Diagnostica per immagini - medicina nucleare
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presenza di recettori, etc. Tale dato è importante ed è utile come integrazione nella definizione
ulteriore di lesioni già diagnosticate, siamo esse di piccole o grandi dimensioni. Ad es., nella
sarcoidosi polmonare, rispetto ad un dato radiologico patologico che rimane immodificato,
l’accumulo del radiogallio aggiunge l’informazione sulla presenza di una fase attiva di
malattia, creando quindi il razionale per una terapia, che al contrario, in assenza di
concentrazione, non va eseguita. Una situazione analoga è quella che si verifica nella malattia
di Crohn, utilizzando leucociti marcati dove l’infiltrazione granulocitaria è un segnale
importante non per la diagnosi di malattia , ma per valutarne l’estensione e il grado di attività,
creando i presupposti, utilissimi nel follow up, per ridurre al massimo metodiche diagnostiche
più traumatiche. Un altro aspetto fondamentale della caratterizzazione biologica e
fisiopatologica è che essa permette lo studio delle cause delle patologie endocrine
iperfunzionanti, caratterizzando anche la presenza di autonomia funzionale. Ancora, esiste
spesso la possibilità di ottenere informazioni prognostiche, essendo la concentrazione di
alcuni radiocomposti legata alla differenziazione cellulare, all’ attività metabolica, alla
espressione di recettori, etc. L’informazione prognostica si ottiene anche correlando una
scintigrafia perfusionale con una metodica angiografica. Ad es., in presenza di una stenosi
coronarica, una scintigrafia miocardica normale esprime una prognosi favorevole perché
indicativa della presenza di un buon circolo collaterale. Nella caratterizzazione fisiopatologica
esistono poi premesse di grande interesse per definire una strategia terapeutica. Dimostrare la
concentrazione di octreotide (analogo della somatostatina) marcato a livello di un adenoma
ipofisario GH secernente, crea i presupposti per una razionale terapia che utilizzi analoghi
della somatostatina. La condizione ideale è quella che lega tra loro diagnosi e terapia medico
nucleare. E’ quello che avviene nel carcinoma tiroideo differenziato. L’evidenza in fase
diagnostica dell’accumulo di piccole quantità di radioiodio nelle metastasi crea i presupposti
per un’efficace terapia utilizzando lo stesso radioiodio a dosi estremamente più elevate. E
situazioni simili sono state messe a punto per la terapia radiometabolica dei neuroblastomi, la
terapia palliativa delle metastasi scheletriche e in altri ambiti.
Nel follow up delle neoplasie, esprimendo in generale le metodiche medico nucleari la
presenza di cellule, possono determinarsi condizioni favorevoli alla diagnosi differenziale tra
recidiva e fibrosi, non potendoci essere concentrazione in assenza di cellule. Ancora, la
variazione di concentrazione del glucosio (e quindi del suo analogo radiomarcato fluoro-18
deossiglucosio) varia molto più rapidamente rispetto alle variazioni dimensionali e strutturali
viste con metodiche di imaging morfostrutturale. Si ottengono così informazioni precoci che
possono portare alla modifica di strategie terapeutiche che altrimenti porterebbero danno
senza produrre risultati soddisfacenti. Infine, nei confronti della terapia, le metodiche medico
nucleari possono essere utili nel monitorare effetti tossici terapeutici (adriamicina e
cardiotossicità, cisplatino e nefrotossicità, etc.) o nel predire il residuo funzionale prima di un
intervento (ad es. nel cancro polmonare o renale).
Per esempio in un paziente con nefroblastoma del rene di destra i valori di creatinina possono
essere normali. L’esecuzione di un esame scintigrafico quantitativo può dimostrare la ridotta
quota funzionale a livello del rene controlaterale (indipendente dalla neoplasia) che può far
controindicare l’intervento e/o modificare la strategia terapeutica.
Alla luce di quanto detto è quindi evidente che per capire ed utilizzare al meglio le metodiche
medico nucleari bisogna capire i meccanismi di concentrazione dei radiocomposti e la
fisiopatologia delle malattie che si vogliono studiare più che le macchine che la devono
studiare. Ad es. , non si parla di scintigrafia del cuore, ma di studio scintigrafico della
perfusione miocardica, del pool ematico cardiaco, dei recettori adrenergici, del metabolismo
anaerobico e di quello aerobico, della necrosi, dell’apoptosi, della presenza di placca, della
sua attività, etc.
Quindi per entrare dentro alla migliore comprensione di quanto detto è opportuno riepilogare
ed approfondire gli aspetti più importanti nei seguenti capoversi.
Medicina Nucleare come imaging funzionale. Centralità del concetto di tracciante.
La Medicina Nucleare ha caratteristiche uniche nell’imaging diagnostico perché, diversamente
dalle altre metodiche, l’immagine è basata su differenze di concentrazione e non di densità.
