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La necessità di una teoria dell'esperienza

Svincolarsi solo dal passato non è sufficiente. È necessario riformare il concetto stesso di educazione che per Dewey implica il riferimento costante alle esperienze personali già acquisite e che possono, anzi, devono continuare ad essere accresciute con quelle presenti per avere poi un ritorno nel futuro. Per questo il punto di partenza del pedagogista statunitense è la stretta correlazione tra educazione ed esperienza.

Ma non tutte le esperienze sono positive e contribuiscono alla crescita educativa dell'alunno. Spesso, anzi, esse sono deleterie e piuttosto che fornire un input verso la crescita, ne determinano l'arresto. Per questo, le uniche esperienze da privilegiare sono quelle qualitativamente positive, sono quelle che non limitano i campi della conoscenza ma li integrano, quelle che danno la possibilità di poter dimostrare – e seguire – le proprie inclinazioni personali.

seppure in un contesto scolastico di più ampio raggio e in un rapporto che mai può prescindere dall'interazione con l'educatore. Esperienze qualitativamente positive sono quelle che presentano due aspetti fondamentali: a) possono essere immediatamente sgradevoli o gradevoli; b) influenzano le esperienze successive, continuando a vivere nelle esperienze future. Tutto questo ci fa concludere che il problema centrale nell'educazione basata sull'esperienza è quello di scegliere il tipo di esperienza presente che vivrà fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno. L'educazione tradizionale prescindeva da questo aspetto dato che, proponendo schemi sempre identici e uno studio della materia piuttosto passivo che non prendeva in considerazione l'importanza dell'individualità, l'importanza delle esperienze pregresse dell'alunno, che non considerava assolutamente la necessità di un'interazione.

Costante tra educatore ed alunno, siEsperienza e educazione John Dewey 2Prof.ssa Claudia SpinaESAME Storia della pedagogia e letteratura per l'infanziaCORSO DI STUDI Scienze dell'educazione e della formazionelimitava a tramandare lo studio del passato senza porsi minimamente altri interrogativisull'efficacia dello stesso modello educativo adottato.Lo stesso faceva per quanto riguarda l'organizzazione scolastica, chiusa in alcuni schemistereotipati lontani dall'interazione tra parti coinvolte.Dire che l'educazione, invece, deve essere trasmessa a partire dall'esperienza costituisce unprincipio nuovo, fresco e certamente capace di produrre uno strappo netto rispetto al passato.

3. CRITERI DELL'ESPERIENZAL'esperienza è determinata, innanzitutto, da tre principi:continuità. Questo principio è implicito soprattutto nella necessità di riconoscere quali1) sono le esperienze positive, le uniche in grado di accrescere il

processo educativo invece diarrestarlo o di farlo retrocedere addirittura. Quando si accumulano esperienzequalitativamente positive si determina un continuum sperimentale che consente dimantenere nel tempo un filo conduttore in costante crescita. Il contesto auspicabile nelquale individuare tale processo di continuità e di crescita costante è quello democratico,modello istituzionale migliore, secondo Dewey per gli stessi principi che ne sono alla base.In democrazia, infatti, seppure ci siano regole precise cui attenersi, l'individuo ha la capacitàdi esprimere, senza costrizioni e in piena libertà, le sue singole inclinazioni confrontandosicon un contesto nel quale vengono rispettate e tenute in considerazione. Contesto con ilquale interagisce serenamente e in tutta tranquillità. La continuità è considerata, quindi,principio discriminante nella misura in cui essa parte dalla considerazione che solo leesperienze positive abbiano la

capacità di accrescere il processo educativo. Tale principio, infine, poggia sull'abitudine nel senso che ogni esperienza fatta e subita modifica chi agisce, al tempo stesso, questo mutamento determina le esperienze successive. Ogni esperienza riceve, quindi, qualcosa da quelle che l'hanno preceduta e modifica quelle che verranno; crescita. La crescita è un esempio del principio di continuità, è implicito in qualche modo nell'acquisizione di esperienze positive. Il processo educativo può essere identificato con la crescita a patto che questa sia espressa con il participio presente 'crescente'. Parlare di crescita non è comunque sufficiente: va sempre specificata la direzione verso cui la crescita ci conduce, il fine verso cui tende. La qualità influenza sempre il tipo di crescita dato che ogni esperienza, sia essa positiva che negativa, inevitabilmente ci condiziona e condiziona ciò che seguirà. Tocca, naturalmente,

All'educatore capire quale sia la giusta direzione da seguire e come fare per arrivarci e questo è possibile solo attraverso un processo di interazione. Il rapporto tra educatore e alunno non può essere considerato come qualcosa che non interessi la materia di studio. Al contrario, esso ne è parte integrante dato che l'educatore deve tener conto dell'individualità dell'alunno creando un ambiente favorevole alla sua esternazione. Le condizioni esterne sono, certamente, importanti. Ma una delle principali responsabilità dell'educatore è che egli non solo deve essere attento al principio dell'esperienza mediante le condizioni esterne ma che riconosca, anche in concreto, quali sono le condizioni che

Facilitano le esperienze capaci di portare allacrescita. La partecipazione attiva che l'educazione progressiva esige dall'insegnate è un'altra ragione della sua maggiore difficoltà nei confronti del sistema in vigore nella scuola tradizionale dove il rapporto tra educatore ed alunno non era determinato da alcun tipo di relazione se non quella gerarchica dettata dall'organizzazione interna. Le condizioni esterne, quelle oggettive, devono essere subordinate a ciò che si verifica all'interno. Solo in questo modo l'esperienza è vera esperienza. Da una parte le condizioni oggettive, dall'altra quelle interne che appartengono all'alunno in quanto frutto delle sue esperienze precedenti. L'interazione non esprime altro che questo: permette di interpretare un'esperienza nella sua funzione ed efficacia educativa senza prescindere da entrambe le condizioni ma creando invece un sostrato capace di metterle insieme dando vita ad una situazione.

