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Gonorrea o blenorragia

Patologia determinata da neisseria gonorrhoeae, un diplococco gram –, a forma di

chicco di caffè (incisura centrale), che colpisce le mucose dell’apparato uro-genitale e la

congiuntiva. È più frequente nei maschi sessualmente attivi, ma è presente anche nella

donna, soprattutto quella gravida, che può trasmettere al neonato una congiuntivite

gonococcica oculare. Il periodo di incubazione è di circa una settimana (3/4 giorni a

volte), dopo la quale, nell’uomo si manifesta una uretrite anteriore con bruciore, dolore,

difficoltà ad urinare e con la fuoriuscita di abbondante secrezione purulenta (dura circa 2

settimane, viene definita comunemente scolo). Il batterio può anche risalire verso il

testicolo causando orchiepididimite prima acuta e poi cronica, con intenso dolore ai

testicoli, tumefazione e febbre. Se non si interviene, il viaggio continua, con

coinvolgimento di prostata, vescichette seminali e vescica. Nella donna prevale una

componente cervico-vaginale con una secrezione vaginale purulenta, meno evidente di

quella del maschio; c’è disuria e dispareunia (fastidio durante il rapporto sessuale). Nella

donna lo scolo può essere modesto e scambiato con una leucorrea transitoria ricorrente

da fatti flogistici aspecifici. Anche questo caso il batterio può progredire in maniera

ascendente verso l’endocervice, l’utero e le tube, dove può essere responsabile di

peritonite (fatto acuto) o di stenosi (risultato di un processo infiammatorio cronico), con

conseguente infertilità (PID o malattia infiammatoria pelvica). Il gonococco può arrivare al

torrente ematico attraverso il rene e determinare una sofferenza sistemica, con febbre,

artralgie, petecchie e compromissione dello stato generale. La neisseria in circolo ha

! 68

tropismo per le articolazioni (fra le tante la prediletta è l’articolazione del ginocchio) e

l’occhio.

Le uretriti non gonococciche sono sostenute da clamydie (C. Trachomatis) e micoplasmi o

mollicutes, che hanno una parete batterica particolare. Nelle uretriti non gonococciche i

sintomi sono lievi o assenti, ma nell’uomo può evolvere in prostatite, e portare

all’infertilità. Le Clamydie sono procarioti che non crescono nei comuni terreni colturali,

abbiamo bisogno di colture cellulari, inoltre non hanno la parete classica col

peptidoglicano, ma hanno sulla parete le proteine MOMPs, a funzione antigenica.

Queste proteine sono fortemente immunogene e permettono che il corpo elementare

penetri nella cellula e finisca in un vacuolo. All'interno di esso, al posto di essere

distrutto, si creano delle condizioni favorevoli per lo sviluppo. Pare che la membrana del

vacuolo addirittura faccia entrare delle sostanze nutritive che permettono al corpo

elementare di dividersi, fino a diventare corpo reticolare, costituito da tanti corpi

elementari. La lisi del vacuolo porta alla liberazione di tutti i corpi elementari che vanno a

colpire altre cellule. La patogenesi delle Chlamydie non è legata al parassitismo delle

cellule, poiché questo avviene su pochi elementi. Pare che il danno maggiore sia dato

dalla risposta dell'ospite, perchè nel tentativo di contrastare i corpi elementari si ha la

distruzione delle cellule, dovuta all'infiltrazione di macrofagi e polimorfonucleati. Quando

la risposta immune è molto imponente si ha la produzione di molte citochine che, al

posto di favorire l'eliminazione del patogeno, provocano un intenso processo

infiammatorio capace di distruggere le stesse cellule. A partire dalle lesioni, dai secreti si

possono cercare direttamente gli antigeni (MOMP) con immunofluorescenza diretta,

oppure il materiale viene seminato in colture cellulari. A quel punto i corpi elementari

parassiteranno le cellule e si potrà colorare con Giemsa lo strato di cellule parassitate.

I micoplasmi sono batteri senza parete, che crescono in terreni di coltura molto ricchi,

con colonie così piccole che per poterle visualizzare dobbiamo mettere la piastra sotto il

microscopio, che hanno aspetto caratteristico a uovo fritto. Le specie che ci interessano

sono il M. Hominis e l’Ureaplasma Uroliticum; dal punto di vista patogenetico già

l’unione del batterio alla cellula crea danno tissutale. Il M. Hominis può raggiungere

nell’uomo i testicoli e immobilizzare gli spermatozoi, bloccandone la coda.

Altro agente etiologico di infezioni urinarie è il protozoo Tricomonas Vaginalis, la cui

ricerca avviene a fresco (tampone uretrale omogenato con soluzione fisiologica e

guardato al microscopio), la diagnosi è facile ed è data dalla particolare forma a pera e

dalla elevata mobilità. I flagelli si perdono con la fissazione perciò la percentuale di falsi

positivi è elevata in quanto leucociti degenerati, frammenti cellulari, e cellule parabasali

in cariolisi possono simulare i trichomonidi. La tricomoniasi è frequente nell’uomo, ma è

spesso asintomatica e può venir trasmessa inconsapevolmente alla partner, dove la

patologia si manifesta con prurito e perdite di colorito verdastro e maleodoranti. ! 69

Tra le uretriti non gonococciche devono essere considerare anche quelle traumatiche

(catetere) e quelle che si verificano nelle bambine che, quando vanno in bagno da sole,

asciugandosi portano i batteri dalla zona anale a quella vaginale.