L’esame è possibile solo sul vivente ed esprime presupposti fisiopatologici e molecolari che
danno informazioni originali rispetto a quelle ad impronta più strettamente morfostrutturale.
Se è vero che premesse biologiche sono alla base anche della Risonanza Magnetica e dell’uso
dei mezzi di contrasto radiologici, è soltanto nella Medicina Nucleare che l’imaging è per
definizione “funzionale”.
Infatti, la possibile marcatura con radioisotopi delle più importanti molecole di interesse
biologico, delle cellule, dei farmaci permette di tracciare la fisiopatologia di tutte le funzioni
del corpo umano , ottenendo informazioni che possono permettere una diagnosi precoce ed
una migliore connessione con prognosi e terapia.
E’ il concetto di tracciante che esprime l’anima più vera delle metodiche radioisotopiche,
molto di più delle radiazioni nucleari che hanno dato il nome alla disciplina. Infatti, se è il
radionuclide che permette la visualizzazione dall’esterno di un radiocomposto iniettato in un
paziente, è il tracciante che ne disegna il comportamento e le capacità creando i presupposti
per una concentrazione che diventa lo strumento per comprendere l’alterazione molecolare e/o
fisiopatologica che caratterizza la malattia.
Dalla possibile diagnosi precoce al ruolo nella valutazione prognostica e nel
collegamento con la terapia.
Partendo da queste premesse lo sviluppo di nuove macchine sempre più potenti e la stretta
connessione con la ricerca di base hanno creato le condizioni per individuare lesioni sempre
più piccole. In alcuni casi possono crearsi presupposti per una diagnosi precoce, prima che
alterazioni morfostrutturali diventino evidenti, perché l’alterazione funzionale precede quella
anatomo - patologica . Ma metodiche basate su meccanismi di concentrazione possono fornire
informazioni importanti ed originali anche spostando l’attenzione dall’individuazione di
lesioni sempre più piccole all’analisi della caratterizzazione biologica e fisiopatologica di
lesioni anche grandi.
Nasce così un ruolo prioritario nella valutazione prognostica e nella definizione di uno stretto
rapporto con la terapia. Interessante è notare che la potenza e la peculiarità della medicina
nucleare è tale che l’informazione clinicamente rilevante può essere addirittura ottenuta senza
la necessità dell’immagine. Il campo della chirurgia radioguidata che ha come punto cardine
ma non unico la tecnica del linfonodo sentinella serve appunto a dimostrare come la messa a
punto di metodologie rigorose e che utilizzano strumenti estremamente affidabili crea spazi
enormi per il progresso delle strategie terapeutiche ed in particolare di quelle chirurgiche.
D’altra parte il collegamento con la terapia può avvenire anche attraverso altre linee di
notevole interesse clinico. In primo luogo, le variazioni di concentrazione possono essere un
marker più sensibile e precoce rispetto alle modifiche dimensionali e/o strutturali viste dalle
altre metodiche. Ancora, la Medicina Nucleare è in prima linea nel definire “a priori” la
capacità di un’azione terapeutica. Basti pensare al ruolo della rilevazione diagnostica total
body prima di una terapia con Iodio-131 nel cancro della tiroide, alla definizione della
presenza e della distribuzione corporea dei recettori della somatostatina nei tumori
neuroendocrini prima dell’utilizzo di una terapia basata su tali presupposti, alla possibilità di
predire l’instaurarsi di una chemioresistenza , utilizzando il Tc-99m sestamibi. Il
collegamento con la terapia va poi ad assumere rilievo ancora maggiore nel momento in cui la
Medicina Nucleare diventa strumento terapeutico ad altissimo potenziale di radicalizzazione:
tutte le lesioni maligne, anche al momento della minimal disease possono essere distrutte se
c’è concentrazione del radiocomposto; tutte le cellule maligne possono essere uccise, anche
nel caso in cui non presentino captazione, se adiacenti a cellule che concentrano il tracciante
radioattivo; e, come detto, questo alto potenziale terapeutico è ulteriormente aumentato dalla
capacità di predire il raggiungimento “in vivo” di un ottimale rapporto target/non target,
attraverso la valutazione diagnostica “a priori” dei siti di concentrazione. E sempre
nell’ambito dei rapporti con la terapia, interessante è il ruolo nella valutazione degli effetti
collaterali e iatrogeni di citostatici e della radioterapia.
I nuovi e vecchi strumenti e il ruolo dell’analisi quantitativa.
Se sono già numerose le capacità operative a livello clinico della medicina nucleare molti ed
intriganti sono i nuovi strumenti che sono già oggi nel campo della ricerca clinica , come i
radiocomposti che permettono l’analisi di meccanismi complessi, quali l’apoptosi e
l’angiogenesi. E sono già avviati sulla strada della ricerca di base i primi passi nella strada al
futuro dell’Imaging molecolare dove la Genomica, la Proteonomica, la Farmacogenomica, la
terapia antisenso e genica troveranno il loro ruolo clinico.