Un esempio molto chiaro è quello relativo ai bisogni di un neonato. Questo piange quando ha fame o quando dovrà manifestare un bisogno specifico. La madre provvede a nutrirlo, lavarlo, farlo addormentare ma senza sottrarsi a quelle che sono le sue personali responsabilità. Nel farlo spesso fa riferimento ad esperienze sue personali passate, all'ausilio di un parere medico, all'esperienza di altre madri. E tutto questo, invece di essere subordinato ai bisogni primari del bimbo, aiutano la madre a comprenderlo meglio, ad intervenire in modo più efficace, creando proprio un rapporto di interazione. L'ambiente determina, quindi, l'esperienza individuale. Dalle condizioni esterne ed oggettive si parte ma a queste vanno sempre aggiunte quelle legate all'individualità del soggetto. Per questo la continuità non potrebbe esserci senza interazione. Ed è questo il principio cardine che deve spingere l'educatore a rielaborare il

materiale scolastico alla luce di bisogni personali, legati ad ogni singola individualità degli alunni che dovrà formare, ma senza prescindere dal contesto e dall'ambiente nel quale si è inseriti. Al contrario, l'idea che certi oggetti di studio e certi metodi e che la conoscenza di certi fatti e di certe verità possiedono un valore educativo in sé e per sé è il motivo per cui l'educazione tradizionale ha ridotto, in gran parte, il materiale dell'educazione ad una dieta di materiali standardizzati e fissi nel loro contenuto. L'errore più grande compiuto dalla scuola tradizionale in campo pedagogico è proprio quello di aver creduto che un individuo possa imparare qualcosa solo in quel particolare momento prescindendo dall'importanza che quella stessa cosa può avere nel processo educativo e cognitivo dell'individuo nel tempo. 4. CONTROLLO SOCIALE Inseriti in un contesto, gli individui sono necessariamente ad un controllo sociale che nedetermina comportamenti rispondenti al rispetto di norme e regole, senza le quali potremmogiustamente dire che i rapporti umani si trasformerebbero in una vera e propria giungla. L'esistenza di regole non deve, per questo, essere considerata come un limite alla libertà stessa. e John Dewey 4 Claudia Spina Storia della pedagogia e letteratura per l'infanzia Scienze dell'educazione e della formazionedell'uomo che, invece, in questo contesto deve trovare la possibilità di esprimersi al meglio e senzacostrizioni esistenziali che la limiterebbero eccessivamente. In altre parole, la libertà deve essereconcepita all'interno di un sistema che deve, necessariamente, basarsi su regole condivise nelrispetto di ciascun individuo, capaci di potenziare le attitudini e le capacità singole, senza lederequelle degli altri che comunque appartengono.

allo stesso contesto. Ed è in questo senso che Dewey delinea anche il concetto di libertà in riferimento al sistema educativo scolastico. L'esempio più indicativo che riporta è quello del gioco del calcio. Ogni giocatore ha le sue regole senza le quali ognuno agirebbe in base a quello che per sé crede giusto, seguendo solo il suo istinto, senza sentire la necessità di confrontarsi con altri e di interagire con loro. Senza l'arbitro che determina le azioni di gioco non valide, non ci sarebbe gioco stesso. Le regole sono parte del gioco. Possono cambiare ma solo nel caso in cui esse servano a migliorare il gioco stesso. La conclusione generale è che il controllo delle azioni individuali è fatto dall'intera situazione in cui gli individui sono compresi. L'esistenza di regole non limita la libertà dell'individuo stesso se vengono concepite nell'interesse di un gruppo. Lo stesso vale per l'educazione e per

l'educatore deve svolgere un ruolo fondamentale nei confronti della materia da insegnare e del gruppo di alunni a cui si rivolge. Per quanto riguarda la materia da insegnare, l'educatore deve essere in grado di padroneggiarla a fondo, conoscendone gli obiettivi, i contenuti e le metodologie didattiche più appropriate. Deve essere in grado di trasmettere in modo chiaro e coinvolgente le conoscenze e le competenze necessarie agli alunni, utilizzando strumenti didattici adeguati e stimolanti. Nel rapporto con il gruppo di alunni, l'educatore deve essere in grado di creare un clima di fiducia e rispetto reciproco, favorendo un ambiente di apprendimento positivo e inclusivo. Deve essere in grado di individuare le caratteristiche e le esigenze di ciascun alunno, adattando le proprie strategie didattiche per favorire il loro apprendimento. Deve essere in grado di motivare gli alunni, stimolandoli a dare il massimo e a superare le difficoltà che possono incontrare lungo il percorso di apprendimento. Inoltre, l'educatore deve essere un modello di comportamento positivo e di valori, trasmettendo agli alunni principi di rispetto, responsabilità, collaborazione e solidarietà. Deve essere in grado di favorire la partecipazione attiva degli alunni, incoraggiandoli a esprimere le proprie opinioni, a confrontarsi con gli altri e a sviluppare il proprio pensiero critico. In sintesi, l'educatore deve essere un punto di riferimento per gli alunni, sia dal punto di vista della materia da insegnare che dal punto di vista del loro sviluppo personale e sociale. Deve essere in grado di guidarli nel loro percorso di apprendimento, fornendo loro le competenze e gli strumenti necessari per affrontare le sfide del presente e del futuro.
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Publisher
A.A. 2019-2020
9 pagine
5 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Beleda di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della pedagogia e della letteratura per l'infanzia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale o del prof Spina Claudia.