprenditoriali intraprese in questi paesi è piuttosto diversa. Nei
paesi poveri più di due terzi delle persone si impegnano in una attività imprenditoriale “come rimedio”,
mentre questo tipo di imprenditorialità scende al 21,9% nei paesi ad alto reddito. Il totale dell’attività
imprenditoriale è più alto in America Latina (14,10%), seguita dai paesi dell'Asia orientale e del Pacifico
(9,4%), mentre i paesi appartenenti all'UE hanno il più basso tasso di imprenditorialità (5,68%). Ardagna e
Lusardi mostrano che la mancanza di opzioni di lavoro è la motivazione più importante per avviare una piccola
impresa nelle economie in via di sviluppo.
Regolamentazione
Ci sono due scuole di pensiero sull’impatto della regolamentazione sull’attività imprenditoriale:
1. la regolamentazione impone costi aggiuntivi a chi intende creare una nuova impresa, questi
costi sono socialmente indesiderabili in quanto determinano una riduzione del tasso di
natalità delle imprese;
2. la regolamentazione nasce per correggere i fallimenti del mercato pertanto dovrebbe creare
un clima più favorevole per l’imprenditorialità.
Indicatori di regolamentazione:
– Entry, misura le barriere e i costi con cui gli imprenditori si interfacciano quando creano un
nuovo business;
– Contract, misura l’efficienza del sistema giudiziario nella risoluzione di dispute commerciali;
– Labor, misura la difficoltà degli imprenditori nell’aggiustamento della forza di lavoro
Relazione tra regolamentazione e imprenditorialità: negativa per tutte le tipologie di regolamentazione
quando si considera l’imprenditorialità spinta dalle opportunità; meno chiara quando si considera
l’imprenditorialità spinta dalla mancanza di opportunità alternative. In generale è importante distinguere le
due tipologie di imprenditorialità.
Differenze internazionali: Ardagna e Lusardi (2008) mostrano che con una regolamentazione flessibile la
probabilità di iniziare una nuova attività imprenditoriale aumenta tra gli individui di età inferiore ai 44 anni.
Ancora più importante, il termine di interazione tra la regolamentazione del lavoro e la paura di avviare una
nuova impresa è statisticamente significativo per tutte le misure di imprenditorialità. Nei paesi con normative
sul lavoro stringenti, i lavoratori sono meno disposti a diventare imprenditori. C’è una diffusa convinzione
che la formazione di nuove imprese porti alla crescita economica. Ciò ha motivato i policy makers in molti
paesi a promuovere l'imprenditorialità al fine di stimolare la crescita. Tuttavia, il fondamento empirico di
questa convinzione è piuttosto debole. La letteratura mostra che la creazione di nuove aziende, misurata dal
numero dei loro dipendenti o dalla loro quota di mercato, è in grado di influenzare lo sviluppo regionale in
una varietà di modi. Gli studi empirici più recenti sulle relazioni tra la formazione di nuove attività
imprenditoriali e l’occupazione sono a livello regionale, perché un'analisi a livello settoriale comporta gravi
difficoltà nell'interpretazione dei risultati, infatti, i settori seguono un ciclo di vita e per il policy maker è più
semplice riferirsi a un’area geografica a meno che essi non coincidano.
Inoltre, i risultati mostrano che le caratteristiche individuali, quali il genere, l'età e lo status nel mondo del
lavoro sono determinanti importanti per l’imprenditorialità, come l'importanza dei social network e gli
atteggiamenti nei confronti del rischio.
Determinanti sul lato dell’offerta
Maggiore è la competizione tra le nuove imprese e gli incumbents più grandi sono gli effetti, sul lato
dell'offerta, dell’ingresso di nuove imprese sull’occupazione. La qualità innovativa della start-up rappresenta
la miglior sfida agli incumbents e l’elemento determinante per ottenere migliori performance, anche a livello
regionale. La qualità di una start-up può essere indicata da diversi fattori:
– il capitale umano dell'imprenditore;
– la quantità e qualità delle risorse che sono state mobilitate per il nuovo business;
– la strategia di marketing che è stata perseguita;
– la produttività;
– l’innovatività dei beni e servizi forniti.
Esistono vari tipi di start-up: innovative e imitative; le prime sono quelle in grado di competere ad alti livelli
innovativi con gli incumbents e, quindi, preferibili rispetto alle seconde in grado solo di imitare le innovazioni.
La qualità, e in particolare, il grado di innovatività di tutte le start-up in una determinata regione dipende
anche dalle caratteristiche dell'ambiente circostante che sono:
– disponibilità di risorse – finanziarie e manageriali - che ci sono nel territorio (venture capital,
servizi di supporto, manodopera qualificata)
– base di conoscenze nella regione (attività di innovazione delle imprese regionali, la presenza
e la qualità delle università ed altri istituti di ricerca pubblici)
– intensità degli spillover di conoscenza r