Alle capacità legate all’uso dei radiotraccianti la Medicina Nucleare aggiunge inoltre la messa
a punto di metodi di analisi quantitativa, campo nel quale ha senz’altro la supremazia rispetto
alle altre metodiche di imaging . Usando una valutazione numerica dei dati digitali acquisiti è
possibile aumentare l’accuratezza diagnostica, individuare la malattia anche in assenza di
lesioni focali, ottenere una migliore valutazione dell’azione terapeutica e dell’evoluzione
prognostica.
Questo può essere fatto sia utilizzando radiotraccianti ancora nella fase sperimentale, come
quelli elencati nella tabella 1, che radiocomposti entrati nella clinica da anni, a partire dal
radioiodio. Tutto questo all’interno di uno sviluppo tecnologico che accanto
all’ottimizzazione delle apparecchiature “tomoscintigrafiche” siano esse SPET (per gamma
emittenti) o PET (per emettitori di positroni) individua linee di avanzamento parallele
legate alla sviluppo di gammacamere sempre più maneggevoli fino ad arrivare alla
“handling camera” per la chirurgia radioguidata. Grande è l’impegno a sviluppare linee
integrate con l’imaging morfostrutturale (PET-TC, imaging di fusione) o ad allargare e
rendere operative le enormi potenzialità di internet. Lo sviluppo metodologico sta
avvenendo anche utilizzando nuovi strumenti per vecchie tecniche come nel caso del TSH
ricombinante per il total body con Iodio-131 (o I-123) e della scintigrafia ossea
quantitativa. Tutto questo in uno scenario di crescita che vede centrale, ma non esclusivo,
il ruolo clinico della PET con Fluorodeossiglucosio (FDG) e della terapia radiometabolica.
E tra tutti i possibili traccianti marcabili con radionuclidi ricordiamo
metabolici,oligonucleotidi, ormoni, enzimi, peptici, farmaci, recettori e trasmettitori,
anticorpi monoclinali, markers dell’ipossia, dell’angiogenesi, dell’apoptosi, linfochine,
cellule, virus ed altre molecole cge stanno creando i presupposti per l’attuazione di una
terapia genica basata su espressione transgenica e transduzione dei segnali.
La Medicina Nucleare e la teoria dei 3 universi.
Risulta da quanto detto fino ad ora che la Medicina Nucleare dovrebbe avere un ruolo centrale
in un universo diagnostico ideale in cui la “funzione” rappresenta il gold standard , essendo la
metodica che risponde meglio ad una valutazione biologica basata su premesse
fisiopatologiche.
Ma il ruolo clinico di una metodica non è determinato dalle sue potenzialità astratte, bensì
dalla sua capacità di agire nella pratica clinica a livello di routine, per rispondere alle domande
che vengono fatte ogni giorno dagli utenti.
In tal senso il ruolo clinico della Medicina Nucleare deve tenere conto non solo delle sue
capacità, ma anche delle capacità delle metodiche antagoniste, del tipo di domanda posta
(diagnosi, prognosi, collegamento con la terapia), degli strumenti e delle procedure utilizzate
routinariamente, dello scenario locale che esprime diversi aspetti epidemiologici, clinici,
culturali, socio-economici. Per la Medicina Nucleare diagnostica questo ruolo deve essere
affermato dopo aver eliminato i pregiudizi che tendono ad identificarla con Chernobyl ed
Hiroshima, nei cui confronti ha lo stesso rapporto che esiste tra un farmaco ed un veleno. La
dosimetria è molto bassa e il rischio (stocastico) è paragonabile molto favorevolmente alla
grande maggioranza dei rischi presenti nella vita di tutti i giorni. Ai bassi rischi da radiazioni
ionizzanti si aggiunge il vantaggio dell’assenza di controindicazioni assolute, presenti invece,
ad es., per la Risonanza Magnetica, per alcune metodiche contrastografiche, per le metodiche
interventistiche. Ma sui rischi parleremo più a lungo successivamente.
Considerando quanto detto precedentemente la Medicina Nucleare deve quindi cercare il suo
ruolo all’interno di un universo diagnostico “morfostrutturale” che ha come gold standard il
dato anatomo-patologico. In tal senso le prime domande a cui deve rispondere sono quelle che
vengono tradizionalmente poste al Radiologo: C’è la malattia ? C’è un tumore ? E’ maligno ?
Quanto è grande ? Che rapporti ha? Ci sono metastasi ? Etc., etc., etc. Va detto che è
obbligatorio all’interno di una Medicina basata sull’evidenza che la Medicina Nucleare trovi
la sua giustificazione attraverso dati oggettivi che rispondano ai criteri di accuratezza
diagnostica. E sono a tutti noti l’importanza (e gli ambiti di applicazione) della scintigrafia
ossea, della scintigrafia miocardica, il crescente ruolo della PET con FDG.