Manifestazioni cutanee in corso di AIDS

L’AIDS è la sindrome da immunodeficienza acquisita causata dal virus HIV (virus

dell’immunodeficienza umana). Questo virus si trasmette attraverso rapporti sessuali (è

più facile che ci si infetti in rapporti omosessuali ed in caso di rapporti eterosessuali è più

facile che si infetti la donna, che ha una maggior mucosa esposta), esposizioni a fluidi

corporei infetti, trasfusioni di sangue infetto ed attraverso la gravidanza (placenta), il

parto e l’allattamento al seno. HIV-1 e 2 sono virus ad RNA appartenenti al genere

lentivirus (citopatici e non oncogeni) della famiglia retroviridae. Il core contiene due copie

di RNA virale a singola elica che codificano per proteine strutturali (gag), enzimatiche

(pol) e regolatorie (env) che servono per un'efficiente completamento del ciclo virale. 2-3

settimane dopo l’infezione c’è un’elevata viremia (> 100000), associata con la caduta

transitoria di linfociti CD4. Normalmente i CD4 sono circa 1000 per mm 3

, a seguito

dell’infezione primaria scendono fino a 500, poi anche senza nessuna terapia risalgono

ma non più ai livelli iniziali, intorno a 700. Nell’arco degli anni il paziente HIV positivo

subisce una deplezione di CD4, fino ad arrivare a valori sotto 100 (dopo 5-10 anni). Circa

la metà dei pazienti durante l’infezione acuta o primaria (1 mese dopo il contagio)

riferisce sintomi simili alla mononucleosi (febbre, astenia, dolore muscolare, mal di testa,

mal di gola, linfonodi ingrossati, splenomegalia, lesioni cutanee, ulcere del cavo orale,

esantema, lesioni maculo papulose, meningiti, vertigini e depressione. Manifestazione

rara è la lipodistrofia, alterata distribuzione del grasso, che possiamo ritrovare a livello di

milza ed altri organi, ed accumulo a livello di faccia e gambe. Inoltre possono esservi

alterazioni a livello cardiaco con maggiore possibilità di andare incontro ad infarto).

L’infezione primaria si risolve quando viene organizzata la risposta immune cellulo-

mediata, seguita da quella umorale; il paziente entra così in fase di latenza clinica. Il

periodo finestra è quel periodo che decorre dall’infezione a quando vengono trovati gli

anticorpi nel sangue (di solito 3-8 settimane, anche se può essere maggiore, difatti il test

va eseguito ogni 6 mesi); anche in questa fase la malattia può essere trasmessa. All’inizio

la diagnosi può essere posta tramite la PCR (qualitativa o quantitativa), p24 (l’antigene

virale) e successivamente, quando c’è la sieroconversione, possiamo andare a cercare gli

anticorpi. Se il numero di CD4 è in discesa (da 700 sono diventati 600), allora si prende in

considerazione la possibilità cominciare un trattamento anti-retrovirale, che dura tutta la

vita. Se il paziente non prende farmaci regolarmente, sviluppa resistenze ai farmaci. Le

malattie opportunistiche, tipicamente cominciano quando i linfociti CD4 sono sotto i 200.

Un soggetto positivo al test HIV si definisce malato di AIDS se presenta una o più tra

queste patologie (malattie AIDS definenti): ! 70

- candidosi esofagea, bronchiale, tracheale e polmonare; la diagnosi si effettua con un

esame endoscopico. La candidosi esofagea, spesso, colpisce la regione cavo-orale;

- sarcoma di Kaposi (virus HHV-8, la neoplasia più frequentemente associata all’HIV),

malattia maligna, caratterizzata da macchie color porpora (rosso vinoso) sulla cute o sulle

mucose. Normalmente frequente negli anziani (forma mediterranea), dove colpisce

sopratutto gli arti inferiori; il sarcoma di Kaposi dell'AIDS, invece, colpisce tutti gli organi

e apparati;

- carcinoma cervicale invasivo, dovuto al virus del papilloma umano (HPV);

- herpes simplex (ha maggiore virulenza e diffusione, non dura una settimana come nel

soggetto sano; va ricercato in bronchi, polmoni ed esofago) ed herpes zoster (che nel

sieropositivo si accompagna a dolore urente e colpisce vari metameri. Nei bambini

manca il dolore. In alcune forme mancano le manifestazioni cutanee. Si può arrivare a

quadri emorragici importanti e a nevralgie imponenti definite appunto algie zosteriane).

I pazienti con HIV vanno frequentemente incontro a gengivite e paradontopatie, che non

sono malattie AIDS-definenti. Frequenti anche la scabbia (norvegese, quella più

aggressiva, che determina delle lesioni crostose da grattamento; l’unica che colpisce

anche il capo), i molluschi contagiosi (che superano il numero di 100 e determinano

papule con una ombelicatura centrale molto evidente), dermatite seborroica (molto

violenta e deturpante), candidosi ungueale con perionissi (tumefazione dolente del

tessuto cutaneo periungueale) ed oral hairy leucoplachya o leucoplachia orale capelluta,

processo neoplastico che colpisce la porzione laterale della lingua (placche biancastre

lievemente rilevate, con superficie irregolare e villosa. Vanno da pochi mm ad alcuni cm

e, contrariamente alla candidosi, sono fortemente aderenti alla mucosa).

Chirurgia plastica

La chirurgia plastica è una branca della chirurgia che si propone di correggere e riparare i

difetti morfologico-funzionali o le perdite di sostanza di svariati tessuti, sia congenite, che

secondarie a traumi, neoplasie o malattie degenerative. È una delle poche

specializzazioni chirurgiche non distrettuali o di apparato, opera su qualsiasi distretto

corporeo. Ciò comporta che la chirurgia plastica abbia diverse sub-specia

Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
133 pagine
1 download
SSD Scienze mediche MED/19 Chirurgia plastica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Laura206 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Dermatologia e chirurgia plastica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Colonna Michele.