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Per verificare se la distribuzione di una variabile è normale si usano due parametri.
L’asimmetria e la curtosi che variano tra più e meno infinito e quando assumono
valore =0 indicano una forma della distribuzione normale. L’asimmetria ci dice
quanto la curva è sbilanciata a destra o a sinistra, cioè di quanto le frequenze dei
punteggi alti o bassi siano più elevate di quanto dovrebbero essere se la distribuzione
fosse normale. La curtosi ci dice quanto i punteggi siano concentrati in un punto
particolare della distribuzione o di quanto essi siano uniformi, sempre rispetto alla
distribuzione normale. Nella prassi consideriamo una variabile normale quando
presenta asimmetria e curtosi comprese tra +1 e -1.
La correlazione si occupa della relazione tra due variabili, indica quanto l’andamento
dei punteggi di una variabile sia collegato all’andamento dei punteggi di un’altra
variabile quindi ci dice quanto le variabili covarino. Per descrivere con un numero
l’entità della relazione si calcola il coefficiente di correlazione. Ci sono diversi
coefficienti ma il più usato nel caso di variabili misurate su scale a intervalli e che
coglie relazioni di tipo lineare è il coefficiente r di Pearson. I suoi valori possono
variare da -1 a +1. Il valore -1 indica una correlazione negativa perfetta, il valore 0 una
mancanza di correlazione, il valore +1 indica una correlazione positiva perfetta.
È possibile pensare la relazione tra due variabili in termini di previsione dell’una in
funzione dell’altra. La regressione è un metodo di stima del valore atteso condizionato
di una variabile dipendente, dati i valori di altre variabili indipendenti. Conoscendo la
correlazione tra Y e X e le deviazioni standard delle due distribuzioni, posso prevedere
o stimare il valore di una variabile (Y) in base alla sua relazione con l’altra (X). La
differenza tra il valore predetto e il valore della variabile si chiama errore di previsione.
II modulo. I test psicologici: classificazione.
La nascita dei test in psicologia.
I principali strumenti di misura in psicologia sono i test, considerati lo strumento
diagnostico per eccellenza per valutare gli aspetti della psiche, perché a differenza
degli altri modi di valutazione, questo permette di misurare gli aspetti della psiche.
Secondo molti, questa caratteristica è garanzia di scientificità.
La storia di quest’ambizione a quantificare le caratteristiche della mente vede i suoi
precursori nelle equazioni della psicofisica che studiavano i fenomeni fisici in relazione
a quelli psichici, con lo scopo di trovare parametri comuni agli individui. L’idea del test
come reattivo diagnostico nasce e si sviluppa con i tentativi di misurare le differenze
tra le persone in risposta a stimoli uguali. Alla fine dell’800, (1883) questo interesse si
concretizza in un lavoro più sistematico a opera di Galton (misura caratteristiche
fisiche e psichiche, quali i tempi di reazione a stimoli visivi e uditivi di oltre 17mila
persone). Nel 1890 Cattel dà la prima definizione di test mentale. Nel 1901bci furono
le prime critiche ai test mentali perché non erano predittivi di alcune capacità, d’altra
parte i test misuravano solo una parte delle abilità psichiche, nello specifico i tempi di
reazione. Si impone l’esigenza di misurare caratteristiche più cognitive. Nel 1905 su
commissione dal ministero dell’istruzione francese, due psicologi, Binet e Simon
mettono a punto un test in grado di individuare gli allievi bisognosi di un’istruzione
differenziata. Grazie a esso erano misurate abilità cognitive come l’attenzione, la
percezione, la memoria e il linguaggio predittivi del successo scolastico. Nel 1908,
nasce il concetto di età mentale: età rilevabile dal test e relativa alle capacità medie
dei bambini di quell’età. Nel 1916, Terman alla Stanford university appronta la
versione americana del test e introduce il Quoziente intellettivo (età mentale/età
cronologica x 100). Con l’introduzione del test di Terman, nella società pragmatica
americana (che non si interessa solo di teorie ma alla loro applicazione), si diffondono
altri test come Army Test alfa o beta per la valutazione dei soldati alla prima guerra
mondiale, il cui scopo era mettere la persona giusta nel posto giusto. Anche aziende e
scuole usano test per valutare le attitudini e le capacità cognitive e di adattamento di
bambini e operai con l’obiettivo di mettere la persona giusta in condizioni di rendere al
massimo. Tutto ciò comporta dei rischi, di cui la società americana stessa si rese
conto. Il rischio è giustificare procedure di selezione/esclusione avvalendosi della
scientificità del test. alla fine degli anni ’60 nascono diversi testi che mettono in
guardia dai brain watchers e dall’uso spregiudicato e non etico dei test. A questo
punto, l’American Psychological Association (APA) mette a punto specifiche norme su
come costruire e usare i test. Norme revisionate che tutt’oggi usiamo.
Lo scopo del test è misurare funzioni complesse, cognitive ed emotive, della mente
umana con rigore scientifico.
Cos’è un test psicometrico?
Otto elementi per definirlo.
1- Insieme di stimoli (solitamente affermazioni chiamati in inglese items)
standardizzati, cioè sempre uguali.