Ma se si vuole utilizzare al meglio la Medicina Nucleare è fondamentale utilizzare criteri di
valutazione che non siano basati solo sull’individuazione della presenza di un’area di
concentrazione, senza comprenderne in ogni caso i meccanismi che l’hanno determinata. Il
concetto di falso negativo e falso positivo non può essere lo stesso usato per metodiche ad
impronta morfostrutturale; il valore di un’informazione può essere anche dato dalla
dimostrazione dell’assenza di concentrazione; un accumulo non deve automaticamente
indirizzare ad una diagnosi che non tenga conto della comprensione di tutti i presupposti
fisiopatologici in gioco. Solo così, eventualmente all’interno di una diagnostica integrata, che
comprenda anche immagini dove sono contemporaneamente presenti anche gli elementi
morfostrutturali, la Medicina Nucleare può sviluppare al meglio le sue capacità. Capacità che
si espandono ulteriormente nel momento in cui il dato medico nucleare diventa elemento
integrativo per definire la caratterizzazione prognostica e per meglio scegliere e seguire una
strategia terapeutica. Ed è all’interno di questo universo diagnostico “reale” dove le
potenzialità di imaging funzionale possono trovare accoglienza all’interno di un sistema
diagnostico consolidato che la Medicina Nucleare può raggiungere la sua massima
giustificazione. E’ un presupposto del futuro che trova le sue solide basi nel passato: questo
tipo di informazione era già presente decine di anni fa nell’esame scintigrafico con Iodio-131
eseguito con la scanner rettolineare.
E infatti le prospettive non sono solo legate allo sviluppo, alla standardizzazione ed alla
diffusione di nuove procedure, ma anche ad una migliore educazione dei medici nucleari e ad
una migliore interazione con gli utenti. Il grande futuro della medicina nucleare è anche nel
nostro passato, nella capacità di comprendere e diffonderne le qualità alla comunità medica
mettendo in evidenza la grande originalità che consiste nel fornire dati di fisiopatologia che
diventano informazione diagnostica in stretta connessione con la prognosi e la terapia.
Ma non ci può essere spazio per la Medicina Nucleare se non vengono eliminati i pregiudizi
nei suoi confronti legati, con assoluta preminenza, alla paura dei suoi rischi e, con minore
rilievo, ai suoi costi. Rischi (e costi).
Un grande problema per la piena diffusione della Medicina Nucleare è costituito dalla sua
sostanziale identificazione con Hiroshima e Chernobyl da parte di chi non ha una corretta
informazione .
Questo errore grossolano è dovuto alla materializzazione irrazionale della paura del rischio
che considera uguali i rischi della bomba atomica o di un incidente in una centrale nucleare,
rispetto a quelli presenti in un esame scintigrafico.
Per avere una valutazione corretta dei rischi presenti in un esame diagnostico con radioisotopi
(scintigrafia) occorre analizzare 5 punti fondamentali:
1. la differenza tra pericolo e rischio;
2. la differenza tra rischio e paura del rischio;
3. cosa significa rischio “stocastico”;
4. qual è l’ordine di grandezza dell’irradiazione legata ad una scintigrafia;
5. qual è l’ordine di grandezza del rischio di una scintigrafia comparato ad altri rischi.
1. Differenza tra pericolo e rischio.
Il rischio dipende dal prodotto del pericolo per la probabilità che esso si manifesti.
La probabilità dipende dalla entità dell’esposizione al pericolo e dalla suscettibilità del
soggetto.
Pericolo: Il pericolo di morire cadendo da una montagna è estremamente più alto rispetto a
quello di morire cadendo da un marciapiede.
Probabilità: La probabilità di cadere sedendo a 10 metri dal precipizio di una montagna è
nettamente più bassa rispetto a quella che esiste stando in equilibrio su di un piede su di un
marciapiede.
Esposizione: La probabilità di cadere stando in equilibrio su di un piede aumenta
all’aumentare del tempo in cui viene tenuta questa posizione.
Suscettibilità: la probabilità di cadere stando in equilibrio su di un piede su di un marciapiede
è maggiore per una persona anziana che per un giovane.
Quindi il maggior rischio di morire per caduta, nell’esempio sopra riportato, è quello di una
persona anziana in equilibrio per un tempo lungo su un marciapiede, mentre non corre
praticamente nessun rischio chi sia seduto a distanza di 10 metri dal precipizio di una
montagna di 2000 metri.
Trasferendo l’esempio in Medicina Nucleare si parte dal concetto che le radiazioni ionizzanti
possono essere pericolose. Il rischio è peraltro legato alla probabilità che esse determinino
danno. Questa è molto alta per un’alta esposizione, quale quella legata ad una bomba atomica
o ad un incidente nucleare, minima per la dose di irradiazione legata agli esami scintigrafici,
che è molto bassa, come vedremo successivamente.
2. Differenza tra rischio e paura del rischio.
La paura di volare in aereo è aumentata enormemente dopo l’episodio terroristico delle torri
gemelle. Il rischio di volare è rimasto assolutamente immodificato dopo l’11 settembre 2001 e
rimane legato con maggiore probabilità ad eventi non terroristici. La probabilità di morire in
un volo aereo non aumenta linearmente all’aumentare dei voli, potendo “concretizzarsi” anche
al primo volo. La probabilità che l’evento terroristico avvenga sul proprio volo è minima. Il
rischio di morire in aereo è 20 volte più basso rispetto a quello che si corre in auto e 400 volte
minore, nel caso si usi un motorino.
Trasferendo l’esempio in Medicina Nucleare possiamo affermare senza dubbi che il rischio
legato agli esami scintigrafici è estremamente più basso della paura del rischio nei suoi
confronti. Nella paura del rischio c’è un altissimo fattore di moltiplicazione irrazionale dovuto
all’identificazione delle scintigrafie con Hiroshima e Chernobyl, allo stesso modo per cui
molti hanno paura di volare perché collegano questa esperienza ad un’azione certa di Bin
Laden sull’aereo dove sono passeggeri.
3. Cosa significa rischio stocastico.
Rischio stocastico significa che avviene casualmente. L’evento che determina il cancro può
non avvenire mai o avvenire la prima volta che viene eseguito un esame scintigrafico. La
probabilità di avere un cancro dopo scintigrafia non aumenta linearmente, vale a dire non
cambia significativamente aumentando il numero degli esami a cui uno si sottopone. Un
modo semplice per capire questo punto è pensare ad un superenalotto al contrario: chi gioca
per la prima volta una sola colonna può vincere; può non vincere chi ha giocato mille
schedine. In entrambi i casi la probabilità di vincere è estremamente bassa.
Lo stesso ragionamento va fatto per gli esami diagnostici di Medicina Nucleare. Per capire
l’entità del rischio legato ad essi occorre ricordare che l’immagine in medicina nucleare ha
come base della sua formazione le radiazioni gamma, radiazioni di origine nucleare (da qui il
nome di Medicina Nucleare) emesse da un numero estremamente piccolo di molecole
radioattive (radionuclidi e/o radioisotopi e/o radiocomposti) somministrate al paziente. Le
radiazioni gamma sono radiazioni elettromagnetiche, senza massa né carica, e proprio per
queste caratteristiche hanno una bassissima probabilità di colpire, per l’esiguità del loro
numero e l’alto potere penetrante (che le fa uscire per la quasi totalità dal paziente), il
bersaglio “fondamentale”, il DNA in moltiplicazione, che occupa una piccolissima parte dello
spazio biologico da loro attraversato. Tra l’altro, eventuali mutazioni possono anche non
determinare danno perché il cancro può svilupparsi solo se il DNA è colpito in alcuni punti
critici dove le mutazioni possono diventare oncogene. Occorre anche ricordare che la cascata
oncogenica può non portare alla morte perché esiste una possibile azione riparativa sul DNA,
perché esistono cellule di difesa dell’organismo in grado di distruggere le prime cellule
trasformate, perché le prime cellule neoplastiche possono non trovare uno stroma ed un
pabulum idoneo, perché la neoplasia che si sviluppa può avere malignità così ridotta da poter
non essere la causa di morte del paziente. Il rischio certamente esiste ed è più alto là dove
esiste una maggiore radiosensibilità (suscettibilità), come in gravidanza e in età pediatrica.
Ciò, peraltro, non comporta controindicazioni assolute nel senso che esiste la possibilità di
eseguire esami scintigrafici in tutti i pazienti, se c’è l’indicazione clinica ed esiste un
favorevole rapporto costo/beneficio nei confronti di metodiche concorrenti allo stesso
obiettivo diagnostico. In tal senso, ricordando come premessa assoluta che “primum non
nocere”, se è vero che non esistono al momento significative giustificazioni ad un esame in
gravidanza (se non forse nella diagnosi di embolia polmonare non altrimenti diagnosticabile)
sono moltissimi i pazienti pediatrici in cui il rapporto costo/beneficio degli esami scintigrafici
è estremamente favorevole.
4. Qual è l’ordine di grandezza dell’irradiazione legata ad una scintigrafia.
Che i rischi legati agli esami diagnostici di Medicina Nucleare siano estremamente ridotti lo si
desume avendo consapevolezza del livello di irradiazione legato agli esami scintigrafici. Le
radiazioni che colpiscono un uomo non sono legate solo agli esami medico nucleari. Esiste, ad
es., una radiazione cosmica, la cui entità varia al variare dell’altezza ed un’ampia serie di
cause di irradiazione dovute alla radioattività naturale, al radon, agli impianti televisivi, etc.