2- Somministrati in modo standardizzato. La sequenza delle prove, i tempi di
risposta a esse sono sempre uguali, così come le istruzioni date al soggetto per
svolgerlo. Anche l’ambiente in cui si svolge il test deve essere privo di elementi
di distrazione o variabilità. Questa standardizzazione garantisce l’attendibilità
del test, cioè la possibilità di ripeterlo alle stesse condizioni in luoghi e tempi
diversi e garantisce anche la confrontabilità fra soggetti diversi che eseguono lo
stesso test.
3- Gli stimoli devono essere rappresentativi di una certa funzione cognitiva o area
della personalità, ciò rende il test valido.
4- Le risposte del soggetto sono codificate in modo obiettivo ricavandone dei
punteggi (scores). Per l’assegnazione dei punteggi ci si avvale di griglie o
schemi rigorosamente prefissati che accompagnano il manuale del test. Anche
questo strumento è segno di affidabilità.
5- I punteggi sono convertibili in valori standard. Il manuale deve riportare le
istruzioni per la conversione dei punteggi.
6- I punteggi sono riferiti a un campione normativo rappresentativo della
popolazione da cui è tratto il soggetto sottoposto a esame.
7- Il lavoro preliminare compiuto dai costruttori per garantire questa
standardizzazione dei punteggi è definito taratura.
8- Sulla base dei punteggi standard ottenuti e dal confronto con la taratura è
possibile quantificare le differenze tra i soggetti nelle prestazioni al test o dello
stesso soggetto in momenti diversi.
Aspetti critici:
- Comprensione degli stimoli: gli stimoli devono essere compresi dal soggetto e
ciò lo motiva.
- Il testing psicologico avviene in un contesto relazionale, per cui l’interazione tra
il somministratore e il soggetto deve essere adeguata. Infatti, una relazione
eccessivamente asettica demotiva il soggetto, soprattutto se bambino o
anziano. Invece una relazione troppo intensa può influenzare la prestazione del
soggetto.
- Nel caso di utilizzazione del test con soggetti particolari, come disabili fisici o
psichici, alcune caratteristiche del test vengono alterate per cui si ricorre al
testing dinamico.
Classificazione dei test.
1- In funzione dell’area psicologica che si propongono di misurare. Test cognitivi
(intelligenza, attitudine e profitto); test non cognitivi (scale di atteggiamento e
i test di personalità, questi ultimi si dividono in test proiettivi – presentazione di
stimoli da completare o interpretare, test non proiettivi – problemi da risolvere o
frasi cui dare il proprio assenso o meno).
2- In funzione del mezzo utilizzato per l’applicazione del test. Test carta matita (ai
soggetti è fornito un modulo con le prove e uno in cui segnare le risposte); test
strumentali (si richiede al soggetto di manipolare oggetti, fare disegni,
apparecchiature o pc).
3- In funzione al modo usato per la somministrazione. Test individuali (la
somministrazione avviene a un soggetto alla volta, come per esempio nei test
strumentali); test collettivi (somministrati a più soggetti contemporaneamente,
come per esempio nei test carta-matita).
4- In funzione della tipologia di item. Test verbali (le istruzioni e le risposte sono
date attraverso l’uso di una lingua); test non verbali (le istruzioni e le risposte
sono date attraverso gesti, diagrammi o grafici, utili nel caso di analfabeti o
persone che parlano una lingua straniera).
5- In funzione della tipologia di performance richiesta. Test di velocità (sono
costituiti da prove molto facili da risolvere in un tempo molto limitato, per cui
diventa difficile rispondere a tutto); test di efficienza (le prove sono di difficoltà
crescente e per questo prevedono un tempo maggiore per rispondere, anche in
questo caso è difficile completarlo). Non esistono test di sola velocità o di sola
efficienza ma le caratteristiche sono ambedue presenti.
6- In funzione al modello di riferimento. Test nomotetici (sono psicometrici, cioè i
punteggi sono riferiti a campioni normativi, sono costruiti infatti per stabilire
leggi comuni a tutti gli individui); test idiografici (colgono e valutano aspetti
unici e specifici dell’individuo).
Tra i test cognitivi più importanti, vi è il test test di intelligenza. Un test di intelligenza
è costituito da un insieme di compiti la cui soluzione richiede al soggetto una capacità
di ragionamento primaria detta abilità cognitiva generale che viene misurata dal
numero di compiti eseguiti correttamente. Due sono i fattori dell’intelligenza che
conducono a usare item diversi per la sua misurazione. Per misurare l’intelligenza
fluida cioè la capacità di ragionamento di base, occorrono item costituiti da compiti
insoliti oppure compiti basati su materiale talmente noto da poter escludere l’influenza
sui risultati della cultura o dell’apprendimento. Per misurare l’intelligenza cristallizzata
cioè l’influenza della cultura sulle abilità primarie, occorrono item costituti da compiti
che rispecchiano l’influenza della scolarizzazione o del livello socioculturale connessi
alla conoscenza e alle competenze acquisite con l’esperienza. Gli item usati nei test di
intelligenza sono graduati per livello di difficoltà. L’indice di difficoltà degli item si
calcola sulla base della percentuale di risposte co