Per non parlare delle problematiche legate alle comunicazioni telefoniche. A titolo
esemplificativo la dose da radiazione cosmica ricevuta durante un volo in Concorde (a 15.000
metri) corrisponde a 10 uSv /ora; volando in Boeing (10.000 m) tale dose si riduce ad un
valore di 5, per diventare 0.1 a Bormio (2000 m) e 0.03 a Rimini (livello del mare). La dose
che un paziente riceve per un esame medico nucleare varia a seconda dell’esame effettuato:
essa è di 0.4 mSv/ora per una scintigrafia renale, di 1 per una scintigrafia tiroidea, di 3.6 per
una scintigrafia scheletrica. Si tratta di una dose mediamente più bassa rispetto alla dose di
esami radiologici tradizionali o TC corrispondenti. E i suoi valori sono estremamente bassi,
come risulta dal confronto con l’irradiazione cosmica. Per capirlo, basta notare che
l’esecuzione di una scintigrafia renale comporta una dose di irradiazione corrispondente a
quella ricevuta in 40 ore di volo in Concorde.
5. Qual è l’ordine di grandezza del rischio di una scintigrafia comparato ad altri rischi.
La diretta conseguenza della bassa dose di irradiazione è che il rischio di morire in
conseguenza di un esame scintigrafico è estremamente più basso rispetto alla naturale
incidenza del cancro nella popolazione generale ( 35 - 250 casi per milione di persone). Tale
rischio corrisponde a quello presente in attività quali viaggiare 3000 Km in motocicletta,
arrampicarsi 75 minuti in montagna, 17 ore di vita quotidiana di un uomo di 60 anni.
Va anche messo in evidenza nell’analisi dei rischi comparati che gli esami medico nucleari
non hanno controindicazioni assolute, per l’assenza di tossicità, che rende possibile
l’esecuzione di esami scintigrafici in tutti i pazienti, senza dover temere pericoli inaspettati o
essere costretti ad eseguire esami preliminari. A tale proposito, è opportuno ricordare che i
rischi collegati agli esami diagnostici non sono solo quelli dovuti alle radiazioni ionizzanti, ma
anche quelli legati alla tossicità ed alle reazioni avverse (come per alcuni mezzi di contrasto
iodati), alla modalità di somministrazione (come nelle metodiche angiografiche), alla presenza
di pacemakers e parti metalliche (come per la Risonanza), alla narcosi, ai farmaci e/ o allo
stress ergometrico collegati ad esami cardiologici o nefrologici, etc.
Quindi a conclusione di tutto questo discorso si può affermare che i rischi legati agli
esami scintigrafici sono estremamente bassi. Peraltro gli esami scintigrafici devono essere
eseguiti solo quando il rapporto costo/beneficio li giustifica, cioè quando esiste un reale
interesse clinico originale o sostitutivo anche nei confronti di metodiche che non utilizzano
radiazioni ionizzanti. Va anche ricordato che il rapporto costo/beneficio va valutato
complessivamente alla luce degli elementi segnalati nelle premesse generali.
Un altro pregiudizio nei confronti della Medicina Nucleare è legato al fatto che molti pensano
che tutti gli esami scintigrafici sono estremamente complessi e costosi. Al contrario, si tratta
di esami, nella stragrande maggioranza dei casi, estremamente semplici e atraumatici, con un
costo che in moltissimi casi è compreso nelle decine di euro. Tra l’altro il “costo di
produzione” di un esame scintigrafico può essere estremamente variabile, con significativi
risparmi ottenibili aumentando il numero delle prestazioni o ottimizzando l’organizzazione del
lavoro. Infatti, all’aumentare del numero degli esami non si abbassano soltanto i costi legati
alle apparecchiature ed al personale, ma soprattutto quello dei materiali. La grande
maggioranza dei radiocomposti iniettati nel paziente si ottengono aggiungendo in una fiala
contenente un liofilizzato una quota variabile di radioattività. Tale fiala potrà essere utilizzata,
allo stesso costo, sia per un solo paziente che per molte unità, con significativi risparmi
economici in quest’ultimo caso, da aggiungere a quelli legati ad un’ottimale gestione delle
problematiche legate al cosiddetto “decadimento” della radioattività. A queste riduzioni dei
costi si aggiunge poi il risparmio complessivo ricavabile nel caso in cui la prestazione
determini un guadagno negli iter diagnostici, nella scelta terapeutica, nella riduzione dei tempi
di diagnosi e degenza.
Avendo acquisito consapevolezza dei bassissimi rischi legati agli esami medico nucleari
non abbiamo ancora creato peraltro i presupposti per una loro ampia e razionale utilizzazione.
Occorre definire a questo punto prima gli elementi minimi di conoscenza delle metodiche e
faremo questo percorso fornendo informazioni sui più importanti radiocomposti e quindi sui
presupposti fisiopatologici alla base dei più importanti esami medico nucleari.
I più importanti radionuclidi utilizzati in Medicina Nucleare
Come detto precedentemente, esistono differenti caratteristiche ottimali dei radionuclidi usati
in diagnostica o in terapia. In diagnostica si utilizzano radionuclidi gamma emittenti o
emettitori di positroni. Il radionuclide ideale non deve emettere radiazioni corpuscolate (ad
eccezione dei positroni che diventano peraltro raggi gamma), che fanno danno senza fornire
informazioni utili. Al contrario, è utile che i radionuclidi utilizzati in terapia radiometabolica
permettano, oltre all’azione terapeutica determinata dalle radiazioni corpuscolate, anche un
imaging (legato a radiazioni gamma concomitanti o a radiazioni X da frenamento) per definire
preterapeuticamente, a dosi traccianti molto più basse la possibile efficacia terapeutica.
Più importanti radionuclidi gamma emittenti:
Occorre ricordare che il radionuclide (o radioisotopo) è solo l’etichetta radioattiva che
permette la visualizzazione dall’esterno del radiocomposto somministrato al paziente. E’ il
composto (e non l’etichetta radioattiva) a determinare la distribuzione della sostanza iniettata
caratterizzando quindi lo specifico esame scintigrafico.
Tecnezio-99m.
Il più diffuso, per motivi di ordine tecnico e pratico. Viene utilizzato per marcare la maggior
parte dei composti e delle cellule. In tal senso rappresenta la comune etichetta radioattiva di
sostanze (o cellule) che si concentrano diversamente secondo le loro differenti caratteristiche
farmacocinetiche (Tc-99m MDP per la scintigrafia ossea, Tc-99m tetrofosmina o sestamibi
per la scintigrafia miocardica, Tc-99m colloide per la scintigrafia epatosplenica, etc.). Il sale
del Tecnezio (pertecnetato) è un analogo biologico dello iodio che, utilizzando gli stessi
meccanismi di captazione, va a concentrarsi nelle stesse sedi (tiroide, salivari, mucosa
gastrica, plessi coroidei).
Isotopi dello Iodio.
Sono usati o come ioduri, ed in questo caso tracciano il metabolismo dello iodio, o come
etichette radioattive di alcune molecole di grande interesse biologico (neurotrasmettitori, acidi
grassi liberi, anticorpi monoclonali, etc.). Il radioisotopo con le migliori caratteristiche per
l’imaging è lo I-123, che presenta peraltro problemi di alto costo. Molto diffuso è lo Iodio-
131, che ha un ruolo importante in terapia radiometabolica , emettitore di radiazioni sia
gamma che beta. Lo I-125 si utilizza per la diagnostica in vitro, lo I-124 è un emettitore di
positroni che non ha ancora trovato significativo uso in clinica.
Gallio-67. Come citrato è utilizzato in oncologia, in particolare nei linfomi, e nella diagnosi e
definizione di attività di alcune malattie infiammatorie.
Tallio – 201. Il cloruro di tallio è un analogo biologico del potassio. E’ quindi un catione a
captazione intracellulare, tracciante di perfusione e di cellularità che trova applicazione in
cardiologia ed oncologia.
Indio-111. Utilizzato in particolare per la marcatura dell’octreotide, analogo della
somatostatina.
Emettitori di positroni:
Sono utilizzati per la PET (tomografia ad emissione di positroni).
I più importanti sono il carbonio-11, l’azoto-13, l’ossigeno-15 e il fluoro- 18 (alogeno che
può marcare, tra le altre molecole, il deossiglucosio (FDG). Tale molecola permette l’analisi
in vivo del metabolismo glicidico, che aumenta, tra l’altro, nei tumori maligni e nell’ischemia
miocardica.
Poiché hanno una breve semivita fisica richiedono per un uso ottimale che le apparecchiature
diagnostiche siano contigue al ciclotrone (“la macchina” che li produce), richiedendo quindi
strutture complesse e più alti costi organizzativi rispetto a quelli della Medicina Nucleare
tradizionale. Il grandissimo interesse in oncologia sta peraltro favorendo una rapida diffusione
su tutto il territorio nazionale.
Più importanti radionuclidi utilizzati in terapia radiometabolica:
Come detto precedentemente si utilizzano prevalentemente radionuclidi beta emittenti. Il
più diffuso è lo Iodio-131, utilizzato come ioduro nella terapia del cancro tiroideo
differenziato e nell’ipertiroidismo, ma che trova anche uso come marcatore di altre molecole
utilizzate, ad es., nella terapia del neuroblastoma e del feocromocitoma (MIBG) . Tra gli altri
radionuclidi utilizzati in terapia radiometabolica ricordiamo lo stronzio-89, il renio- 186, il
fosforo-32,il samario-153, che trovano la loro utilizzazione come marcatori di molecole
utilizzate prevalentemente nella terapia palliativa delle metastasi scheletriche.
Presupposti fisiopatologici ai più importanti esami di medicina nucleare.
Per capire il possibile ruolo di un esame medico nucleare bisogna conoscere i meccanismi di
concentrazione dei radiocomposti utilizzati e le basi fisiopatologiche delle malattie che si
vogliono studiare.
La concentrazione di un radiocomposto avviene anche in sedi eterotopiche e l’accumulo è
presente esclusivamente in presenza di cellule “funzionalmente attive” a livello del territorio
esaminato, non essendo possibile, ad es., dove c’è fibrosi o necrosi.
Le variazioni di concentrazione e quindi la definizione di un evento patologico possono
precedere le variazioni delle caratteristiche morfostrutturali di una lesione.
Alcuni esempi generali:
Traccianti iodomimetici (radioisotopi dello iodio e pertecnetato) possono essere usati per lo
studio della tiroide, delle salivari, nella ricerca della mucosa gastrica eterotopica.
Traccianti vascolari, ed in particolare globuli rossi marcati, possono essere usati oltre che per
l’angiocardioscintigrafia, che permette lo studio quantitativo della cinetica cardiaca, anche per
l’individuazione di emorragie intestinali o per la diagnosi di certezza di angioma.
Traccianti di funzioni multiple. Alcuni traccianti danno informazioni multiple quando lo
studio viene effettuato in più tempi. Ad es. esiste un esame che prende il nome di scintigrafia
ossea trifasica, eseguita con metilendifosfonato (MDP) marcato con Tc-99m, utilizzato nella
scintigrafia ossea. Essa è basata sull’analisi su di un predeterminato territorio patologico (ad
es. quello dove è stata impiantata una protesi) della distribuzione della radioattività in 3 tempi.
Le informazioni ottenute nel primo minuto dopo l’iniezione sono legate al flusso ematico, cioè
alla quantità di sangue nell’unità di tempo. Le immagini a 5-10 minuti sono dovute al volume
vascolare (blood pool), quelle a 2-4 ore all’attività osteoblastica. Esiste quindi con un unico
esame la possibilità di ottenere informazioni diverse che permettono, ad es. , di differenziare
condizioni patologiche infiammatorie ed infettive.
In oncologia possiamo usare indicatori negativi (che definiscono la scomparsa delle cellule
normali) o positivi , la cui concentrazione è aumentata nel tumore.
Alcuni indicatori positivi (o oncotropi) usati in oncologia hanno un accumulo prevalente per
meccanismi “non specifici” quali l’aumentato metabolismo (Fluorodeossiglucosio), la
cellularità (sestamibi, tetrofosmina, tallio) o meccanismi non completamente ben definiti
(gallio citrato).
In alcuni casi i meccanismi sono più specifici: radioiodio nelle metastasi da carcinoma
tiroideo differenziato; octreotide e metaiodobenzilguanidina in tumori di origine
neuroectodermica; anticorpi monoclonali diretti contro antigeni legati alla neoplasia.
Nell’infiammazione e nelle infezioni possiamo utilizzare o radiocomposti che definiscono la
presenza di malattia attraverso l’individuazione dell’alterazione funzionale (scintigrafia
d’organo) o traccianti dell’infiammazione, come i leucociti marcati o il gallio-citrato che è
indicatore di attività di malattia in patologie come la sarcoidosi, la tubercolosi, le
interstiziopatie.
Non esistono controindicazioni agli esami medico nucleari ma, proprio per la fisiologicità
dell’esame, pur non necessitando nessuna preparazione, può essere indicata la sospensione di
farmaci (ad es. in studi cardiaci e renali), di terapie ormonali (ad es. prima di una scintigafia
tiroidea), la lontananza da possibili cause di interferenza farmacologica (ad es. contrasti iodati
e captazione tiroidea).
Presupposti fisiopatologici nello studio dei vari organi e apparati.
Cuore:
Approcci principali (in particolare nella cardiopatia ischemica)
Scintigrafia miocardica con traccianti di perfusione
Angiocardioscintigrafia con traccianti vascolari
In entrambi i casi l’esame viene eseguito a riposo e dopo stress (ergometrico o
farmacologico)
Miocardioscintigrafia con traccianti di perfusione (Tc-99m sestamibi, Tc-99m
tetrofosmina, Tallio-201 cloruro).
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria0186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diagnostica per Immagini e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Seconda Università di Napoli SUN - Unina2 o del prof Rotondo Antonio.
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